Cass. Sez. III n. 21279 del 1 giugno 2012 (Cc 24 gen. 2012)
Pres. Petti Est. Andronio Ric. P.M. in proc. Giacobazzi
Alimenti. Denominazione generica di alimento pur evocante altra di origine protetta
In tema di frode nell'esercizio del commercio e di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, l'uso di una denominazione generica di alimento, quantunque evocativa di altra di origine protetta, non è di per sé idonea a configurare la consegna di "aliud pro" alio o il carattere ingannevole del nome, marchio o segno distintivo. (Fattispecie, in tema di sequestro, di produzione e messa in vendita di condimento denominato "balsamico bianco").
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. PETTI Ciro Presidente del 24/01/2012
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria Consigliere SENTENZA
Dott. GENTILE Mario Consigliere N. 181
Dott. GAZZARA Santi Consigliere REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria rel. Consigliere N. 32928/2011
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PMT PRESSO TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA;
nei confronti di:
1) GIACOBAZZI ANTONIO N. IL 01/01/1943 C/;
avverso l'ordinanza n. 8/2011 TRIB. LIBERTÀ di REGGIO EMILIA, del 06/04/2011;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. FRATICELLI Mario nel senso del rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. - Con ordinanza del 6 aprile 2011, il Tribunale di Reggio Emilia, in sede di riesame, ha annullato il decreto di sequestro emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 16 marzo 2011, avente ad oggetto confezioni di condimenti balsamici ritenuti evocativi della denominazione Aceto Balsamico di Modena IGP, in relazione ai reati di cui agli artt. 515, 517, 517 bis cod. pen..
Il provvedimento di sequestro annullato si basava sul presupposto che la produzione e messa in vendita del prodotto denominato "Balsamico bianco" da parte dell'azienda dell'imputato potesse integrare le fattispecie delittuose sotto il profilo del carattere evocativo delle caratteristiche del diverso prodotto "Aceto Balsamico di Modena IGP", denominazione protetta dal regolamento CE n. 583 del 2009. 2. - Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia, per violazione delle norme incriminatrici e del regolamento CE 510/06 del 20 marzo 2006, nonché per mancanza di motivazione relativamente alla natura generica del termine "balsamico".
Premette il ricorrente che, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), del regolamento CE 510/06, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli o alimentari, si intende per indicazione geografica, il nome di una regione o di un luogo che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare, del quale una determinata qualità, la reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite a tale origine geografica e la cui produzione o trasformazione o elaborazione avvengono in tale zona. Rientra in tale categoria l'aceto balsamico di Modena.
Ad avviso del pubblico ministero ricorrente, l'uso del termine "balsamico", che è elemento della denominazione registrata, per designare un alimento, quello oggetto di sequestro, che costituisce per caratteristiche, clientela, utilizzo, modalità di distribuzione, presentazione e prezzo, un prodotto comparabile a quello registrato con IGT, è sufficiente per evocare agli occhi del consumatore tale ultimo prodotto, del quale il prodotto sequestrato non possiede, ovviamente, le caratteristiche. Non sarebbe, dunque, condivisibile l'assunto del Tribunale del riesame secondo cui l'espressione "balsamico" è indiscutibilmente espressione generica utilizzabile per qualsivoglia prodotto alimentare. Tale affermazione - ad avviso del ricorrente - non sarebbe basata su alcuna motivazione, ne' su un'analisi approfondita del contesto fattuale secondo la ricostruzione fattane dagli interessati e si porrebbe, perciò, in contrasto, con il principio di diritto enunciato dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea nella sentenza 9 giugno 1998, paragrafo 38, (cause riunite C-129/1997 e C-130/1997). Il Tribunale avrebbe dovuto esaminare la sussistenza del fumus commissi delicti limitatamente al profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non avrebbero potuto essere censurati sul piano fattuale, non potendo, perciò, lo stesso Tribunale risolvere le questioni relative alla protezione da accordare a singoli elementi di una denominazione registrata, ne' agli aspetti relativi all'eventuale genericità della denominazione in concreto utilizzata; l'analisi approfondita del contesto fattuale secondo la ricostruzione di esso fatta dagli interessati - richiesta dalla giurisprudenza comunitaria richiamata - sarebbe stata, pertanto, in ogni caso preclusa allo stesso Tribunale.
Il ricorrente allega una nota della Direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione Europea del 20 maggio 2011, dalla quale risulterebbe confermato l'assunto della non genericità del termine "balsamico".
3. - In prossimità dell'udienza, l'indagato, tramite il difensore, ha depositato memoria con la quale chiede il rigetto del ricorso del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. - Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Il pubblico ministero ricorrente muove da due assunti entrambi erronei.
Sotto un primo profilo, sostiene, in punto di diritto, che la denominazione "balsamico" utilizzata per il prodotto sottoposto sequestro non sarebbe una denominazione generica, perché protetta a norma del regolamento 510 del 2006, in quanto riferita (e riferibile) al solo Aceto Balsamico di Modena IGP. Sotto un secondo profilo, assume che il Tribunale ha ritenuto la genericità di tale denominazione senza una sufficiente motivazione e che, in ogni caso, una tale motivazione non avrebbe potuto essere fornita in sede cautelare, perché l'analisi della genericità della denominazione deve essere riservata al merito.
4.1. - L'erroneità del primo assunto emerge dalla nota della Direzione generale dell'agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione Europea del 20 maggio 2011 prodotta dallo stesso pubblico ministero allo scopo di sostenere, in punto di diritto, la non genericità del termine "balsamico".
Dalla lettura di tale atto, che prende in considerazione tutto il complesso delle norme dell'Unione Europea rilevanti, si desume, infatti che: a) in base all'art. 13, paragrafo 1, u.c., del regolamento CE n. 510 del 2006, se una denominazione registrata contiene il nome di un prodotto agricolo o alimentare che è considerato generico, l'uso di questo nome generico sui corrispondenti prodotti agricoli o alimentari non è considerato contrario al diritto comunitario; b) il termine "balsamico" non designa di per sè un prodotto agricolo o alimentare, ma più in generale, cose che hanno le caratteristiche o l'odore del balsamo; si tratta, cioè, di un aggettivo della lingua corrente che non può formare oggetto di un uso esclusivo e riservato; c) la protezione comunitaria è conferita alla sola denominazione composta " Aceto Balsamico di Modena"; d) il termine "balsamico" può essere liberamente utilizzato a condizione che siano, in concreto, rispettate le norme applicabili nell'ordinamento giuridico comunitario e, in particolare, in modo tale da non indurre in errore il consumatore.
Non vi è, dunque, alcuna disposizione comunitaria dalla quale si desume direttamente che il termine "balsamico" sia un termine non generico; con la conseguenza che le questioni relative all'uso di tale termine per designare prodotti alimentari non possono essere risolte in punto di diritto, ma richiedono, volta per volta, l'analisi delle circostanze fattuali relative alle qualità, alla tipologia, all'etichettatura, alla complessiva denominazione, alle modalità di messa in vendita dei prodotti in questione. 4.2. - Il secondo dei due assunti sopra riportati contrasta con quanto ritenuto, in punto di fatto dal Tribunale del riesame, laddove questo rileva che non è possibile affermare che il prodotto posto in vendita (e sequestrato) sia considerato dal venditore Aceto Balsamico di Modena IGP o presenti elementi in grado di ingannare il consumatore sul fatto che esso sia qualcosa di diverso da ciò che si legge sulla confezione: un condimento balsamico bianco. Prosegue lo stesso Tribunale rilevando che l'impiego del termine "balsamico", per quanto associato a un condimento alimentare, non può ritenersi di per sè illecito sul piano penale, posto che l'espressione "balsamico" è espressione generica, utilizzabile per qualsivoglia prodotto alimentare e, quindi, anche per condimenti derivanti da aceti, ma che aceti non sono. Non vi è neanche l'utilizzazione di nomi o segni distintivi allo scopo di indurre in errore i consumatori sull'origine, provenienza o qualità del prodotto, perché le caratteristiche esteriori di questo e quelle del prodotto protetto dal marchio IGP sono tra loro diverse, almeno sotto i profili: del colore, della denominazione e della mancanza di qualunque riferimento, nel primo, alla tipicità geografica. La circostanza, poi, che il marchio del prodotto sottoposto sequestro sia "La modenese" non è di per sè idonea ad indurre il consumatore in errore, trattandosi di un marchio regolarmente registrato. Si tratta, all'evidenza, di valutazioni che - oltre ad essere ampiamente circostanziate e coerentemente argomentate - risultano sottratte al sindacato di questa Corte ai sensi dell'art. 235 cod. proc. pen., comma 1, perché non possono configurare una violazione di legge, essendo strettamente attinenti al merito. Nè contro tale conclusione può sostenersi - come fa il ricorrente - che la questione relativa alla genericità della denominazione non può essere trattata in sede cautelare dovendo essere riservata al giudizio di merito. Si tratta, invero, di una questione di fatto, che attiene alla concreta sussistenza del fumus commissi delicti, perché ha ad oggetto la configurabilità, nel caso di specie della consegna di aliud pro alio (idonea ad integrare la fattispecie di cui all'art. 515 cod. pen.) o del carattere ingannevole del nome, marchio o segno distintivo (idoneo a integrare il reato di cui all'art. 517 cod. pen.).
5. - Il ricorso deve, perciò, essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2012