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A proposito della L.192/04
di Alberta Leonarda Vergine Docente di diritto penale dell’ambiente nell’ Università di Pavia
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Il nostro legislatore ambientale, bisogna ammetterlo, non conosce vergogna.
A un anno esatto dalla pubblicazione della legge n.200/03 [1] , che ha convertito ,con modifiche, il d.l. 24.6.2004 n. 147, introducendo l’art. 10 bis nel quale , nonostante gli sforzi interpretativi prodotti anche dal S.C.[2], si è ritenuto non potesse leggersi se non una sfacciata ( quanto incostituzionale [3] ) proroga ( al 3 agosto 2004 ) dei termini “transitori” , già ampiamente scaduti, di cui all’art. 62, comma 11 del d.lgs. 152/99, ecco l’ultima “chicca” estiva.
Con la legge n.192 del 28 luglio 2004 [4] di conversione , con modifiche, del d.l. 144/2004 recante l’ ingannevole rubrica “Differimento della disciplina sulla qualità delle acque di balneazione”, al comma 2, ultima parte dell’articolo 1, a sua volta ingannevole quanto a rubrica : “Differimento termini ossigeno disciolto”, ha stabilito che « i termini di cui all’art.10 bis del d.l. 24.6.2003,n. 147, convertito con modificazioni, dalla L. 1.8.2003, n. 200, sono differiti al 31 dicembre 2004» .
Siamo senza parole.
Con curiosa tempestività, in un paese che è sempre in grave ritardo su ogni decisone o intervento istituzionale, il 3 agosto 2004 è stata pubblicata una legge , disciplinante materia “altra” rispetto a quella di cui al citato art. 62 , comma 11, d.lgs.152/99 , che converte un decreto legge che nulla stabiliva ovviamente in punto disciplina degli scarichi di cui al d.lgs. 152/99, e che modifica, convertendolo, detto decreto aggiungendo, tra l’altro, questo sconcertante differimento di un differimento di termini che, guarda caso, sarebbe scaduto proprio il giorno in cui la legge è stata pubblicata.
Quando si dice il caso.
Ci aspettiamo che il 31 dicembre 2004, una legge di conversione di un decreto legge avente ad oggetto una qualsiasi diversa disciplina , modifichi un qualsiasi articolo dello stesso e differisca ulteriormente il differimento già differito, concedendo a chi era “abusivo” prima del d.lgs. del 1999 di continuare ad esserlo , ma sempre nel pieno rispetto della legge.
Siamo tutti consapevoli che nella Circolare esplicativa che, a firma del Direttore generale del Ministero dell’ambiente [5] dott. Mascazzini, è stata trasmessa a tutte le amministrazioni competenti nel dicembre scorso, si è affermato, al contrario, che il differimento dei termini di cui al comma 11 dell’art. 62 doveva intendersi limitato « esclusivamente a gli impianti di trattamento dia acque reflue urbane per i quali entro il 13 giugno 1999 siano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all’assegnazione dei lavori, nonché agli altri scarichi già esistenti ex art. 2 cc bis) del d.lgs. 152/99 [ e quindi autorizzati, stante la definizione di scarico esistente , ndr ] , per i quali l’autorizzazione ai sensi della nuova disciplina sia stata richiesta, ma la stessa non sia stata ancora rilasciata dell’ente competente »[6] e che « il termine di proroga del 3 agosto 2004 non vale per coloro che devono richiedere l’autorizzazione e che fino ad ora hanno scaricato in assenza di atto amministrativo rilasciato dall’ente competente , in quanto trattasi di scarichi non esistenti giuridicamente e pertanto abusivi ».
Ora delle due l’una , tralasciamo gli impianti di trattamento di acque reflue urbane ( anche se ci domandiamo perché mai , cinque anni dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 152/99 , non debbano essere ormai regolarmente autorizzati ed in funzione) e pensiamo agli altri scarichi già esistenti cui allude la circolare che, visto il combinato disposto tra il primo ed il secondo periodo citati, possono essere solo quelli che erano già in attività all’entrata in vigore della legge, ma non necessitavano di autorizzazione e che avrebbero dovuto , stante il disposto della prima parte del comma 11 dell’art. 62, presentare la domanda di autorizzazione entro lil 16 giugno 2002 , oppure erano già in attività con autorizzazione prevista dalla previgente legge, autorizzazione che doveva essere sostituita da un “nuova” ex d.lgs. 152799 quando la precedente fosse venuta a scadenza e , comunque “non oltre” 4 anni dalla entrata in vigore del citato decreto ( cioè entro il 16 giugno 2003 ).
Quanto ai primi, se mantenuti in attività anche dopo il 17 giugno 2002 senza aver ottenuto la nuova autorizzazione erano da considerarsi abusivi e , pertanto, punibili, sempre dal 17 giugno 2202, ex art. 59 e non si comprende, torna a ripetersi, come una legge successiva di un anno al loro “ingresso” tra le condotte penalmente rilevanti possa prorogare un termine scaduto e renderele nuovamente, sia pure transitoriamente, lecite[7] . Quanto alla seconda ipotesi , posto che anche in questo caso i termini al momento della entrata in vigore della legge n. 200/03 erano , seppur di poco, già scaduti e quindi valgono i dubbi precedentemente esposti, ci si interroga su quanti mai potranno essere i titolari di scarichi “vittime” di plantigrade autorità di controllo che , supponendo gli stessi avessero utilizzato tutto il tempo a disposizione prima di proporre la domanda di autorizzazione secondo la legge del 1999, in un anno di tempo non abbiano provveduto ad emettere l’agognato provvedimento.
Per tanti o pochi ( come noi riteniamo) che siano ,siamo proprio certi che fosse opportuno prevedere una norma ad hoc ( l’art. 10 bis della L. n. 200/03 ) e una proroga ( ex art.1, comma 2 della L.192/04) che “differisse” i termini in essa previsti ? L’interrogativo è sostenuto non solo e non tanto dalla convinzione che il numero dei possibili fruitori della stessa sia estremamente contenuto, e dalla molto dubbia, soggettiva “meritevolezza” di un trattamento di particolare favore da parte di questi imprenditori, considerato che fin dal 1999 sapevano che avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione secondo la nuova normativa entro e non oltre 4 anni ( cioè ,entro il 16 giugno 2003) dalla entrata in vigore del d.lgs. 152/99. Ma soprattutto dal rilievo che è il d.lgs. stesso che , all’art. 45,comma 7, stabilisce non solo che la validità della autorizzazione è di 4 anni ( esattamente il periodo di tempo concesso a chi aveva già una autorizzazione secondo la “vecchia” legge e doveva sostituirla con una ai sensi della nuova),ma , ben conscio delle possibili lentezze burocratiche degli enti competenti al rilascio, ha anche previsto che il rinnovo vada richiesto con un anno di anticipo di guisa che, se l’autorità competente non provvede entro quel termine, l’impianto può essere mantenuto provvisoriamente in funzione “fino all’adozione di un nuovo provvedimento” ovviamente a condizione che siano rispettate “le prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione”[8]. Ciò posto ci si interroga : se gli imprenditori autorizzati ai sensi della L.319/76 e s.m. e i.- ai quali secondo la Circolare Mascazzini è riservato il differimento di cui alla legge 200/03, ed il differimento del differimento di cui alla legge 192/04) hanno chiesto il rinnovo un anno prima della scadenza dei 4 anni , come per legge prescritto, ( cioè entro il 16 giugno 2002) e l’autorità competente non ha emesso il provvedimento, gli stessi , sempre che non si tratti di impianti con scarichi contenenti sostanze pericolose[9], potevano e possono continuare a gestire l’impianto nel rispetto della “vecchia” autorizzazione in attesa che la “nuova” venga emessa. Pertanto che bisogno c’era di differire e poi ridifferire i termini di cui all’art. 62?
Forse perché non tutti gli imprenditori già autorizzati ex l.319/76 hanno tempestivamente chiesto l’autorizzazione e hanno al contempo rispettato le prescrizioni?
E, imprenditori che così si comportano, “meritano” il differimento del differimento di termini transitori già imponentemente lunghi?
E quanti sono, numericamente, questi imprenditori che nonostante si siano dimostrati distratti e improvvidi, per il legislatore meritano una legge (di favore) quasi ….ad personam ?
La interpretazione del dott. Mascazzini, ci convince poco e , comunque, non sembra fornire una valida motivazione né al primo, né tanto meno, al secondo provvedimento.
Al contrario pensiamo , come, del resto, ritiene la più parte della dottrina di settore [10], che dette norme ( l’art. 10 bis della l.200/03 e l’art. 1 della L.192/04 ) costituiscano soltanto un, neppure elegante, èsamotage per non punire incalliti inquinatori . Con buona pace di ogni proclama (ministeriale) di volontà di perseguire severamente chi non rispetta le leggi a tutela dell’ambiente. E se così è , come purtroppo crediamo che sia, allora non ci rimane che prenderne atto e andare avanti , sia pure con accresciuto scoramento, sperando in un futuro (legislativo) migliore che non preveda più regimi transitori ( di non punibilità e non rispetto della legge) che, come tutto ciò che è provvisorio in Italia, si trasformino come quello di cui al comma 11 dll’art. 62 , grazie a colpi di mano estivi, in permanenti.
[1] Cfr. vedine il commento di VERGINE, Norma nascosta,sanatoria palese ( a proposito dell’art. 10 bis del d.l.147/03 convcertito nella legge200/03), www.lexambiente.com ; di S.GIAMPIETRO,Una nuova sanatoria per gli scarichi abusivi, Ambiente , 2004, 8,742, e di DIANI, L’art.62,comma 11, D.ls.152/99: una transitorietà ormai stabile? Ivi, 738.
[2] Cfr. cass. sez.III,20.1.2004, in Ambiente, 2004,8,782 commentata da SABBATINI ,Anche dopo l’art. 10 bis la cassazione conferma la nozione di “scarico esistente”, 779 e già prima da BELTRAME, ivi, 4, 376 e da VERGINE, in Riv.trimdir.pen.ec.,2004.
[3] V. S.GIAMPIETRO, op.cit., 746
[4] Pubblicata su Gazz.uff.3.8.2004,n. 134 ed entrata in vigore 4.8.2004
[5] Nel paese in cui serve una legge per fornire l’interpretazione autentica del verbo “disfarsi” , perché meravigliarsi della necessità di una circolare interpretativa dell’espressione “ancorché non autorizzati”?
[6] Così testualmente la Circolare esplicativa trasmessa agli enti competenti dal Ministero dell’Ambiente il 16 dicembre 2003 , come riportata da S.GIAMPIETRO, op.cit.,745
[7] Cfr. i dubbi in proposito espressi in VERGINE,Norma nascosta,sanatori apalese, cit.
[8] Se si tratta di scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui all’art. 34, invece, il rinnovo deve essere concesso in modo espresso entro e non oltre i sei mesi dalla scadenza, trascorso inutilmente tale termine lo scarico dovrà cessare immediatamente.
[9] Cfr. nota precedente