Consiglio di Stato Sez. IV n. 7987 del 4 ottobre 2024
Ambiente in genere.VIA e inserimento di clausole prescrittive
La funzione tipica della VIA sia quella di esprimere un giudizio sulla compatibilità di un progetto valutando il complessivo sacrificio imposto all’ambiente rispetto all’utilità socio-economica perseguita, che non è dunque espressione solo di discrezionalità tecnica, ma anche di scelte amministrative discrezionali, con la conseguenza della sottrazione di tali scelte al sindacato del Giudice amministrativo se non laddove ricorrano evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o errore di fatto. Il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione, anche perché la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto tecnico di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio, in senso ampio, attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati. Dalla richiamata natura del provvedimento di VIA deriva l’ampia ammissibilità di clausole prescrittive. In particolare, un progetto che ricomprende vasta parte del territorio comunale non può che comportare la sua sottoposizione ad una serie ampia di prescrizioni a tutela di tutti quei beni che possono essere incisi dalla sua realizzazione.
Pubblicato il 04/10/2024
N. 07987/2024REG.PROV.COLL.
N. 08698/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8698 del 2022, proposto dal Comune di Roccasecca, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Tangari, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Cultura, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale, il Ministero della transizione ecologica, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Teresa Chieppa, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
l’Agenzia Regionale Protezione Ambientale del Lazio - Arpa Lazio, la Provincia di Frosinone, il Comune di Colfelice, il Comune di San Giovanni Incarico, il Comune di Castrocielo, l’Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Centrale, l’Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, il Ministero del Turismo, il Ministero delle Politiche del Mare e per il Sud, la Asl Frosinone, non costituiti in giudizio;
la ditta Mad s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Pizzutelli, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
nei confronti
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, n. 11230 del 23 agosto 2022.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Regione Lazio e della ditta Mad s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 4 aprile 2024 il consigliere Emanuela Loria;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito:
a) dalla determinazione n. G13018 del 5 novembre 2020 della Regione Lazio, con la quale è stato espresso giudizio di valutazione di impatto ambientale favorevole in relazione al progetto di ampliamento della discarica per rifiuti non pericolosi nel Comune di Roccasecca (Fr), località Cerreto, attraverso la realizzazione del V bacino su istanza della MAD s.r.l., nonché da tutti gli atti e provvedimenti presupposti e consequenziali, ivi compresi i verbali del subprocedimento instaurato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, le relazioni istruttorie nonché dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020;
b) dalle determinazioni della Regione Lazio – Direzione politiche ambientali e ciclo dei rifiuti nn. G14500 del 2 dicembre 2020, G15186 e G1589 del 14 dicembre 2020, con cui è stato concluso favorevolmente il procedimento di autorizzazione integrata ambientale relativo al progetto di ampliamento della discarica per rifiuti non pericolosi nel Comune di Roccasecca (Fr), località Cerreto – attraverso la realizzazione del V° bacino, su istanza della MAD s.r.l. – e rilasciato tale titolo abilitativo nonché da tutti gli atti e provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali comprese le proposte degli stessi (rispettivamente nn. 19170 del 2 dicembre 2020, 20179 del 13 dicembre 2020 e 20192 del 14 dicembre 2020), gli allegati tecnici e le relazioni istruttorie ad esse accluse, i verbali della relativa conferenza di servizi, tra cui quelli del 28 febbraio 2020 e del 23 novembre 2020, le note prott. nn. 31814 del 14 gennaio 2020, 49112 del 20 gennaio 2020, 127981 del 13 febbraio 2020, 181009 del 28 febbraio 2020, 541013 del 22 giugno 2020, 948373 del 5 novembre 2020, 971435 del 12 novembre 2020, 1027965 del 24 novembre 2020 della stessa Regione Lazio, la determinazione di quest'ultima n. G15250 del 14.12.2020, tutte le note di trasmissione dei predetti provvedimenti della medesima Regione nonché le note prott. nn. 13833 del 27 febbraio 2020 e 14214 del 28 febbraio 2020, 73111 del 23 novembre 2020 dell’ARPA Lazio, 177832 del 27 febbraio 2020 dell’Area urbanistica, copianificazione e programmazione negoziata, province di Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, nonché quella prot. n. 6924 del 28 febbraio 2020 della Provincia di Frosinone.
1.1. Al fine di ricostruire in punto di fatto la vicenda in esame, si riportano sinteticamente i principali passaggi procedimentali:
a) Con istanza del 22 aprile 2015, la società MAD S.r.l. ha chiesto alla Regione Lazio il rilascio del provvedimento di valutazione di impatto ambientale (v.i.a.), di cui all’art. 23, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, relativo al progetto di ampliamento della discarica di rifiuti non pericolosi (bacino V°) situata in località Cerreto nel Comune di Roccasecca, depositando in pari data presso la Provincia di Frosinone e il Comune di Roccasecca copia degli elaborati progettuali e dello studio di impatto ambientale;
b) all’esito della prima seduta della relativa conferenza di servizi, tenutasi il 5 novembre 2015, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (in acronimo MiBACT), con nota prot. n. 21594 del 9 novembre 2015, acquisita dalla Regione Lazio al prot. n. 614020 dell’11 novembre 2015, ha espresso parere negativo, rappresentando il contrasto del progetto in esame con il PTPR (piano territoriale paesistico regionale) e, in particolare, con le prescrizioni di tutela del paesaggio naturale agrario e del paesaggio naturale applicabili all’area di interesse, che non consentono ampliamenti di discariche;
c) con nota prot. n. 315510 del 15 giugno 2016, la Regione Lazio ha sospeso il suddetto procedimento di v.i.a. nelle more del completamento della procedura di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica (v.a.s.) del piano regionale dei rifiuti, stante la essenzialità di quest’ultimo per le valutazioni di competenza;
d) a seguito dell’adozione dell’aggiornamento del piano di gestione rifiuti, giusta delibera della Giunta regionale n. 592 del 2 agosto 2019, oltre che dell’approvazione del PTPR con delibera del Consiglio regionale n. 5 del 2 agosto 2019, il procedimento di v.i.a. è stato ripreso (nota prot. n. 736956 del 18 settembre 2019);
e) il MiBACT, con nota prot. n. 13797 del 9 ottobre 2019, in vista della riunione della Conferenza di servizi, ha comunicato di avere già espresso parere sfavorevole, rappresentando pure che il PTPR, nel frattempo approvato, non risultava però ancora pubblicato sul BURL, con la conseguente inefficacia delle relative previsioni. La Direzione per le politiche abitative e la pianificazione territoriale paesistica e urbanistica della Regione Lazio, quindi, nel confermare, con nota prot. n. 916439 del 13 novembre 2019, la non avvenuta pubblicazione del PTPR, ha pure segnalato, in senso ostativo al progetto, che dall’analisi della documentazione allegata risultava, fra l’altro, che “a) il bacino n. 5 appare eccedente rispetto ai limiti dell’area oggetto dell’osservazione “012060060 S100010102 P”; b) per le aree boscate individuate nel PTPR e interferenti con il bacino n. 5 e l’osservazione “012060060 S100010102 P” occorre procedere alla certificazione nel rispetto del combinato disposto di cui agli artt. 10, comma 5, l. reg. 6 luglio 1998 n. 24 e 38, comma 5, n.t.a. del PTPR; c) non sono state chiarite l’interferenza dell’area con la strada di Passo di Pontecorvo e la titolarità delle aree interessate dall’intervento, come evidenziato dal Comune di Roccasecca con le note prot. n. 12942 del 14 ottobre 2019 e n. 13262 del 18 ottobre 2019”;
f) la Regione Lazio ha concluso il procedimento adottando la determinazione dirigenziale n. G16506 del 2 dicembre 2019, nella quale ha espresso giudizio di compatibilità ambientale in ordine al progetto di ampliamento della discarica in esame, indicando anche le condizioni e prescrizioni da recepire nei successivi provvedimenti di autorizzazione, e sottolineando comunque la necessità, per la società proponente, di acquisire gli eventuali ulteriori pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari per la realizzazione dell’opera (salvo realizzare, sull’area dove è stata limitata la realizzazione del bacino V°, opere ed interventi autorizzati con decreti e ordinanze commissariali precedenti all’adozione del PTPR);
g) il comune di Roccasecca ha impugnato la determina di VIA del 2 dicembre 2019 innanzi al T.A.R. per il Lazio, sede Latina, che, con la sentenza n. 202/2020 ha accolto il ricorso ritenendo fondata la contestazione del Comune ricorrente relativamente alla conferenza di servizi, che - a fronte dell’esplicito dissenso espresso dal MIBACT per specifiche ragioni di tutela paesaggistica-, non ha rimesso la questione al Consiglio dei Ministri;
h) in ottemperanza alla suindicata sentenza, con nota prot. 533210 del 18 giugno 2020 è stata inoltrata la richiesta al Consiglio dei Ministri di esprimersi sulla questione paesaggistica, ai sensi dell’art. 14 quater, comma 3, della legge n. 241/1990;
i) il Consiglio dei Ministri, in data 18 ottobre 2020, con propria deliberazione ha stabilito “di superare il dissenso espresso dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo nel procedimento di Valutazione di impatto ambientale del progetto di ampliamento della discarica di rifiuti non pericolosi (V bacino) situato in località Cerreto nel Comune di Roccasecca, nel perimetro dell’area oggetto dell’osservazione “012060060 S | 0001 0l 02 P", con il rispetto di tutte le prescrizioni impartite in esito al procedimento di VIA condotto dalla Regione Lazio e analiticamente riportate nella determinazione della Regione Lazio n. G16506 del 2 dicembre 2019”;
j) con determinazione n. G13018 del 5 novembre 2020, la Regione ha rilasciato nuovamente la VIA in relazione al progetto in esame e ha comunicato la ripresa del procedimento di A.I.A. nel frattempo sospeso a seguito della pubblicazione della predetta sentenza n. 202/2020;
l) con determinazione n. G14500 del 2 dicembre 2020 la Regione Lazio ha concluso in senso favorevole alla appellata il procedimento di autorizzazione integrata ambientale ai sensi degli art. 29 ter e seguenti del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. e art. 14 ter della legge n. 241/1990;
m) il Comune di Roccasecca ha impugnato le determinazioni sopra indicate davanti al T.a.r. per il Lazio, che con la sentenza appellata ha dichiarato in parte inammissibile il ricorso (quanto al primo e al secondo motivo) e lo ha rigettato quanto ai restanti motivi, compensando le spese del giudizio.
3. Il Comune di Roccasecca ha proposto il presente ricorso in appello deducendo i seguenti motivi:
A.1. - ERROR IN JUDICANDO NELLA DELIBAZIONE SFAVOREVOLE DEI MOTIVI DEL RICORSO INTRODUTTIVO DI PRIMO GRADO.
A.1. – Error in judicando per violazione e/o elusione della sentenza n. 202/2020 del TAR Lazio, sede di Latina, nonché del combinato disposto di cui agli artt. 21-septies e 21-octies, l. n. 241/1990 e del principio di insanabilità del provvedimento amministrativo nullo.
Il T.a.r. per il Lazio, sede di Latina, con la sentenza n. 202 del 2020, aveva accolto il ricorso proposto dal medesimo Comune avverso il precedente provvedimento di V.I.A. del 2.12.2019, relativo sempre all’ampliamento della stessa discarica attraverso la realizzazione del V bacino, nonché avverso tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e conseguenziali, dichiarandone la nullità per difetto assoluto di attribuzione.
Con il motivo del ricorso e dei motivi aggiunti proposti in primo grado, il Comune ha dedotto l’illegittimità dei provvedimenti delle Amministrazioni appellate con cui è stata nuovamente rilasciata la VIA alla controinteressata, a seguito della rimessione degli atti del procedimento al Consiglio dei Ministri, “con il rispetto di tutte le prescrizioni impartite in esito al procedimento di VIA condotto dalla Regione Lazio e analiticamente riportate nella determinazione della Regione Lazio n. 61506 del 2 dicembre 2019”.
Tali provvedimenti delle Pubbliche Amministrazioni si sarebbero risolti in una convalida a tutti gli effetti di atti ritenuti, invece, nulli dal T.A.R. per il Lazio, sede di Latina e, quindi, insanabili.
La statuizione del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma, sarebbe erronea poiché i provvedimenti impugnati e, in particolare, la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020 si sono in sostanza limitati a recepire integralmente tutte le prescrizioni di quelli precedenti, realizzando in tal modo a tutti gli effetti di una vera e propria “convalida” di atti dichiarati nulli dalla predetta sentenza del T.A.R., in violazione della disposizione dell’art. 21-nonies, comma 2, l. n. 241 del 1990.
A.2. – Error in judicando per violazione degli artt. 9, 117, secondo comma, lettera s), e 118 della Costituzione, nonché degli artt. 133, 135 comma 1, 143 comma 2, 145 commi 3 e 5, 156 comma 3 del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell’obbligo di leale collaborazione Stato-regioni.
Con il secondo motivo il Comune ha dedotto l’illegittimità del provvedimento di V.I.A. del 5 novembre 2020 (e degli atti ad esso presupposti e connessi) anche per una ragione assorbente.
Il Consiglio dei Ministri ha ritenuto di superare il dissenso espresso dal MIBAC sulla scorta del piano paesaggistico approvato il 5 agosto 2019 e successivamente pubblicato il 13 febbraio 2020, e ciò - in particolare - in virtù del nuovo regime vincolistico di minore tutela asseritamente impresso da tale piano sull’area in esame in accoglimento della osservazione della MAD s.r.l. relativa a quello adottato nel 2007.
Tuttavia, il Piano paesaggistico si è rivelato illegittimo come rilevato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 240/2020, che ne ha disposto l’annullamento all’esito del giudizio per conflitto di attribuzioni tra Enti promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso la Regione Lazio.
La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il predetto P.T.P.R. per violazione degli artt. 9, 117, secondo comma, lett. s) e 118 Cost., nonché delle norme interposte individuate negli artt. 133, 135, comma 1, 143, comma 2, 145, commi 3 e 5 e 156 del d.lgs. n. 42 del 2004, in quanto “approvato al di fuori dell’accordo con l’Amministrazione statale competente, in violazione del principio di co-pianificazione obbligatoria dei beni paesistici, previsto dalle citate norme interposte”, nonché per “violazione del principio di leale collaborazione”, avendo la Regione “disatteso «i
contenuti già da tempo condivisi con il MiBACT»”.
Di qui l’illegittimità in via derivata - per gli stessi vizi - anche del provvedimento di V.I.A. del 5 novembre 2020 e della presupposta delibera del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020, adottati sulla base del predetto P.T.P.R. e, in particolare, delle modifiche introdotte nella fase di approvazione di quest’ultimo.
Conseguentemente, le statuizioni del T.a.r. contenute nella sentenza impugnata sarebbero manifestamente erronee ponendosi in contrasto con i principi in tema di effetti delle pronunce di illegittimità costituzionale da essa richiamati in quanto l’efficacia ex tunc della predetta sentenza n. 240/2020 della Corte Costituzionale non troverebbe alcun limite di applicazione in provvedimenti consolidati o eseguiti in modo irreversibile.
Nel caso di specie, l’annullamento – da parte della richiamata pronuncia della Corte Costituzionale n. 240/2020 – del P.T.P.R. approvato ha privato ex tunc di base giuridica la V.I.A. del 5 novembre 2020 e la presupposta delibera del Consiglio dei Ministri impugnate in primo grado con il ricorso introduttivo, emanate sulla base dello stesso.
Si legge, inoltre, nella delibera del Consiglio dei Ministri: “la nuova classificazione dell’area di intervento quale ‘Paesaggio agrario di continuità’ – 13 ad opera del PTPR pubblicato in data 13 febbraio 2020 – consente di autorizzare la realizzazione del V bacino in un sito in cui sono già presenti altri bacini”.
Infatti, in sede di approvazione del Piano era stata recepita l’osservazione della MAD s.r.l. relativa all’area in questione, asseritamente idonea a superare l’originario divieto di ampliamento dell’impianto nell’ambito della stessa posto dal PTPR adottato.
Pe effetto della sentenza della Corte Costituzionale sarebbe venuta meno la base giuridica dei provvedimenti impugnati.
A.3. – Error in judicando per violazione e/o elusione della sentenza n. 202/2020 del TAR Lazio, sede di Latina, nonché per violazione del principio tempus regit actum.
Con questo motivo è riproposto il terzo motivo del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti di primo grado con il quale è stata dedotta, in via subordinata, l’illegittimità della predetta deliberazione del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020, che si riverbera immediatamente anche su tutti gli atti conseguenziali emanati dalla Regione, poiché il superamento del dissenso del MIBAC da parte della stessa è avvenuto sulla base di un piano (il P.T.P.R. approvato con delibera n. 5/2019 e pubblicato sul B.U.R.L. del 13 febbraio 2020) non applicabile al procedimento di VIA definito in attuazione di tale delibera, come espressamente statuito dalla sentenza n. 202/2020 del T.a.r. per il Lazio, sede di Latina, anche alla luce dell’apposita disciplina transitoria dettata dalla Regione stessa.
Con la sentenza impugnata il Giudice di prime cure ha rigettato il mezzo di gravame con la seguente motivazione: “che, nel caso di successione delle leggi nel tempo, a trovare applicazione debba essere la disciplina vigente al momento dell’adozione del provvedimento conclusivo, per l’esigenza di ordine imperativo di rispettare la diversa valutazione degli interessi pubblici espressa dallo ius superveniens”.
Tale statuizione non sarebbe condivisibile (oltre che per l’assorbente ragione indicata nel secondo motivo) anche per il fatto che – come sottolineato dalla sentenza del T.a.r. di Latina sopra indicata – la Regione Lazio, Direzione regionale per le politiche abitative e la pianificazione territoriale, paesistica e urbanistica, avrebbe chiarito, nella nota prot. n. 153503 del 20 febbraio 2020, che per le istanze di autorizzazione paesaggistica presentate prima della pubblicazione del PTPR approvato sul BUR n. 13 del 13 febbraio 2020, le disposizioni applicabili ai fini dei relativi procedimenti, indipendentemente dallo stato di definizione raggiunto, siano quelle contenute nei PTP e nel PTPR adottato, mentre la disciplina applicabile alle istanze presentate dal 14 febbraio 2020 in poi sia unicamente costituita dalle previsioni del PTPR approvato.
A.4. – Error in judicando per violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 14 - quinquies, commi 4 e 6, e ss., l. n. 241/1990 e s.m.i.
Con il quarto motivo viene riproposto il quarto motivo del ricorso di primo grado nonché dei motivi aggiunti, con il quale è stata dedotta l’illegittimità dei predetti provvedimenti di V.I.A. e del Consiglio dei Ministri per violazione dell’art. 14-quinquies, commi 4 e 6, e ss., l. n. 241 del 1990 e s.m.i., laddove impone il superamento del dissenso emerso in conferenza di servizi attraverso la ricerca dell’intesa tra le Amministrazioni dissenzienti con lo strumento della mediazione del Governo.
Nel caso di specie, dal provvedimento del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020 non emergerebbero elementi circa effettive iniziative assunte al fine di consentire il raggiungimento di tale intesa né volte ad operare un’adeguata composizione dei contrapposti interessi pubblici, ma vi sarebbe stata soltanto una pedissequa adesione all’unilaterale prospettazione della Regione, a discapito della tutela del paesaggio.
La motivazione, sul punto in esame, recata dalla sentenza impugnata sarebbe palesemente erronea poiché non terrebbe conto degli elementi sostanziali prospettati a sostegno della censura di primo grado, limitandosi semplicemente a prendere atto della dialettica intervenuta tra le varie Autorità in sede di conferenza di servizi e ribadendo l’ovvia titolarità del potere del Consiglio dei Ministri di dirimere il contrasto registrato.
A.5. – Error in judicando per violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 14-ter, comma 6-bis, l. n. 241/1990.
Con il quinto motivo del ricorso introduttivo di primo grado, reiterata con i motivi aggiunti in relazione al provvedimento di A.I.A., il Comune ha dedotto l’illegittimità della determinazione di V.I.A. del 5 novembre 2020 anche perché in tale procedimento nessun Ente si era espresso in senso effettivamente favorevole nei confronti del progetto di ampliamento dell’impianto presentato dalla controinteressata MAD s.r.l. sicché si sarebbe realizzata la violazione dell’art. 14-ter, comma 6-bis cit., l. n. 241 del 1990.
Non si sarebbe pertanto registrata una situazione di prevalenza di posizioni a favore del progetto in esame, come si desumerebbe dalle note delle varie Amministrazioni ivi richiamate.
A.6. – Error in judicando per violazione degli artt. 23 e ss., d.lgs. n. 152 del 2006, nonché dell’art. 14-bis, comma 3, l. n. 241 del 1990 e dell’art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000.
La sentenza di primo grado sarebbe erronea anche nella parte in cui ha ritenuto che le stesse argomentazioni poste a fondamento della statuizione di rigetto del precedente mezzo di gravame di primo grado potessero valere anche “per rigettare gli ultimi due motivi di ricorso”, che pertanto sono stati assorbiti.
Con il primo di tali motivi – che l’appellante ripropone in appello – è stata sollevata la censura di difetto di istruttoria della VIA, che sarebbe carente di una serie di elementi progettuali, rilevanti sotto il profilo della localizzazione e della compatibilità paesaggistica dell’impianto, non evincibili da provvedimenti successivi e in particolare dall’AIA.
In secondo luogo, con il settimo motivo del ricorso introduttivo di primo grado, reiterato anche con i motivi aggiunti, il Comune ha dedotto che il provvedimento di VIA, al pari della presupposta delibera del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020 e di quello conseguente di A.I.A., è stato emanato, fra l’altro, sul presupposto, dichiarato dalla controinteressata nella propria istanza, per cui “l’area dell’autorizzazione integrata ambientale già racchiude al suo interno la strada suddetta” (ossia, quella di Passo Pontecorvo), circostanza smentita dal Tribunale di Roma, II^ Sezione civile, con ordinanza dell’8 settembre 2020 (doc. 1, foliario appellante del 23 febbraio 2024).
Il provvedimento sarebbe anche contraddittorio laddove vi si afferma che “qualunque difformità o dichiarazione mendace su tutto quanto esposto e dichiarato negli elaborati tecnici agli atti, inficiano la validità della presente istruttoria”.
B. – ERROR IN PROCEDENDO PER OMESSA DELIBAZIONE DEI MOTIVI AGGIUNTI PROPOSTI IN PRIMO GRADO.
Il ricorrente ha dedotto in primo grado motivi autonomi avverso il provvedimento di AIA (e avverso gli ulteriori atti connessi) che non stati delibati dal primo giudice e che pertanto sono riproposti in appello.
B.1. – Violazione e/o elusione della sentenza n. 240/2020 della Corte Costituzionale. Violazione delle n.t.a. del PTPR della Regione Lazio adottato nel 2007. Violazione degli artt. 29 bis e ss., d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. Violazione degli artt. 134, lett. b) e 142, lett. g) del d.lgs. n. 42/204, nonché dell’art. 21, l. r. n. 24/1998. Eccesso di potere per palese contraddittorietà, difetto di istruttoria ed erronea presupposizione.
Alla luce della sentenza n. 240 del 17 novembre 2020 pronuncia della Consulta, non poteva essere rilasciato il provvedimento di AIA.
La Corte Costituzionale, con la predetta pronuncia, ha annullato il PTPR approvato il 5 agosto 2019 dalla Regione Lazio (pubblicato sul B.U.R.L. in data 13 febbraio 2020), sulla base del quale è stata emanata sia l’AIA, sia - ancor prima - la V.I.A. del 5 novembre 2020 e la delibera del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020.
Per effetto dell’annullamento di quest’ultimo, come chiarito anche dalla stessa Regione con la richiamata direttiva del 3 dicembre 2020, rivivrebbero tutte le disposizioni del PTPR adottato nel 2007, comprese quelle relative ai “beni identitari” tra cui ricade l’area interessata dall’intervento in questione.
Tali disposizioni avrebbero una portata inderogabilmente preclusiva della realizzazione di progetti di ampliamento di discariche e di realizzazione di nuovi impianti, fattispecie in cui ricadrebbe quella in esame.
B.2. – Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione degli artt. 29 bis e ss., d.lgs. n. 152 del 2006. Violazione degli artt. 134, lett. b) e 142, lett. g) del d.lgs. n. 42 del 2004, nonché dell’art. 21, l. r. n. 24 del 1998. Violazione dell’art. 3, l. n. 241 del 1990.
La determinazione di AIA, unitamente agli atti connessi, gravati in primo grado con i motivi aggiunti, sarebbero affetti, inoltre, da eccesso di potere per palese contraddittorietà, carenza di istruttoria ed erronea presupposizione.
Sarebbero infatti carenti della certificazione delle aree boscate, ritenuta indispensabile dalla Direzione urbanistica e paesaggistica della stessa Regione Lazio.
B.3. – Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione degli artt. 29 bis e ss., d.lgs. n. 152 del 2006. Violazione dell’art. 14-ter, comma 6-bis, l. n. 241 del 1990.
Il provvedimento di AIA sarebbe stato emanato senza che gli Enti e le Amministrazioni preposte (MIBAC, Regione, Provincia, Comune, ARPA) abbiano dato parere favorevole sul progetto.
4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della cultura, l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, il Ministero della transizione ecologica si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.
5. La Regione Lazio si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
6. La controinteressata MAD s.r.l. si è costituita in giudizio e ha chiesto inoltre che l’appello sia respinto.
Con memoria depositata il 4 marzo 2024 la stessa ditta ha eccepito l’inammissibilità del deposito dell’ordinanza del Tribunale cautelare del Tribunale civile di Roma dell’8 settembre 2020 per violazione dell’art. 104 comma 2 c.p.a.
7. Le parti hanno depositato memorie e memorie di replica in vista della pubblica udienza.
8. All’udienza del 4 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. L’appello è infondato.
10. Con un primo motivo l’appellante si duole per la elusione della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Latina n. 202 del 2020, che ha dichiarato nullo il primo provvedimento di VIA, rendendo, in tesi, nulli tutti gli atti del procedimento.
Invero, il T.a.r. ha ritenuto il ricorso fondato sotto l’assorbente profilo di impugnazione di ordine procedimentale costituito dalla violazione degli artt. 14-bis, comma 3-bis, 14-quater, comma 3, 14-quinquies, l. n. 241 cit., 7, d.lgs. n. 127 cit., 23 e ss., d.lgs. n. 152 cit., oltre a eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà con atti amministrativi connessi poiché la Regione Lazio, a fronte dell’esplicito dissenso espresso dal MiBACT per specifiche ragioni di tutela paesaggistica, avrebbe dovuto rimettere la questione al Consiglio dei Ministri, come prescritto dalla normativa primaria sullo svolgimento della conferenza di servizi applicabile ratione temporis.
Conseguentemente, in esecuzione della sentenza del T.a.r. di Latina, la Regione Lazio ha rimesso la decisione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e soltanto successivamente alla deliberazione della Presidenza del Consiglio, ha adottato il nuovo provvedimento di VIA.
Pertanto, la Regione Lazio ha sanato il vizio procedimentale attenendosi all’effetto conformativo della sentenza del T.a.r., che non ha travolto l’intero procedimento ma solo l’atto finale; in tal modo, la Regione ha riavviato il procedimento che si è concluso con la deliberazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
D’altro canto, non costituisce un vizio della deliberazione della Presidenza aver fatto proprio il contenuto di un atto assunto da un’altra Amministrazione (id est la Regione Lazio) e dirimere in tal modo il dissenso tra MIBAC e Regione Lazio, poiché è stata effettuata una ponderazione degli interessi, aderendo alla posizione regionale nell’ottica della garanzia del corretto sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti.
Sotto questo profilo, la deliberazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri può definirsi un atto di “alta amministrazione”, privo dei vizi rilevati dall’appellante con il primo motivo.
11. Con il secondo motivo l’appellante si duole perché la deliberazione del Consiglio dei Ministri non avrebbe considerato la portata della sentenza n. 240 del 2020 emanata dalla Corte costituzionale, resa in sede di conflitto di attribuzione, che ha annullato il Piano territoriale paesistico regionale approvato il 5 agosto 2019 e pubblicato i 13 febbraio 2020, sicché, secondo la tesi comunale, sarebbero illegittimi sia la deliberazione del 18 ottobre 2020 del Consiglio dei Ministri sia le determinazioni regionali di VIA e di AIA.
11.1. Il motivo è infondato.
Il giudice di primo grado ha rilevato che la sentenza della Consulta non travolge la deliberazione del Consiglio dei Ministri poiché ai sensi dell’art. 136 della Costituzione e dell’art. 30 della l. n. 87 dell’11 marzo 1953, la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma determina la cessazione della sua efficacia erga omnes e impedisce, dopo la sua pubblicazione, che essa possa essere applicata ai rapporti giuridici in relazione ai quali risulta rilevante.
Nella sentenza impugnata si rileva come vi sia tuttavia il limite previsto dalle conseguenze generali dell’abrogazione, che è costituito dai rapporti giuridici consolidati o esauriti, in omaggio al principio di certezza del diritto.
Nel caso in questione il provvedimento è stato adottato a seguito della Conferenza di servizi del 5 novembre 2020 mentre la sentenza della Corte Costituzionale è stata depositata il 17 novembre 2020.
La suddetta motivazione di rigetto della censura deve essere integrata nel senso di seguito indicato.
In primo luogo, deve rilevarsi come l’annullamento da parte della Corte costituzionale della deliberazione regionale relativa al piano paesaggistico non produce effetti caducanti sugli atti impugnati in questa sede ma eventualmente effetti vizianti. Ciò implica che è onere della parte dimostrare la incidenza invalidante dell’annullamento della suddetta deliberazione sugli atti oggetto di diretta impugnazione. Nel caso di specie tale prova non è stata data, essendosi l’appellante limitata a generiche prospettazioni di invalidità derivata e successiva, facendo riferimento al fatto che sarebbe “venuta meno la base giuridica dei provvedimenti impugnati” (cfr. pag. 13 atto di appello).
In secondo luogo, deve rilevarsi, con argomentazione connessa alla prima, che la mancanza di presupposizione invalidante tra gli atti risulta dallo stesso contenuto della deliberazione impugnata della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale non ha risolto il contrasto tra Regione e Ministero per i beni e le attività culturali in ragione di quanto prescritto dal piano territoriale paesaggistico successivamente dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale. Nel provvedimento censurato, infatti, viene svolta una valutazione comparativa dei contrapposti interessi in gioco: da una parte, l’interesse paesaggistico, dall’altra parte, l’interesse alla tutela sanitaria, ritenendo quest’ultimo prevalente. Del resto, nella deliberazione si dà atto che era stato proposto ricorso per conflitto di attribuzione e che il giudizio era in corso e, nondimeno, la Presidenza del Consiglio ha ritenuto di potere ugualmente decidere sull’implicito presupposto dell’irrilevanza dell’esito del giudizio costituzionale ai fini della risoluzione del dissenso tra Ministero e Regione.
Pertanto, il provvedimento amministrativo impugnato è stato adottato in relazione ad una normativa che era ancora valida e applicabile al caso in esame, come ha correttamente affermato la sentenza di primo grado.
Peraltro, la deliberazione del Consiglio dei Ministri nel ritenere prevalente l’interesse pubblico allo smaltimento dei rifiuti, ha fatto riferimento alle osservazioni contenute nella determinazione regionale n. G16506 del 2 dicembre 2019.
12. Con il terzo motivo è dedotta l’illegittimità della deliberazione del Consiglio dei Ministri del 18 ottobre 2020, che si riverbererebbe immediatamente anche su tutti gli atti conseguenziali emanati dalla Regione, poiché il superamento del dissenso del MIBAC da parte della stessa è avvenuto sulla base di un piano (il P.T.P.R. approvato con delibera n. 5/2019 e pubblicato sul B.U.R.L. del 13 febbraio 2020) non applicabile al procedimento di VIA definito in attuazione di tale delibera, come espressamente statuito dalla sentenza n. 202/2020 del T.a.r. per il Lazio, sede di Latina, anche alla luce dell’apposita disciplina transitoria dettata dalla Regione stessa.
Sarebbe stata elusa anche sotto questo profilo la sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Latina laddove questa ha affermato che “l’unico quadro fattuale e giuridico all’interno del quale può essere definita la valutazione di compatibilità paesaggistica dell’istanza di MAD s.r.l. è quello costituito dal PTP e dal PTPR adottato”.
L’appellante ne deduce la violazione del principio tempus regit actum che avrebbe effetti anche sul provvedimento finale adottato dalla Regione Lazio.
12.1. Il motivo è infondato.
Si osserva che il motivo è strettamente connesso sotto il profilo logico- giuridico a quello precedente. Nel caso in esame, come già rilevato, trova applicazione la disciplina vigente al momento dell’adozione del provvedimento conclusivo e quindi il nuovo PTPR che, al punto 4.8., consente interventi inerenti discariche, impianti di stoccaggio, impianti per il recupero, impianti per il trattamento o lo smaltimento dei rifiuti, come disciplinati dal d.lgs. n. 36 del 2003 e dal d.lgs. n. 152 del 2006. In ogni caso, come già rilevato, anche a prescindere dall’applicazione del suddetto piano per la dichiarazione della illegittimità costituzionale dello stesso, valgono le considerazioni sopra svolte in ordine alla irrilevanza nel caso concreto della sentenza della Corte ai fini della determinazione del contenuto degli atti impugnati.
13. Con il quarto motivo è dedotta l’illegittimità dei predetti provvedimenti di V.I.A. e del Consiglio dei Ministri per violazione dell’art. 14-quinquies, commi 4 e 6, e ss., l. n. 241 del 1990 e s.m.i., laddove la disposizione impone il superamento del dissenso emerso in conferenza di servizi attraverso la ricerca dell’intesa tra le Amministrazioni dissenzienti mediante la mediazione del governo.
Nel provvedimento della Presidenza del Consiglio non vi sarebbe traccia delle iniziative volte a consentire il raggiungimento di un’intesa tra le Amministrazioni dissenzienti attraverso la mediazione del Governo o comunque di un’adeguata composizione degli interessi contrapposti.
13.1. Il motivo è infondato.
Risulta, in primo luogo, che sono state indette e svolte due riunioni presso il Dipartimento per il coordinamento amministrativo il 2 luglio 2020 e il 2 settembre 2020 con la partecipazione delle Amministrazioni presenti in Conferenza di servizi.
Risulta, altresì, che il MIBAC, nella seconda riunione, ha confermato la posizione espressa nei pareri resi dalla Soprintendenza competente nel corso della Conferenza di servizi e, a seguito della esplicita richiesta della Presidenza del Consiglio, ha confermato che non sussisteva la possibilità di un’intesa con la Regione e che la questione doveva necessariamente essere sottoposta alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Anche la Regione Lazio ha confermato il proprio orientamento, osservando che rispetto al primo progetto presentato dalla controinteressata vi è stato un ridimensionamento anche in relazione alle osservazioni presentate da altri enti partecipanti al procedimento.
Dunque, è stato necessario rimettere la decisione alla Presidenza del Consiglio che è l’organo ex lege deputato a effettuare l’operazione di mediazione degli interessi contrapposti ed eventualmente a scegliere quelli prevalenti con un atto che è di alta amministrazione.
Inoltre, dai verbali della Conferenza si rileva che tutte le amministrazioni pubbliche sono state chiamate a un confronto e a trovare un punto di equilibrio tra gli opposti interessi, la mediazione dei quali è stata, per l’appunto, trovata nella sede propria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
14. Con il quinto motivo l’appellante si duole per il fatto che i vari soggetti pubblici che hanno partecipato al procedimento non avrebbero espresso una posizione prevalentemente favorevole al progetto presentato dalla MAD s.r.l. sicché si sarebbe realizzata la violazione dell’art. 14-ter, comma 6-bis cit., l. n. 241 del 1990.
14.1. Il motivo è infondato.
Il procedimento in esame si è svolto – per quanto concerne il tratto procedimentale della VIA – ai sensi dell’art. 14 quater l. n. 241 del 1990 (non essendo ancora vigenti le disposizioni in materia di PAUR di cui all’art. 27 d.lgs. n. 152 del 2006) poiché non si è registrato l’accordo tra le Amministrazioni in sede di Conferenza di servizi e in particolare del MIBAC.
Pertanto, alla luce dell’art. 14 quater, il potere provvedimentale si è trasferito, in espressa attuazione di principi costituzionali e dell’art. 120 Cost. (che prevede, tra l’altro, l’intervento sostitutivo del Governo “quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica” della Repubblica) – in presenza del presupposto rappresentato dal “motivato dissenso”, alla istanza amministrativa massima della Repubblica nella sua unità, e cioè precisamente al Consiglio dei Ministri (cfr. sent. Cons. Stato, Sez. IV, 28 dicembre 2017, n. 2017).
Pertanto è nella sede della Presidenza del Consiglio che sono state valutate – anche attraverso le riunioni sopra richiamate – le diverse istanze e i diversificati interessi ed è stato composto il conflitto tra interesse paesaggistico e interesse alla gestione del ciclo dei rifiuti.
Il provvedimento di VIA che ne è conseguito ha registrato quanto è stato deliberato in Consiglio dei Ministri all’esito della consultazione con le Amministrazioni originariamente coinvolte in Conferenza di servizi.
Invero, si riconferma quanto affermato dall’orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, secondo cui “la funzione tipica della VIA sia quella di esprimere un giudizio sulla compatibilità di un progetto valutando il complessivo sacrificio imposto all’ambiente rispetto all’utilità socio-economica perseguita (Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 361; Id. 1 marzo 2019, n. 1423), che non è dunque espressione solo di discrezionalità tecnica, ma anche di scelte amministrative discrezionali, con la conseguenza della sottrazione di tali scelte al sindacato del Giudice amministrativo se non laddove ricorrano evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o errore di fatto. Il giudizio di compatibilità ambientale è reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione e attraversato da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’interesse dell’esecuzione dell’opera; apprezzamento che è sindacabile dal giudice amministrativo soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti perciò evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione, anche perché la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto tecnico di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio, in senso ampio, attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati (Cons. Stato Sez. IV, 10 febbraio 2017, n. 575)» (Cons. Stato, Sez. II, 6 aprile 2020, n. 2248)” (cfr. CGARS, sentenza n. 271/2021).
14.2. Per quanto riguarda il segmento procedimentale costituito dall’AIA, sono stati acquisiti i pareri della Provincia di Frosinone (favorevole con prescrizioni) e di ARPA Lazio (favorevole sul piano del monitoraggio e del controllo) con prescrizioni anch’esso; l’assenso degli altri soggetti pubblici (Asl, Autorità di bacino), a cui è stato richiesto il parere e che ciononostante non si sono espressi, si considera espresso per silentium ai sensi dell’art. 14 ter, comma 7, l. n. 241 del 1990.
15. Con il sesto motivo l’appellante deduce il difetto di istruttoria della VIA segnatamente in relazione a deficit progettuali relativi alla localizzazione dell’impianto e al fatto che l’area non racchiuderebbe al suo interno la strada di “Passo Pontecorvo”, contrariamente rispetto a quanto affermato dalla MAD s.r.l. nell’istanza.
15.1. Il motivo è infondato.
Dalla sopra richiamata natura del provvedimento di VIA la giurisprudenza amministrativa ne ha dedotto l’ampia ammissibilità di clausole prescrittive, che trova fondamento nell’ampia discrezionalità dei provvedimenti in tema di VIA (Cons. Stato, sez. IV, n. 1240 del 2018; sez. IV, n. 1392 del 2017; sez. V, n. 263 del 2015) e, in particolare, un progetto che ricomprende vasta parte del territorio comunale non può che comportare la sua sottoposizione ad una serie ampia di prescrizioni a tutela di tutti quei beni che possono essere incisi dalla sua realizzazione (Cons. Stato, sez. IV, n. 6862 del 2020; sez. VI, n. 1 del 2004).
15.1. In punto di fatto, in relazione alla strada vicinale che sarebbe ricompresa nell’area della discarica oggetto di precedenti AIA, il provvedimento di VIA ha legittimamente – per quanto sopra argomentato in tema di apposizione di prescrizioni – rimodulato il progetto del Bacino V in modo da evitare interferenze con il sedime cartografico della presunta strada sicché, per ragioni di economia processuale, neanche è da delibare l’eccezione sollevata in memoria dalla MAD s.r.l. relativa all’inammissibilità del doc. n. 1, dell’appellante depositato il 23 febbraio 2024.
16. Con gli ultimi due motivi, che la sentenza impugnata ha dichiarato assorbiti, l’appellante ha riproposto la censura relativa al fatto che non sarebbe stata acquisita la certificazione per le aree boscate quale elemento indefettibile ai fini della verifica della compatibilità paesaggistica del V bacino rispetto alle N.T.A. del PTPR ai sensi del combinato disposto degli artt. 134, lett. b) e 142 ett. G) del d.lgs. n. 42 del 2004 per i territori coperti da boschi.
Inoltre, si deduce il difetto di motivazione poiché il provvedimento di AIA non avrebbe motivato in relazione alle plurime criticità rilevate dall’ARPA con note del 27 febbraio 2020 e del 28 febbraio 2020 nonché nella seduta della Conferenza di servizi del 23 novembre 2020.
16.1. Le censure sono infondate.
In linea generale, si osserva che il sito dell’impianto è stato individuato e realizzato a mezzo di disposizioni (ordinanze e decreti) del Commissario Straordinario, nominato con Ordinanza della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio fin dall’ordinanza n. 2/2002, che hanno definito il perimetro dell’impianto.
Superata la gestione commissariale tra il 2007 e il 2008, sono state rilasciate ulteriori autorizzazioni in via ordinaria, per il tramite di conferenze di servizi, svolte ai sensi della legge n. 241 del 1990, a cui ha partecipato anche il Comune di Roccasecca.
Pertanto, l’area, almeno sin dal 2008, è stata destinata all’impianto in questione in via ordinaria.
16.2. Per quanto concerne la certificazione relativa alle aree boscate, non risulta che sia stata oggetto delle richieste del Comune di Roccasecca contenute nella nota del 23 novembre 2020 o che la questione sia stata oggetto della Conferenza di servizi, sicché essendo già presente da molti anni nell’area l’attività, deve ritenersi l’assenza di certificazione non possa inficiare l’intero procedimento.
Analogo ragionamento è da farsi per le ulteriori carenze che secondo l’appellante non sarebbero state oggetto di motivazione specifica in ambito di AIA.
17.Conclusivamente, l’appello per le suindicate motivazioni, deve essere respinto.
18. La complessità delle questioni esaminate giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello r.g.n. 8698/20223, lo respinge.
Compensa le spese di giudizio tra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2024 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere, Estensore
Luigi Furno, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere