TAR Lazio (LT) Sez. II n. 400 del 30 maggio 2024
Urbanistica.Vincolo di inedificabilità decennale sulle aree boschive interessate dal passaggio del fuoco

Il vincolo di inedificabilità decennale sulle aree boschive interessate dal passaggio del fuoco è escluso quando, unitamente alla compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti, si accompagni un quid pluris, ravvisabile almeno nella circostanza che l’intervento fosse programmato o che vi fosse stata una localizzazione dell’opera prima del passaggio del fuoco. Se dunque dopo la riforma del 2003 (modifica legislativa operata dall’art. 4, comma 173, della L. n. 350 del 2003 sulla legge 353\2000, art. 10) è stato eliminato, al primo comma della norma, la necessità ai fini dell'edificazione del rilascio, in data precedente l'incendio, della relativa autorizzazione o concessione edificatoria e non è più sostenibile per evitare l’applicazione del divieto posto dalla norma l’ipotesi di un effettivo rilascio della “relativa autorizzazione o concessione” prima dell’incendio, si reputa necessario che vi sia traccia almeno di un “programmato intervento” nei sensi detti, oltre alla mera compatibilità urbanistico-edilizia dell’opera.

Pubblicato il 30/05/2024

N. 00400/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00031/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 31 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale corrispondente all’indirizzo telematico presente nel Registro di Giustizia nonché fisicamente domiciliato a Bologna, via Santo Stefano 29, presso lo studio dell’avv. Michele De Fina, che lo rappresenta e difende in virtù di procura in atti;

contro

Comune di Gaeta, in persona Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale corrispondente all’indirizzo telematico presente nel Registro di Giustizia nonché fisicamente domiciliato presso l’Ufficio Legale di Gaeta, sito in Gaeta, piazza XIX Maggio n. 10, rappresentato e difeso dall’avv. Daniela Piccolo, giusta procura in atti;

per l’annullamento, previa sospensione,

- del provvedimento del Comune di Gaeta, -OMISSIS-, con il quale è stata disposta l’immediata sospensione dei lavori per le opere di cui alla Scia alternativa al PdC in atti al protocollo -OMISSIS-, in variante alla SCIA di cui al protocollo -OMISSIS-;

-di ogni altro atto antecedente, conseguente, preordinato e comunque connesso, ancorché al ricorrente non noto, ivi incluso il provvedimento di sospensione cautelativa prot. -OMISSIS- e i provvedimenti e le comunicazioni espressamente indicati nell'ordinanza -OMISSIS-.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gaeta;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 la dott.ssa Benedetta Bazuro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1 – Con ricorso ritualmente notificato il ricorrente ha impugnato l’atto indicato in epigrafe deducendo che:

-il ricorrente aveva presentato un progetto per la demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato rurale sito su proprio terreno in -OMISSIS- nel Comune di Gaeta;

-il citato progetto veniva inizialmente presentato ai sensi dell’art.6 della legge regionale del Lazio n. 7 del 18 luglio 2017 (la quale prevedeva il recupero del patrimonio edilizio esistente, previa demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria del 20%) e corredato della documentazione all’uopo necessaria, ivi compreso l’accertamento del fabbricato esistente e la sua ricostruzione storica – attraverso documenti, atti e testimonianze – circa la dimensione e la forma originaria del rudere, al fine dell’individuazione della volumetria da ricostruire;

- con nota del -OMISSIS-, protocollo -OMISSIS-, il Comune di Gaeta aveva ordinato di non dare inizio ai lavori in quanto, a suo dire, l’intervento sarebbe stato ricadente in “Zona agricola” e non, come previsto dall’anzidetta L.R. n. 7/2017, in una “porzione di territorio urbanizzato”;

-pur non condividendo le motivazioni di tale ordine comunale e con la precisa volontà di concludere nel più breve tempo possibile l’iter burocratico per la realizzazione del fabbricato, il proprietario ed i tecnici interessati avevano presentato un nuovo progetto in data -OMISSIS-, protocollo -OMISSIS- ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 55 della legge regionale del Lazio n. 38 del 22 dicembre 1999, le quali, tra le altre cose, consentono la realizzazione degli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza, con aumento della volumetria del 10%;

-l’iter procedurale relativo a tale nuovo progetto aveva subito numerose richieste di documentazione integrativa e varianti sulle dimensioni e volumetrie del fabbricato;

-infine, ottenuti gli ultimi due pareri richiesti – autorizzazione -OMISSIS- prot. -OMISSIS- e nulla osta idrogeologico prot. -OMISSIS-, in data -OMISSIS-, con prot. -OMISSIS- – il ricorrente aveva trasmesso i calcoli strutturali al Genio Civile e formulato al Comune la richiesta di calcolo degli oneri di urbanizzazione ed eventuali costi di costruzione;

-non avendo avuto riscontro alla richiesta ed al successivo sollecito in data -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, il proponente aveva trasmesso la comunicazione di inizio lavori e successivamente i documenti dell’impresa appaltatrice;

-a seguito di sopralluogo assieme all’appaltatore per la pulizia superficiale dell’area d’intervento, era emersa, tuttavia, un’eccessiva onerosità sopravvenuta dell’intervento di realizzazione del piano interrato previsto in progetto; sicché, in data -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, il ricorrente presentava una variante, rinunciando al piano interrato, corredata di tutta la documentazione e degli elaborati necessari;

- successivamente con nota del -OMISSIS-, prot. -OMISSIS-, il Comune aveva ordinato di sospendere cautelativamente i lavori in quanto, a seguito di verifica dei Carabinieri Forestali della Regione Lazio, era emersa la presenza di un vincolo archeologico insistente sull’area, invero mai confermato;

-l’ordine di sospensione era stato, quindi, confermato con provvedimento, prot. -OMISSIS-, all’esito del sopralluogo effettuato dagli stessi tecnici comunali in data -OMISSIS-, coadiuvati dai carabinieri Forestali, dal quale sarebbero inoltre emerse asserite difformità degli elaborati progettuali presentati dal ricorrente a corredo della Scia e raffiguranti la consistenza del fabbricato preesistente con quella riscontrata sul fondo dai tecnici comunali;

-a seguito del citato provvedimento di sospensione il ricorrente, pur non condividendo le misurazioni effettuate dai tecnici comunali ed al solo fine di potere celermente dare avvio ai lavori e potere, così, beneficiare delle agevolazioni fiscali del Superbonus 110%, del Sismabonus e dell’Ecobonus, aveva presentato al Comune di Gaeta, in data -OMISSIS-, una nuova variante al progetto avente protocollo -OMISSIS-, conforme ai rilievi comunali in ordine alla consistenza dei vani, alla dimensione esterna ed all’ipotesi di copertura effettuati in occasione del sopralluogo del -OMISSIS-;

-di tale nuova variante, il Comune di Gaeta non aveva tenuto conto, riproponendo, quindi, nell’ordinanza oggi impugnata -OMISSIS-, i medesimi rilievi circa le presunte difformità del progetto originario ed aggiungendovi un ulteriore presunto vincolo di inedificabilità per essere stata la zona d’intervento attraversata dal fuoco in data -OMISSIS-, così come riscontrato dalla Regione Carabinieri Forestale "Lazio" - Nucleo di Gaeta, con nota del -OMISSIS-, in atti al protocollo -OMISSIS-;

-detta ordinanza era illegittima per: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 55 della L.R. n. 38/1999, con eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e travisamento dei fatti, atteso che l’ordinanza di sospensione impugnata risultava carente sotto il profilo motivazionale circa le ragioni dell’asserita insufficienza dei documenti prodotti dal ricorrente al fine di dimostrare l’effettiva consistenza del fabbricato prima dei crolli avvenuti nel corso del tempo; 2) violazione dell’art. 10 della legge 21 novembre 2000, n. 353, non essendo applicabile il vincolo di inedificabilità decennale dovuto al passaggio del fuoco, per avere la norma richiamata eccettuato dalla relativa applicabilità l’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di edificazione già consentita sulla base degli strumenti urbanistici vigenti all’epoca dell’incendio.

2 – Si è costituito il Comune di Gaeta instando per il rigetto del ricorso in quanto infondato in fatto ed in diritto.

3 – Con ordinanza collegiale -OMISSIS- è stata fissata la trattazione del merito del ricorso, reputando il Collegio sussistenti i presupposti di cui al comma 10 dell’art. 55 c.p.a.

4 – All’udienza pubblica del 22 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5 – Il ricorso va rigettato per le ragioni di seguito esposte.

6 – Va premesso che l’ordinanza in contestazione rappresenta un atto amministrativo c.d. plurimotivato ovverosia non suscettibile, di norma, di annullamento qualora anche uno solo dei motivi posti a fondamento dello stesso fornisca autonomamente la legittima e congrua giustificazione della determinazione adottata; difatti in presenza di provvedimenti con motivazione plurima, solo l’accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui essi risultano incentrati può comportare l’illegittimità e il conseguente annullamento dei medesimi (cfr. per tutte quanto affermato in merito da Cons. Stato, n. 4866/2020, “in presenza di un atto c.d. plurimotivato è sufficiente la legittimità di una sola delle giustificazioni per sorreggere l’atto in sede giurisdizionale; in sostanza, in caso di atto amministrativo, fondato su una pluralità di ragioni indipendenti ed autonome le una dalla altre, il rigetto delle censure proposte contro una di tali ragioni rende superfluo l’esame di quelle relative alle altre parti del provvedimento (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2017, n. 2910; sez. V, 12 settembre 2017, n. 4297; sez. V, 21 agosto 2017, n. 4045)”.

Tanto premesso l’ordinanza impugnata si basa, in sintesi, sui seguenti motivi: (i) negli elaborati grafici raffiguranti il “Rilievo del fabbricato esistente” allegati alle SCIA presentate dal ricorrente (1)“alternativa al PdC (in variante) acquisita agli atti del Comune di Gaeta con protocollo -OMISSIS-”; 2) “alternativa al permesso di costruire protocollo -OMISSIS- e successiva protocollo -OMISSIS- e protocollo -OMISSIS-”), viene rappresentato il fabbricato principale completamente diverso da quello esistente, sia per consistenza dei vani, sia per dimensioni esterne ed anche come ipotesi di copertura; (ii) i lavori sono stati sospesi in via cautelativa dalla Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone e Latina, ai sensi dell'art. 28, comma 2, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i. protocollo -OMISSIS- del -OMISSIS-; (iii) il manufatto denominato “granaio” delle dimensioni in pianta di circa ml. 4,00 x ml. 5,00 risulterebbe ubicato soltanto in parte nella particella -OMISSIS- (di proprietà -OMISSIS-) ed in parte ubicato nella particella -OMISSIS- di altra proprietà; (iv) l’area di cui trattasi risulta essere stata percorsa dal fuoco l’-OMISSIS-, con conseguente applicazione del divieto edificatorio decennale previsto dall’art. 10, L. n. 353/2000.

Ragioni di economia processuale impongono di analizzare preliminarmente l’ultima delle motivazioni riportate nel provvedimento gravato, in quanto la fondatezza della stessa – per le ragioni che si diranno - determina da sé sola il rigetto del ricorso.

Come noto l’art. 10 della L. n. 353/2000 (in materia di conservazione e difesa dagli incendi del patrimonio boschivo nazionale) nella sua attuale formulazione (in vigore dall’1 gennaio 2004) dispone al primo comma che, “Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. In tutti gli atti di compravendita di aree e immobili situati nelle predette zone, stipulati entro quindici anni dagli eventi previsti dal presente comma, deve essere espressamente richiamato il vincolo di cui al primo periodo, pena la nullità dell'atto. Nei comuni sprovvisti di piano regolatore è vietata per dieci anni ogni edificazione su area boscata percorsa dal fuoco. È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi in cui detta realizzazione sia stata prevista in data precedente l'incendio dagli strumenti urbanistici vigenti a tale data…”.

Secondo l’interpretazione della norma prospettata dal ricorrente (anche sostenuta da una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado, v. TAR Campania, Salerno, 20 marzo 2023, n. 642), “la circostanza che un’area boschiva sia stata interessata dal passaggio del fuoco non determina ipso facto l’applicabilità del vincolo di inedificabilità decennale in essa contenuto qualora l’edificazione, come per il caso di specie, risultasse già consentita sulla base degli strumenti urbanistici all’epoca vigenti” (cfr. pag. 10, ricorso). Ciò in ragione del fatto che la modifica legislativa operata dall’art. 4, comma 173, della L. n. 350 del 2003 ha eliminato, al primo comma della norma, la necessità ai fini dell'edificazione del rilascio, in data precedente l'incendio, della relativa autorizzazione o concessione edificatoria.

Tale ipotesi interpretativa, tuttavia, non appare condivisibile.

A ben vedere, infatti, accedendo a tale impostazione ricostruttiva, la disposizione in commento non avrebbe alcuna possibilità logica di essere applicata. Invero, se il divieto decennale edificatorio in essa previsto dovesse intervenire solo in caso di opere edilizie incompatibili con gli strumenti urbanistici vigenti alla data del passaggio del fuoco (perché altrimenti, in caso di compatibilità, opererebbe, in tesi, l’eccezione al divieto prevista dalla stessa disposizione) non si arriverebbe mai alla relativa applicazione perché alcun permesso di costruire sarebbe comunque rilasciabile e, conseguentemente, non si darebbe mai un’ipotesi valutabile di edificio non abusivo il cui terreno venga percorso dalla linea del fuoco. In altri termini la fattispecie astratta – risultante dalla interpretazione indicata dalla parte – coinciderebbe con l’esclusione generale della facoltà edificatoria che, avendo portata di divieto generale, ne eroderebbe l’intero ambito applicativo con conseguente abrogazione non espressa della norma in commento.

Diversamente, in base ad una interpretazione che appare più in linea con il generale “principio di conservazione” che permea di sé l’ordinamento giuridico e che conferisca alla disposizione in commento un significato che ne consenta l’applicazione anche dopo la novella del 2003, è evidente che la stessa vada intesa nel senso che il divieto edificatorio decennale è escluso quando, unitamente alla compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti, si accompagni un quid pluris, ravvisabile almeno nella circostanza che l’intervento fosse programmato o che vi fosse stata una localizzazione dell’opera prima del passaggio del fuoco. Se dunque dopo la riforma non è più sostenibile per evitare l’applicazione del divieto posto dalla norma l’ipotesi di un effettivo rilascio della “relativa autorizzazione o concessione” prima dell’incendio, si reputa necessario che vi sia traccia almeno di un “programmato intervento” nei sensi detti, oltre alla mera compatibilità urbanistico-edilizia dell’opera.

Tanto chiarito, non vi è dubbio che la norma ed il divieto decennale in essa previsto trovino applicazione nella fattispecie concreta.

In tal senso rileva: 1) che la zona di interesse sia stata attraversata dal fuoco in data -OMISSIS-; 2) che non risultino progetti edificatori del manufatto anteriormente alla data del punto che precede, essendo stato riferito dallo stesso ricorrente che il progetto originario di ricostruzione è stato presentato ai sensi dell’art.6 della legge regionale del Lazio n. 7 del 18 luglio 2017 e, evidentemente, in epoca successiva all’occorso incendio.

Non essendo, per quanto detto, integrati tutti i requisiti previsti dalla norma per evitare l’applicazione del divieto decennale di edificazione – che avrà termine nell’anno 2027-, l’Amministrazione ha correttamente applicato l’art. 10 cit. intimando al ricorrente di non costruire sul terreno di interesse.

Trattandosi di motivazione idonea a sostenere da sola la legittimità del provvedimento impugnato a natura plurimotivata, tanto esime il Tribunale dall’analisi delle ulteriori ragioni di censura sollevate dal ricorrente.

7 – Le spese di lite, tenuto conto della peculiarità della fattispecie, vanno integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Davide Soricelli, Presidente

Roberto Maria Bucchi, Consigliere

Benedetta Bazuro, Referendario, Estensore