Cass. Civile Sez. U, Sentenza n. 28268 del 21/12/2005
Presidente: Nicastro G. Estensore: Morelli MR. Relatore: Morelli MR. P.M. Palmieri R. (Conf.)
Enel Green Power SpA (Pennini ed altri) contro Pres. Giunta Reg. Aut. Sardegna ed altri (Avv. Gen. Stato)
(Rigetta, Trib. Sup. Acque Roma, 19 Giugno 2002)
ACQUE - ACQUE PUBBLICHE - DERIVAZIONI E UTILIZZAZIONI (UTENZE) - MODIFICAZIONI E VARIAZIONI: INDENNITÀ - Limitazioni dell'utilizzabilità di acque in concessione ai sensi dell'art. 22, comma 6, d.lgs n. 152 del 1999 - Non indennizzabilità - Questione di costituzionalità - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, comma 6, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, nella parte in cui esclude l'indennizzabilità di prescrizioni limitative dell'utilizzabilità di acque in concessione adottate in sede di revisione delle utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico. Tali limitazioni, infatti, attengono pur sempre ad un bene di titolarità pubblica, sono finalizzate a garantire la soddisfazione di bisogni essenziali della collettività e non restano, comunque, integralmente senza ristoro, essendo fatta salva, dalla norma in questione, una corrispondente "riduzione del canone demaniale di concessione", dovendosi ulteriormente rilevare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 259 del 1996, ha ritenuto non lesiva dei canoni di cui agli artt. 2,3 e 42 Cost. la modificazione del regime di proprietà delle acque, recata dalla legge n. 36 del 1994, sicché, a maggior ragione, non può ritenersi lesiva dei citati parametri costituzionali una modificazione del regime di utilizzo delle acque.
Presidente: Nicastro G. Estensore: Morelli MR. Relatore: Morelli MR. P.M. Palmieri R. (Conf.)
Enel Green Power SpA (Pennini ed altri) contro Pres. Giunta Reg. Aut. Sardegna ed altri (Avv. Gen. Stato)
(Rigetta, Trib. Sup. Acque Roma, 19 Giugno 2002)
ACQUE - ACQUE PUBBLICHE - DERIVAZIONI E UTILIZZAZIONI (UTENZE) - MODIFICAZIONI E VARIAZIONI: INDENNITÀ - Limitazioni dell'utilizzabilità di acque in concessione ai sensi dell'art. 22, comma 6, d.lgs n. 152 del 1999 - Non indennizzabilità - Questione di costituzionalità - Manifesta infondatezza.
È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, comma 6, d.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, nella parte in cui esclude l'indennizzabilità di prescrizioni limitative dell'utilizzabilità di acque in concessione adottate in sede di revisione delle utilizzazioni in atto nel medesimo corpo idrico. Tali limitazioni, infatti, attengono pur sempre ad un bene di titolarità pubblica, sono finalizzate a garantire la soddisfazione di bisogni essenziali della collettività e non restano, comunque, integralmente senza ristoro, essendo fatta salva, dalla norma in questione, una corrispondente "riduzione del canone demaniale di concessione", dovendosi ulteriormente rilevare che la Corte costituzionale, con sentenza n. 259 del 1996, ha ritenuto non lesiva dei canoni di cui agli artt. 2,3 e 42 Cost. la modificazione del regime di proprietà delle acque, recata dalla legge n. 36 del 1994, sicché, a maggior ragione, non può ritenersi lesiva dei citati parametri costituzionali una modificazione del regime di utilizzo delle acque.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NICASTRO Gaetano - Primo Presidente f.f. -
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Presidente di sezione -
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. MORELLI Mario Rosario - rel. Consigliere -
Dott. ROSELLI Federico - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. FALCONE Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ENEL GREEN POWER S.P.A. (già ERGA - ENERGIE RINNOVABILI GEOTERMICHE ED ALTERNATIVE S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro- tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 99, presso lo studio degli avvocati ERNESTO e MICHELE CONTE, che la rappresentano e difendono unitamente all'avvocato PENNINI MARIA CRISTINA, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
ENTE AUTONOMO DEL FLUMENDOSA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONE AUTONOMA SARDEGNA, nella qualità del Commissario Governativo per l'Emergenza idrica in Sardegna, entrambi elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;
- controricorrenti -
e contro
ESAF - ENTE SARDO ACQUEDOTTI FOGNATURE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 87/2002 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 19/06/2002;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/11/2005 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
udito l'Avvocato Michele CONTE, nonché l'avvocato Francesco LETTERA dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTO E DIRITTO
1. La ERGA s.p.a. - premesso che con ordinanza 28 giugno 1995 del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Giunta della Regione autonoma della Sardegna era stato nominato Commissario governativo per la programmazione e l'attuazione degli interventi necessari per fronteggiare la situazione di emergenza nei settori dell'approvvigionamento, adduzione, contabilizzazione e distribuzione delle acque, delle fognature e della depurazione delle acque reflue, nonché del riutilizzo e recapito delle acque depurate - impugnava le ordinanze 6 marzo e 13 marzo 2000 nn. 179 e 190, con le quali erano stati imposti vincoli all'utilizzazione delle acque invasate, rispettivamente, nel serbatoio dell'Alto Flumendosa (Bau Muggeris) ed in quello del Coghinas, entrambi ad essa appartenenti e che si discostavano da precedenti ordinanze emesse dalla medesima autorità nel 1995, nel 1998 e nel 1999 in quanto, pur essendo emanate per le finalità delineate nel suddetto provvedimento del presidente del Consiglio dei Ministri, sollecitavano la Regione Sardegna ad attivare i procedimenti volti all'applicazione del D.Lgs. del 11 maggio 1999, n. 152, (tutela quantitativa delle risorse e del risparmio idrico), con urgenza e priorità per quanto previsto dal citato Decreto art. 22, comma 6, allo scopo di perseguire la tutela quantitativa delle risorse mediante prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative delle risorse stesse "senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica Amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione".
In passato, invece, secondo quanto dedotto dalla parte ricorrente, sarebbe stato sempre riconosciuto all'E.N.E.L., cui la Società era subentrata per quanto di ragione, un equo indennizzo per le risorse ricevute, a carico degli enti destinatari del rilascio. Di tale differente trattamento, determinato dalla sopravvenienza del D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 (che il Commissario Governativo aveva ritenuto applicabile al caso in esame) si doleva l'ERGA, denunciando, tra l'altro, l'illegittimità del citato D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22, "nella parte in cui prevede pesanti sacrifici delle utilizzazioni in atto, senza indennizzo, in relazione all'art. 42 Cost. (attesa la natura di diritti reali delle utenze di acqua pubblica) ed agli artt. 3 e 41 Cost. in quanto consente la modificazione unilaterale dei rapporti patrimoniali intersoggettivi liberamente sorti, determinando, nell'ambito di tali rapporti, un irragionevole squilibrio ed un altrettanto irragionevole mortificazione dell'iniziativa privata".
Con sentenza del 19 giugno 2002, l'adito T.S.A.P. respingeva, però, l'impugnazione della società.
Da qui, l'odierno ricorso per Cassazione della ENEL GREEN POWER s.p.a., "già ERGA s.p.a.".
Resistono il Presidente della Regione, nella qualità di cui sopra, e l'ENTE F.LLI MENDOSA, con separati controricorsi. Con i quali preliminarmente eccepiscono la carenza di documentazione giustificativa della legittimazione attiva della ricorrente, per il profilo della dedotta sua successione alla originaria parte attrice. 2. Va esaminata preliminarmente, per il suo carattere pregiudiziale, la riferita eccezione delle amministrazioni resistenti, relativa alla prova della legittimazione della odierna ricorrente. L'eccezione è infondata.
Contrariamente all'avverso assunto, non manca, invero, in atti la documentazione giustificativa della (a torto contestata) attuale legittimazione attiva di "ENEL GREEN POWER" s.p.a., essendo stato ritualmente depositato verbale di assemblea straordinaria della "ERGA" s.p.a., redatto, il 28 dicembre 2001, dal notaio Matilde Atlante (Repertorio n. 9537; raccolta n. 4903), relativo, appunto, a "modifica della denominazione sociale" di "ERGA" s.p.a. in "ENEL GREEN POWER" s.p.a..
3. Nel merito, con i due connessi motivi di cui si compone l'impugnazione, la società ricorrente contesta la duplice valutazione di "non rilevanza" e, comunque, di "manifesta infondatezza" della questione, da essa sollevata, in ordine alla prospettata illegittimità della disposizione di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22 - richiamata dai provvedimenti impugnati ai fini delle esclusa corresponsione di indennizzo relativamente ai disposti vincoli alla utilizzazione delle acque invasate - per contrasto con l'art. 42 Cost..
4. Può convenirsi con la ricorrente sul preliminare profilo di sussistenza della rilevanza del prospettato quesito di legittimità relativo al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22.
A prescindere, infatti, dalla considerazione che l'eventuale riconducibilità ad una fonte diversa (e pregressa rispetto al D.Lgs. citato art. 22) della disposizione sulla non indennizzabilità di prescrizioni limitative dell'utilizzabilità di acque in concessione in situazioni di emergenza idrica non escluderebbe la rilevanza della sollevata questione di costituzionalità, comportandone solo la riferibilità, in tesi, a quella diversa fonte, sta di fatto che la riferita questione si pone, invece, proprio con riguardo al denunciato D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22, comma 6.
Diversamente da quanto presupposto dal T.S.A.P., non è, invero, ravvisabile nel corpus del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, una immanente "regola primaria e generale" di non indennizzabilità delle eventuali limitazioni temporali o quantitative imposte al concessionario di dirivazione di acque, per necessità di destinazione al consumo umano (v. infatti, contra, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 43 e 45 e cfr. Cass. nn. 3352/1992; 5210/1994, tra le altre).
Nè una regola siffatta può ritenersi dettata, per implicito, dalla L. n. 36 del 1994, quale necessitato corollario della appartenenza allo Stato, da quella legge affermata, di "tutte le acque, sotterranee e superficiali".
Per cui è appunto solo con il Decreto n. 152 del 1999 che la regola, qui contestata, è stata espressamente enunciata, all'art. 22, comma 6.
Con la conseguenza che - assumendo detta disposizione concreto rilievo al fine del decidere sulla legittimità di provvedimenti che vi hanno fatto (testuale del resto) richiamo - non può sfuggirsi alla sollecitata sua verifica di costituzionalità, per quanto compete a questa Corte come giudice a quo.
5. Nel merito, la prospettata questione di legittimità costituzionale è manifestamente, comunque, infondata. Ove solo si consideri - come correttamente, a tal fine, ha già fatto il T.S.A.P. - che i vincoli imposti al concessionario relativamente alla utilizzazione delle acque invasate: a) attengono pur sempre ad un bene di, non dismessa, titolarità pubblica (il che rende non compiutamente sovrapponibile quella in esame alla fattispecie espropriativa di cui all'evocato art. 42 Cost.); b) sono finalizzati a garantire la soddisfazione di bisogni essenziali della collettività, in coerenza alla destinazione primaria del bene acqua ed alla sua natura di "risorsa che va salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà" (L. n. 36 del 1994, art. 1); c) non restano, comunque, integralmente senza ristoro, essendo fatta salva, dalla disposizione denunciata, una corrispondente "riduzione del canone demaniale di concessione".
Del resto, proprio in considerazione della sottolineata "caratterizzazione in crescendo dell'interesse pubblico" che informa la disciplina delle acque - in correlazione, per un verso, all'"aumento dei fabbisogni derivanti dai nuovi insediamenti abitativi e dalle crescenti utilizzazioni residenziali, anche a seguito delle nuove tecnologie introdotte in ambito domestico" e, per altro verso, alla "limitatezza delle disponibilità ed ai rischi di concreta penuria per detti usi preminenti" - la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 259 del 1996, ha già avuto occasione di ritenere compatibile ed anzi, costituzionalmente orientata, rispetto ai parametri di cui agli artt. 2, 3 e 42 Cost., la "modificazione del regime di proprietà delle acque" introdotta dalla precedente L. n. 36 del 1994, con loro integrale sottrazione alla proprietà privata. Ed è evidente che le ragioni che, con riguardo alla citata L. n. 36 del 1994, hanno indotto quella Corte a ritenere coerente al quadro dei valori costituzionali una "modificazione del regime di proprietà" delle acque valgono, a fortiori, rispetto alla modificazione del "regime di utilizzo", di cui alla L. n. 152 del 1999, art. 22, comma 6. Nel contesto del quale l'eventualità che - per effetto dell'operata sovrapposizione di un meccanismo compensativo di riduzione del canone a quello indennitario - possa (come nel caso di specie si lamenta essere avvenuto) risultare non adeguatamente ristorato il sacrificio subito dal concessionario rientra, per altro, nella fisiologia del rischio di impresa. Quale, appunto, connaturato alla peculiarità del bene in concessione, la cui quota a disposizione del concessionario - in situazioni eccezionali di emergenza idrica, come quelle presupposte dalla norma denunciata - viene di fatto a diminuire, in ragione dell'esigenza (del resto prevista nei disciplinari di concessione) di conservazione della quota, del bene stesso, destinata alla sua funzione primaria legata al consumo umano.
6. Il ricorso va, pertanto, respinto.
7. Possono compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e compensa le spese. Così deciso in Roma, il 17 novembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2005
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NICASTRO Gaetano - Primo Presidente f.f. -
Dott. CRISTARELLA ORESTANO Francesco - Presidente di sezione -
Dott. MENSITIERI Alfredo - Consigliere -
Dott. PREDEN Roberto - Consigliere -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. MORELLI Mario Rosario - rel. Consigliere -
Dott. ROSELLI Federico - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. FALCONE Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ENEL GREEN POWER S.P.A. (già ERGA - ENERGIE RINNOVABILI GEOTERMICHE ED ALTERNATIVE S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro- tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 99, presso lo studio degli avvocati ERNESTO e MICHELE CONTE, che la rappresentano e difendono unitamente all'avvocato PENNINI MARIA CRISTINA, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
ENTE AUTONOMO DEL FLUMENDOSA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONE AUTONOMA SARDEGNA, nella qualità del Commissario Governativo per l'Emergenza idrica in Sardegna, entrambi elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;
- controricorrenti -
e contro
ESAF - ENTE SARDO ACQUEDOTTI FOGNATURE;
- intimato -
avverso la sentenza n. 87/2002 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 19/06/2002;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/11/2005 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
udito l'Avvocato Michele CONTE, nonché l'avvocato Francesco LETTERA dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PALMIERI Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTO E DIRITTO
1. La ERGA s.p.a. - premesso che con ordinanza 28 giugno 1995 del Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Giunta della Regione autonoma della Sardegna era stato nominato Commissario governativo per la programmazione e l'attuazione degli interventi necessari per fronteggiare la situazione di emergenza nei settori dell'approvvigionamento, adduzione, contabilizzazione e distribuzione delle acque, delle fognature e della depurazione delle acque reflue, nonché del riutilizzo e recapito delle acque depurate - impugnava le ordinanze 6 marzo e 13 marzo 2000 nn. 179 e 190, con le quali erano stati imposti vincoli all'utilizzazione delle acque invasate, rispettivamente, nel serbatoio dell'Alto Flumendosa (Bau Muggeris) ed in quello del Coghinas, entrambi ad essa appartenenti e che si discostavano da precedenti ordinanze emesse dalla medesima autorità nel 1995, nel 1998 e nel 1999 in quanto, pur essendo emanate per le finalità delineate nel suddetto provvedimento del presidente del Consiglio dei Ministri, sollecitavano la Regione Sardegna ad attivare i procedimenti volti all'applicazione del D.Lgs. del 11 maggio 1999, n. 152, (tutela quantitativa delle risorse e del risparmio idrico), con urgenza e priorità per quanto previsto dal citato Decreto art. 22, comma 6, allo scopo di perseguire la tutela quantitativa delle risorse mediante prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative delle risorse stesse "senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica Amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione".
In passato, invece, secondo quanto dedotto dalla parte ricorrente, sarebbe stato sempre riconosciuto all'E.N.E.L., cui la Società era subentrata per quanto di ragione, un equo indennizzo per le risorse ricevute, a carico degli enti destinatari del rilascio. Di tale differente trattamento, determinato dalla sopravvenienza del D.Lgs. 11 maggio 1999 n. 152 (che il Commissario Governativo aveva ritenuto applicabile al caso in esame) si doleva l'ERGA, denunciando, tra l'altro, l'illegittimità del citato D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22, "nella parte in cui prevede pesanti sacrifici delle utilizzazioni in atto, senza indennizzo, in relazione all'art. 42 Cost. (attesa la natura di diritti reali delle utenze di acqua pubblica) ed agli artt. 3 e 41 Cost. in quanto consente la modificazione unilaterale dei rapporti patrimoniali intersoggettivi liberamente sorti, determinando, nell'ambito di tali rapporti, un irragionevole squilibrio ed un altrettanto irragionevole mortificazione dell'iniziativa privata".
Con sentenza del 19 giugno 2002, l'adito T.S.A.P. respingeva, però, l'impugnazione della società.
Da qui, l'odierno ricorso per Cassazione della ENEL GREEN POWER s.p.a., "già ERGA s.p.a.".
Resistono il Presidente della Regione, nella qualità di cui sopra, e l'ENTE F.LLI MENDOSA, con separati controricorsi. Con i quali preliminarmente eccepiscono la carenza di documentazione giustificativa della legittimazione attiva della ricorrente, per il profilo della dedotta sua successione alla originaria parte attrice. 2. Va esaminata preliminarmente, per il suo carattere pregiudiziale, la riferita eccezione delle amministrazioni resistenti, relativa alla prova della legittimazione della odierna ricorrente. L'eccezione è infondata.
Contrariamente all'avverso assunto, non manca, invero, in atti la documentazione giustificativa della (a torto contestata) attuale legittimazione attiva di "ENEL GREEN POWER" s.p.a., essendo stato ritualmente depositato verbale di assemblea straordinaria della "ERGA" s.p.a., redatto, il 28 dicembre 2001, dal notaio Matilde Atlante (Repertorio n. 9537; raccolta n. 4903), relativo, appunto, a "modifica della denominazione sociale" di "ERGA" s.p.a. in "ENEL GREEN POWER" s.p.a..
3. Nel merito, con i due connessi motivi di cui si compone l'impugnazione, la società ricorrente contesta la duplice valutazione di "non rilevanza" e, comunque, di "manifesta infondatezza" della questione, da essa sollevata, in ordine alla prospettata illegittimità della disposizione di cui al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22 - richiamata dai provvedimenti impugnati ai fini delle esclusa corresponsione di indennizzo relativamente ai disposti vincoli alla utilizzazione delle acque invasate - per contrasto con l'art. 42 Cost..
4. Può convenirsi con la ricorrente sul preliminare profilo di sussistenza della rilevanza del prospettato quesito di legittimità relativo al D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22.
A prescindere, infatti, dalla considerazione che l'eventuale riconducibilità ad una fonte diversa (e pregressa rispetto al D.Lgs. citato art. 22) della disposizione sulla non indennizzabilità di prescrizioni limitative dell'utilizzabilità di acque in concessione in situazioni di emergenza idrica non escluderebbe la rilevanza della sollevata questione di costituzionalità, comportandone solo la riferibilità, in tesi, a quella diversa fonte, sta di fatto che la riferita questione si pone, invece, proprio con riguardo al denunciato D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 22, comma 6.
Diversamente da quanto presupposto dal T.S.A.P., non è, invero, ravvisabile nel corpus del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, una immanente "regola primaria e generale" di non indennizzabilità delle eventuali limitazioni temporali o quantitative imposte al concessionario di dirivazione di acque, per necessità di destinazione al consumo umano (v. infatti, contra, R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 43 e 45 e cfr. Cass. nn. 3352/1992; 5210/1994, tra le altre).
Nè una regola siffatta può ritenersi dettata, per implicito, dalla L. n. 36 del 1994, quale necessitato corollario della appartenenza allo Stato, da quella legge affermata, di "tutte le acque, sotterranee e superficiali".
Per cui è appunto solo con il Decreto n. 152 del 1999 che la regola, qui contestata, è stata espressamente enunciata, all'art. 22, comma 6.
Con la conseguenza che - assumendo detta disposizione concreto rilievo al fine del decidere sulla legittimità di provvedimenti che vi hanno fatto (testuale del resto) richiamo - non può sfuggirsi alla sollecitata sua verifica di costituzionalità, per quanto compete a questa Corte come giudice a quo.
5. Nel merito, la prospettata questione di legittimità costituzionale è manifestamente, comunque, infondata. Ove solo si consideri - come correttamente, a tal fine, ha già fatto il T.S.A.P. - che i vincoli imposti al concessionario relativamente alla utilizzazione delle acque invasate: a) attengono pur sempre ad un bene di, non dismessa, titolarità pubblica (il che rende non compiutamente sovrapponibile quella in esame alla fattispecie espropriativa di cui all'evocato art. 42 Cost.); b) sono finalizzati a garantire la soddisfazione di bisogni essenziali della collettività, in coerenza alla destinazione primaria del bene acqua ed alla sua natura di "risorsa che va salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà" (L. n. 36 del 1994, art. 1); c) non restano, comunque, integralmente senza ristoro, essendo fatta salva, dalla disposizione denunciata, una corrispondente "riduzione del canone demaniale di concessione".
Del resto, proprio in considerazione della sottolineata "caratterizzazione in crescendo dell'interesse pubblico" che informa la disciplina delle acque - in correlazione, per un verso, all'"aumento dei fabbisogni derivanti dai nuovi insediamenti abitativi e dalle crescenti utilizzazioni residenziali, anche a seguito delle nuove tecnologie introdotte in ambito domestico" e, per altro verso, alla "limitatezza delle disponibilità ed ai rischi di concreta penuria per detti usi preminenti" - la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 259 del 1996, ha già avuto occasione di ritenere compatibile ed anzi, costituzionalmente orientata, rispetto ai parametri di cui agli artt. 2, 3 e 42 Cost., la "modificazione del regime di proprietà delle acque" introdotta dalla precedente L. n. 36 del 1994, con loro integrale sottrazione alla proprietà privata. Ed è evidente che le ragioni che, con riguardo alla citata L. n. 36 del 1994, hanno indotto quella Corte a ritenere coerente al quadro dei valori costituzionali una "modificazione del regime di proprietà" delle acque valgono, a fortiori, rispetto alla modificazione del "regime di utilizzo", di cui alla L. n. 152 del 1999, art. 22, comma 6. Nel contesto del quale l'eventualità che - per effetto dell'operata sovrapposizione di un meccanismo compensativo di riduzione del canone a quello indennitario - possa (come nel caso di specie si lamenta essere avvenuto) risultare non adeguatamente ristorato il sacrificio subito dal concessionario rientra, per altro, nella fisiologia del rischio di impresa. Quale, appunto, connaturato alla peculiarità del bene in concessione, la cui quota a disposizione del concessionario - in situazioni eccezionali di emergenza idrica, come quelle presupposte dalla norma denunciata - viene di fatto a diminuire, in ragione dell'esigenza (del resto prevista nei disciplinari di concessione) di conservazione della quota, del bene stesso, destinata alla sua funzione primaria legata al consumo umano.
6. Il ricorso va, pertanto, respinto.
7. Possono compensarsi tra le parti le spese di questo giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso e compensa le spese. Così deciso in Roma, il 17 novembre 2005.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2005