Consiglio di Stato Sez. VI n. 2806 del 4 maggio 2020
Acque.Tariffa servizio idrico integrato
La tariffa costituisce il corrispettivo del SII (servizio idrico integrato) ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, di modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (con la precisazione che qualche componente della tariffa deve, poi, anche contemplare il carico ambientale, in applicazione del noto principio eurounitario “chi inquina paga”).
Pubblicato il 04/05/2020
N. 02806/2020REG.PROV.COLL.
N. 03753/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3753 del 2018, proposto dall’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente-ARERA (già Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
la società S.ED.A. S.r.l. Società eduzione acque, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Guido Bonaventura ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato Carlo Pietropaolo in Roma, via della Balduina, n. 7;
nei confronti
- della società Acoset S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giampiero De Luca, domiliata presso la PEC come da Registri giustizia;
- del Consorzio d’ambito territoriale ottimale Catania acque-ATO Catania in liquidazione e del Comune di Acate, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sez. II, 6 febbraio 2018 n. 345, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle società S.ED.A. e Acoset e i documenti prodotti;
Esaminate le memorie difensive, anche di replica e gli ulteriori atti depositati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Stefano Toschei e uditi per le parti gli avvocati Concetta Trovato, su delega dell’avvocato Guido Bonaventura e Giampietro De Luca nonché l’avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La società S.ED.A. S.r.l. Società eduzione acque ebbe a proporre ricorso (n. R.g. 1751/2015), integrato da motivi aggiunti, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti della odierna Autorità per l’energia, reti e ambiente-ARERA (all’epoca Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico):
a) la deliberazione 14 maggio 2015 n. 228/2015/R/IDR, pubblicata sul sito istituzionale della medesima Autorità il 15 maggio 2015 e relativa alla determinazione d’ufficio delle tariffe del servizio idrico per talune gestioni della Regione Sicilia, per il primo periodo regolatorio 2012-2015;
b) la determinazione 31 marzo 2015 n. 5/2015 della Direzione sistemi idrici, relativa alla “Diffida ad adempiere agli obblighi di predisposizione tariffaria per i soggetti per i quali non sono stati forniti – in tutto o in parte – gli atti, i dati e le informazioni necessarie alla determinazione delle tariffe relative alle annualità 2012, 2013, 2014 e 2015”;
c) le seguenti deliberazioni, nella parte in cui prevedono l’applicazione del moltiplicatore tariffario teta pari a 0,9: deliberazione 8 maggio 2014 n. 204/2014/R/IDR, deliberazione 20 giugno 2013 n. 271/2013/R/IDR, deliberazione 20 giugno 2013 n. 88/2013/R/IDR e deliberazione 17 ottobre 2013 n. 459/2013/R/IDR;
d) le deliberazioni n. 585/2012/R/IDR e n. 643/2013/R/IDR adottate dall’Autorità, nella parte in cui prevedono l’applicazione del moltiplicatore tariffario teta pari a 0,9 e la trasmissione dei dati tramite piattaforma extranet;
e) le determinazioni n. 2/2014 e n. 3/2014 rese dall’Autorità, Direzione sistemi idrici, nella parte in cui prevedono la trasmissione dei dati tramite piattaforma extranet;
f) la deliberazione di avvio del procedimento n. 74/2012/R/idr e la deliberazione n. 347/2012/R/idr adottate dall’Autorità, nella parte in cui prevedono l’applicazione in via d’ufficio della tariffa per il servizio idrico.
Alla suindicata domanda di annullamento degli elencati provvedimenti amministrativi la società ricorrente faceva seguire la domanda di condanna dell’Autorità al risarcimento di tutti i danni che dovessero derivarle in seguito all’applicazione della tariffa d’ufficio stabilita per gli anni 2012, 2013, 2014, 2015.
2. - Le vicende che fanno da presupposto all’intero contenzioso possono rappresentarsi in estrema sintesi come segue:
- la società S.ED.A. è un gestore di acqua all’ingrosso operante nel Comune di Adrano, sul territorio della Provincia di Catania, dove l’Autorità d’Ambito competente è il Consorzio di Ambito territoriale ottimale di Catania - ATO Catania, in liquidazione;
- l’art. 3, comma 1, lett. f), d.p.c.m. 20 luglio 2012 aveva assegnato all’allora Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (oggi ARERA) il compito di approvare le tariffe del servizio idrico integrato, precisando che in caso di inadempienza dei soggetti competenti, l’Autorità avrebbe dovuto procedere alla loro diffida e, infine, alla determinazione in via d’ufficio delle tariffe sulla base delle informazioni disponibili;
- con la deliberazione n. 74/2012/R/idr l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico avviava il procedimento per l’approvazione delle tariffe idriche relative agli anni 2012/2013 e 2014/2015, chiedendo agli operatori del settore i dati e le informazioni utili per adempiere ai compiti assegnati dal suindicato decreto;
- con successiva delibera 347/2012/R/idr sono stati posti in capo ai gestori del servizio idrico integrato alcuni obblighi di invio dei dati rilevanti ai fini della definizione delle tariffe per gli anni 2012 e 2013;
- all’esito dell’attività di analisi e del successivo procedimento (nel corso del quale sono state adottate dall’Autorità numerose deliberazioni di chiarimento per i gestori, in particolare le seguenti: n. 347/2012/R/idr, n. 585/2012/R/idr, n. 73/2013/R/idr, n. 88/2013/R/idr, n. 271/2013/R/idr, n. 643/2013/R/idr, n. 459/2013/R/idr, n. 204/2014/R/idr e nn. 2 e 3/2014 dsid) era approvata la deliberazione 585/2012/R/idr con la quale veniva individuato il metodo tariffario transitorio (c.d. MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013. Tale decisione si completava con la deliberazione 73/2013/R/idr, che ha approvato le linee guida per la verifica dell’aggiornamento del piano economico-finanziario del Piano d’ambito e, successivamente, con l’approvazione, in data 28 febbraio 2013, della deliberazione 88/2013/R/idr, che ha dettagliato il metodo tariffario transitorio (c.d. MTC) per le gestioni ex-CIPE, introducendo talune modifiche e integrazioni alla precedente deliberazione 585/2012/R/idr;
- con la deliberazione 643/2013/R/idr l’Autorità ha introdotto il Metodo tariffario idrico (c.d. MTI), completando il primo periodo regolatorio quadriennale (2012-2015) e superando la logica transitoria della metodologia di riconoscimento dei costi a fini tariffari e facendo altresì evolvere il MTT e il MTC in una prospettiva di più lungo termine, oltre a prevedere per gli anni 2014 e 2015 un periodo di consolidamento, disciplinato sulla base di schemi regolatori;
- con la deliberazione 271/2013/R/idr e con il comma 4.2 della deliberazione 459/2013/R/idr (per quanto attiene al biennio 2012-2013) e con deliberazione 204/2014/R/idr (per quanto attiene al biennio 2014-2015) l’Autorità ha conferito mandato al direttore della Direzione sistemi idrici (DSID) a diffidare i gestori nonché gli Enti d’ambito e gli altri soggetti competenti, all’invio, entro trenta giorni, delle informazioni e degli atti necessari all’approvazione delle tariffe, comunicando loro che, in caso di mancato rispetto del medesimo termine, la tariffa sarebbe stata determinata d’ufficio entro i successivi trenta giorni, ponendo il moltiplicatore tariffario pari a 0,9;
- la S.ED.A. inviava in data 20 maggio 2013, in posta elettronica, la documentazione richiesta dall’Autorità ai fini della definizione delle tariffe per gli anni 2012/2013 e quindi, con pec del 31 marzo 2014, la documentazione per la definizione delle tariffe per il periodo 2014/2015 all’ATO di Catania, che a propria volta trasmetteva la documentazione all’ARERA, ma detta documentazione veniva giudicata dall’Autorità incompleta;
- conseguentemente l’ARERA procedeva a trasmettere la diffida alle gestioni inadempienti (tra le quali la odierna società appellata) con determinazione 31 marzo 2015 n. 5;
- la S.ED.A., con pec del 4 giugno 2015 (seguita da una ulteriore pec del 30 giugno 2015), trasmetteva allora all’Autorità il piano degli interventi, un file di raccolta dati, la relazione di accompagnamento ed il bilancio della società;
- l’ARERA a questo punto adottava la deliberazione 14 maggio 2015 n. 228/2015/R/IDR con la quale ha provveduto nei confronti del gestore alla determinazione d’ufficio della tariffa “(…) ponendo il valore massimo del moltiplicatore tariffario teta (ϑ) pari a 0,9 ai sensi delle disposizioni da ultimo richiamate, finché perdurano le casistiche ivi contemplate” specificando che “con riferimento alle richiamate gestioni, il medesimo valore ϑ pari a 0,9 sia da utilizzarsi - a titolo di moltiplicatore tariffario medio (ϑ medio) - in sede di definizione dei conguagli relativi alle annualità 2012 e 2013”.
3. - Assumendo l’illegittimità della predetta deliberazione, nonché delle altre che l’hanno preceduta, la società S.ED.A. ha impugnato tutte le suddette deliberazioni dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia chiedendone l’annullamento, oltre a proporre domanda di risarcimento dei danni subiti per effetto della loro esecuzione.
Il Tribunale amministrativo, con la sentenza qui fatta oggetto di appello, dopo avere respinto l’eccezione di tardività della presentazione della memoria di replica da parte dell’Autorità, in corrispondenza con la giurisprudenza prevalente che, in virtù della esegesi letterale della disposizione contenuta nell’art. 73 c.p.a., non considera necessario il deposito della memoria conclusiva per poi procedere al deposito della memoria di replica ed avere effettuato “una sintetica illustrazione del quadro giuridico e fattuale su cui si innesta(va)” la controversia, ha accolto il ricorso in ragione delle seguenti valutazioni:
- va confermato che l’Autorità non ha dato riscontro alle note con le quali la società ricorrente aveva trasmesso la documentazione a chiarimento delle richieste informative effettuate dall’Autorità medesima;
- tale comportamento ha indotto, ragionevolmente, la società “a confidare nella correttezza del proprio operato e quindi a ritenere il buon esito della trasmissione degli atti, anche con riguardo alla loro idoneità e satisfattività in relazione all’approvazione della tariffa da parte dell’Autorità” (così, testualmente, alle pagg. 11 e 12 della sentenza qui oggetto di appello);
- infatti l’Autorità avrebbe dovuto necessariamente coinvolgere l’operatore, laddove i documenti trasmessi non fossero stati ritenuti pertinenti o completi, ad instaurare un procedimento integrativo e partecipativo, anche al fine, eventualmente e se ve ne fossero stati i presupposti, di superare le carenze istruttorie rilevate;
- tale rilievo è in linea di aderenza con l’orientamento già sviluppato in numerosi precedenti dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia che, richiamando i principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost., ha più volte affermato come, prima di procedere alla determinazione d’ufficio della tariffa, all’Autorità è fatto obbligo di comunicare con precisione, a ciascun singolo ente interessato, tutti gli elementi mancanti dell’istruttoria che precede l’adozione della determina anche per rendere possibile, in assenza di puntuali disposizioni normative in merito, quali siano i soggetti su cui gravano gli obblighi di predisposizione e trasmissione dei dati e degli atti necessari ai fini dell’approvazione in via ordinaria della tariffa (indicati dall’art. 5.4 della delibera n. 643 del 2013);
- la determinazione della tariffa in misura forfettaria risulta poi essere illegittima (in tal senso rilevandosi fondato il secondo motivo di ricorso) atteso che, seppure dal quadro normativo settoriale appare essere legittima una siffatta forma di fissazione della tariffa, tuttavia tale metodo costituisce una sorta di extrema ratio per l’Autorità, al quale essa può ricorrere (legittimamente) soltanto nell’ipotesi in cui non abbia elementi per procedere in modo diverso;
- nel caso di specie, quindi, pur essendo legittima la previsione astratta che consente all’Autorità di determinare con metodo forfettario la tariffa, con applicazione del “fattore theta 0,9”, la medesima Autorità, prima di procedere in tal senso, avrebbe dovuto farsi carico di verificare la possibilità di addivenire alla determinazione tariffaria sulla base dei dati disponibili che, però, non essendosi compiutamente impegnata ad ottenerli, rendono illegittimo l’applicazione del metodo forfettario utilizzato;
- tale conclusione non è stata condivisa in alcuni precedenti dal Consiglio di Stato (tra le tante, sentenza VI Sez. n. 5531 del 27 novembre 2017) per una lettura meramente formalistica della norma che confligge anche con il principio della integrale copertura dei costi (full cost recovery) che discende dall’art. 9 della direttiva 2000/60/CE (ed è espresso anche nella comunicazione del 26 luglio 2000 della Commissione europea COM(2000)477, con la conseguenza che “l’intervento dell’Autorità in sede di approvazione delle tariffe non può consistere soltanto in una formale verifica riguardo alla completezza ed esaustività della documentazione trasmessa, ma richiede una valutazione in concreto sulla idoneità di quanto in suo possesso per consentire comunque la determinazione della tariffa più corretta in base ai dati oggettivi” (così, testualmente, alle pagg. 18 e 19 della sentenza qui oggetto di appello).
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, dunque, accoglieva le prime due censure dedotte dalla società ricorrente (assorbendo gli ulteriori motivi di doglianza) rilevando la fondatezza del profilo di difetto di motivazione con riferimento all’atto di determinazione con metodo forfettario della tariffa (più specificamente la deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico 228/2015/R/IDR del 14 maggio 2015, relativa alla determinazione d’ufficio delle tariffe del servizio idrico per talune gestioni della Regione Sicilia, per il periodo regolatorio 2012-2015), respingendo nel contempo la domanda risarcitoria per carenza dei presupposti.
4. – L’Autorità ha impugnato la sentenza di primo grado ritenendola errata sotto plurimi punti di vista.
In primo luogo il giudice di primo grado, accogliendo il primo motivo di ricorso dedotto in quel grado di giudizio, non ha tenuto conto affatto e irragionevolmente della copiosa sentenza del Consiglio di Stato secondo la quale in capo all’Autorità la normativa di settore attribuisce un potere alternativo di definizione della tariffa, sia collegato alle indicazioni acquisite nel corso dell’istruttoria sia forfettariamente.
Nel caso di specie, premesso che “l’attività svolta “a monte” dall’Autorità, attraverso la predisposizione di modellistica, schemi-tipo e fac-simile di documenti è funzionale proprio a garantire un idoneo supporto all’attività istruttoria alla predisposizione della proposta tariffaria, coniugando le esigenze collaborative evidenziate dalla pronuncia appellata con le risorse organizzative a disposizione del Regolatore, tenuto ad approvare le tariffe per oltre 2000 gestioni sul territorio nazionale” (così, testualmente, a pag. 18 dell’atto di appello), le parti interessate a fare affluire i dati e le informazioni richieste, con puntualità e chiarezza attraverso le varie delibere interlocutorie che si sono succedute, non hanno contribuito utilmente alla compiutezza dell’istruttoria e quindi l’Autorità non poteva che definire attraverso il metodo forfettario la tariffa, diversamente da quello che ha ritenuto il giudice di primo grado.
Ne deriva quindi che la decisione di accogliere il ricorso proposto dalla odierna società appellata non si pone in linea con le disposizioni normative che regolano la procedura di definizione della tariffa e non ha neppure tenuto in considerazione la violazione, da parte della società interessata, del dovere di collaborazione che è posto a carico degli operatori professionali, quale è la società odierna appellata, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c..
L’Autorità appellante ha poi chiarito che il cospicuo numero di gestioni con riferimento alle quali essa è chiamata ad approvare le tariffe (oltre 2000) l’ha indotta, per consentire una adeguata semplificazione procedimentale, idonea a raggiungere l’obiettivo della definizione tariffaria al meglio e con la tempistica adeguata, a preferire un modus procedendi caratterizzato dall’accorpamento per gruppi delle gestioni, piuttosto che procedere per singoli contatti, valorizzando casistiche omogenee, tenuto conto della significativa inidoneità delle informazioni trasmesse dalle singole gestioni ad essere utilizzate nella definizione delle tariffe. Erroneamente, quindi il giudice di primo grado ha ritenuto di far corrispondere a carenze procedurali il metodo di procedere attraverso diffide omogenee, atteso che non ha tenuto conto di due rilevanti elementi quali la perfetta conoscenza da parte di ciascun operatore dei documenti necessari da inviare all’Autorità oltre a quelli già trasmessi attraverso il “caricamento” sul “portale” e la circostanza che l’accesso telematico (tramite “portale”) è stato tempestivamente riavviato per porre in condizione gli operatori di procedere all’invio delle informazioni e dei documenti mancanti. Nessun deficit istruttorio a carico dell’Autorità può dunque, nella specie, essere lamentato.
In tale contesto, ad avviso dell’Autorità, non va sottaciuto come “(…) la determinazione d’ufficio della tariffa, con l’applicazione del fattore teta 0,9, non sia necessariamente penalizzante per il gestore, mentre, invece, il ritardo, imputabile al soggetto interessato, nella presentazione della documentazione necessaria e nella conseguente rettifica delle tariffe, è causa di maggiori oneri per la collettività (…)” (così, testualmente, nell’atto di appello a pag. 19).
5. – L’Autorità poi contesta la sentenza di primo grado con riferimento all’accoglimento del secondo motivo di ricorso dedotto dalla odierna società appellata.
Su tale aspetto l’Autorità segnala come, posto che l’approvazione della tariffa è attività direttamente collegata alla operazione della verifica del rispetto dell’equilibrio economico-finanziario della gestione da parte dell’operatore, appare di tutta evidenza la necessità che il singolo operatore ponga l’Autorità nella condizione di conoscere puntualmente i dati necessari per evitare il rischio che, sulla base di un insufficiente set di dati trasmessi ed acquisiti, si potrebbe giungere a definire una tariffa (in thesi) ben inferiore al valore di 0,9 del moltiplicatore, con la conseguenza concreta di poter pregiudicare proprio l’equilibrio economico finanziario della gestione.
D’altronde la determinazione d’ufficio della tariffa costituisce una scelta di natura provvisoria, dal momento che detta tariffa resta efficace fino a quando il soggetto interessato non fornisce i dati necessari all’approvazione della tariffa con il meccanismo c.d. ordinario.
Peraltro, facendo ulteriore riferimento ad un altro profilo di contestazione nei confronti della sentenza di primo grado, ad avviso della appellante erroneamente il Tribunale amministrativo regionale ha ritenuto che l’applicazione del valore del moltiplicatore teta pari a 0,9 discendesse esclusivamente dalla previsione di cui all’art. 2, comma 7, della delibera dell’Autorità n. 347 del 2012. Chiarisce la appellante che con tale delibera essa ha fatto esplicita richiesta ai gestori di fornire i dati necessari in modo che la comunicazione degli stessi fosse “(…) funzionale alla definizione dei costi del servizio e pertanto (…) propedeutica e indipendente dalla metodologia tariffaria che individua, invece, lo strumento con cui tali costi dovranno essere riconosciuti”. L’invio dei dati entro il termine del 15 ottobre del 2012, (riferiti ai bilanci del 2011) doveva contenere dati aggiornati atteso che l’adempimento generico al ridetto invito non avrebbe escluso, in radice, comportamenti opportunistici da parte dei gestori.
Nell’atto di appello, sul punto, l’Autorità chiarisce che “(…) la proposta tariffaria deve essere accompagnata da dati aggiornati; in difetto di aggiornamento non sarebbe rispettoso del principio del full cost recovery definire una tariffa sulla base di “costi storici”, quando per esperienza comune i relativi importi sono soggetti a variazione (sia i costi operativi, si pensi ai consumi di energia elettrica, sia quelli di investimento, che variano a seconda degli interventi infrastrutturali da realizzare). Di più, la mancata comunicazione di costi aggiornati potrebbe nascondere l’intenzione di ottenere una tariffa analoga a quella relativa ad annualità caratterizzate da un incremento dei costi (…)”. Ciò senza dimenticare “(…) che la comunicazione dei costi in altre modalità imporrebbe all’Autorità una gravosa attività di riconduzione delle poste alle tipologie di costo del metodo, incompatibile con la quantità di gestioni esistenti sul territorio (oltre 2000), e che, invero, l’ordinamento rimette all’Ente d’ambito, o altro soggetto, competente in sede di predisposizione della proposta tariffaria (articolo 5 della delib. n. 643 del 2013; articolo 4 dell’All. A alla delib. n. 643 del 2013)” (così, testualmente, alle pagg. 24 e 25 dell’atto di appello).
Da qui la richiesta di annullamento della sentenza di primo grado.
6. – Si è costituita in giudizio la società S.ED.A. contestando analiticamente la fondatezza dei motivi di appello dedotti dall’Autorità e confermando la correttezza della sentenza di primo grado fatta qui oggetto di appello.
In punto di fatto la società appellata riferisce che, in epoca successiva rispetto alla pubblicazione della sentenza di primo grado essa, con nota inviata via pec il 14 marzo 2018, aveva invitato l’Autorità a riaprire i termini o ad adottare qualsiasi altro provvedimento idoneo a consentire l’invio della documentazione ritenuta mancante o incompleta, ma l’Autorità è rimasta silente. Identico comportamento l’Autorità (così come l’ATI di Catania) ha poi ritenuto di assumere in occasione dell’invio, con nota del 26 aprile 2018, dei dati relativi al secondo periodo regolatorio, con esplicito richiamo ad un utilizzo (eventualmente) “in sanatoria” dei dati relativamente al precedente periodo.
La S.ED.A. ha poi riproposto i motivi di censura dedotti in primo grado e ritenuti assorbiti dal Tribunale amministrativo regionale.
7. – Posto che la S.ED.A. è una delle società fornitrici di acqua all’ingrosso di ACOSET S.p.a., gestore del servizio idrico integrato in 20 comuni della Provincia di Catania e tenuto conto che la determinazione d’ufficio della tariffa di uno dei propri fornitori influisce sulla determinazione dei costi che concorrono alla proposta tariffaria che ACOSET S.p.a. produce all’Autorità per l’approvazione (finendo per assumere il ruolo di controinteressata nel presente giudizio), oltre al fatto che l’appello le è stato notificato dall’Autorità appellante, ACOSET si è costituita in giudizio sostenendo la fondatezza dell’appello e l’erroneità della sentenza del giudice di primo grado.
Al pari dell’Autorità appellante la ACOSET instava per l’accoglimento dell’appello e per la riforma della sentenza di primo grado e la conseguente reiezione del ricorso di primo grado proposto da S.ED.A..
8. – Con decreto 5 aprile 2019 n. 364 è stato consentito ad Acoset di accedere al fascicolo digitale del giudizio.
Nel corso del processo di appello le parti hanno presentato ulteriori memorie, anche di replica, confermando le conclusioni di opposto tenore già rassegnate gli atti processuali.
9. – Il Collegio ritiene necessario illustrare, sinteticamente, i passaggi salienti della normativa che trova applicazione nella vicenda oggetto di controversia, tenendo conto di quanto già la Sezione ha chiarito in numerosi precedenti.
Il Servizio idrico integrato (c.d. SII), a norma dell’art. 141, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente), consiste nell’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.
Pur dopo l’abrogazione, con il referendum del 12 e 13 giugno 2011 (il cui esito è stato proclamato dal d.P.R. 18 luglio 2011, n. 116, con effetto a decorrere dal 21 luglio 2011), del criterio tariffario costituito dalla “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ossia dall’utile d’impresa, il SII, alla luce della disciplina nazionale e europea, continua a rientrare nel novero dei servizi pubblici a rilevanza economica.
Sul punto, la Corte costituzionale ha chiarito che il carattere remunerativo della tariffa non può essere considerato elemento caratterizzante la nozione di “rilevanza economica”, essendo coessenziale, ai fini di tale nozione, l’esercizio dell’attività con metodo economico, nel senso che essa, considerata nella sua globalità, deve essere svolta in vista quantomeno della copertura, in un determinato periodo di tempo, dei costi mediante i ricavi, di qualsiasi natura questi siano, ivi compresi gli eventuali finanziamenti pubblici (cfr., in tal senso, Corte cost. 26 gennaio 2011 n. 26, dichiarativa dell’ammissibilità del referendum abrogativo in parte qua dell'art. 154 d.lgs. 152/2006).
Detto ciò, in linea di principio, gli atti di regolazione tariffaria delle autorità indipendenti non regolano un mercato libero, ma un servizio pubblico - per quanto qui interessa, il SII, ossia l’intera filiera idrica, ivi compreso l’approvvigionamento del gestore dal grossista - al fine di individuare i criteri di determinazione della tariffa applicabile come controprestazione della fornitura del servizio medesimo.
Quanto alla disciplina legislativa primaria, viene, in primo luogo, in rilievo l’art. 154, comma 1, d.lgs. 152/2006, che nel testo attualmente vigente, recita: “1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo"; ciò, in coerenza con il precedente art. 119, comma 1, che sancisce il "principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare, secondo il principio “chi inquina paga””;
L’art. 2, comma 12, lett. e), l. 14 novembre 1995, n. 481 (Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità) - il cui ambito di applicazione è stato esteso al settore dei servizi idrici per effetto dell’art. 21, comma 19, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni nella l. 22 dicembre 2011, n. 214 - prevede che l’Autorità competente “stabilisce e aggiorna, in relazione all’andamento del mercato, la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe di cui ai commi 17, 18 e 19, nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la qualità, l’efficienza del servizio e l’adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale, nonché la realizzazione degli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse di cui al comma 1 dell'articolo 1, tenendo separato dalla tariffa qualsiasi tributo od onere improprio; verifica la conformità ai criteri di cui alla presente lettera delle proposte di aggiornamento delle tariffe annualmente presentate e si pronuncia, sentiti eventualmente i soggetti esercenti il servizio, entro novanta giorni dal ricevimento della proposta; qualora la pronuncia non intervenga entro tale termine, le tariffe si intendono verificate positivamente”.
L’appena richiamato comma 17 prevede, a propria volta, che “ai fini della presente legge si intendono per tariffe i prezzi massimi unitari dei servizi al netto delle imposte” e il successivo comma 18 stabilisce che l’Autorità fissa i parametri di cui al comma 12, lett. e), per la determinazione dei tariffa “con il metodo del price-cap, inteso come limite massimo della variazione di prezzo vincolata per il periodo pluriennale”.
Il c.d. metodo del price-cap implica l’adozione del criterio dei costi-standard, rispondente ai parametri di diritto europeo in tema di compensazioni e corrispettivi in materia di servizi di interesse economico generale, basato su un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari, avrebbe dovuto sopportare, fungendo dunque da incentivo agli operatori del settore di promuovere la propria efficienza (obiettivo, invece destinato al fallimento, se fossero assunti a parametro i costi concreti, a piè di lista, del soggetto affidatario, potendo questi ultimi essere anche il frutto di un esercizio inefficiente dell'attività economica oggetto del servizio).
10. - Per effetto della surrichiamata e surriprodotta (in parte) disciplina, risultante dall’esito referendario, la tariffa costituisce, quindi, il corrispettivo del SII ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, di modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (con la precisazione che qualche componente della tariffa deve, poi, anche contemplare il carico ambientale, in applicazione del noto principio eurounitario “chi inquina paga”).
In siffatto contesto normativo deve poi essere richiamata la disposizione di cui all’art. 10, comma 14, lett. e), d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla l. 12 luglio 2011, n. 106, che ha assegnato alla competente Autorità di regolazione, tra l’altro, il compito di predisporre “il metodo tariffario per la determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote in cui tale corrispettivo si articola, della tariffa del servizio idrico integrato, sulla base della valutazione dei costi e dei benefici dell’utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto, in conformità ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia del costo finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi ambientali e delle risorse, affinché siano pienamente attuati il principio del recupero dei costi ed il principio “chi inquina paga””.
Il successivo d.P.C.M. 20 luglio 2012 (recante la individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell'articolo 21, comma 19, del decreto-legge del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), all’art. 2, comma 1, lett. e), enuncia, tra le finalità perseguite dalla regolazione del SII, in attuazione dei principi comunitari, il “recupero integrale di costi” (...)” e, all'art. 3, comma 1, lett. c), attribuisce all’AEEGSI (oggi, ARERA) il compito di definire “le componenti di costo - inclusi i costi finanziari degli investimenti e della gestione - per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato (...)”.
In ragione di quanto sopra si può giungere ad una prima conclusione in virtù della quale l’Autorità, nell’esplicazione della funzione di regolazione tariffaria del SII, è tenuta a stabilire i parametri di determinazione delle tariffe, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi fissati dalla normativa primaria, statale ed eurounitaria e di approvare le tariffe del SII predisposte dagli enti di governo degli ATO, nel rispetto dei detti parametri, criteri e obiettivi, mentre la stessa non è chiamata a determinarle in via diretta e ordinaria.
Orbene, in adempimento delle prescrizioni normative sopra tratteggiate sino ad oggi si sono succeduti nel tempo tre metodi tariffari:
A) il Metodo Tariffario Transitorio (MTT), approvato con la deliberazione n. 585/2012/R/idr, relativo agli anni 2012 e 2013;
B) il Metodo Tariffario Idrico per il primo periodo regolatorio (MTI), relativo agli anni 2014 e 2015, approvato con la deliberazione n. 643/2013/R/idr;
C) il Metodo Tariffario Idrico per il secondo periodo regolatorio (MTI-2), relativo al periodo regolatorio 2016-2019, approvato con la deliberazione n. 664/2015/R/idr.
Il presente contenzioso attiene alla contestazione della legittimità del provvedimento con il quale la tariffa è stata individuata d’ufficio per l’intero periodo 2012-2015, in quanto oggetto dell’impugnazione in primo grado da parte di S.ED.A. è, in via principale (oltre agli ulteriori atti che saranno di seguito richiamati all’occorrenza), la deliberazione 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015 adottata (all’epoca, in quanto la ridenominazione in Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti-ARERA è avvenuta successivamente, per effetto dell’art. 1, comma 528, l. 27 dicembre 2017, n. 205) dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, recante “Determinazione d’ufficio delle tariffe del servizio idrico per talune gestioni della Regione Sicilia, per il primo periodo regolatorio 2012- 2015”.
11. – Tenuto conto dell’oggetto specifico della vicenda contenziosa qui in esame e, in particolare, della circostanza che l’Autorità appellante ritiene erronea la decisione assunta dal primo giudice (anche) nella parte in cui ha accolto il primo (ed il terzo) complesso motivo di doglianza dedotto in primo grado dalla S.ED.A. e riferito alla evidente carenza di istruttoria imputabile all’Autorità nella parte in cui non ha consentito alla società interessata di partecipare adeguatamente all’istruttoria necessaria al fine di determinare la tariffa, preferendo determinarla d’ufficio e “in via forfettaria” e non tenendo in nessun conto i dati che sarebbero stati trasmessi all’Autorità medesima dalla S.ED.A., nonostante l’inadeguatezza e contraddittorietà del contenuto delle delibere che quei dati richiedevano, il Collegio ritiene indispensabile esaminare puntualmente il contenuto delle singole delibere che si sono susseguite nel corso del procedimento di individuazione del regime tariffario per il periodo regolatorio in questione, onde comprendere se il contenuto delle stesse fosse non esaustivo (come sostiene la S.ED.A.) ovvero adeguato a fornire le informazioni necessarie per consentire agli enti di trasmettere tutta la documentazione utile a determinare la tariffa “in modo ordinario” (come sostiene l’Autorità).
Il primo provvedimento che viene in esame è la deliberazione 74/2012/R/idr dell’1 marzo 2012 con la quale è stato dato l’avvio del procedimento per l’adozione di provvedimenti tariffari e l’avvio delle attività di raccolta dati e informazioni in materia di servizi idrici, dando mandato agli uffici dell’Autorità di formulare, nei confronti delle Regioni, degli enti locali, nonché di altri soggetti pubblici o privati a qualunque titolo operanti nei servizi idrici, richieste di dati e informazioni necessarie per ricostruire un quadro sistemico e completo del settore idrico, anche mediante la collaborazione di altre pubbliche amministrazioni.
Al precedente provvedimento segue la delibera 347/2012/R/idr del 2 agosto 2012, recante la definizione dei contenuti informativi e delle procedure di raccolta dati in materia di servizio idrico integrato, nella quale:
- in premessa sono indicate le disposizioni normative dalle quali discende l’obbligo di raccolta dei dati necessari per definire il regime tariffario, con la specifica indicazione delle fonti di primo e di secondo grado disciplinanti il settore e i poteri di raccolta dati da parte dell’Autorità ai fini della definizione della tariffa;
- è stata stabilita in capo ai gestori del servizio idrico integrato la competenza (ed il relativo obbligo) di reperire, per poi trasmettere all’Autorità, i dati rilevanti ai fini della definizione delle tariffe per gli anni 2012 e 2013;
- sono state fissate le modalità di trasmissione digitale dei dati necessari, con indicazione degli stessi ed è stato predisposto un modello di trasmissione nell’Allegato 1 alla delibera.
Come ha ricordato anche il giudice di primo grado nella sentenza qui oggetto di appello, in ordine alla individuazione dei criteri di determinazione delle tariffe, deve essere rammentato, in via generale, che l’art. 9 della direttiva della 2000/60/CE e l’art. 154, primo comma, d.lgs. 152/2006 hanno sancito il principio del full cost recovery, principio che impone la copertura tariffaria di tutti i costi (di investimento e di esercizio) sostenuti dal gestore per l’erogazione del servizio idrico. Conseguentemente tali principi si rinvengono nel metodo tariffario al quale tendeva l’acquisizione dei dati di cui al citato Allegato 1 della delibera n. 88 del 2013, individuando puntualmente le voci di costo da prendere in considerazione ai fini del calcolo della tariffa e definendo, anche attraverso algoritmi, i modelli atti a tradurre in valori tariffari le suddette voci di costo.
A questo punto – per quanto è qui di interesse - è stata adottata la deliberazione 585/2012/R/idr in data 28 dicembre 2012, recante l’approvazione del metodo tariffario transitorio (MTT) per la determinazione delle tariffe negli anni 2012 e 2013, successivamente integrata con le deliberazioni 21 febbraio 2013 73/2013/R/idr, 28 febbraio 2013 88/2013/R/idr e 15 marzo 2013 109/2013/R/idr, che in parte può, per chiarezza e completezza di esposizione, qui di seguito riprodursi con riferimento ad alcuni punti cruciali (ai fini della definizione del presente contenzioso) delle disposizioni in essa contenute, in particolare in ottica ricostruttiva dei singoli momenti topici della complessa operazione istruttoria che ha condotto alla definizione in via forfettaria della tariffa.
In detta deliberazione (“integrata” dalle deliberazioni successive surrichiamate) è testualmente riportato il seguente percorso procedimentale:
- “con la deliberazione 74/2012/R/IDR l’Autorità ha avviato un procedimento per l’adozione di provvedimenti tariffari e l’avvio delle attività di raccolta dati e informazioni in materia di servizi idrici;
- con il documento per la consultazione 204/2012/R/IDR del 22 maggio 2012, l’Autorità ha avviato una consultazione pubblica per l’adozione di provvedimenti tariffari in materia di servizi idrici e che, nell’ambito di tale processo di consultazione pubblica, sono stati organizzati, nel corso del mese di giugno, una serie di seminari al fine di illustrare i contenuti del citato documento per la consultazione e raccogliere i commenti e le osservazioni di tutti i soggetti interessati;
- a seguito dell’analisi puntuale delle osservazioni pervenute e tenendo conto delle medesime, l’Autorità ha pubblicato, in data 12 luglio 2012, un ulteriore documento di consultazione, rubricato come documento per la consultazione 290/2012/R/IDR, con il quale ha avviato un’ulteriore e più specifica consultazione pubblica avente per oggetto un metodo tariffario transitorio da applicarsi nel primo biennio soggetto ai poteri regolatori dell’Autorità, ossia per il 2012 e 2013;
- le ragioni che rendono necessaria l’emanazione di un provvedimento tariffario transitorio, nelle more dell’adozione di un nuovo metodo tariffario a regime, sono diffusamente illustrate nel documento per la consultazione 290/2012/R/IDR, al quale, sul punto, si rimanda;
- (…) il metodo tariffario transitorio de(ve) trovare applicazione per gli anni 2012 e 2013, configurandosi il 2012 come la prima annualità tariffaria successiva all’intercorso trasferimento della potestà tariffaria sui servizi idrici risalente al 6dicembre 2011, data di entrata in vigore del decreto legge 201/11;
- con la deliberazione 347/2012/R/IDR sono stati posti, in capo ai gestori del servizio idrico integrato, alcuni obblighi di invio dei dati rilevanti ai fini della definizione delle tariffe per gli anni 2012 e 2013;
- in esito alle osservazioni ricevute al citato documento per la consultazione 290/2012/R/IDR, sono stati organizzati, in data 18 e 19 settembre 2012, alcuni seminari pubblici, aperti agli stakeholders, per illustrare i criteri di simulazione che gli Uffici dell’Autorità avrebbero seguito per addivenire alla definizione del metodo tariffario transitorio e, a partire da quella data, sono stati organizzati altresì numerosi incontri con i soggetti interessati richiedenti, nell’ambito dei quali sono anche stati verificati gli algoritmi di calcolo al fine di valutare previamente l’effettivo impatto dei medesimi sulle tariffe applicate agli utenti;
- a completamento del vasto procedimento partecipativo avviato dall’Autorità e preceduta da ulteriori incontri con le associazioni rappresentative degli interessi coinvolti, in data 3 dicembre 2012 è stata organizzata, a Milano, presso il Centro Congressi Auditorium, una Conferenza Nazionale sulla Regolazione dei Servizi Idrici, nel corso della quale sono state affrontate le principali problematiche del settore, con specifico riguardo agli orientamenti formulati dall’Autorità, e sono stati auditi, in appositi e separati incontri, tutti i soggetti, pubblici e privati, che ne hanno fatto richiesta”.
12. – Quanto si è appena riproposto, non contestabile quanto ad effettiva realizzazione degli avvenimenti sopra descritti, dimostra già da sé un approccio dell’Autorità incline a condividere, in contraddittorio, con gli “operatori del settore” la definizione del metodo di individuazione del regime tariffario, tenendo conto anche delle osservazioni che provenivano dal settore.
Nella parte successiva della suindicata deliberazione, che non si ritiene utile riprodurre testualmente, si rinvengono due ulteriori passaggi significativi.
In primo luogo, all’art. 4 sono elencati gli indici che compongono il “costo del servizio” da prendere in considerazione per la definizione (rectius, l’aggiornamento) della tariffa, vale a dire:
a) i costi delle immobilizzazioni, intesi come la somma degli oneri finanziari, degli oneri fiscali e delle quote di restituzione dell’investimento;
b) i costi della gestione efficientabili, intesi come i costi operativi endogeni alla gestione del servizio, ovvero i costi sui quali la gestione può esercitare un’azione di efficientamento;
c) i costi della gestione non efficientabili, intesi come i costi operativi esogeni alla gestione nel periodo considerato (costo dell’energia elettrica, costo delle forniture all’ingrosso, mutui e canoni riconosciuti agli enti locali, costi di funzionamento delle Autorità, altre componenti di costo);
d) la eventuale componente di anticipazione per il finanziamento dei nuovi investimenti.
Ciò con la precisazione (art. 4 punto 2) che “L’aggiornamento delle tariffe applicate, fino alla definizione da parte dell’Autorità del metodo tariffario definitivo, è effettuato in conformità con la metodologia tariffaria transitoria riportata nell’Allegato A alla presente deliberazione di cui forma parte integrante e sostanziale”.
Veniva poi indicata una puntuale tempistica per la predisposizione e per la comunicazione del piano economico e finanziario nonché per la trasmissione di tutti i dati necessari per consentire all’Autorità di individuare la tariffa applicabile, indicando quindi puntualmente (all’art. 6) la procedura che sarebbe stata osservata per la definizione della tariffa medesima.
In particolare al punto 6.4 si specificava che: “La comunicazione del calcolo tariffario da parte degli Enti d’Ambito o dei soggetti competenti, come esplicitata nel piano economico finanziario, dovrà essere effettuata inviando in formato elettronico all’indirizzo
a) il vincolo ai ricavi del gestore e il moltiplicatore tariffario teta (ϑ) che ciascun gestore dovrà applicare in ciascun ambito tariffario, rispettivamente per il 2012 e il 2013; b) una relazione di accompagnamento che ripercorra la metodologia applicata, anche con riferimento ai dati di piano d’ambito imputati, e le eventuali rettifiche operate;
c) la modulistica inviata dal gestore ai sensi di quanto disposto dalla deliberazione 347/201/R/IDR, come eventualmente rettificata;
d) la documentazione di supporto alle rettifiche operate”.
Fin qui, osserva il Collegio, per un verso le disposizioni adottate dall’Autorità si presentano idonee ad individuare i dati che dovevano essere trasmessi all’Autorità, per altro verso la procedura concordata con gli “operatori del settore” per giungere alla definizione delle tariffe applicabili testimonia di una costante informazione tra l’Autorità e gli enti interessati circa le modalità concrete di trasmissione delle informazioni, dei documenti e dei dati necessari.
13. – In secondo luogo all’art. 6, punto 6.7 della delibera in questione è previsto che “Laddove ricorrano le casistiche indicate al comma 2.7 della deliberazione 347/201/R/IDR, la tariffa verrà determinata d’ufficio ponendo il moltiplicatore tariffario teta (ϑ) pari a 0,9 finché perdurano tali casistiche. In tali casi, la tariffa calcolata in base al metodo tariffario transitorio, di cui all’Allegato A alla presente deliberazione, produce effetti a partire dal momento in cui sono rese disponibili le informazioni necessarie alla definizione della medesima ritenute conformi alle disposizioni vigenti da parte dell’Autorità”.
A propria volta l’art. 2, punto 2.7, della deliberazione 347/201/R/idr è stabilito, tra l’altro, che “(…) la tariffa sarà determinata d’ufficio nei casi in cui: a) il gestore non fornisca, in tutto o in parte, i dati richiesti ai sensi del presente provvedimento, nel formato indicato dall’Autorità; b) il gestore non fornisca, in tutto o in parte, le fonti contabili obbligatorie che certificano gli elementi di costo e investimento indicati; c) il gestore non fornisca la modulistica di cui al comma 2.4, o la fornisca non corredata dalla sottoscrizione del legale rappresentante; d) risulti che il gestore ha indicato elementi di costo o di investimento superiori a quelli indicati nelle fonti contabili obbligatorie”.
La previsione era contenuta anche all’art. 4, punto 4.7, della deliberazione dell’Autorità n. 88 del 2013 e ribadita nella delibera n. 643/2013/R/idr del 27 dicembre 2013 con cui è stato approvato il metodo tariffario relativo agli anni 2014 e 2015.
14. – A quanto sopra seguivano i seguenti atti dell’Autorità.
La deliberazione 271/2013/R/idr, nella quale all’art. 4, punti 4.4 e 4.5, l’Autorità ha fornito chiarimenti e precisazioni in ordine alla documentazione da inviare ai fini della verifica della proposta tariffaria, indicando in particolare come necessari:
- l’atto del soggetto competente ovvero dell’ente d’Ambito con cui è stata approvata la predisposizione tariffaria;
- il programma degli interventi (predisposto, per le gestioni ex-CIPE, ai sensi della delibera CIPE 8/99 e seguenti);
- il piano economico finanziario.
La deliberazione 643/2013/R/idr che all’art. 4 definisce il significato dell’espressione “specifico schema regolatorio” ed elenca gli atti necessari alla predisposizione tariffaria per gli anni 2014 e 2015 che l’Ente d’Ambito, o altro soggetto competente, deve proporre all’Autorità ai fini della relativa approvazione, indicandoli ne modo che segue:
- il programma degli interventi (PdI), che, ai sensi dell’art. 149, comma 3, d.lgs.152/2006, specifica gli obiettivi da realizzare sulla base di una puntuale indicazione degli interventi per il periodo 2014-2017, riportando, per l’eventuale periodo residuo fino alla scadenza dell’affidamento, le informazioni necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza (comma 4.2, lett. a);
- il piano economico-finanziario (PEF), che prevede, con cadenza annuale per tutto il periodo di affidamento, l’andamento dei costi di gestione e di investimento, nonché la previsione annuale dei proventi da tariffa con esplicitati i connessi valori del moltiplicatore tariffario, garantendo il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati (comma 4.2, lett. b);
- la convenzione di gestione, contenente le modifiche necessarie a recepire le regole tariffarie da ultimo introdotte (comma 4.2, lett. c).
Inoltre, sempre nella deliberazione 643/2013/R/idr, all’art. 5, comma 5.3, lett. d), è previsto che gli enti d’Ambito o gli altri soggetti competenti, trasmettano, in particolare, i seguenti atti e dati di seguito indicati:
- il programma degli interventi, come definito al comma 4.2, lett. a), della deliberazione 643/2013/R/idr;
- il piano economico-finanziario - come definito al comma 4.2, lett. b), della deliberazione 643/2013/R/idr - che esplicita il vincolo ai ricavi (VRG) e il moltiplicatore tariffario ϑ che ciascun gestore dovrà applicare negli anni 2014 e 2015;
- una relazione di accompagnamento che ripercorra la metodologia applicata;
- l’atto o gli atti deliberativi di predisposizione tariffaria ovvero di approvazione dell’aggiornamento del piano economico-finanziario;
- l’aggiornamento, secondo le modalità sopra specificate, dei dati necessari richiesti.
Fermo quanto sopra, con le deliberazioni 271/2013/R/idr, 459/2013/R/IDR e 204/2014/R/IDR l’Autorità diede mandato al direttore della Direzione sistemi idrici (DSID) di procedere alla diffida dei gestori in caso di mancato invio delle informazioni e dei dati necessari ai fini tariffari, nonché degli enti d’Ambito o degli altri soggetti competenti in caso di inosservanza dei propri obblighi di predisposizione tariffaria per le annualità, rispettivamente, 2012-2013 e 2014 -2015.
Seguiva la predisposizione di una puntuale modulistica per ottemperare agli obblighi di trasmissione (con la determinazione 2/2012 TQI) e la diffusione di indicazioni utili ai fini della sistematizzazione della raccolta dei dati e delle informazioni (con le determinazioni n. 1/2013 DSID e n. 2/2013 DSID per il biennio 2012 e 2013, con le determinazioni n. 2/2014 DSID e n. 3/2014 DSID per il biennio 2014 e 2015), mettendo a disposizione dei soggetti che dovevano raccoglierli e trasmetterli schemi-tipo per la presentazione del programma degli interventi (PdI) e del piano economico-finanziario (PEF), in quanto atti che compongono lo specifico schema regolatorio.
A fronte delle surriferita successione di atti e verificata la carenza della trasmissione dei dati e delle informazioni necessarie da parte di molti enti coinvolti, con la determinazione 31 marzo 2015, n. 5/2015 il direttore della Direzione sistemi idrici (DSID) dell’Autorità provvedeva a “diffidare i soggetti di cui all’Allegato A, all’Allegato B, all’Allegato C e all’Allegato D ad ottemperare, entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente provvedimento, agli obblighi in materia di predisposizione tariffaria per ciascuna delle annualità interessate, con l’avvertenza che, in caso di protratta inosservanza degli obblighi entro tale termine, l’Autorità procederà alla determinazione d’ufficio delle tariffe ponendo il moltiplicatore tariffario pari a 0,9 e che, in tali casi, la quota parte dei costi di funzionamento del soggetto competente, di cui all’articolo 154, comma 1, del d.lgs. 152/06, sarà posta pari a zero (…)” (così testualmente nel dispositivo della determinazione citata).
Nell’allegato B (in particolare a pag. 1 ed alla nota 2) della suindicata determinazione recante la “diffida” era indicato il riferimento alla odierna società appellata rispetto alla quale gli uffici della competente direzione dell’Autorità avevano rilevato l’invio di informazioni incomplete e, comunque, giudicate inidonee ad essere utilizzate nella definizione (con metodo “ordinario”) della tariffa, con riferimento al primo periodo regolatorio 2012-2015.
15. - Pare evidente che non trova riscontro documentale il (doppio) motivo di censura dedotto in primo grado dalla S.ED.A. con riferimento all’asserito deficit procedurale imputabile all’Autorità e costituito dalla mancata contestazione della incompletezza della documentazione alla società, che poi ha indotto, accogliendolo, il giudice di primo grado ad affermare che fosse condivisibile la censura dedotta dalla società ricorrente volta a segnalare come sia da considerarsi illegittimo il “comportamento dell’Autorità che, contravvenendo alle specifiche prescrizioni contenute negli atti regolatori, avrebbe adottato l’atto di rideterminazione tariffaria senza previa attivazione di un procedimento di contestazione specifica nei confronti della ricorrente attraverso il quale – nonostante quest’ultima avesse provveduto a trasmettere tutti i dati in suo possesso, senza alcun riscontro di tipo negativo – alla stessa fossero preventivamente indicati gli atti e i documenti mancanti, necessari per l’approvazione della tariffa” (così, a pag. 11 della sentenza qui oggetto di appello).
Se si tiene conto della meticolosa indicazione delle informazioni, dei dati e dei documenti che l’Autorità ha dichiarato costituire, con i numerosi atti più sopra richiamati, elementi essenziali per poter procedere alla determinazione (rectius, approvazione), nelle forme “ordinarie”, della tariffa, pare arduo sostenere che la società non conoscesse fino in fondo gli adempimenti informativi posti a proprio carico.
Inoltre è, evidentemente, escluso in punto di fatto che la società non sia stata diffidata per tempo e che dunque non avesse avuto modo di trasmettere la ulteriore documentazione richiesta.
Si noti poi che per la S.ED.A., nell’allegato B della determinazione 31 marzo 2015, n. 5/2015, si esclude espressamente che mancasse in toto la documentazione necessaria, atteso che nella nota 2, solo per la ridetta società inserita nell’elenco che compare a pag. 1, viene fatto riferimento alla “incompletezza” della documentazione, segno evidente che l’Autorità aveva ricevuto la documentazione dalla società e che, con riferimento agli elenchi documentali contenuti nelle deliberazioni alle quali sopra si è fatto richiamo, nonostante le intervenute trasmissioni di dati, detta documentazione era risultata incompleta, con la conseguenza che facilmente la società avrebbe potuto integrare le informazioni, i dati e i documenti mancanti durante il tempo messo a sua disposizione per procedere all’adeguamento istruttorio.
In ragione di quanto sopra il comportamento dell’Autorità, nel caso di specie e ad avviso del Collegio, non si presta a censure aventi riguardo la violazione del legittimo affidamento che si sarebbe ingenerato in capo alla S.ED.A. circa la completezza dell’invio della documentazione utile per procedere alla approvazione “con modalità ordinarie” della tariffa, posto che espressamente gli uffici competenti dell’Autorità hanno segnalato preventivamente (rispetto alla adozione della tariffa in “modo forfettario”) alla ridetta società l’incompletezza della documentazione onde consentirle di procedere, ancora in tempo utile, alla integrazione della stessa.
Di tale opportunità concreta è implicita comprova la circostanza, evidenziata dall’Autorità nella parte in premessa del provvedimento principalmente impugnato da S.ED.A. in primo grado, laddove riproduce le vicende che hanno condotto alla definizione in via forfettaria della tariffa per alcuni soggetti operanti nella Regione Sicilia, che “alcune gestioni hanno trasmesso dati, atti e informazioni, sulla cui completezza l’Autorità sta svolgendo le opportune verifiche”, a dimostrazione che gli adempimenti richiesti nel corso della procedura erano “possibili”.
Deriva da ciò che, sotto il profilo procedurale, la deliberazione 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015 (recante la determinazione d’ufficio delle tariffe del servizio idrico per talune gestioni della Regione Sicilia, per il primo periodo regolatorio 2012- 2015) con la quale si disponeva “di determinare d’ufficio le tariffe per le gestioni di cui all’Allegato A (con riferimento al primo periodo regolatorio 2012-2015), che ricadono nelle casistiche specificate al comma 2.7 della deliberazione 347/2012/R/IDR, ponendo il valore massimo del moltiplicatore ( pari a 0,9, ai sensi del comma 6.7 della deliberazione 585/2012/R/IDR, del comma 4.7 della deliberazione 88/2013/R/IDR, nonché del comma 5.7 della deliberazione 643/2013/R/IDR, specificando che, con riferimento alle richiamate gestioni, il medesimo valore ( pari a 0,9 sia da utilizzarsi - a titolo di moltiplicatore tariffario medio (( medio ) - in sede di definizione dei conguagli relativi alle annualità 2012 e 2013 (…)”, con la precisazione che nell’elenco di cui all’Allegato era ricompresa la S.ED.A., non si mostra affetto dai vizi istruttori contestati in primo grado da detta società e confermati, quanto alla loro sussistenza, dal giudice di prime cure.
Vale la pena poi ricordare che, attesa la ininfluenza sul presente contenzioso degli avvenimenti successivi e riferiti dalla società appellata nelle memorie prodotte in grado di appello, tenuto conto che la soluzione della controversia qui in esame deve correlarsi allo stato degli atti adottati (e dei comportamenti tenuti) all’epoca della pubblicazione del provvedimento impugnato in via principale in primo grado dalla S.ED.A. e ritenuto illegittimo dal Tribunale amministrativo regionale, le vicende successive riferite dalla società appellata nel presente grado di giudizio testimoniano ulteriormente di come la procedura svolta dall’Autorità non fosse stata all’epoca deficitaria. Oltre alla ulteriore rilevante circostanza che il presente contenzioso è circoscritto alla valutazione della legittimità o meno della deliberazione 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015, non coinvolgendo rapporti tra la società oggi appellata ed altri soggetti (ad esempio la società ACOSET, pure presente in questo giudizio).
16. – Verificata la fondatezza del primo motivo di appello, il Collegio ritiene che sia condivisibile anche la seconda contestazione mossa nel presente grado di giudizio alla sentenza del Tribunale amministrativo regionale.
Quest’ultimo, nella sentenza qui oggetto di appello, ha ritenuto l’illegittimità dell’applicazione della tariffa determinata d’ufficio in quanto le disposizioni che prevedono l’esercizio di siffatto potere da parte dell’Autorità, non stabilendo compiutamente quali siano i deficit istruttori contestati dall’Autorità al ricorrere dei quali e tenuto conto della loro gravità si determinino i presupposti per condurre all’applicazione di una procedura di determinazione della tariffa (in via forfettaria) che va (pur sempre) considerata una extrema ratio rispetto alla procedura ordinaria, impongono all’Autorità il compito di individuare specificamente al ricorrere di quali inadeguatezze istruttorie (alias, mancata produzione di documenti, informazioni e dati) può procedersi con la definizione d’ufficio della tariffa. Dal momento che tale puntualità di indicazioni da parte dell’Autorità (in mancanza di puntuale previsione normativa) non si rinviene nella specie, il Tribunale concludeva nel senso della indeterminatezza dei presupposti per l’adozione della determinazione impugnata.
Orbene, ritiene il Collegio che la valutazione circa la completezza delle incombenze istruttorie poste a carico degli enti che debbono fornire le informazioni, i dati e i documenti necessari all’Autorità per approvare con procedura ordinaria la tariffa e, conseguentemente, la delibazione in merito alla rilevanza della incompletezza informativa contestata al singolo ente al fine di giustificare la definizione forfettaria e d’ufficio della tariffa, costituendo esercizio di un potere caratterizzato da significativa discrezionalità tecnica, secondo le coordinate procedimentali che più sopra si sono tratteggiate e tenendo conto della produzione degli atti di disciplina settoriale adottati nell’arco temporale qui di interesse dall’Autorità, non rappresentano adempimenti rispetto ai quali il giudice amministrativo possa oltrepassare la soglia della verifica circa la evidente illogicità o irragionevolezza ovvero ancora la evidente indeterminatezza del comportamento assunto dall’Autorità nel caso di specie.
In tale contesto va comunque ricordato che, secondo i recenti approdi giurisprudenziali, pienamente condivisi dal Collegio, il controllo giurisdizionale, teso a garantire una tutela giurisdizionale effettiva, anche quando si verta in tema di esercizio della discrezionalità tecnica delle Autorità indipendenti, non è limitato ad un sindacato meramente estrinseco, ma si estende al controllo intrinseco, anche mediante il ricorso a conoscenze tecniche appartenenti alla medesima scienza specialistica applicata dall’amministrazione indipendente (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 dicembre 2007 n. 6469). In questa ottica, da un lato, “il giudice non può sostituirsi ad un potere già esercitato, ma deve solo stabilire se la valutazione complessa operata nell’esercizio del potere debba essere ritenuta corretta sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma posta a tutela della concorrenza che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 2 marzo 2004 n. 926), dall’altro, anche l’apporto conoscitivo tecnico, conseguito anche tramite apporti scientifici, non è ex se dirimente allorché “soccorrono dati ulteriori, di natura più strettamente giuridica”, che limitano il sindacato in sede di legittimità ai soli casi di risultati abnormi, ovvero manifestamente illogici (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 6 marzo 2019 n. 1550).
Nella presente vicenda, trattandosi di acquisizione di atti e documenti e della ritenuta sufficienza degli stessi a considerare completo ed esaustivo l’apporto collaborativo imposto alla S.ED.A. nella sede istruttoria, spettava all’Autorità valutare la completezza di tali contributi, limitandosi il giudice amministravo a verificare se il comportamento dell’Autorità sia stato, nel caso di specie, abnorme, manifestamente irragionevole o illogico, evenienza che nel caso in esame, ad avviso del Collegio, non si è verificata, atteso che non sussistono elementi sufficienti (né idonei) per considerare il comportamento dell’Autorità tale e quindi patologicamente rilevante.
D’altronde, la Sezione, ha già chiarito nel recente passato, in un caso analogo a quello qui in esame, che “(..) le valutazioni di sufficienza o insufficienza dei dati forniti effettuate in base alle norme citate sono espressione dell'ampia discrezionalità tecnica attribuita all'Autorità stessa nelle materie di propria competenza, discrezionalità che, secondo la regola generale, è sindacabile nella presente sede giurisdizionale di legittimità solo in caso di esiti manifestamente illogici e arbitrari” (cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 15 dicembre 2014 n. 6153).
Il giudice di primo grado, nondimeno, ha sottolineato, ritenendo fondato il ricorso della S.ED.A. nella parte nella quale ha imputato ad illegittima incuria dell’Autorità la determinazione d’ufficio della tariffa, come pur essendo “(…) legittima la previsione astratta che consente la determinazione forfettaria della tariffa con applicazione del fattore theta 0,9 – l’AEEGSI, prima di procedere in tal senso, debba farsi carico di verificare la possibilità di addivenire alla determinazione tariffaria sulla base dei dati disponibili” (così, testualmente, alle pagg. 16 e 17 della sentenza qui oggetto di appello).
Dalla lettura di tutto il corredo dispositivo della disciplina settoriale delineato nelle deliberazioni qui più volte richiamate e che l’Autorità ha adottato nel tempo, emerge una duplice e non elasticamente estensibile possibilità in capo all’Autorità medesima:
- o i dati forniti sono esaurienti, circostanza che impone all’Autorità di approvare la tariffa proposta;
- oppure i dati forniti non sono giudicati esaurienti, il che conduce alla determinazione d’ufficio.
Tertium non datur.
Ciò che rileva è la circostanza che in virtù del quadro normativo illustrato l’Autorità, con una espressione impropria e se vogliamo “comune”, anche in questa decisione per comodità spessissimo utilizzata, non “determina” la tariffa, ma la “approva” (in ragione anche delle disposizioni nazionali ed eurounitarie più sopra richiamate), con la conseguenza che laddove non sia in possesso di tutti i dati utili ad “approvarla”, deve “determinarla” d’ufficio. Evenienza intervenuta nel caso di specie.
Conseguentemente anche il secondo motivo di appello può trovare qui accoglimento.
17. – Avendo il Tribunale amministrativo regionale accolto il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso dedotti in primo grado dalla S.ED.A., quest’ultima società, in sede di appello e nel caso fossero stati ritenuti condivisibili dal giudice di appello i motivi di gravame nei confronti della sentenza di primo grado, riproponeva il quarto e il quinto motivo di ricorso già dedotti nei confronti dei provvedimenti impugnati ed in particolare della deliberazione 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015 e non scrutinati, in quanto ritenuti assorbiti, dal Tribunale amministrativo regionale nell’accoglimento delle prime tre censure annullatorie.
Il quarto motivo atteneva alla asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 1, punto 1.3, della delibera 271/2013/R/IDR e della delibera 204/2014/R/idr con riferimento ai termini di conclusione del procedimento, oltre alla violazione del principio del legittimo affidamento, in quanto la società S.ED.A. aveva trasmesso all’indirizzo di posta elettronica indicato dall’Autorità (transitorioidr@autorità.energia.it), con nota del 20 maggio 2013, la documentazione necessaria allo svolgimento dell’istruttoria per la definizione della tariffa per il periodo 2012/2013. Rammentando che l’art. 1, punto 1.3, della deliberazione 271/2013/R/idr, con la quale l’Autorità aveva avviato il procedimento per la determinazione delle tariffe per l’anno 2012/2013 stabiliva che il responsabile del procedimento avrebbe dovuto diffidare i gestori interessati all’invio, entro 30 giorni, delle informazioni necessarie all’approvazione delle tariffe (e che, in caso di omesso invio entro tale termine, si sarebbe applicato il moltiplicatore tariffario pari a 0,9), la S.ED.A. si duole del comportamento dell’Autorità che, dopo avere pubblicato la predetta deliberazione sul sito web della medesima Autorità in data 21 giugno 2013, ha concluso il procedimento ad oltre due anni di distanza (con la delibera principalmente impugnata e qui citata più volte 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015).
Detto comportamento e il grave ritardo con cui l’Autorità ha definito il procedimento, “oltre a rendere illegittima, di per sé, la sua azione per violazione dei termini, ha causato una grave lesione del principio del legittimo affidamento” ingenerato in capo alla società, visto che l’efficacia del provvedimento di determinazione forfettaria della tariffa non riguarda solo il periodo 2014/2015 ma anche quello relativo agli anni 2012/2013 (in sede di definizione dei conguagli), con la conseguenza che “in questo modo verrebbero lese delle situazioni economiche già definite dalla società ricorrente (anche ai fini contabili) visto che, in applicazione di questo sistema, la S.ED.A. potrebbe essere esposta a richieste di restituzione delle somme così percepite nei confronti dei soggetti verso i quali svolge l’attività di grossista” (così, testualmente, a pag. 17 della memoria di S.ED.A.).
Analoghe considerazioni vengono espresse dalla società oggi appellata con riferimento alla delibera 204/2014/R/idr del 9 maggio 2014, avendo la S.ED.A. inviato la documentazione il 31 marzo 2014 e soltanto dopo un anno, con il ridetto provvedimento del 2015, l’Autorità ha concluso il procedimento.
La censura non si presta ad essere scrutinata in senso favorevole in quanto, sotto un primo profilo il termine di conclusione del procedimento non è qualificato giuridicamente dalla norma come “perentorio”, sicché l’eventuale violazione dello stesso, per essere stato il procedimento concluso in epoca successiva, non può di per se solo determinare l’illegittimità del provvedimento finale.
In argomento giova ricordare che il mancato esercizio delle attribuzioni da parte dell’amministrazione entro il termine previsto per la fine del procedimento non comporta ex se, in difetto di espressa previsione, la decadenza del potere. Pertanto, in assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine stesso deve intendersi come meramente sollecitatorio o ordinatorio; il suo superamento non produce, perciò, l’illegittimità dell’atto, ma una semplice irregolarità non viziante, poiché non esaurisce il potere dell’amministrazione di provvedere: se tale conclusione vale con riferimento ad una norma di legge, è tanto più valida laddove il termine finale sia stato previsto dalla stessa amministrazione procedente (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 2 febbraio 2015 n. 468).
Secondo altro versante valutativo, in ragione di quanto si è più sopra illustrato, il ruolo dell’Autorità nella specie si traduce nell’organo al quale la legge ha attribuito il potere di “approvazione” della tariffa e non di “determinazione” della stessa, di modo che fino a quando l’ente interessato non completa il procedimento, attraverso la produzione di tutti i dati necessari per la definizione della tariffa da approvare, l’Autorità non è posta nelle condizioni di procedere alla “approvazione”. Ulteriore conseguenza di quanto sopra è la irrilevanza del momento in cui effettivamente l’Autorità conclude il procedimento a fronte di una conclamata e contestata inadempienza dell’ente interessato, atteso che non possono giuridicamente imputarsi all’Autorità le conseguenze derivanti dalla incompletezza delle informazioni, dei dati e dei documenti che avrebbe dovuto trasmettere l’ente interessato.
18. – L’ultimo motivo di impugnazione (la cui delibazione risulta essere stata assorbita dal Tribunale amministrativo regionale con la sentenza di accoglimento delle altre censure dedotte in primo grado dalla S.ED.A.) attiene alla contestazione, nei confronti della deliberazione 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015, di illegittimità della stessa per eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti nonché per violazione dell’art. 1, comma 2, l. 7 agosto 1990, n. 241 per aggravamento del procedimento amministrativo.
La società ribadisce di avere trasmesso tutta la documentazione necessaria all’Autorità per “approvare la tariffa” sia con l’invio alla stessa Autorità in data 20 maggio 2013 (presso l’indirizzo transitorio-idr@autorità.energia.it) per il periodo 2012/2013 sia in data 31 marzo 2014 all’ATO di Catania (così come previsto dalla delibera 643/2013/R/idr), a sua volta trasmessa dall’ATO all’ARERA con pec del 10 aprile 2014, per il periodo 2014/2015 nonché, una volta adottata dall’Autorità la determinazione n. 5/2015, con pec. del 4 giugno 2015.
A fronte della (come sopra) dimostrata volontà di S.ED.A. di partecipare fattivamente al procedimento istruttorio, deve registrarsi una farraginosa costruzione del percorso degli adempimenti imposti dall’Autorità, con continui interventi di modifica delle modalità di trasmissione dei dati (e di “caricamento” degli stessi sulla apposita piattaforma digitale creata) testimoniata dall’adozione delle numerose delibere più sopra richiamate.
Tutto ciò ha posto in seria difficoltà molti enti interessati al procedimento che, al pari di S.ED.A., sono stati inseriti nell’elenco previsto dalla determinazione 5/2015 (Allegati A-B-C-D) e sono stati destinatari della diffida preventiva rispetto alla definizione in modo forfettario della tariffa.
Orbene tali doglianze non sono idonee a dimostrare, anche per quanto si è più sopra già illustrato con riferimento alle varie censure di illegittimità protestate da S.ED.A. nei confronti della deliberazione 228/2015/R/idr del 14 maggio 2015, la presenza delle lamentate patologie procedimentali delineate dalla odierna società appellata.
D’altronde la legittimità del provvedimento impugnato va verificata con riferimento al percorso svolto da ciascuno degli enti interessati, non potendo sovrapporsi le vicende attinenti ai vari enti, ciascuno considerato, in quanto, ad esempio (per come si è già riferito), ad alcuni enti è stata addirittura contestato il mancato invio dell’intera documentazione necessaria mentre a S.ED.A. la (sola) incompletezza della documentazione richiesta dall’Autorità.
Inoltre, avendo dichiarato la medesima società di avere potuto, successivamente rispetto all’epoca alla quale si riferiscono i fatti oggetto del presente contenzioso, trasmettere tutta la documentazione presso l’Autorità, riuscendo quindi a colmare i deficit istruttori che la medesima Autorità le ha contestato in occasione del provvedimento adottato il 14 maggio 2015, ciò dimostra che sarebbe stato possibile procedere all’invio della documentazione in epoca precedente rispetto all’adozione del provvedimento impugnato, atteso che quest’ultimo è stato emesso a due anni di distanza dalla delibera di diffida, lasciando quindi alla società tutto il tempo per individuare le modalità più corrette per trasmettere la documentazione.
Anche sotto tale profilo la censura riprodotta (come la precedente) in sede di appello non merita di essere accolta.
19. - Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello proposto dall’Autorità va accolto sicché, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sez. II, 6 febbraio 2018 n. 345, va respinto il ricorso di primo grado (n. R.g. 1751/2015).
Sussistono, nondimeno, giusti motivi legati alla peculiarità della vicenda sottesa al presente contenzioso per disporre, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a, l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (R.g. 3753/2018), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, riforma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sez. II, 6 febbraio 2018 n. 345, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado (n. R.g. 1751/2015)
Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 27 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente FF
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
Oswald Leitner, Consigliere