Cass. Sez. III n. 42529 del 14 novembre 2008 (Ud. 4 nov. 2008)
Pres. Grassi Est. Teresi Ric.Alibrando
Acque. Acque reflue industriali (nozione)
Rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità, necessariamente legate alla composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Aldo GRASSI Presidente
Dott. Pierluigi ONORATO Consigliere
Dott. Alfredo TERESI Consigliere Rel.
Dott. Claudia SQUASSONI Consigliere
Dott. Silvio AMORESANO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Alibrando Giovanni, nato a Milazzo il 26.08.1976, avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona P.G. in Milazzo in data 21.01.2008 che lo ha condannato alla pena di €.10.000 d\'ammenda per i reati di cui all\'art. 137, comma 1; 208, 256, comma 1 lett. a) decreto legislativo n. 152/2006;
- Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
- Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
- Sentito il PM nella persona del PG dott. Alfredo Montagna, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
OSSERVA
Con sentenza 21.01.2008 il Tribunale di Barcellona PG in Milazzo condannava Alibrando Giovanni alla pena di €.1.000 d\'ammenda ritenendolo responsabile di avere, quale titolare dell\'attività di gestione del Garage delle isole, utilizzando un\'area non coperta, effettuato uno scarico nella pubblica fognatura di acque reflue industriali senza la prescritta autorizzazione e di avere smaltito rifiuti speciali [fanghi depositati in serbatoi settici] in assenza di autorizzazione e di iscrizione nell\'apposito albo.
Proponeva ricorso per cassazione l\'imputato denunciando mancanza, contradditorietà e manifesta illogicità della motivazione sulla ritenuta configurabilità del reato di cui all\'art. 137 del d. lgs. n.152/2006 essendo stato erroneamente ritenuto che non fossero ammessi scarichi di acque reflue domestiche, quali quelli della propria abitazione e quelli dei servizi igienici dell\'attività autolavaggio, che recapitavano in una rete fognaria.
La gestione di un parcheggio a pagamento all\'aperto, nel quale sostavano, senza i conducenti, autoveicoli e camper non comportava produzione di liquami né di fanghi, sicché illogicamente era stato ritenuto che egli fosse produttore di rifiuti non essendo stata accertata la natura dei fanghi né la loro provenienza da attività di autolavaggio.
Chiedeva l\'annullamento della sentenza.
Col primo motivo il ricorrente lamenta, muovendo rilievi sulla ricostruzione del fatto, che il Tribunale abbia motivato l\'affermazione di responsabilità, non già sulla base di concreti elementi di prova, ma con considerazioni evanescenti.
L\'assunto non è fondato.
L\'art. 2, lettera h) del d.lgs. n. 159/1999, come modificato dal decreto legislativo n. 258/2000, [ora trasfuso nell\'art. 74, comma 1 lettera h) del d. lgs. n. 152/2006] definisce "acque reflue industriali" qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche o di dilavamento.
Il refluo deve essere considerato nell\'inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta di liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo, come quelli delle acque meteoriche o dei servizi igienici, immessi in un unico corpo recettore [Cassazione Sezione III n. 13376/1998, 10/11/1998 - 18/12/1998, Brivio, RV. 212541].
Ne consegue che rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità, necessariamente legate allo composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche [Cassazione Sezione Ill, n. 42932/2002, 24/10/2002 - 19/12/2002, Ribattoni, RV. 222966: "Nella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengono strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, atteso che a tal fine rileva la solo diversità del refluo rispetto alle acque domestiche. Conseguentemente rientrano tra Ie acque reflue industriali quelle provenienti da attività artigianali e da prestazioni di servizi"].
Ha pure affermato questa Corte che "in tema di discipline degli scarichi, mentre lo scarico discontinuo di reflui, sia pure caratterizzato dei requisiti dell\'irregolarità, intermittenza e saltuarietà, se collegato ad un determinato ciclo produttivo, ancorché di carattere non continuativo, trova la propria disciplina nel decreto legislativo 11 maggio 1999 n.152, e successive modificazioni, lo scarico occasionale, sia se effettuato in difetto di autorizzazione che con superamento dei valori limite, è privo di sanzione a seguito della eliminazione, ad opera dell\'art. 23 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 258, del riferimento alle immissioni occasionali precedentemente contenuto negli art.54 e 59 del citato decreto n.152" [Cassazione Sezione III n. 16720/2004, Todesco, RV.228208].
Quindi, quale che sia il suo carattere temporaneo, soltanto una condotta del tutto estranea alla nozione legislativa di scarico di acque reflue [le immissioni effettuate fuori dal ciclo produttivo senza il tramite di una condotta] non è soggetta alla preventiva autorizzazione perché ogni immissione diretta tramite un sistema di convogliabilità ovvero tramite condotta, è sottoposta alla disciplina di cui al decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 [cfr. Cassazione Sezione III n.14425/2004, Lecchi, RV. 227781 e n. 16717, Rossi, RV. 228027].
Nella specie è stato accertato, con congrua motivazione, alla stregua delle dichiarazioni rese dal maresciallo CC Lamparelli e degli accertamenti in loco, che erano scaricate in una pubblica fognatura acque reflue industriali provenienti dal parcheggio.
Da una vasca interrata, accessibile attraverso una botola, si dipartivano liquami di auto, di servizi igienici, di attività di autolavaggio, che confluivano nella pubblica fognatura.
Pertanto, correttamente è stato ritenuto che tali decisivi elementi, minimizzati nei motivi di ricorso, depongono inequivocabilmente a carico dell\'imputato.
L\'altro motivo è fondato.
La disciplina in materia di raccolta e smaltimento dei rifiuti si applica anche ai fanghi di depurazione, sicché l\'accumulo di detti fanghi costituisce attività di stoccaggio degli stessi, ossia un\'attività di smaltimento consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi, consistente nella messa in riserva di materiali.
Nella specie, il Tribunale ha ritenuto sussistere lo smaltimento di rifiuti, costituiti da fanghi depositati in serbatoi settici, senza alcuna ricostruzione fattuale, non specificando, così, la loro natura, né le modalità di conservazione.
Pertanto, richiamato il principio della formazione progressiva del giudicato per il reato di cui all\'art. 137 del citato decreto e rilevata la totale mancanza di motivazione sulla configurabilità del reato in materia di rifiuti, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame anche sul trattamento sanzionatorio.
P Q M
La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli art. 208 e 256 d. lgs. n.152/2006 con rinvio al Tribunale di Barcellona PG per nuovo giudizio.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 4.11.2008.
Deposito in Cancelleria il 14/11/2008