TAR Veneto Sez. II n. 464 del 8 aprile 2021
Ambiente in genere.Accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale
La disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale, specificamente contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale, sia per quello che riguarda il profilo oggettivo, prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg., l. 7 agosto 1990 n. 241. In particolare, nell’ottica di consentire il più ampio accesso alle informazioni in questione, sotto il profilo soggettivo, il richiedente non è tenuto a specificare il proprio interesse (art. 3, comma 1, del cit. decreto legislativo) e, sul versante oggettivo, sono escluse solo richieste manifestamente irragionevoli e formulate in termini eccessivamente generici, nonché quelle di cui all’elenco del primo e del secondo comma dell’art. 5. Il terzo comma dell’art. 5 impone alla P.A. di applicare “in modo restrittivo” le disposizioni dei primi due commi della medesima disposizione, che elencano appunto i casi di esclusione dell’accesso, “effettuando, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, una valutazione ponderata fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso”. Dunque, risulta contraddittorio rispetto a tali premesse consentire che la pretesa all’ostensione venga frustrata sulla base della mera pendenza di un procedimento giudiziario (segnalazione Avv. M. Cerruti)
Pubblicato il 08/04/2021
N. 00464/2021 REG.PROV.COLL.
N. 01267/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1267 del 2020, proposto da
Maria Cristina Cola, Michela Zamboni e Patrizia Zuccato, rappresentate e difese dall'avvocato Matteo Ceruti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Botteon, Luisa Londei, Francesco Zanlucchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luisa Londei in Venezia, Cannaregio 23;
Garante per la Difesa dei Diritti della persona e Difesa Civica della Regione Veneto, non costituito in giudizio;
per l'accesso
alle informazioni ambientali ex d.lgs. 195/2005 detenute dalla Regione del Veneto inerenti il “Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchiliche”, mediante rilascio della documentazione completa dei risultati analitici del predetto campionamento, relativamente: 1) ai valori relativi a tutte le 12 sostanze perfluoroalchiliche analizzate nei campioni degli alimenti, ivi comprese le sostanze a catena corta; 2) alla geo-localizzazione delle matrici campionate. Con richiesta inoltre di conoscere: 3) se nelle aziende produttrici delle matrici alimentari in cui sono state riscontrate concentrazioni significative di tutti i Pfas (non solo PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS) siano state eseguite ulteriori ispezioni per verificare l'osservanza delle prescrizioni fornite dalle aziende ULSS territorialmente competenti; 4) se siano state eseguite ulteriori analisi di confronto in seguito al campionamento del 2016-2017; 5) quali azioni siano state intraprese a livello precauzionale e sanitario per evitare la diffusione dei prodotti contaminati;
nonché per l'annullamento della nota del 5.08.2020 prot. 311609 del Direttore vicario dell'Area Sanità e Sociale - Direzione Prevenzione, Sicurezza alimentare, Veterinaria della Regione Veneto recante diniego parziale alla domanda di accesso formulata dalle ricorrenti ex d.lgs. 195/2005 ai risultati analitici del "Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchiliche" effettuato nel corso del 2017, nonché della nota del 28.10.2020 prot. 458470 del Direttore della Direzione Prevenzione, Sicurezza alimentare, Veterinaria della Regione Veneto confermativa del diniego parziale di accesso successivamente alla comunicazione del Garante dei diritti della persona della Regione Veneto 28.09.2020 di accoglimento del ricorso amministrativo; nonché per la declaratoria di illegittimità e l'annullamento di ogni altro atto presupposto, collegato, inerente, conseguente e derivato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto con modalità di videocollegamento, la dott.ssa Daria Valletta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’atto introduttivo del giudizio le ricorrenti in epigrafe hanno dedotto che, in data 14.07.2020, inoltravano alla Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria della Regione Veneto un'istanza di accesso ad informazioni ambientali ex d.lgs. 195/2005 inerenti il “Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchiliche”, precisando che la domanda era funzionale a consentire alle richiedenti, tutte residenti con la propria famiglia nella "zona rossa" per la contaminazione da PFAS, "di conoscere l'esatta situazione dei contaminanti Perfluoroalchilici presenti nei diversi alimenti, in modo da poter adottare ogni conseguente determinazione".
Poiché l’istanza di accesso veniva accolta solo parzialmente, le deducenti proponevano ricorso al Garante per la difesa dei diritti della persona e Difesa civica della Regione Veneto ex art. 25, comma 4, della legge 241/1990, chiedendo il riesame dell'istanza di accesso: malgrado l’accoglimento del ricorso, la Regione Veneto confermava il diniego parziale di accesso.
Le ricorrenti hanno, dunque, svolto nel presente giudizio le seguenti deduzioni:
1) in primo luogo, si lamenta che il diniego opposto con nota del 05.08.2020 dalla competente Direzione regionale alla domanda di accesso violerebbe il d.lgs. 195/2005, in quanto:
- dalla risposta fornita dall’Amministrazione non sarebbe dato comprendere se siano stati eseguiti campionamenti ed analisi degli alimenti anche con riferimento a sostanze perfluoroalchiliche diverse dai PFAS e PFOA, ivi comprese le sostanze a catena corta: se tali ulteriori campionamenti ed analisi fossero stati eseguiti, non vi sarebbero ragioni per un diniego all'accesso ai sensi del d.lgs. 195/2005;
- non sarebbe stato consentito l’accesso ai dati sulla geolocalizzazione delle matrici campionate per non incorrere in violazioni del diritto alla privacy: questa conclusione si porrebbe in contrasto con l'art. 5, comma 4, del d.lgs. 195/2005, che prevede che "la richiesta di accesso non può essere respinta qualora riguardi informazioni su emissioni nell'ambiente” opponendo ragioni di protezione dei dati personali o di riservatezza (ossia i casi di cui al comma 2, lettera f); in ogni caso, il diniego opposto risulterebbe in contrasto con il comma 3 dello stesso art. 5 a mente del quale l’autorità pubblica è tenuta ad operare una valutazione ponderata fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso, comunque applicando le disposizioni sui casi di esclusione "in modo restrittivo";
- sarebbe stata fornita una risposta elusiva alla richiesta di sapere se erano state svolte ispezioni volte a "verificare l’osservanza delle prescrizioni fornite dalle aziende ULSS” presso le aziende produttrici delle matrici alimentari in cui sono state riscontrate concentrazioni significative di tutti i Pfas;
- non sarebbe stata fornita alcuna risposta al quesito relativo all’effettuazione di ulteriori analisi di confronto successivamente al campionamento del 2016-2017;
- non sarebbero state esaustivamente indicate le azioni intraprese a livello precauzionale e sanitario per evitare la diffusione dei prodotti contaminati;
2) si lamenta, inoltre, l’illegittimità della nota del 28.10.2020, confermativa del diniego parziale di accesso, malgrado l'accoglimento del ricorso amministrativo da parte del Garante dei diritti della persona: infatti, l’Amministrazione avrebbe motivato il nuovo diniego in riferimento alla pendenza di procedimenti penali in violazione dell'art. 25, comma 4, del d.lgs. 241/1990, che impone, dopo una decisione del difensore civico di accoglimento del ricorso sull'accesso, un obbligo motivazionale "rafforzato" in capo alla P.A., senza che possano essere apportate ulteriori ragioni di esclusione dell'accesso diverse da quelle inizialmente opposte ed oggetto di ricorso.
In ogni caso, non sarebbe dato comprendere quali sarebbero le ragioni di concreto pregiudizio ai procedimenti penali conseguenti all'accesso alle informazioni richieste attesa la genericità della motivazione opposta; l’Amministrazione non avrebbe, inoltre, valutato la possibilità di consentire un accesso parziale alle informazioni indicate.
Le ricorrenti, infine, hanno invitato il Collegio, ove le censure proposte venissero disattese, a valutare la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma 4, del d.lgs. 241/1990, richiamato dall'art. 7 del d.lgs. 195/2005, per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. in relazione all’art. 9, § 1, della Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998 (ratificata ed eseguita in Italia con la Legge n. 108/2001).
Si è costituita in giudizio la Regione Veneto, chiedendo il rigetto del ricorso.
All’udienza in data 25.03.2021, svoltasi da remoto con modalità di videocollegamento, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con l’atto introduttivo del giudizio le ricorrenti indicate in epigrafe hanno contestato il diniego parziale di accesso opposto dall’Amministrazione resistente in relazione alle informazioni ambientali che si chiedeva di conoscere ai sensi della disciplina dettata dal D. lgs. 195/2005.
In particolare, le ricorrenti hanno chiesto di avere accesso alle risultanze degli accertamenti svolti dalla Regione nell’ambito del “Piano di campionamento degli alimenti per la ricerca di sostanze Perfluoroalchiliche”, nonché di conoscere le attività ispettive, di ulteriore controllo e di tipo precauzionale successivamente intraprese, secondo quanto precisato in precedenza.
Ritiene il Collegio che le informazioni richieste dalle ricorrenti rientrino nell’ambito della richiamata disciplina relativa all’accesso alle informazioni ambientali.
Si osserva, in particolare, che l’art. 2 comma 1 lett. a) del d.lgs. 195/2005 stabilisce che deve intendersi per «informazione ambientale» qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale concernente, tra l’altro, “lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, il paesaggio, i siti e gli edifici d'interesse culturale, per quanto influenzabili dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui al punto 1) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui ai punti 2) e 3)” (punto 6) ; al punto 3 così richiamato si fa poi riferimento alle “misure, anche amministrative, quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa, nonché le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell'ambiente di cui ai numeri 1) e 2), e le misure o le attività finalizzate a proteggere i suddetti elementi”.
E’ da rimarcare, in proposito, che il Garante dei diritti della persona, investito della richiesta di riesame del diniego parziale di accesso opposto dalla Regione ai sensi del comma 4 dell’art. 25 della L. 241/90 ha osservato, nell’accogliere l’istanza, che le informazioni richieste rientrano nel perimetro delle informazioni accessibili sulla scorta delle norme citate.
Tale presupposto, del resto, non è in sé contestato dall’Amministrazione resistente che, con il provvedimento del 28.10.2020 nr. prot. 458470 reso a seguito della pronuncia del Garante, nel ribadire il diniego parziale di accesso, si è limitata ad osservare di non aver reso ostensibili quelle informazioni che avrebbero potuto avere un “possibile impatto sui procedimenti penali in corso”, essendo notorio che “in relazione all’utilizzo del materiale in questione sono in corso vari procedimenti penali, i soggetti coinvolti nei quali non sono noti. A tali argomenti ci si riferiva, con tutta evidenza, parlando di tutela dei dati personali”.
L’Amministrazione, infatti, nel primo provvedimento reso sull’istanza di accesso, ha posto a fondamento del relativo rigetto la necessità di tutela della riservatezza sui dati personali, mentre, in occasione della determinazione da ultimo citata, ha richiamato l’esigenza di non incidere negativamente sui processi penali in corso, specificando che doveva intendersi in tal senso il richiamo in precedenza operato alla tutela dei dati personali (cfr. all. 3 e 6 della produzione di parte ricorrente): si tratta, all’evidenza, di situazioni ostative all’accesso di natura diversa, l’una prevista dalla lettera C) e l’altra dalla lettera F) dell’art. 5 del testo normativo in disamina.
A prescindere da ciò, si osserva quanto segue.
L’art. 5 del D. Lgs. 195/2005 elenca tra i casi in cui l’accesso alle informazioni ambientali è escluso quelli in cui “la divulgazione dell’informazione reca pregiudizio…...lett. C): allo svolgimento di procedimenti giudiziari o alla possibilità per l’autorità pubblica di svolgere indagini per l'accertamento di illeciti”.
Nel caso di specie l’Amministrazione si è limitata a opporre l’esistenza di “vari procedimenti penali” che coinvolgerebbero soggetti “non noti”, adducendo a fondamento del diniego di accesso il rischio di un “possibile impatto” su di essi: la Regione ha, infatti, ritenuto che la sola pendenza di un procedimento penale sia circostanza in sé sufficiente a paralizzare la pretesa all’ostensione delle informazioni ambientali.
Il Collegio ritiene di non poter condividere tale interpretazione.
In primo luogo, vi è da considerare la lettera della norma in precedenza riportata, che include tra i casi di esclusione dell’accesso le sole ipotesi in cui esso “reca pregiudizio”, alternativamente, allo svolgimento del procedimento giudiziario ovvero all’attività investigativa: dunque, alla stregua del disposto dell’art. 5 citato non è la mera pendenza del procedimento a paralizzare la pretesa ostensiva, ma l’incidenza negativa che la propalazione delle informazioni richieste determina sul suo svolgersi, ovvero sulle indagini in corso.
Risulta infatti evidente che le eventuali ricadute negative dell’accesso, sotto il profilo qui in disamina, finiranno con il dipendere, per citare alcuni esempi: dalla fase e dal grado in cui il procedimento giudiziario versi; dall’intervenuta chiusura delle indagini ovvero dall’essere gli accertamenti ancora in corso; dall’eventuale discovery operata in dipendenza del compimento di alcuni atti di indagine.
La soluzione prospettata dall’Amministrazione, invero, si pone in contrasto con la ratio ispiratrice della disciplina dell’accesso alle informazioni ambientali, che è volta a garantire la più ampia diffusione delle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche. Come evidenziato dal Consiglio di Stato (sez. IV, 20.5.2014, n. 2557), la disciplina dell'accesso ai documenti amministrativi in materia ambientale, specificamente contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 195, “prevede un regime di pubblicità tendenzialmente integrale dell'informativa ambientale, sia per ciò che concerne la legittimazione attiva, ampliando notevolmente il novero dei soggetti legittimati all'accesso in materia ambientale, sia per quello che riguarda il profilo oggettivo, prevedendosi un'area di accessibilità alle informazioni ambientali svincolata dai più restrittivi presupposti di cui agli artt. 22 e segg., l. 7 agosto 1990 n. 241”.
In particolare, nell’ottica di consentire il più ampio accesso alle informazioni in questione, sotto il profilo soggettivo, il richiedente non è tenuto a specificare il proprio interesse (art. 3, comma 1, del cit. decreto legislativo) e, sul versante oggettivo, sono escluse solo richieste manifestamente irragionevoli e formulate in termini eccessivamente generici, nonché quelle di cui all’elenco del primo e del secondo comma dell’art. 5.
Giova rimarcare, in proposito, che il terzo comma dell’art. 5, più volte richiamato, impone alla P.A. di applicare “in modo restrittivo” le disposizioni dei primi due commi della medesima disposizione, che elencano appunto i casi di esclusione dell’accesso, “effettuando, in relazione a ciascuna richiesta di accesso, una valutazione ponderata fra l'interesse pubblico all'informazione ambientale e l'interesse tutelato dall'esclusione dall'accesso”.
Dunque, risulta contraddittorio rispetto a tali premesse consentire che la pretesa all’ostensione venga frustrata sulla base della mera pendenza di un procedimento giudiziario, a prescindere da ogni valutazione alla stregua dei parametri in precedenza evidenziati e da ogni interlocuzione con l’autorità giudiziaria procedente: basti, in tal senso, riflettere sul fatto che, a voler seguire tale impostazione, anche la pendenza di un processo penale in fase dibattimentale, e finanche di un processo in grado di appello, allorché la fase investigativa sia senz’altro conclusa e senza che emergano specifiche esigenze tali da suggerire la preclusione dell’accesso, potrebbe essere opposta dalla P.A. per escludere l’ostensione delle informazioni ambientali anche per molti anni.
Alla luce di quanto precede il provvedimento impugnato deve essere annullato, ordinando all’Amministrazione di consentire l’ostensione delle informazioni ambientali richieste, con la sola esclusione di quelle informazioni la cui diffusione, in ragione delle considerazioni in precedenza svolte, rechi pregiudizio allo svolgimento di procedimenti giudiziari o di indagini per l’accertamento di illeciti, secondo quanto disposto dall’art. 5, comma 2, lett. C), D.Lgs. 195/2005.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto ordina all’Amministrazione di dare riscontro all’istanza di accesso, nel termine di giorni sessanta decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione, consentendo l’accesso alle informazioni ambientali richieste nei termini di cui in motivazione.
Condanna la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, alla refusione delle spese processuali in favore di parte ricorrente, che si liquidano in euro 1.500,00 oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto con modalità di videocollegamento, con l'intervento dei magistrati:
Alberto Pasi, Presidente
Marco Rinaldi, Primo Referendario
Daria Valletta, Referendario, Estensore