Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3257, del 12 giugno 2013
Urbanistica.“Vicinitas” e ulteriori elementi necessari al ricorrente

Alla “vicinitas” del ricorrente deve aggiungersi un elemento ulteriore, ovvero, il peggioramento della situazione, patrimoniale o personale. Secondo recente giurisprudenza alla “vicinitas” del ricorrente deve aggiungersi un elemento ulteriore, ovvero, il peggioramento della situazione, patrimoniale o personale. A titolo di esempio, i proprietari confinanti possono impugnare: il piano di recupero di un immobile, avente natura di piano urbanistico attuativo, in quanto vengano in rilievo interessi di carattere edilizio e strettamente inerenti alla disciplina del territorio; il progetto preliminare e il progetto esecutivo finalizzati alla realizzazione di un porto turistico che, se illegittimamente assentiti, sarebbero idonei ad arrecare pregiudizio ai valori urbanistici della zona; il progetto, comprensivo dell’approvazione di una variante per insediamenti produttivi, per la realizzazione, in un'area classificata come agricola dal previgente strumento di piano e destinata prevalentemente alla coltura del mais, di un centro di distribuzione e logistica merci, quando possa seguirne un pregiudizio consistente nella possibile diminuzione di valore del proprio immobile o nella peggiore qualità ambientale; il piano attuativo di insediamento edilizio interessante un'area con la destinazione urbanistica di "aree per servizi - parchi a verde attrezzato", con la realizzazione delle opere di urbanizzazione strumentali all'insediamento residenziale, quando la nuova destinazione urbanistica, al di là della possibile incidenza sul valore dei beni, possa apportare un pregiudizio in termini di sottrazione di visuale, luce ed aria. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03257/2013REG.PROV.COLL.

N. 09521/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9521 del 2007, proposto da: 
Chiocchetti Margherita, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Righi, Pietro Giustinucci, con domicilio eletto presso Roberto Righi in Roma, via G. Carducci, 4;

contro

Comune di Pisa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gloria Lazzeri, con domicilio eletto presso Benito Piero Panariti in Roma, via Celimontana, 38;

nei confronti di

Pistoletti Ettore, Regione Toscana , non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
G.D.R. s.a.s. di Conticini Giuseppe & C., Beton Masoni di Ghino Masoni, Fineuro s.a.s. di Nannicini Matteo & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Eugenio Mete, con domicilio eletto presso Eugenio Mete in Roma, via Famagosta, 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 01043/2007, resa tra le parti, concernente adozione di regolamento urbanistico comunale - destinazione aree



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Roberto Righi, Benito Panariti (su delega di Gloria Lazzeri) e Giuseppe Volpe (su delega di Eugenio Mete);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La signora Margherita Chiocchetti e gli altri originari ricorrenti sono proprietari di immobili in località Barbaricina nel Comune di Pisa, ricompresa all’interno dell’unità territoriale organica elementare – U.T.O.E. n. 18 del piano strutturale del Comune. Essi hanno impugnato gli atti di adozione (deliberazione del Consiglio comunale n. 49 del 27 luglio 2000) e di approvazione definitiva del regolamento urbanistico comunale (deliberazione del Consiglio comunale n. 43 del 28 luglio 2001), nella parte in cui (c.d. scheda norma 18.4) questo prevede l’edificabilità di un’area contigua a quelle di loro proprietà, già collocata in “zona ippica” dal P.R.G. previgente.

Con sentenza 3 luglio 2007, n. 1043, il T.A.R. per la Toscana, sez. I, accogliendo un’eccezione formulata dal Comune, ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso, che - al di là dell’affermazione della “vicinitas”, di per sé non ritenuto sufficiente - non avrebbe indicato la lesione concreta, immediata e attuale prodotta dai provvedimenti impugnati alla propria posizione sostanziale.

Contro la sentenza la sola signora Chiocchetti ha interposto appello.

• In primo luogo, l’appellante contesta la carenza di interesse affermata dal Tribunale territoriale. Anche ad ammettere la tesi restrittiva da questo sostenuta (che peraltro l’appellante contesta), vi sarebbe nella specie un interesse qualificato ad agire, posto che l’area controversa, limitrofa a quella dell’appellante, sarebbe soggetta a elevato rischio idraulico e imporrebbe specifiche esigenze di salvaguardia, che invece non sarebbero state debitamente valutate e approntate. Sebbene danni diretti e gravi alle proprietà confinanti possano derivare in concreto solo dall’avvenuta esecuzione dei lavori, l’interesse sottostante al ricorso sarebbe senz’altro qualificato.

• Richiamati poi i motivi del ricorso non vagliati dalla sentenza impugnata, deduce specificamente, sotto diversi profili, la violazione di legge. L’area in questione sarebbe soggetta a particolari rischi idrogeologici; come Zona B1, varrebbero per essa specifiche misure di salvaguardia, che non consentirebbero la realizzazione dell’intervento edilizio programmato.

• Sarebbe poi violato il piano strutturale del Comune che – ammettendo nell’area la conservazione e la riqualificazione delle strutture ippiche e dell’edificato storico, il mantenimento delle attività agricole, la qualificazione delle aree edificate recenti – escluderebbe espressamente interventi che producano incrementi di volume e di superficie utile. Ne deriverebbe l’illegittimità del regolamento urbanistico, al quale spetterebbe di attuare le previsioni del piano senza potervi derogare, come avrebbe invece fatto nel caso di specie, sulla base peraltro di un’istruttoria assolutamente carente (in tal modo violando anche l’art. 32 della legge della Regione Toscana 16 gennaio 1995, n. 5, allora vigente, in tema di valutazione degli effetti ambientali).

• Sarebbero infine violate le norme statali e regionali in materia di tutela paesaggistica, in quanto i vincoli imposti dalla legge dello Stato rimarrebbero comunque fermi, nonostante la sopravvenienza di successive disposizioni, ivi compresa l’eventuale approvazione di un piano paesaggistico.

Il Comune di Pisa si è costituto in giudizio per resistere all’appello.

Hanno spiegato intervento ad opponendum le società G.D.R. s.a.s. e Fineuro s.a.s. nonché la ditta individuale Beton Masoni, dichiarando di avere realizzato nell’area in questione, secondo i permessi di costruzione rilasciati dal Comune sulla base degli atti impugnati, le opere di urbanizzazione e quattro edifici di civile abitazione.

Le parti hanno successivamente depositato memorie.

Il Comune:

• ritiene inammissibili, come motivi di appello, i motivi del ricorso introduttivo richiamati e riproposti genericamente;

• sostiene la carenza di interesse dell’appellante, che avrebbe tenuto un comportamento contraddittorio, non impugnando il piano attuativo sulla base del quale, nel frattempo, sono stati realizzati alcuni edifici di civile abitazione, presentando a suo tempo un esposto per contestare l’eventuale costruzione di una scuderia nelle vicinanze della sua proprietà e contestando poi la modifica della previsione urbanistica;

• nega l’esistenza di un rischio idraulico, alla stregua delle prescrizioni nazionali e regionali (le misure di salvaguardia sarebbero scadute); come apparirebbe da una relazione in atti, gli interventi edilizi autorizzati e già realizzati non determinerebbero alcun aumento di pericolosità per le aree circostanti;

• contesta la violazione del piano strutturale: l’esclusione di determinati interventi nell’U.T.O.E. in discorso sarebbe una misura di salvaguardia, venuta meno - in conformità alle norme di attuazione del piano strutturale medesimo - con l’approvazione del regolamento urbanistico; in sede di approvazione definitiva di quest’ultimo, peraltro, il Consiglio comunale, recependo le osservazioni di alcuni privati, avrebbe variato la destinazione dell’area da ippica a residenziale e rinviato a un piano attuativo, da progettare secondo indici edificatori minori, con cessione di parte della superficie al Comune e realizzazione di verde e parcheggi pubblici;

• ritiene non vi sia alcuna violazione delle norme di tutela paesaggistica: l’argomento sviluppato in primo grado (la competenza sarebbe spettata all’Ente parco naturale di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli) non varrebbe, perché l’area sarebbe estranea e neppure contigua a quella del Parco; dall’inserimento dell’area nell’ambito previsto dal decreto ministeriale 26 marzo 1960 discenderebbe solo l’assoggettamento ai poteri dell’Amministrazione dei beni culturali con riguardo all’approvazione del piano attuativo e al rilascio dei permessi di costruzione.

Gli intervenienti propongono considerazioni adesive a quelle del Comune resistente e insistono sulla coerenza del regolamento urbanistico con le previsioni del piano strutturale che, venute meno le misure di salvaguardia, consentirebbe espressamente nell’area controversa nuovi interventi di trasformazione, con la sola eccezione delle nuove aziende a rischio di incidente rilevante, insalubri o che comportino emissioni in atmosfera.

Nella memoria del 6 marzo scorso, l’appellante insiste sul proprio interesse qualificato al ricorso, in ragione del temuto rischio idraulico e del pericolo di danneggiamento del patrimonio ambientale di cui il Consiglio comunale non avrebbe tenuto il debito conto nel riconoscere l’edificabilità dell’area in questione. Sviluppa poi, anche con richiami alla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, i singoli motivi dell’appello (rischio idrogeologico; contrasto con il piano strutturale; violazione delle norme in materia di tutela paesaggistica).

Gli intervenienti, nelle proprie memorie di replica, insistono sulla carenza di interesse e sull’infondatezza nel merito dei singoli motivi del ricorso.

All’udienza pubblica del 9 aprile 2013, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminare è la questione del titolo (legittimazione e interesse) al ricorso, negando il quale il Tribunale regionale è giunto a una declaratoria di inammissibilità.

1.1 Correttamente il T.A.R. sostiene che la semplice prossimità non è di per sé elemento sufficiente a fondare l’interesse a impugnare strumenti urbanistici generali, quale quello controverso.

In questo senso, infatti, è anche la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo la quale alla “vicinitas” del ricorrente deve aggiungersi un elemento ulteriore. Questo, in estrema sintesi, è costituito da ciò, che lo strumento urbanistico deve - in tesi - produrre un peggioramento della situazione (patrimoniale o personale) del ricorrente.

Valgano a tal fine alcuni esempi.

I proprietari confinanti possono impugnare:

il piano di recupero di un immobile, avente natura di piano urbanistico attuativo, in quanto vengano in rilievo interessi di carattere edilizio e strettamente inerenti alla disciplina del territorio (sez. IV, 29 luglio 2009, n. 4756);

il progetto preliminare e il progetto esecutivo finalizzati alla realizzazione di un porto turistico che, se illegittimamente assentiti, sarebbero idonei ad arrecare pregiudizio ai valori urbanistici della zona (sez. IV, 26 giugno 2012, n. 3750);

il progetto, comprensivo dell’approvazione di una variante per insediamenti produttivi, per la realizzazione - in un'area classificata come agricola dal previgente strumento di piano e destinata prevalentemente alla coltura del mais – di un centro di distribuzione e logistica merci, quando possa seguirne un pregiudizio consistente nella possibile diminuzione di valore del proprio immobile o nella peggiore qualità ambientale (sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4926);

il piano attuativo di insediamento edilizio interessante un'area con la destinazione urbanistica di "aree per servizi - parchi a verde attrezzato", con la realizzazione delle opere di urbanizzazione strumentali all'insediamento residenziale, quando la nuova destinazione urbanistica, al di là della possibile incidenza sul valore dei beni, possa apportare un pregiudizio in termini di sottrazione di visuale, luce ed aria (sez. IV, 13 novembre 2012, n. 5715).

1.2 Nel caso di specie, il Tribunale regionale insiste sul fatto che, perché per la realizzazione dell’intervento sarebbe stato previsto un piano attuativo con applicazione di indici edificatori minori rispetto a quelli originariamente previsti per la scuderia, cessione di parte della superficie al comune e realizzazione di verde e parcheggi pubblici, l’intervento in sé non si configurerebbe come manifestamente pregiudizievole per gli interessi dei ricorrenti.

Non di ciò, tuttavia, si dolevano coloro i quali hanno proposto il ricorso introduttivo.

Questo, richiamata la precedente destinazione dell’area a “zona ippica”, fa leva sulla mancata valutazione dei rischi idraulici e idrogeologici (primo motivo) nonché nello stravolgimento delle previsioni del P.R.G., fatte proprie dal piano strutturale, che avrebbe inteso “evitare ulteriori improvvidi interventi edilizi destinati a creare nuovi <<diverticoli>> e a deturpare una zona di sicuro pregio ambientale e paesistico” (secondo motivo).

Così essendo articolato il ricorso di primo grado (a quelli ricordati si aggiungono poi altri motivi, riassunti in narrativa e che qui non occorre specificamente richiamare), sembra davvero difficile negare il titolo a impugnare in capo ai proprietari di aree confinanti con quella oggetto dell’intervento, che dall’intervento stesso temano conseguenze pericolose per l’integrità dei propri beni e l’alterazione del complessivo quadro ambientale in cui hanno sinora vissuto. Benché i proprietari possano essersi in passato lamentati degli effluvi provenienti dalla scuderia, corrisponde a un apprezzamento diffuso quello secondo cui, in un’area di campagna, può essere senz’altro preferibile - in termini di qualità della vita - avere nei pressi una stalla che non alcuni edifici destinati a civile abitazione.

Questa valutazione è certo soggettiva ed è suscettibile di non essere condivisa. Assieme al profilo del lamentato rischio idraulico, basta, però, a sostenere l’interesse al ricorso, sia perché esprime un aspetto intrinsecamente connesso alla personalità dei ricorrenti, sia perché non è priva di riflessi patrimoniali (è tutto da dimostrare che la costruzione di alcune villette nelle vicinanze non diminuisca il valore commerciale di un immobile di campagna).

Né appare possibile sindacare nel merito, così come invece operato dal T.A.R. con la sentenza impugnata, le valutazioni di convenienza dei singoli proprietari degli immobili circostanti, così come non è consentito al Giudice di anticipare alla fase dello scrutinio della sussistenza della legittimazione ad agire e dell'interesse a ricorrere la verifica del rispetto o meno dell'assetto urbanistico-ambientale ad opera dell'intervento contestato, perché è sufficiente l'astratta prospettazione della suscettibilità del contrasto con siffatto assetto ad arrecare pregiudizio a coloro che siano titolari di immobili ubicati nella zona (ovvero che con la stessa abbiano comunque, anche a titolo diverso, uno stabile collegamento), a consentire di riconoscerne la legittimazione attiva al ricorso giurisdizionale avverso le scelte compiute.

1.3 Il titolo a ricorrere in primo grado, pertanto, esisteva.

Né può essere opposta dal Comune la mancata impugnazione del piano attuativo, trattandosi di questione estranea alla presente controversia e oggetto di separato giudizio (ricorso n. 2009/5236).

Sotto questo primo profilo, la sentenza deve essere riformata.

2. Nel merito, il Collegio osserva che il regolamento urbanistico, nella parte impugnata, non è conforme al piano strutturale.

2.1 Il Comune ha bensì ragione nell’affermare che alla vicenda non può applicarsi il divieto di incrementi di volumi e di superficie utile, con limitate eccezioni, posto dal piano medesimo, e ciò in quanto trattasi di misura di salvaguardia, destinata evidentemente a perdere efficacia con l’adozione degli strumenti urbanistici che al piano strutturale fanno seguito.

Tuttavia, ai fini che qui interessano, occorre avere riguardo piuttosto agli obiettivi elencati dal piano con riferimento all’area in questione.

Come obiettivi qualitativi e funzionali generali, il piano pone: “Conservazione e riqualificazione delle strutture ippiche e dell’edificato storico. Mantenimento delle attività agricole. Qualificazione delle aree edificate recenti con possibilità di riordino infrastrutturale per una migliore connessione del sistema funzionale”.

A proposito degli obiettivi qualitativi e funzionali locali, esso indica: ”Completamento e riordino del Villaggio Saint Gobain, mantenendo ed implementando la quantità insediativa. Decongestionamento della via Rook. Realizzazione di una viabilità alternativa a servizio della parte centrale dell’insediamento, anche eventualmente nell’U.T.O.E. 19”.

Alla luce di tali previsioni, è chiaro che nuovi insediamenti di edilizia residenziale privata avrebbero potuto essere realizzati solo nell’area del Villaggio Saint Gobain, dunque in un’area che, non essendo richiamata dalle difese del Comune e dei privati intervenuti, deve ritenersi diversa da quella oggetto della contestazione.

2.2 Per la verità, il Comune richiama anche le N.T.A. del piano strutturale, per trarne argomento a sostegno delle proprie tesi.

Senonché va osservato che l’art. 3, comma 5, norma che il Comune specificamente evoca, si limita a rendere possibili parziali e motivate variazioni delle perimetrazioni delle articolazioni dei sistemi ambientali e insediativo, nonché integrazioni e puntuali specificazioni delle indicazioni relative alle utilizzazioni degli immobili.

Si tratta dunque di previsioni ben diverse rispetto alla possibilità di consentire edificazioni residenziali là dove il piano strutturale lo esclude. E ciò, anche a prescindere dal fatto che le deroghe, che si assumono consentite, andrebbero comunque motivate, mentre, nel caso di specie, la difformità non è in alcun modo giustificata.

Ne segue che il regolamento urbanistico, nella parte che è stata impugnata, è illegittimo per contrasto con il piano strutturale, di cui dovrebbe costituire solo specificazione, secondo il modulo programmatorio delineato dalla legge della Regione Toscana 16 gennaio 1995, n. 5, all’epoca vigente.

3. Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è fondato e va pertanto accolto, rimanendo assorbita ogni altra censura.

Ogni altro motivo od eccezione non espressamente esaminati sono stati dal Collegio assorbiti in quanto ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Le spese seguono la soccombenza, conformemente alla legge, e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado.

Condanna le parti soccombenti alle spese di giudizio, che liquida in favore dell’appellante nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00) a carico del Comune e nel medesimo importo di euro 3.000,00 (tremila/00) a carico di ciascuna delle parti private controinteressate, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Virgilio, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Andrea Migliozzi, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)