TAR Campania (NA), Sez. II, n. 3018, del 7 giugno 2013
Urbanistica.Deroga allo strumento urbanistico

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l'esigenza di un piano di lottizzazione o di un piano particolareggiato, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, s’impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedono una necessaria pianificazione della “maglia”, e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata. L’esistenza di una urbanizzazione avvenuta di fatto e non programmata, che non rispetta gli standards urbanistici vigenti, non può impedire all’Amministrazione di riappropriarsi del potere di conformare l’assetto urbanistico del territorio, subordinando ogni ulteriore intervento ad un’attenta ricognizione dei bisogni effettivi della zona, da calibrare anche in relazione a fenomeni di abusivismo edilizio, sfuggiti evidentemente ad ogni razionale pianificazione urbanistica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03018/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01852/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1852 del 2011, proposto da: 
Maria Marano, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Verde, con domicilio eletto presso la segreteria del T.A.R. Campania - Napoli in Napoli, piazza Municipio, 64;

contro

Il Comune di Melito di Napoli in Persona del Sindaco in carica;

per l'annullamento

del PROVVEDIMENTO PROT. N. 28 DEL 03/08/2010 DI DINIEGO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE PER LA REALIZZAZIONE DI UN COMPLESSO RESIDENZIALE IN CORSO EUROPA.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La ricorrente è proprietaria di un’area sita nel Comune di Melito di Napoli, Corso Europa, ricadente in zona “C – di espansione” del piano regolatore vigente, distinta in foglio 1 particella n. 262.

In data 3.8.2010, l’interessata ha presentato una richiesta volta al conseguimento del permesso di costruire per realizzare un complesso residenziale (prot. n. 17442).

Il Comune di Melito di Napoli ha assunto la determinazione negativa impugnata in cui, oltre a far riferimento al contrasto con le norme urbanistiche vigenti, ha indicato le seguenti ragioni: esistenza sul rilievo aerofotogrammetrico di manufatti non riportati sul progetto, eccedenza della volumetria di progetto derivante dall’erroneo riferimento all’indice di fabbricabilità fondiario e non a quello territoriale, mancanza della preventiva approvazione dei piani di lottizzazione convenzionata.

Avverso il suddetto provvedimento, con il gravame in epigrafe, la ricorrente ha dedotto:

1) Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 10 bis della legge 241/1990. Carenza di istruttoria, eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta.

Il permesso di costruire è stato negato senza che il Comune abbia fatto pervenire il preavviso di diniego in violazione dell’art. 10 bis della legge 241/1990;

Eccesso di potere per sviamento di potere, per erronea valutazione dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta, contraddittorietà.

I manufatti risultanti dal rilievo aerofotogrammetrico sarebbero stati riportati negli allegati al progetto;

3) Violazione del d.P.R. 380/2001, del P.R.G., del regolamento edilizio comunale, omesso accertamento dello stato di urbanizzazione della zona interessata.

L’area oggetto della richiesta di permesso sarebbe sufficientemente urbanizzata, tanto è che il terreno di proprietà della ricorrente costituirebbe un fondo intercluso; non vi sarebbero concrete esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione, che sarebbe pienamente servita dalle opere di urbanizzazione esistenti; nell’atto impugnato manca ogni motivazione in ordine alla verifica dello stato di urbanizzazione dell’area;

4) Violazione del P.R.G. e delle annesse norme di attuazione.

Il volume di progetto pari a mc 609,00 sarebbe inferiore a quello realizzabile pari a 701,80 (ottenuto dalla moltiplicazione della superficie del lotto per l’indice di fabbricabilità fondiaria di 1,10), atteso che nel caso di specie il comune avrebbe erroneamente applicato l’indice di fabbricabilità territoriale (che si riferisce alla zona omogenea) e non l’indice di fabbricabilità fondiaria trattandosi di zona urbanizzata;

5) violazione della delibera della commissione straordinaria n.. 90 del 7.6.2007. Eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto a coloro che hanno ottenuto una concessione edilizia.

L’amministrazione avrebbe erroneamente fatto riferimento alla delibera della commissione straordinaria n. 90 del 7.6.2007, che prevede per la zona C la preventiva approvazione dei piani di lottizzazione, in quanto la zona sarebbe ormai urbanizzata, a seguito del rilascio a favore di altri proprietari di permesso di costruire;

6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/1990. Carenza di istruttoria, eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti, illogicità ed ingiustizia manifesta; violazione dell’art. 97 della Costituzione.

Con ordinanza n. 796 assunta nella camera di consiglio del 5 maggio 2011, è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

All’udienza del 18 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1. Con l’impugnazione in esame Marano Maria impugna, chiedendone l'annullamento, il provvedimento prot. n. 28 del 03/08/2010 di diniego del permesso di costruire per la realizzazione di un complesso residenziale in corso Europa nel Comune di Melito di Napoli.

La motivazione posta a base del provvedimento impugnato è imperniata essenzialmente sulla carenza delle opere di urbanizzazione all'interno dell’area interessata dalla edificazione.

La ricorrente ha impugnato il predetto diniego, deducendone la illegittimità per insufficiente motivazione sullo stato di urbanizzazione dell'area, rilevando che non vi sarebbero concrete esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione, che sarebbe pienamente servita dalle opere di urbanizzazione esistenti.

L’interessata ha allegato una relazione tecnica peraltro nemmeno sottoscritta, del geom. Franco Petito, iscritto all'albo dei geometri della provincia di Napoli, con cui ha inteso dimostrare che l'area, in prevalenza classificata quale zona C del PRG vigente e soggetta a lottizzazione obbligatoria, si sarebbe urbanizzata attraverso una progressiva edificazione che renderebbe inattuale, per la zona in questione, la prescrizione ivi prevista della obbligatorietà del piano di lottizzazione, essendo sopravvenuti interventi che hanno modificato sostanzialmente la conformazione e strutturazione edilizia ed urbanistica dell'area.

2. Il ricorso è infondato.

Come già osservato in fatto, la determinazione negativa si fonda su una pluralità di motivi.

In particolare, il Collegio ritiene che regga al vaglio di legittimità la ragione preclusiva nella parte in cui si precisa che “il lotto ricade in zona C del vigente PRG, per il quale le norme tecniche di attuazione prevedono che l’attività edilizia è subordinata alla approvazione preventiva di piani di lottizzazione convenzionata”. Al riguardo la ricorrente sostiene che la mancanza del piano attuativo non potrebbe condizionare il rilascio del permesso di costruire, in ragione della pretesa urbanizzazione dell’area, che renderebbe superfluo ogni ulteriore adempimento nella definizione della disciplina urbanistica di dettaglio.

2.1. La tesi dell’esponente, però, non merita adesione.

Nel caso specie il piano regolatore generale del Comune di Melito, per la zona omogenea in argomento, prescrive (art. 2 n.t.a.) che le iniziative edificatorie vanno subordinate all’attuazione del detto piano mediante un intervento urbanistico preventivo ed, in particolare, all’approvazione di piani particolareggiati ovvero di piani di lottizzazione.

A tal riguardo la Sezione, richiamando un orientamento già espresso più volte in precedenza, osserva che il principio affermato dalla giurisprudenza prevalente, secondo il quale nelle zone già urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo, può trovare applicazione solo nell’ipotesi, del tutto eccezionale, che si sia già realizzata una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, in quanto risultano oggettivamente non più necessari, essendo stato pienamente raggiunto il risultato (id est: l’adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie previste dal piano regolatore) cui sono finalizzati.

Vale aggiungere che la completezza del sistema infrastrutturale di comparto trascende le dimensioni e l’utilità urbanistica del singolo lotto edificabile, dovendo inevitabilmente apprezzarsi in riferimento alle singole zone.

In ragione di quanto finora osservato, per l’applicazione del principio giurisprudenziale che consente di prescindere dall’approvazione dei piani attuativi è, insomma, necessario che lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti attuativi.

La verifica, pertanto, non può essere limitata alle sole aree adiacenti all’edificio progettato, ma deve riguardare l’intero comprensorio che dagli strumenti attuativi dovrebbe essere disciplinato in modo omogeneo.

Ogni altra soluzione non farebbe altro che trasformare illegittimamente lo strumento attuativo in un atto, in sostanza, facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, II, n. 6538/2005, n. 2925/2004 e n. 11664/2004).

2.2. E ciò è appunto quanto si è verificato nel caso di specie, come si può evincere dall’atto impugnato.

Invero, nel provvedimento di diniego il Comune di Melito ha richiamato le risultanze istruttorie compendiate nella delibera commissariale n. 90 del 7.6.2007, recante “criteri ed indirizzi per la corretta applicazione del P.R.G. vigente nelle more dell’approvazione del nuovo P.U.C. ai sensi della L.R. n. 16/04”, in cui è stato evidenziato che “le zone C sono state seriamente compromesse dal fenomeno dell’abusivismo edilizio e della disapplicazione del P.R.G. vigente e che nel disordine a tale fenomeno connesso gli standard urbanistici non esistono oppure non sono stati rispettati”…

Non è riconosciuto , inoltre, il lotto residuo in quanto è residuale della speculazione edilizia e non conseguenza di disegni unitari e di urbanizzazioni programmate, eseguite e collaudate...”.

E’ evidente che in tale fattispecie, nella quale l’integrità di parte del territorio non risulta irrimediabilmente compromessa, deve essere rigorosamente rispettata la cadenza, in ordine successivo, dell’approvazione del piano regolatore generale e della realizzazione dello strumento urbanistico d’attuazione, che garantisce una pianificazione razionale e ordinata del futuro sviluppo del territorio dal punto di vista urbanistico (cfr. TAR Campania, Sez. II, n. 9520/2007 resa proprio su lotti ricadenti in zone “C” del Comune di Melito).

2.3. Nemmeno rileva quanto dedotto in ordine alla asserita riconducibilità dell’area di proprietà della ricorrente alle ipotesi di lotto intercluso.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l'esigenza di un piano di lottizzazione o di un piano particolareggiato, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedono una necessaria pianificazione della “maglia”, e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (Cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5043; idem, Sez. V , 27 ottobre 2000, n. 5756).

Logico corollario degli arresti giurisprudenziali sopra richiamati è la considerazione, quindi, che non può ritenersi rispondente al criterio di corretto uso del territorio il far discendere dalle omissioni del Comune in ordine al rispetto della disciplina del P.R.G. (che prevede il piano di lottizzazione o quello particolareggiato quale necessaria condizione prevista per lo svolgimento dell'attività edilizia), che hanno favorito l'andamento disarmonico ed incompleto dell’attività edilizia rispetto alle finalità di detto piano, l’impossibilità per la medesima Amministrazione di pretendere (per il futuro) il rispetto delle disposizioni dello strumento pianificatorio ai fini del rilascio dei nuovi permessi di costruire.

L'esonero dal piano attuativo o da quello di lottizzazione, previsto dal P.R.G. e dalle relative N.T.A., non può avvenire, pertanto, in un caso come quello di specie, esposto al rischio della compromissione di valori urbanistici in cui la pianificazione urbanistica – come detto - può ancora conseguire l'effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Cons. St., IV, 15 maggio 2002, n. 2592).

3. Vale, altresì, osservare che l’esistenza di una urbanizzazione avvenuta di fatto e non programmata, che non rispetta gli standards urbanistici vigenti, non possa impedire all’Amministrazione di riappropriarsi del potere di conformare l’assetto urbanistico del territorio, subordinando ogni ulteriore intervento ad un’attenta ricognizione dei bisogni effettivi della zona, da calibrare anche in relazione a fenomeni di abusivismo edilizio, sfuggiti evidentemente ad ogni razionale pianificazione urbanistica.

In siffatto contesto, per effetto di una edificazione sviluppatasi in maniera disomogenea, non appare affatto superflua la previsione di piani attuativi, idonei a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora addirittura definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 7.11.2001, n. 5721; idem, Sez. V, 22 aprile 1992, n. 351).

D’altronde, la stessa valutazione operata dall'Amministrazione quanto alla sussistenza o meno di una compiuta urbanizzazione della zona interessata costituisce espressione di discrezionalità tecnica e si presta ad essere sindacata esclusivamente ove risulti manifestamente erronea o illogica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5721/2001, cit.).

4. Orbene, a giudizio del Collegio, nessun elemento versato in atti a sostegno delle deduzioni dell’interessata consente di invalidare nei termini suddetti gli apprezzamenti condotti dall’Amministrazione resistente e compendiati nell’atto gravato.

La relazione del perito di parte (non sottoscritta), ai fini in esame, non può ritenersi soddisfacente: anzitutto, la verifica condotta quanto all’urbanizzazione dell’area appare circoscritta alla sola zona oggetto di intervento, laddove – in virtù di quanto sopra evidenziato – avrebbe dovuto estendersi all’intero comprensorio.

Inoltre, non risulta introdotta alcuna argomentazione per sostenere il dato della dedotta sufficienza delle opere di urbanizzazione.

Senza contare, poi, che appare del tutto sottovalutato il problema specifico della prognosi futura della sufficienza qualitativa e quantitativa delle opere di urbanizzazione esistenti rispetto a quelle programmate da porre a servizio delle popolazione che, secondo le previsioni del piano regolatore generale, potrà insediarsi nella stessa zona.

5. Non merita adesione nemmeno la dedotta violazione dell’art.10 bis della l. 7 agosto 1990, n.241, nel testo aggiunto dall’art. 6 della l. 11 febbraio 2005, n.15, per l’omessa comunicazione alla parte richiedente dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, prima della formale adozione del provvedimento di diniego.

Il Collegio ritiene che al principio partecipativo, già cristallizzato dall'articolo 7 della legge n. 241/1990 ed ora completato con l’ulteriore garanzia partecipativa del cd. preavviso di diniego, debba essere data una lettura attenta al significato sostanziale delle garanzie all'uopo stabilite dal legislatore. In tale ottica, la valutazione della portata del summenzionato art.10 bis, quanto agli effetti in tema di patologia del provvedimento conclusivo, non va disgiunta dalla contestuale introduzione dell'articolo 21 octies, che nella prima parte del secondo comma prevede: “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Deve dunque escludersi, in via generale, che la violazione formale possa sortire effetto invalidante quante volte il provvedimento finale si appalesi quale esito sostanzialmente vincolato. In omaggio alla prospettata esigenza di non annettere rilievo invalidante a vizi formali incapaci di denotare una disfunzionalità reale dell'agere dei pubblici poteri, ne discende anche la valenza non invalidante dell'omissione dell’adempimento di cui all’art.10 bis, nel caso di atti privi in concreto di alcun profilo di discrezionalità, stante l'inidoneità della partecipazione del privato ad incidere su di uno sbocco ineluttabile della procedura.

Come è stato chiarito il provvedimento di diniego si configura nella specie quale esito sostanzialmente vincolato, per cui il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, secondo il disposto dell’art. 21 octies della L. n.241/1990, introdotto dalla L. n.15/2005.

La natura doverosa e vincolata del diniego dell'istanza di permesso di costruire, a fronte di opere di progetto in contrasto con la normativa urbanistica, rendono del tutto inutile ogni ulteriore apporto partecipativo.

Il provvedimento, infatti, non avrebbe potuto avere un contenuto diverso, essendo stata accertata la mancanza del piano attuativo richiesto dallo strumento urbanistico quale presupposto indispensabile per il rilascio del titolo autorizzatorio per l'opera in questione.

6. Quanto finora osservato è sufficiente ai fini della reiezione del ricorso, restando in essa assorbite le censure non scrutinate.

Ed, invero, in aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, deve affermarsi che è sufficiente per la conservazione del provvedimento amministrativo sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome e non contraddittorie, che sia fondata anche una sola di esse; la conservazione dell'atto (indipendentemente dalla eventuale invalidità di taluna delle autonome argomentazioni che lo sorreggono) fa venir meno l'interesse del ricorrente all'esame dei motivi dedotti contro tali ulteriori argomentazioni ( cfr. Consiglio Stato , sez. V, 10 giugno 2005 , n. 3052).

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va respinto siccome infondato.

Quanto alle spese, non occorre provvedervi non essendosi costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carlo D'Alessandro, Presidente

Francesco Guarracino, Consigliere

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)