Consiglio di Stato Sezione V n. 6943 del 2 agosto 2024
Ambiente in genere.Concetto di perturbazione e valutazione di incidenza nella direttiva habitat
La normativa comunitaria impone agli Stati membri di adottare le opportune misure, al fine di scongiurare il verificarsi di un degrado o di una perturbazione significativi, nonché di evitare qualsiasi peggioramento, causato dall’uomo o di origine naturale prevedibile, degli habitat naturali e degli habitat di specie. Un’attività è conforme all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992, allorché siano vulnerati gli obiettivi di conservazione, a prescindere dalla tipologia di attività esercitata e dall’esistenza o meno di opere edilizie. (Il collegio ha ritenuto applicabile, nella fattispecie in esame, il concetto di perturbazione, quale presupposto ineludibile per l’applicabilità della normativa europea e nazionale in materia di valutazione d’incidenza. La vicenda afferisce all’installazione, nel piede dunale, di strutture precarie e amovibili nonché di arredi che, considerati unitariamente e complessivamente nella loro interezza, sono funzionali alla creazione ed allo svolgimento di vere e proprie attività turistico – ricreative all’aria aperta, capaci di fornire servizi ad una molteplicità di fruitori del mare. Da qui la necessità di sottoporre alla preventiva procedura di valutazione di incidenza tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma potenzialmente idonei ad avere incidenza significativa sullo stesso).
Pubblicato il 02/08/2024
N. 06943/2024REG.PROV.COLL.
N. 08697/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8697 del 2023, proposto dall’Ente Parco Nazionale del Circeo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
il Comune di Sabaudia, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Rosa Maria Privitera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
la società Torre Paola a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Zaza D'Aulisio, Jessica Quatrale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Cardarelli in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n.47;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00207, pubblicata in data 30 marzo 2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e della società Torre Paola a r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2024 il consigliere Marina Perrelli e uditi per le parti gli avvocati Di Cave, Quatrale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’Ente Parco Nazionale del Circeo ha chiesto la riforma della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sezione staccata di Latina (sezione prima) n. 207, pubblicata in data 30 marzo 2023, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla società appellata e, per l’effetto, è stata annullata la nota prot. n. 0025315 del 24 giugno 2022 del Comune di Sabaudia recante la declaratoria dell’improcedibilità della SCIA commerciale, presentata per l'esercizio dell'attività di noleggio di attrezzature balneari su proprietà privata.
1.2. Con un unico ed articolato motivo l’Ente Parco ha chiesto la riforma della sentenza per travisamento dei fatti, per violazione dell’art. 6, paragrafo 3, della direttiva Cee del 21 maggio 1992, n. 43 (“Habitat”), dell’art. 5 del d.P.R. n. 357/1997, modificato dall’art. 6 del d.P.R. n. 120/2003, del principio di precauzione di derivazione comunitaria.
Ad avviso dell’Ente appellante la difesa della società appellata, sposata nella sentenza dal giudice di primo grado, muoverebbe dall’erroneo presupposto:
- giuridico secondo il quale l’attività commerciale non accompagnata da opere edilizie sarebbe in ogni caso “libera”, obliterando la circostanza che anche a tale tipologia di attività possono essere imposti limiti a tutela di specifici interessi pubblici e, segnatamente, di quello dell’ambiente;
- fattuale poiché dagli accertamenti fotografici emergerebbe che il noleggio di ombrelloni, lettini e sdraio, ogni volta che viene attivato, comporta la realizzazione di attività di livellamento del piede dunale, utilizzato per posizionare arredi ed attrezzature funzionali all'attività commerciale, idoneo a modificare irreversibilmente l’habitat della zona dunale, classificata area ZSC d'importanza comunitaria.
Premesso che l'area interessata dall'attività di noleggio svolta dalla società appellata ricade nella sua interezza all'interno della "duna costiera" di Sabaudia e, come tale, è parte essenziale di un "ambiente" pregiato e fragile che costituisce un ecosistema vulnerabile, tale circostanza non sarebbe stata debitamente valutata dal giudice di primo grado che ha escluso la necessità della VINCA sul presupposto che si tratta di svolgimento di una mera “attività commerciale”, mentre secondo la prospettazione dell’Ente appellante, l'inclusione dell’area in questione all'interno delle "zone di interesse comunitario" comporterebbe l'applicazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, come modificato dal d.P.R. n. 120 del 2003.
L’Ente appellante ha, inoltre, rilevato che la deliberazione della Giunta della Regione Lazio n. 64 del 2010, recante l'approvazione delle Linee guida per la procedura di valutazione di incidenza ex art. 5 del citato d.P.R. n. 357 del 1997, ha esteso la VINCA a “qualsiasi iniziativa, pubblica o privata, a carattere temporaneo che non necessariamente comporti la realizzazione di manufatti mobili o fissi (per esempio manifestazioni sportive, culturali, musicali ecc), al di fuori dei centri abitati, che possa arrecare disturbo o danneggiamento agli habitat, agli habitat di specie e alle specie”, nonché che le Linee guida nazionali per la VINCA, adottate con intesa del 28 novembre 2019, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003, hanno esteso le disposizioni dell'art. 6.3 “non ai soli piani o progetti, ma a tutte le azioni che possono generare incidenze significative sul sito/i Natura 2000. Pertanto, alla luce delle conclusioni sopra raggiunte, la procedura di Valutazione di Incidenza si applica a tutti i piani, programmi, progetti, interventi ed attività (di seguito nel testo P/P/P/I/A), compresi i regolamenti ittici ed i calendari venatori, non direttamente connessi alla gestione del sito/i Natura 2000 e la cui attuazione potrebbe generare incidenze significative sul sito/i medesimo”.
Infine, negli obiettivi di conservazione individuati nei piani di gestione, approvati con DP 07 del 21 dicembre 2016, del sito d'importanza comunitaria - ora zona speciale di conservazione - (IT 6040018 "Dune del Circeo"), fatti propri dal D.M. del 2 agosto 2017, rientrano la riduzione del degrado degli habitat dunali da realizzarsi attraverso azioni efficaci di contrasto all'erosione, finalizzati al recupero della morfologia originaria e della serie tipica vegetazionale, e una regolamentazione della fruizione incontrollata.
A fronte della richiamata normativa e delle risultanze degli accertamenti antiabusivismo, eseguiti nel 2018 e nel 2019, dai quali emerge che lo svolgimento della suddetta attività ha comportato l’occupazione e l’irreversibile alterazione di aree considerate un habitat prioritario, a causa della realizzazione di camminamenti, di aree di sosta all'interno della duna litoranea e della macchia mediterranea a prevalenza di ginepri per destinarle alla fruizione, allo stoccaggio e al deposito di attrezzature per gli avventori, nonché a causa della trasformazione di consistenti porzioni del "piede dunale", ove avviene il naturale scambio di sedimenti del "sistema spiaggiaduna", l’Ente appellante ha concluso per la riforma della sentenza di primo grado, previa eventuale verificazione al fine di accertare lo stato dei luoghi.
2. La Regione Lazio si è costituita in giudizio ed ha proposto appello incidentale, condizionato all’accoglimento del principale, deducendo:
1) la violazione dell’art. 8, comma 6, della legge n. 131 del 2003 e dell’art. 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva 92/43/CEE “Habitat” per avere il giudice di primo grado erroneamente escluso l’attività della società appellata dalla necessaria sottoposizione a VINCA richiamando il concetto di “perturbazione”, anziché quello di “degrado”, quale conseguenza dell'attività oggetto della SCIA.
Peraltro, dalla stessa istanza presentata dalla società appellata emergerebbe che si tratta di un'attività da svolgersi su “una porzione di area privata ubicata sul lungo mare di Sabaudia” che, oltre ad avere la funzione di stoccaggio, sarà fruita da coloro che noleggeranno sdraio e ombrelloni e che già in passato ha causato un degrado degli habitat dunali, come tale non suscettibile di superare il vaglio della VINCA;
2) per violazione del principio di precauzione, come sancito dall’art. 191 TFUE poiché dai rilievi tecnici dell’Ente Parco si evince che l’habitat, costituito dal “piede dunale ovvero quella porzione posta a diretto contatto con la spiaggia ove avviene il naturale scambio di sedimenti del sistema spiaggia duna e dove attecchisce per prima la vegetazione specializzata (…), lo fertilizza producendo sia humus che aumentando il tasso di umidità”, è stato già modificato ed alterato al fine di renderlo idoneo allo svolgimento dell'attività di noleggio. Ne discenderebbe che nel caso in questione non si potrebbe prescindere da una VINCA, ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 357/1997.
3. La società appellata si è costituita in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, il difetto di legittimazione della Regione Lazio, soccombente in primo grado al pari dell’Ente Parco ad impugnare in via incidentale la sentenza, dopo il decorso del termine di 60 giorni dalla notifica perfezionatasi il 31 marzo 2023.
3.1. Con riguardo all’appello principale la società Torre Paola ne ha contestato la fondatezza evidenziando l’inapplicabilità alla fattispecie in esame dell’art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997 e successive modificazioni e della delibera della Giunta regionale n. 64 del 2010 in considerazione dell’attività commerciale di noleggio senza opere, oggetto della SCIA, ed ha riproposto i motivi, assorbiti dal giudice di primo grado, di illegittimità del provvedimento per erroneità del richiamo all’intervenuta abrogazione del disciplinare comunale del maggio 2010 sia per essere il noleggio di attrezzature balneari, svolto su proprietà privata, un’attività libera, svincolata da autorizzazioni, sia per la permanente applicabilità del detto disciplinare stesso sino all’approvazione del nuovo regolamento, nonché per inapplicabilità alla attività svolta del nulla osta PAI, del nulla osta paesaggistico e del nulla osta ex art. 55 codice della navigazione.
4. Il Comune di Sabaudia, benché ritualmente citato, non si è costituito in giudizio.
5. Le parti costituite hanno depositato memorie e repliche, ai sensi dell’art. 73 c.p.a..
6. All’udienza del 16 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. L’appello è fondato e va accolto per le seguenti ragioni.
8. Con la sentenza appellata il giudice di primo grado ha ritenuto che:
- “la normativa di riferimento di cui alla c.d. direttiva “habitat” e all’art. 5 del d.p.r. n. 357/1997, come successivamente sostituito dall’art. 5 del d.p.r. n. 120/2003, fa esplicito cenno all’adozione di “piani” o “progetti” ovvero di “interventi”, facendo così evidente riferimento alla pianificazione di ordine generale o alla realizzazione di manufatti (“opere”), ma non a una mera attività di ordine commerciale come quella svolta dalla ricorrente”;
- la “nota del 17 marzo 2022 dell’Ente Parco, richiamata nel provvedimento impugnato, riguardava quattro attività di noleggio diverse da quella della ricorrente, le quali erano tutte contraddistinte dalla posa in opera di manufatti, come ivi descritti”;
- “appare molto difficile – o comunque indimostrato – che una mera attività, peraltro stagionale, di noleggio di attrezzature balneari, in assenza di specificazione e di adeguata istruttoria, possa essere considerata rientrante nell’alveo del concetto di “perturbazione” di cui all’art. 6, comma 2, della Direttiva 92/43/CE;
-“non può confondersi l’attività della ricorrente con quella relativa all’organizzazione di manifestazioni, sportive e non, che richiamano un notevole afflusso di pubblico”;
- “è sufficiente rilevare come il provvedimento impugnato non abbia dimostrato, in concreto, in che modo l’iniziativa della ricorrente possa turbare potenzialmente l’assetto del territorio, in assenza di opere, o richiami un numero ingente di persone, le quali, peraltro, si limitano a noleggiare attrezzatura che possono allocare dove vogliono, anche in zone non finitime a quelle ove esercita la ricorrente e persino al di fuori dell’estensione dunale”.
9. Ad avviso dell’Ente appellante la tesi sposata dal giudice di primo grado muove da presupposti giuridici e fattuali erronei poiché il noleggio di ombrelloni, lettini e sdraio, anche laddove non accompagnato da opere edilizie, se viene esercitato in un’area ZSC d’importanza comunitaria che costituisce un ecosistema fragile e pregiato, quale è il “piede dunale”, sarebbe idoneo a modificare irreversibilmente l’habitat e, quindi, dovrebbe essere assoggettato alle verifiche e ai limiti normativamente imposti a tutela della stessa dalla normativa nazionale ed europea.
10. E’ pacifico perché documentalmente provato e non controverso che l’area nella quale viene esercitata l’attività di noleggio di ombrelloni, lettini e sdraio dalla società appellata ricade in Zona Speciale di Conservazione d’importanza comunitaria – IT 6040015 Parco Nazionale del Circeo - e in Zona di Protezione Speciale – IT6040015 Parco Nazionale del Circeo – e nella quale sono presenti habitat vegetazionali di cui alla direttiva 92/43/CEE consistenti in “mosaici a dominanza di ginepreti” (habitat prioritario 2250) con limitate superfici di habitat psammofili (habitat 2110, 2120, 2210, 2230, 2240).
10.1. Tanto premesso in punto di fatto, l’articolo 6 della Direttiva Habitat contiene tre gruppi di disposizioni: il paragrafo 1 tratta dell’introduzione delle necessarie misure di conservazione ed è incentrato su interventi positivi e proattivi, volti a mantenere o a riportare in uno stato soddisfacente gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche; il paragrafo 2 contiene disposizioni intese a evitare il degrado degli habitat e la perturbazione significativa delle specie e, pertanto, è di carattere preventivo; i paragrafi 3 e 4 stabiliscono una serie di salvaguardie procedurali e sostanziali che disciplinano piani e progetti atti ad avere incidenze significative su un sito della “Rete Natura 2000”.
In particolare, l’articolo 6, paragrafo 2 dispone che: “Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva”.
10.2. Come affermato da questo Consiglio di Stato “tale norma prende come punto di partenza il principio di prevenzione e si configura come una fonte autonoma, rispetto al paragrafo 1 e ai paragrafi 3 e 4, di obblighi per gli Stati membri. Essa, infatti, disciplina l’ipotesi specifica del “degrado degli habitat”, senza distinguere se tale degrado è ancora potenziale o se è già in corso (tale distinzione può quindi incidere solo sulla tipologia e sulla portata delle misure, ma non sulla loro doverosità). Le “opportune misure” del paragrafo 2 vanno al di là delle misure di gestione necessarie ai fini della conservazione, già disciplinate dal paragrafo 1 dello stesso articolo 6. La presenza, nella norma, di espressioni come «evitare il degrado degli habitat» e «tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative» sottolinea non solo la natura preventiva e anticipatoria delle misure da adottare ma anche, in caso di degrado già in atto, la necessità di misure “attive”, “anticicliche”, in grado di invertire il processo che, in assenza di iniziative, proseguirebbe irreversibilmente” (Cons. Stato, IV, n. 3945 del 2024).
10.3. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea il citato art. 6 si applica permanentemente nelle ZSC, nei SIC e nelle ZPS e può riguardare attività o eventi passati, presenti o futuri; se un’attività già in atto in una ZSC o in una ZPS può provocare il degrado di habitat naturali o una perturbazione delle specie per le quali la zona è stata designata, deve essere disciplinata dalle “opportune misure” e l’eliminazione dell’impatto negativo può richiedere, a seconda dei casi, la sospensione dell’attività e/o l’adozione di misure di attenuazione o ripristino, anche effettuando una valutazione ex post; osta alla previsione in termini generali, da parte di uno Stato membro, che determinate attività praticate nelle condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi e dai regolamenti in vigore non costituiscono attività perturbatrici o aventi conseguenze analoghe (Corte di giustizia C-117/00; C-241/08).
Il paragrafo 6.2 va dunque interpretato nel senso di imporre agli Stati membri di adottare tutte le “opportune misure” per garantire che non si verifichino, o che si interrompano, un “degrado” o una “perturbazione” significativi, onde evitare qualsiasi peggioramento, causato dall’uomo o di origine naturale prevedibile, degli habitat naturali e degli habitat di specie.
10.4. Chiarita la portata della disposizione europea e della correlata normativa nazionale di recepimento, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, non appare condivisibile la conclusione cui è giunto il giudice di primo grado secondo il quale la c.d. direttiva “habitat” e l’art. 5 del d.p.r. n. 357/1997, come successivamente sostituito dall’art. 5 del d.p.r. n. 120/2003, non sono applicabili alla fattispecie in esame “facendo evidente riferimento alla pianificazione di ordine generale o alla realizzazione di manufatti (“opere”), ma non a una mera attività di ordine commerciale come quella svolta dalla ricorrente”.
Alla luce dei principi enunciati nelle sentenze della Corte di giustizia al punto 10.3 è evidente che un’attività è conforme all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva “habitat” soltanto se viene garantito che essa non provochi alcuna perturbazione che può avere incidenze significative sugli obiettivi perseguiti dalla direttiva, in particolare sugli obiettivi di conservazione, a prescindere dalla tipologia di attività esercitata e dall’esistenza o meno di opere edilizie.
10.5. Osserva il Collegio che il provvedimento impugnato in primo grado richiama a fondamento della declaratoria di improcedibilità della SCIA presentata dalla società appellata anche la nota dell’Ente Parco prot. n. 1457 del 17 marzo 2022 nella quale si dà atto che nel corso dell’attività antiabusivismo, svolta negli anni precedenti, era stata accertata in particolare nel “piede dunale” l’installazione di strutture precarie e amovibili e di arredi che considerati unitariamente e complessivamente nella loro interezza – non potendosi procedere ad una loro valutazione parcellizzata che non fotograferebbe l’incidenza effettiva sullo stato dei luoghi – erano funzionali alla creazione e allo svolgimento di vere e proprie attività turistico – ricreative all’aria aperta, capaci di fornire servizi ad una molteplicità di fruitori del mare. Da qui la necessità, secondo l’Ente Parco, di sottoporre alla preventiva procedura di valutazione di incidenza tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento di uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenza significativa sullo stesso.
10.6. Alla luce delle esposte considerazioni il Collegio ritiene che nel caso in esame ricorre il concetto di perturbazione di cui al più volte citato art. 6, paragrafo 2, della Direttiva 92/43/CEE, presupposto per l’applicabilità della normativa europea e nazionale in materia di valutazione d’incidenza, anche in considerazione della delibera di Giunta Regionale del Lazio n. 64/2010, con la quale era stata estesa la valutazione di incidenza anche alle “attività” di iniziativa pubblica o privata, ivi comprese quelle a carattere temporaneo, che comportino la realizzazione di manufatti mobili o fissi.
10.7. Il Collegio osserva che le predette risultanze istruttorie dimostrano l’idoneità dell’attività posta in essere dalla società appellata ad avere un’incidenza significativa sull’area in cui viene esercitata, essendo del tutto irrilevante la proprietà pubblica o privata della stessa, e ad integrare il concetto di perturbazione richiamato dalla direttiva 92/43/CEE.
Merita, inoltre, di essere evidenziato che detta conclusione è supportata e non smentita proprio dalla sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Latina, n. 461 del 12 luglio 2021, richiamata dalla società appellata, in quanto nella stessa si dà atto che con il provvedimento in quella sede gravato le era stata ordinata “la rimozione di beni mobili non stabilmente ancorati al suolo e segnatamente di: cassapanche in legno, arredi in legno, tavoli in legno, raccoglitori di rifiuti in legno, sedute in legno, zone doccia e spogliatoi in teli di iuta e canne di bambù, bagni chimici, frigoriferi, tavole, incannucciata e struttura portate di un capanno/ombrellone”.
Al riguardo il Collegio osserva che l’installazione dei suddetti arredi nel “piede dunale” – sebbene precari e amovibili e, come tali, non rilevanti sotto il profilo della normativa edilizia – è esattamente funzionale – come evidenziato dall’Ente Parco - alla creazione e allo svolgimento di vere e proprie attività turistico – ricreative all’aria aperta, capaci di fornire servizi ad una molteplicità di fruitori del mare e di avere un’incidenza significativa sull’habitat in questione, incidenza che ne legittima la previa valutazione in applicazione dell’art. 5 del d.P.R. n. 357/1997 e successive modificazioni.
10.8. Richiamate le predette considerazioni la sentenza di primo grado non risulta condivisibile neanche laddove afferma che “il provvedimento impugnato non abbia dimostrato, in concreto, in che modo l’iniziativa della ricorrente possa turbare potenzialmente l’assetto del territorio, in assenza di opere, o richiami un numero ingente di persone”.
11. Per le esposte considerazioni, che sono idonee a disattendere anche le censure non esaminate dal giudice di primo grado e riproposte in appello dalla società Torre Paola a r.l., l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza appellata, il ricorso introduttivo deve essere respinto.
12. L’accoglimento dell’appello principale rende improcedibile l’appello incidentale condizionato proposto dalla Regione Lazio, a prescindere dall’esame della sua tardività.
13. La novità e la complessità della questione trattata induce il Collegio a ritenere sussistenti giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sezione staccata di Latina, n. 207, pubblicata il 30 marzo 2023, rigetta il ricorso di primo grado.
Compensa le spese per entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere, Estensore
Gianluca Rovelli, Consigliere