Consiglio di Stato Sez. VI n.5632 del 25 settembre 2020
Urbanistica.sanatoria e demolizione
L'efficacia dell'ordine di demolizione resta sospesa all'indomani della presentazione della domanda di sanatoria, ma al momento in cui la stessa venga respinta, l'ordine di demolizione torna a spiegare i suoi effetti, né appare necessario che l'amministrazione adotti un ulteriore ordine di demolizione, poiché la domanda di sanatoria non caduca l'ordine di demolizione, ma ne sospende gli effetti, che ricominciano a decorrere a far data dall'adozione del diniego di sanatoria (segnalazione e massima Avv. M. Balletta)
Pubblicato il 25/09/2020
N. 05632/2020REG.PROV.COLL.
N. 08593/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8593 del 2014, proposto da
Daniele Usellini, rappresentato e difeso dagli avvocati Mauro Ballerini, Paolo Rolfo, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Rolfo in Roma, via Appia Nuova 96;
contro
Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali, Soprintendenza per i Beni Archeologici e Paesaggistici del Piemonte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Comune di Arona non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 01430/2014, resa tra le parti, concernente parere negativo su accertamento compatibilità ambientale e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Soprintendenza per i Beni Archeologici e Paesaggistici del Piemonte;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2020 il Cons. Davide Ponte, nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 1430 del 2014 con cui il Tar Piemonte ha respinto l’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla medesima parte istante al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento 29.01.08 n. 18814 prot. mediante il quale il Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte aveva ordinato la rimessa in pristino di immobile di proprietà del ricorrente.
In particolare, in relazione all’immobile de quo - situato in Arona via Pertossi n. 18 ed assoggettato ad un duplice vincolo, monumentale e paesaggistico – l’amministrazione odierna appellata aveva contestato l’avvenuta realizzazione di un terrazzo, “dissimulato dalla copertura in coppi” e già rilevabile in base a delle immagini fotografiche del 1992, non autorizzato né con procedura ordinaria né nell’ambito di una richiesta di autorizzazione in sanatoria presentata nel 1987.
Il ricorso veniva respinto dal Tar rispetto a tutti i motivi dedotti.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello:
- violazione degli artt. 7 e 21 octies l. 241 del 1990;
- violazione degli artt. 160 e 167 d.lgs. 42 del 2004 e del principio che fa divieto di irrogare sanzioni prima di aver deciso la domanda di sanatoria, eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità;
- violazione dell’art. 160 cit. per mancata valutazione dell’assenza di danno;
- violazione dell’art. 160 cit. ed eccesso di potere per intervenuta prescrizione del potere sanzionatorio e per carenza di motivazione in relazione al tempo trascorso.
La parte appellata statale si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Non si costituiva in giudizio il Comune di Arona
Alla pubblica udienza del 24 settembre 2020 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
2. In linea di fatto, risultano nella sostanza non contestate e pacifiche tra le parti sia la consistenza delle opere in contestazione che la sussistenza del duplice vincolo, storico artistico (atto datato 19 novembre 1942) e paesaggistico (d.m. 28 aprile 1959).
3.1 In linea di diritto, prima facie infondato è il primo ordine di motivi, a fronte del pacifico principio, operante a maggior ragione in caso di opere abusivamente realizzate su beni specificamente vincolati, che esclude la necessità, in termini di legittimità, della comunicazione di avvio del relativo procedimento.
In proposito va pertanto ribadito che in relazione ad immobili realizzati abusivamente in zona vincolata, il provvedimento che ne ordina la demolizione, in quanto espressivo di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità, ha natura vincolata e ciò comporta che non deve essere preceduto dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694).
3.2 In relazione al secondo ordine di rilievi, la censura non è fondata sotto due versanti: in linea generale l’abusività in relazione al vincolo c.d. monumentale ne esclude la sanabilità nei termini paesaggistici invocati; in linea particolare, l’istanza di sanatoria invocata, oltre a non contenere riferimento alla necessaria verifica rispetto al vincolo monumentale, riguardando solo quello paesaggistico, non risulta accompagnata da alcun elemento che dimostri, anche in via presuntiva, l’effettiva presentazione della stessa, nei termini correttamente rilevati in fatto dal Giudice di prime cure.
In ogni caso, il principio invocato da parte appellante non trova applicazione in quanto la domanda di sanatoria invocata sarebbe comunque risalente ad un’epoca successiva al dovuto provvedimento sanzionatorio.
In proposito, come noto, la richiesta di concessione in sanatoria di un'opera edilizia non inficia la legittimità dell'ordine di demolizione impartito in precedenza, quando la domanda di sanatoria sia stata poi respinta, atteso che l'ordine di demolizione risulta illegittimo soltanto se viene adottato all'indomani della domanda di sanatoria; ciò in ragione del fatto che l'istanza di sanatoria impedisce che l'Amministrazione prima del suo esame si attivi per eliminare un abuso che potrebbe essere sanato. L'ordine di demolizione è, infatti, un atto vincolato che poggia sull'atto presupposto che accerta la presenza di un abuso edilizio, con la conseguenza che l'efficacia dell'ordine di demolizione resta sospesa all'indomani della presentazione della domanda di sanatoria, ma al momento in cui la stessa venga respinta, l'ordine di demolizione torna a spiegare i suoi effetti, né appare necessario che l'amministrazione adotti un ulteriore ordine di demolizione, poiché la domanda di sanatoria non caduca l'ordine di demolizione, ma ne sospende gli effetti, che ricominciano a decorrere a far data dall'adozione del diniego di sanatoria.
3.3 In relazione al terzo ed al quarto ordine di rilievi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto concernenti analoghi vizi avverso il potere sanzionatorio esercitato, le censure sono prima facie infondate.
Sia in linea generale a fronte del pacifico principio per cui, a fronte di un abuso edilizio che arreca un vulnus all'assetto del territorio (in una zona peraltro già vincolata sotto il profilo ambientale - paesaggistico), non può opporsi alcuna possibile valutazione discrezionale con riguardo alla ingiunzione di demolizione, in quanto il giudizio di antigiuridicità dell'operato è già complessivamente contenuto nella legge, sicché non vi è ragione di una specifica motivazione sulla preminenza dell'interesse pubblico e, ancor meno, su una non dovuta ponderazione tra interessi pubblici e privati coinvolti.
Sia nel caso di specie, in cui la Soprintendenza, negli atti impugnati, ha dato correttamente atto dei vincoli sussistenti e delle opere abusive realizzate in violazione degli stessi, svolgendo una motivazione adeguata in merito alla sussistenza ed alla rilevanza degli abusi accertati.
3.4 Invero, il danno rispetto al vincolo monumentale è evidente e dimostrato, a fronte della consistente trasformazione del tetto a copertura tramite la realizzazione di un terrazzo, accompagnato altresì dall’aumento di superficie, con conseguente insanabilità paesaggistica. Nel caso di specie peraltro la vigenza del concorrente vincolo monumentale rafforza ulteriormente la posizione correttamente portata avanti dall’amministrazione odierna appellata resistente.
3.5 In generale, l’ordinamento non assoggetta ad un regime di prescrizione l'esercizio dei poteri di controllo e di sanzione da parte delle amministrazioni competenti in materia urbanistico-edilizia e paesaggistica (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 28 aprile 2014, n. 2196 e sez: VI 4 marzo 2013 n. 1268, Cons. giust. amm. sic., sez. giurisdiz., 13-09-2011, n. 554.): dimodoché l'accertamento dell'illecito amministrativo urbanistico-edilizio e paesaggistico, nonché la conseguente applicazione delle relative sanzioni, possono intervenire anche dopo il decorso di un rilevante lasso temporale dalla consumazione dell'abuso, al quale deve riconoscersi natura permanente, con la conseguenza che esso cessa soltanto dopo la materiale esecuzione della sanzione.
4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2020 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Dario Simeoli, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
Giovanni Orsini, Consigliere