Prime considerazioni in merito alla nuova Parte VI-bis, D.L.vo n. 152/2006
di Stefano MAGLIA
La nuova Parte VI-bis, D.L.vo n. 152/2006, introdotta dalla L. 22 maggio 2015, n 681, reca la “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”.
Tale Parte VI-bis si compone di sette articoli (artt. 318-bis-318-octies), recanti una specifica procedura di estinzione agevolata di taluni reati ambientali, avente ad oggetto in particolare le ipotesi contravvenzionali previste dal D.L.vo n. 152/2006, che “non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”. Sostanzialmente si tratta, dunque, di tutte le numerose contravvenzioni di natura formale contenute nel T.U.A.2.
In primo luogo, relativamente alle norme sopra richiamate si registrano alcuni contributi dottrinali, fra i quali si segnala in particolare la Relazione n. III/04/2015 della Corte di Cassazione (Ufficio del Massimario, Sez. Penale)3, con cui si evidenzia innanzitutto che le nuove disposizioni replicano il meccanismo di estinzione degli illeciti mediante adempimento delle prescrizioni impartire e pagamento di somma determinata a titolo di sanzione pecuniaria, contenuto nel D.L.vo 19 dicembre 1994, n. 7584 in tema di disciplina sanzionatoria del lavoro. La medesima Relazione mette in luce che potrebbero sorgere dubbi interpretativi legati al fatto che “la norma [art. 318-bis, comma 1] fa menzione solo delle “ipotesi contravvenzionali”, sebbene nella intitolazione della nuova parte sesta-bis si parli anche di illeciti amministrativi; inoltre, si tratterà di verificare la possibile estensione della disciplina estintiva a contravvenzioni non contemplate nel codice dell’ambiente, ma ricomprensibili nella “materia ambientale””.
I principali dubbi interpretativi che emergono dalla lettura delle norme in esame possono essere sintetizzati come segue:
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obbligatorietà o meno per gli organi competenti di procedere alla prescrizione ai sensi dell’art. 318-ter, D.L.vo n. 152/2006?
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quale corretta individuazione degli organi deputati ad impartire la prescrizione al contravventore?
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esiste una sorta di “diritto di interazione” in capo a colui riceve la prescrizione ai sensi dell’art. 318-ter?
Con riferimento al primo punto, occorre premettere che l’art. 55, c.p.p. prescrive che “La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria”. Le funzioni di P.G. sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria, come identificati dal successivo art. 57.
Potrebbero sorgere dubbi circa l’obbligatorietà o meno, per gli organi di vigilanza e per la polizia giudiziaria, di procedere all’impartizione della prescrizione ai sensi del comma 1, art. 318-ter, D.L.vo n. 152/2006: l’opinione di taluni5 è che tale procedura - così come accade per le violazioni in materia antinfortunistica - non sia obbligatoria, in quanto in nessuno dei nuovi articoli è prevista tale indicazione. Tutt’al più, si potrà configurare un vero e proprio “obbligo” solo qualora il P.M. ne faccia espressa richiesta agli organi competenti. A parere di chi scrive, invece, a partire dalla formulazione letterale della norma (si pensi, ad esempio, al verbo “impartisce”, utilizzato al tempo indicativo nel comma 1 dell’art. 318-ter), si possa ricavare l’obbligatorietà dell’applicazione dello strumento in commento. A ciò si aggiunga che, qualora si dovesse opinare diversamente, si potrebbero creare situazioni di disparità di trattamento, ad esempio a fronte di due identiche contravvenzioni comminate nei confronti di soggetti diversi, per le quali solo in un caso è stata avviata la procedura.
Sul punto, è stato correttamente osservato che i nuovi adempimenti ex Parte VI-bis sono “obbligatori per tutti, essendo previsto che “Con la prescrizione l’organo accertatore può imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose””6. Ciò significa che “dopo avere accertato il reato contravvenzionale e verificato che non sia stato cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno all’ambiente, l’organo di vigilanza, che riveste la qualifica di P.G. e che ha accertato il reato, deve dare le prescrizioni, stabilire il tempo entro cui provvedere, far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose e finalmente dare la comunicazione di reato all’A.G.”.
A conforto di tale tesi si segnala, peraltro, che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, con Circolare n. 09/2015 del 4 giugno 20157, ha evidenziato che, avendo riguardo alla finalità delle norme in parola, “la procedura è da attivare senz’altro laddove l’illecito come accertato possa essere rimosso negli effetti, attraverso la regolarizzazione imposta al trasgressore [articolo 318-ter, comma 1]. In altri e decisivi termini, la procedura prescrizionale dovrà essere seguita allorquando il comportamento fattivo del trasgressore consenta la rimessa in pristino dello stato originario dei luoghi”. Sempre con riferimento a tale Circolare non si comprende invece come, a fronte di reati formali, quali sono le “ipotesi contravvenzionali in materia ambientale” costituenti l’ambito applicativo della Parte VI-bis (si pensi, ad esempio, alla fattispecie costituita dallo svolgimento di un’attività di gestione di rifiuti non autorizzata), sia configurabile una “rimessa in pristino dello stato originario dei luoghi”: ciò a maggior ragione alla luce del fatto che, per quanto attiene la materia ambientale, la rimessione in pristino è da declinarsi come ripristino dello stato dei luoghi.
In merito, si riporta la posizione della Polizia Municipale di Torino, che con propria Circolare n. 63/20158 ha rilevato che “Le disposizioni introdotte, rubricate dall’articolo 318 bis all’articolo 318 octies sono ... cogenti per la polizia giudiziaria (ma anche per l’organo di vigilanza, in senso lato, nell’esercizio di funzioni di p.g. ex art. 55 del codice di rito) allorquando accerti una delle ipotesi di reato in questione, poiché, allo scopo di eliminare la contravvenzione, la stessa impartisce al contravventore una apposita prescrizione “... asseverata tecnicamente ...”, altresì “... fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo tecnicamente necessario...”, eventualmente e motivatamente prorogabile”.
Sul punto è stato altresì evidenziato che, a prescindere dall’obbligatorietà o meno della prescrizione ex art. 318-ter, “l’attivazione della procedura di estinzione non sottrae l’organo accertatore dall’obbligo di riferire la notizia di reato, ai sensi dell’articolo 347 cod. proc. pen., al pubblico ministero (art. 318-ter, comma 4), che può comunque svolgere atti urgenti di indagine e assumere probe mediante incidente probatorio (art. 318-sexies, comma 3)”9.
Ancora, a tal proposito è stato rilevato che “il termine organo di vigilanza, utilizzato al comma 1, viene sostituito in l’organo accertatore, facendo quindi rafforzare l’idea che chi interviene ad accertare il reato debba poi procedere direttamente, senza possibilità di delega, ad assicurare gli adempimenti neo introdotti con la L. 68/2015 (prescrizioni, verifica adempimento)”10.
Ai fini di cui alla presente trattazione è altresì possibile, essendo le norme contenute nella nuova Parte IV-bis, D.L.vo n. 152/2006 ispirate all’analogo meccanismo previsto dal D.L.vo n. 758/1994 in tema di disciplina sanzionatoria del lavoro, operare un rimando all’elaborazione giurisprudenziale esistente sul punto. Ad esempio, con sentenza n. 5864 del 17 febbraio 2011 la Corte di Cassazione (Sez. III Penale) ha stabilito che quello contenuto negli artt. 19-24, D.L.vo n. 758/1994 costituisce un particolare procedimento ad opera dell’organo di vigilanza, quale attività di polizia giudiziaria, che precede quello penale ovvero si innesta in esso come una parentesi incidentale che ne comporta la sospensione: pertanto, “nel comunicare al pubblico ministero la notizia di reato, l’organo di vigilanza può - ma non deve – impartire al contravventore un’apposita prescrizione per eliminare l’infrazione accertata e, verificata la conformazione ad essa, ammette il contravventore all’oblazione in sede amministrativa ... Il fatto che l’organo di vigilanza non impartisca alcuna prescrizione di regolarizzazione, tuttavia, è un’ipotesi possibile e legittima e non condiziona affatto l’esercizio dell’azione penale”. Nello stesso solco s’inserisce la successiva sentenza n. 26758 del 12 luglio 2010 della medesima Sezione Penale della Suprema Corte, che conferma che “la prescrizione può – non necessariamente deve – essere impartita dall’organo di vigilanza il quale può determinarsi a non impartirne alcuna ... non c’è alcun “diritto” del contravventore a ricevere la prescrizione di regolarizzazione dell’organo di vigilanza ... Egli è comunque tenuto a “regolarizzare”, ossia a rispettare, le norme di prevenzione in materia di sicurezza e di igiene del lavoro – anche se alla prescrizione di legge non si aggiunga la prescrizione dell’obbligo di vigilanza di rispettarla adottando in particolare “specifiche misure”: ma in ogni caso egli, ove abbia “regolarizzato” adottando misure equiparabile a quelle che l’organo di vigilanza avrebbe potuto impartirgli con la prescrizione di regolarizzazione, può comunque chiedere al giudice di essere ammesso all’oblazione in misura ridotta”. Tuttavia, occorre segnalare la più recente sentenza n. 3694 del 9 marzo 2012, con cui le Sezioni Unite della Cassazione Civile hanno da ultimo stabilito che “In materia di sicurezza ed igiene del lavoro, la prescrizione di regolarizzazione impartita dall’organo di vigilanza ex art. 2011 del d.lgs. n. 758 del 1994 ... non è un provvedimento amministrativo, ma un atto tipico di polizia giudiziaria, non connotato da alcuna discrezionalità, neppure tecnica, ed emesso sotto la direzione funzionale dell’autorità giudiziaria ex art. 55 cod. proc. pen.”.
Per quanto attiene la seconda problematica, si segnala che, con la Circolare sopra citata, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento ha rilevato come la nuova procedura imponga, fra l’altro, un’attenta e puntuale attività di coordinamento, “che vede come snodo centrale la nostra Sezione di PG Ambiente, idonea ad assicurare il raccordo tra tutti i soggetti operanti nel settore. Sarà tale Sezione ad essere formalmente destinataria delle informative provenienti dagli organi di vigilanza”. In particolare, l’attività di segnalazione della prescrizione deve essere improntata, secondo la Procura di Trento, ai principi ed alla disciplina organizzativa contenuta nel citato D.L.vo n. 758/1994 in tema di prescrizioni in materia antinfortunistica. Sarà inoltre necessario individuare correttamente l’organo che provvede alle prescrizioni: a tal proposito, nella Circolare in esame si legge che “è estremamente improbabile che tale organo possa ravvisarsi in una delle nostre Sezioni, anche perché le prescrizioni devono comunque essere asseverate tecnicamente da ente specializzato in materia12”. Ancora, occorrerà che “quando una fattispecie contravvenzionale venga apprezzata d’iniziativa da una delle nostre Sezioni, questa si raccordi con gli organi di vigilanza operanti in materia o con la polizia giudiziaria specializzata”: il riferimento, in particolare, è al Corpo Forestale della Provincia e dello Stato, ai NOE dei Carabinieri, ad APPA, ecc.. Lato pratico, stante il fatto che le contravvenzioni possono essere accertate e le prescrizioni impartite da diversi soggetto, si pone la necessità di armonizzare le modalità di ricezione della notizia di reato. A tal fine, secondo la Procura di Trento tutte le prescrizioni dovranno essere veicolate presso la Sezione di P.G. della Procura della Repubblica, alla quale spetterà un compito di coordinamento e di rimessione al P.M. all’esito della procedura di regolarizzazione ovvero, in difetto, in caso di mancata regolarizzazione.
Sullo specifico tema della necessità che la prescrizione sia asseverata tecnicamente da parte dell’ente specializzato competente nella materia trattata (art. 318-ter, comma 1), la Circolare della Procura di Trento rileva che “quando a procedere è la polizia giudiziaria non specializzata, è necessario che questa si coordini con gli organi tecnici operanti in materia ovvero con altri organi di polizia giudiziaria “specializzata””. Ad ogni modo, tale asseverazione pare discendere dalla peculiarità della materia trattata, ossia quella ambientale (nel D.L.vo n. 758/1994 non vi è traccia di tale previsione). A tal proposito è stato osservato che “L’asseverazione tecnica ... nel caso in ispecie sembra evocare l’intervento dell’ARPA, piuttosto che dell’ISPRA, in forza dell’attribuzione di competenze in tal senso prevista ex artt. 2 e 1 del D.L. n. 496/1993”13. Ancora, nella già richiamata Circolare n. 63/2015 del Corpo di Polizia Municipale della Città di Torino si legge che nei casi di particolare complessità occorrerà richiedere “l’intervento di personale di altro ente specializzato e competente nella materia trattata (a titolo meramente esemplificativo: ASL, ARPA, VVF, altro), dunque dotato delle cognizioni tecniche necessarie all’asseverazione delle prescrizioni che saranno eventualmente imposte”.
Inoltre, è stato sottolineato che “in alcune Regioni, come la Lombardia, i tecnici dell’Arpa non hanno la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, sicché le procure della Repubblica, nell’impossibilità di affidare alcune tipologie di accertamenti direttamente all’Arpa, chiedono al nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di integrare e di supportare le attività dei funzionari tecnici. In conseguenza di ciò, gli ufficiali del Noe si trovano nella condizione di dovere accompagnare i funzionari Arpa, chiamati a effettuare accertamenti prettamente tecnici, con connesse attività proprie esclusivamente della polizia giudiziaria, al fine di validarli con la loro presenza, in funzione della loro qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, che - viceversa - i funzionari Arpa non possiedono”14.
Taluni Autori hanno altresì rilevato, in relazione alle problematiche che in concreto potranno derivare dall’applicazione delle nuove disposizioni di legge, che “ora si fonda tutto sulla inoffensività della condotta, valutata (caso per caso) dalla polizia giudiziaria che potrà impartire prescrizioni. Un enorme spazio di discrezionalità interpretativa dove la Pg non si pone più in una logica di dovuta continuità subordinata con il Pm, ma in una quasi illogica parità dove, tra inevitabili diversità di vedute, né l’ambiente né la disastrata produttività nazionale avranno benefici reali e tangibili”15. Il tema della discrezionalità, infatti, comporta una serie di interrogativi: ad esempio, cosa accadrà nei casi in cui non vi sarà accordo tra organo di vigilanza e Pubblico Ministero in merito alla esistenza o meno dei presupposti per l’applicazione del meccanismo di estinzione del reato con oblazione amministrativa?16 Si assiste, ad avviso di alcuni, ad un “un capovolgimento, mai visto prima, dei rapporti tra Magistratura e Polizia giudiziaria ... Non credo che sia mai capitato prima una cosa del genere ed è difficile immaginare che un P.M. debba dare avviso obbligatorio alla P.G. o meglio organo di vigilanza della notizia reato riguardante ad esempio una discarica abusiva ed aspettare da essa tutti gli adempimenti sopra descritti”17.
Infine, sul punto, è stato osservato che la mancata puntuale indicazione, ad esempio, delle sole ARPA quali soggetti deputati all’implementazione di tale procedura potrebbe essere una scelta non casuale da parte del legislatore: alla luce di ciò si potrebbe infatti sostenere il coinvolgimento – oltre alle Agenzie ambientali – di altri soggetti in possesso di competenze non strettamente inerenti la materia ambientale. Ciò si correlerebbe, peraltro, alla circostanza che - per espressa previsione di legge - gli artt. 318-bis e ss. sono applicabili alle sole contravvenzioni contenute nel D.L.vo n. 152/2006: si pensi, ad esempio, alle contravvenzioni in materia di scarichi (Parte III, D.L.vo n. 152/2006), per le quali l’ente competente ad applicare la procedura in commento potrebbe essere quello che ha rilasciato la relativa autorizzazione18.
In conclusione sul punto si riportano le condivisibili osservazioni di chi ha notato come le nuove norme impattino profondamente sul sistema dei controlli: in particolare, ad essere stravolta è “l’operatività degli organi di vigilanza, chiamati ad assumere un nuovo ruolo, innaturale rispetto alla genesi della P.G., con compiti che difficilmente potranno essere svolti senza creare ulteriori problematiche e il rischio che si infilino cavilli e sotterfugi capaci di creare zona franca dei soliti criminali che hanno sempre speculato grazie ad una normativa farraginosa e permissiva”, nonché “tutto l’impianto sanzionatorio e procedurale costruito intorno agli illeciti penali a carattere contravvenzionale contemplati nel Codice dell’Ambiente”19.
In merito si segnala infine, per completezza, che la Circolare del Ministero del Lavoro n. 25 del 27 febbraio 1996, esplicativa degli aspetti operativi del citato D.L.vo n. 758/1994, sull’individuazione dell’”organo di vigilanza” ha chiarito che debbono esservi ricompresi “altri organi ai quali in ambiti specifici, fonti diverse conferiscono il medesimo dovere di vigilare sull’osservanza di norme che, in via diretta o immediata sono comunque posti a salvaguardia della sicurezza del lavoro”.
Infine, per quanto attiene il terzo punto oggetto della presente disamina, in dottrina è stato rilevato che l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni è limitato ai “casi di minor rilievo, come le violazione meramente formali”20. Lo strumento fornito dalla parte VI-bis, D.L.vo n. 152/2006 si pone sostanzialmente come un’alternativa all’oblazione, più vantaggiosa per quanto riguarda gli importi da versare. Vi è chi, peraltro, ha segnalato che “indagando ... le ipotesi di contravvenzioni punite, secondo la distinzione di cui all’articolo 17, c.p., con l’arresto e/o l’ammenda, ci rendiamo immediatamente conto dell’ampia portata applicativa del nuovo sistema deflattivo introdotto dal legislatore, essendo nota la scelta punitiva di sanzionare quasi tutte le ipotesi di reati ambientali contenute nel TUA a titolo di contravvenzioni”21.
In particolare, è stato evidenziato da chi sostiene la non obbligatorietà dell’utilizzo di tale strumento da parte degli organi competenti, che anche qualora questi ultimi non abbiano dato corso alla procedura in esame l’interessato o il suo difensore potranno richiederne l’applicazione al P.M.22.
Vi è poi chi, alla luce dei principi alla base del meccanismo di estinzione del reato tramite il pagamento dell’oblazione amministrativa, ha concluso che “la prescrizione impartita dall’organo di vigilanza è un atto di polizia giudiziaria e non costituisce quindi, secondo la giurisprudenza, un provvedimento che possa essere impugnato al TAR. ... Ciò ha importanti conseguenze. In primo luogo, l’unica sede idonea per contestare nel merito la fondatezza o ragionevolezza del contenuto della prescrizione sarà il processo penale. L’imprenditore che considera illegittima la prescrizione, e che pertanto non ritiene di adempiervi, può soltanto sostenere le proprie ragioni davanti al giudice penale, il quale naturalmente ha sempre il potere di disapplicare la prescrizione se la considera illegittima. In secondo luogo, e conseguentemente, al momento della visita dell’organo di vigilanza l’imprenditore ha un preciso interesse a cercare di discutere da subito con gli ispettori il contenuto di eventuali prescrizioni. E ciò al preciso fine di evitare di trovarsi costretto ad affrontare un procedimento penale per poter contestare il contenuto di prescrizioni considerate illegittime o irragionevoli”23.
La succitata Circolare del Ministero del Lavoro n. 25 del 27 febbraio 1996, esplicativa degli aspetti operativi del D.L.vo n. 758/1994, sul punto rileva che eventuali doglianze contro la prescrizione, essendo la stessa emessa dall’organo di vigilanza nell’esercizio non già di funzioni amministrative, bensì nell’esplicazione di funzioni di polizia giudiziaria, “non possono che essere sottoposte al pubblico ministero, nella sua qualità di autorità alla cui direzione e vigilanza è ricondotta ad unità tutta l’attività di polizia giudiziaria”.
1 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2015 ed in vigore dal 29 maggio 2015.
2 Per approfondimenti sul tema cfr. MAGLIA S., POSTIGLIONE A., “Diritto e gestione dell’ambiente”, Irnerio Editore, 2013, pag. 55. In merito v. anche la recente sentenza Cass. Pen., Sez. III, n. 1786 del 17 gennaio 2014, secondo cui “L’art. 256, c. 4 integra un’ipotesi di reato formale, la cui configurabilità è ipotizzabile sulla base della semplice effettuazione di una delle attività soggette a titolo abilitativo senza osservarne le prescrizioni. La natura di reato di mera condotta fa sì che, per l’integrazione della fattispecie, non assume rilievo l’idoneità della condotta medesima a recare concreto pregiudizio al bene finale, atteso che il bene protetto è anche quello strumentale del controllo amministrativo da parte della pubblica amministrazione”, nonché Cass. III Pen. n. 20277 del 21 maggio 2008: “l’art. 256, c. 4, D.Lgs. 152/06 costituisce una tipica norma penale in bianco, il cui contenuto è delimitato dalla prescrizioni delle autorizzazioni in relazione alla finalità delle stesse e rappresenta un esempio della cd. “amministrativazione del diritto penale”, cioè dell’apprestamento di una sanzione penale per la violazione di disposizioni e precetti o prescrizioni amministrative di particolare rilevanza. Si tratta di un reato di pericolo che si verifica con la semplice inosservanza di una prescrizione prevista nell’autorizzazione, sia che la prescrizione discenda da previsioni legislative recepite nell’autorizzazione, che da prescrizioni integrative inserite dall’ autorità amministrativa”.
4 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 21 del 26 gennaio 1995 – S.O. n. 9 ed in vigore dal 26 aprile 1995.
5 RAMACCI L., atti del corso “Ecoreati – La riforma dei delitti ambientali (L. n. 68/2015): analisi operativa”, Roma, 26 giugno 2015.
6 AIELLO G., “L’altra faccia della Legge n. 68/2015 sugli Ecoreati: il disastro dell’eliminazione delle contravvenzionali in materia ambientale almeno l’80 % dei reati contravvenzionali buttati nella spazzatura”, in www.lexambiente.it.
9 RAMACCI L., “Prime osservazioni sull’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale e le altre disposizioni della legge 22 maggio 2015, n. 68”, in www.lexambiente.it.
10 AIELLO G., op. cit..
11 Rubricato “Prescrizione”.
12 Sul tema della prescrizione asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata, la Circolare rileva che “quando a procedere è la polizia giudiziaria non specializzata, è necessario che questa si coordini con gli organi tecnici operanti in materia ovvero con altri organi di polizia giudiziaria “specializzata””.
13 FABRIZIO M., “Legge n. 68/2015 sugli Ecoreati: dopo il bastone la carota della prescrizione estintiva”, in http://www.studiolegalefabrizio.it.
14 CASTELLANO F., “Un “tagliando di controllo” per le nuove norme”, Ecoscienza, n. 2 – Anno 2015, in www.arpa.erm.it.
15 FICCO P., “Fra il “troppo” dei delitti ambientali e il “troppo poco” della tenuità del fatto, le contravvenzioni del “Codice ambientale” rischiano di sparire”, Roma, 1 luglio 2015, in www.reteambiente.it.
16 BUTTI L., PERES F., ZALIN M., “I nuovi reati ambientali”, in www.buttiandpartners.com.
17 AIELLO G., op. cit..
18 RAMACCI L., atti del corso “Ecoreati ...”, op. cit..
19 AIELLO G., op. cit..
20 RAMACCI L., “Prime osservazioni ...”, op. cit..
21 FABRIZIO M., “Non solo ecoreati, nuove norme sulle contravvenzioni nel Testo unico ambientale”, in www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com.
22 RAMACCI L., atti del corso “Ecoreati ...”, op. cit..
23 BUTTI L., PERES F., ZALIN M., op. cit..