Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69 e s.m.i. cosiddetto Salva Casa
(Sesto scritto di approfondimento)
di Massimo GRISANTI

Segue i cinque scritti d’approfondimento pubblicati su Lexambiente dedicati alle modificazioni degli articoli 2-bis, 6, 9-bis, 23-ter e 24 del Testo unico dell’edilizia.
In questo sesto vengono analizzate le modifiche all’art. 31 t.u.e.
    6. Sulle modifiche all’art. 31 (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) del Testo unico dell’edilizia.
        6.1 Le modifiche apportate al terzo comma, riguardanti la proroga del termine dell’ingiunzione a demolire e ripristinare, devono essere rettamente coordinate con le disposizioni dell’art. 21-quater L. 241/1990, atteso che la mera istanza di proroga non è idonea a sospendere l’efficacia del provvedimento repressivo.
Nel caso in cui il responsabile del competente ufficio adotti il provvedimento di proroga senza aver sospeso l’efficacia dell’ingiunzione prima dello spirare del novantesimo giorno, questo non fa venire meno l’acquisizione dell’opera abusiva e del suo sedime al patrimonio comunale che si è verificata di diritto medio tempore. In parole semplici, il provvedimento di proroga adottato dopo il novantesimo giorno senza che l’ingiunzione sia stata sospesa è privo di validi effetti giuridici perché una volta che l’opera è transitata nel patrimonio comunale la decisione dell’organo burocratico può essere solo esecutiva di una deliberazione del Consiglio comunale, il quale potrebbe decidere anche di non abbatterla perché confacente alle politiche locali.
A ben vedere, finanche il provvedimento di sospensione dell’efficacia dell’ingiunzione deve essere preceduto dall’acquisizione di indirizzi del Consiglio, atteso che l’eventuale concessione della sospensione potrebbe andare in danno dell’ente locale, anche in ordine alla mancata introitazione della sanzione ex art. 31, co. 4-bis, t.u.e.
Del resto, colui il quale pone in essere comportamenti illeciti non può fare legittimo affidamento nemmeno sulla concessione della sospensione dei termini a demolire.
        6.2 È oltremodo semplice antivedere che le modifiche del comma 5 genereranno contenziosi e favoritismi, nonché affatto assicurano che le opere abusive siano rimosse, peraltro senza danno all’ambiente. Ricordiamoci che la Corte costituzionale più volte ha stigmatizzato il fatto che al disordine urbanistico hanno concorso i comuni e la polizia locale preposta al controllo del territorio.
Già l’inciso “sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi” è talmente indefinita che sembra formulata apposta affinché l’arbitrarietà non sia punibile. Infatti, quand’è che si ha contrasto?
Inoltre, perché mai una norma edilizia, che impone la valutazione del contrasto con rilevanti interessi paesaggistici, dovrebbe porre nel nulla le disposizioni dell’art. 167 d.lgs. 42/2004, imponenti la demolizione delle opere venute ad esistenza in assenza di autorizzazione paesaggistica, sol perché l’opera abusiva entra nel patrimonio comunale? Come ha pensato, il legislatore, di coordinare la novella legislativa con le disposizioni dell’art. 1, co. 2, t.u.e. che NEL DELIMITARE L’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL TESTO UNICO DELL’EDILIZIA statuiscono che “Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490” oggi d.lgs. 42/2004?
In ogni caso lo si ricordi … il quinto comma di questo art. 31 t.u.e. non consente alcuna valutazione in ordine alla possibilità di mantenimento in essere degli abusi edilizi consumati in zona a vincolo cimiteriale, idraulico, di rispetto stradale, ferroviario e aeroportuale, militare ecc. nonché non rispettosi della sostanziale disciplina antisismica e tecnico-costruttiva finalizzata ad assicurare la sicurezza dei beni e delle persone.
Per non dire che le modifiche apportate dal decreto legge Salva casa e dalla sua legge di conversione affrancano i responsabili dell’abuso edilizio dalle spese di demolizione e ripristino per il caso in cui non ottemperino all’ingiunzione, visto che il costo della rimozione delle opere abusive viene messo in testa al Comune sottoforma di riduzione del valore del bene da alienare nella stima che di esso è chiamata a fare l’Agenzia delle Entrate (senza che non è ricavabile alcuna norma che abiliti il Comune ad essere risarcito del minus valore da parte dei responsabili dell’abuso).
E come se non bastasse, il ripristino dei luoghi allo status quo ante viene rinunciato ex lege, visto che nelle poste negative della stima dell’Agenzia delle Entrate è espressamente previsto che sia tenuto conto dei costi per la rimozione, ma non quelli di ripristino. Così abilitando la permanenza della ferita al suolo e al paesaggio.
Cui prodest queste modifiche che sembrano scritte a veglia, a tacer d’altro?