TAR Lazio (RM) Sez. II n.5327 del 12 giugno 2012
Ambiente in genere. Autorizzazione integrata ambientale
Sentenza relativa all'annullamento dell'AIA della megacentrale turbogas Luminosa di Benevento (segnalazione Avv. M. Balletta)
N. 05327/2012 REG.PROV.COLL.
N. 09460/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9460 del 2011, proposto da:
W.W.F. Italia O.N.G. – O.N.L.U.S., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Balletta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni, 268/A;
contro
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Maria D'Elia, con la quale è elettivamente domiciliata in Roma, alla via Poli n. 29:
Ministero Per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Ministero dell'Interno, Ministero Lavoro e Previdenza Sociale, Consorzio Area Sviluppo Industriale Provincia Benevento, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, Provincia di Benevento, n.c.;
nei confronti di
Luminosa s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Pier Giuseppe Torrani, Marta Spaini, Enrico Soprano, e Prof. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
Comune di Benevento, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Eugenio Carbone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giulio Cimaglia in Roma, viale G. Marconi, 57;
Terna s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Stefano Mastrolilli, con domicilio eletto presso Stefano Mastrolilli in Roma, via F. Denza, 15;
Edison s.p.a., n.c.;
per l'annullamento
1. del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, U.prot. DVA_DEC – 2011 – 0000421 del 26.7.2011, con il quale la Luminosa s.r.l. è stata autorizzata all’esercizio della centrale termoelettrica ubicata nel Comune di Benevento, alle condizioni di cui all’allegato parere istruttorio definitivo reso il 13.1.2011 dalla Commissione AIA – IPPC con protocollo CIPPC – 00 – 0000035 comprensivo del Piano di Monitoraggio e Controllo, provvedimento conosciuto mediante lettura del comunicato pubblicato in G.U. – serie generale – n. 193 del 20.8.2011;
2. del parere istruttorio definitivo reso il 13.1.2011 dalla Commissione AIA – IPPC con protocollo CIPPC – 00 – 0000035 comprensivo del Piano di Monitoraggio e Controllo, allegato al provvedimento impugnato sub 1;
3. nota del 10.11.2010 prot. DVA – 2010 – 27156 con la quale la Direzione Generale Valutazioni Ambientali del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha comunicato che è venuta meno la condizione indicata al n. 1 del quadro prescrittivo del decreto VIA n. 708 del 1° agosto 2008, atto non conosciuto, richiamato nel provvedimento impugnato sub 1;
4. parere n. 623 espresso in data 17.12.2010 dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA VAS con il quale conferma il giudizio favorevole di compatibilità ambientale con prescrizioni trasposto nel parere allegato al decreto dsa – dec – 2008 – 0000708 dell’1.8.2008, ad eccezione della prescrizione n. 1, atto non conosciuto, richiamato nel provvedimento impugnato sub 1.;
5. provvedimento della Provincia di Benevento, non conosciuto, né meglio indicato, richiamato a pag. 7 del parere istruttorio conclusivo della Commissione Istruttoria IPPC impugnato sub 2., con il quale è stato nominato, ai sensi dell’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 59/2005, l’esperto rappresentante la Provincia di Benevento, nella persona dell’Assessore all’Ambiente, dott. Gianluca Aceto;
6. la nota CIPPC – 00 – 2008 – 0001352 del 29 ottobre 2008 del Presidente della Commissione istruttoria AIA – IPPC di costituzione del nuovo Gruppo istruttore, non conosciuta, richiamata nel provvedimento impugnato sub. 1.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di Luminosa s.p.a., di Terna s.p.a., della Regione Campania e del Comune di Benevento;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 23 maggio 2012 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti delle parti, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1. L’Associazione ricorrente rappresenta che il provvedimento impugnato si inserisce nel procedimento avviato dalla società Luminosa s.r.l. per il rilascio, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’autorizzazione unica ai sensi del d.l. 7.2.2002, n. 7, conv. con modifiche in l. 9.4.2002, n. 55, per la realizzazione di una centrale termoelettrica turbogas di una potenza termica pari a 680 MW e una potenza elettrica pari a 385 MW elettrici, oltre ad un gasdotto e al collegamento alle reti di distribuzione del gas e dell’energia elettrica.
Nell’ambito di tale procedimento è stato adottato il 1° agosto 2008, il parere favorevole di compatibilità ambientale, con condizioni, espresso di concerto tra il Ministero dell’Ambiente e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
La prescrizione n. 1 alla VIA risulta così testualmente formulata: “il giudizio favorevole di compatibilità ambientale è condizionato all’esito negativo della procedura autorizzativa afferente altra centrale termoelettrica localizzata nella medesima macroarea interna individuata dalla D.G.R. n. 3533 del 5.12.2003, causa il raggiungimento del riequilibrio del fabbisogno energetico in caso di rilascio dell’autorizzazione indicata”.
Tale prescrizione, prosegue la ricorrente, implica perciò che il progetto della centrale di Flumeri, in precedenza proposto dalla Edison s.p.a. (a cui si riferisce la programmazione regionale richiamata nella condizione), e il progetto della centrale Luminosa siano alternativi.
Ciononostante, è accaduto che Luminosa abbia, dapprima, ottenuto, dal MISE, l’autorizzazione unica, di cui alla richiamata l. n. 55/2002, e, successivamente, abbia chiesto il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale, ai sensi del d.lgs. 18.2.2005, n. 59.
Detto procedimento si è concluso con il provvedimento oggetto dell’odierna impugnazione.
Parte ricorrente reputa che esso sia stato rilasciato da soggetto incompetente e che, comunque, esso sia stato reso in violazione della condizione n. 1 apposta alla VIA.
Ritiene, altresì, che siano stati illegittimamente autorizzati come “scarichi” della centrale, quelli che in realtà costituiscono rifiuti liquidi, laddove il depuratore consortile ASI non è autorizzato allo smaltimento di simili rifiuti.
Ad ogni buon conto l’autorizzazione violerebbe il divieto di diluizione, imposto dalle norme a tutela dell’inquinamento idrico e richiamato nell’autorizzazione provinciale allo scarico del depuratore consortile, rilasciata all’ASI di Benevento.
Più in dettaglio, il WWF, nella sua qualità di associazione nazionale di protezione ambientale, impugna gli atti meglio indicati in epigrafe, ai sensi dell’art. 18, comma 5, l. n. 349 del 1986, per i seguenti motivi:
I. INCOMPETENZA. VIOLAZIONE ART. 4, COMMI 2, E 3, D.LGS. N. 165/2001. VIOLAZIONE ART. 2, LETT. I) D.LGS. 18.2.20005, N. 59. VIOLAZIONE ART. 97 COST..
Il provvedimento impugnato, in quanto atto di gestione, avrebbe dovuto essere adottato dal competente dirigente ministeriale e non già dallo stesso Ministro.
La competenza del Ministero dell’Ambiente, è, peraltro, testualmente confermata dall’art. 2, lett. i) d.lgs. 18.2.2005, n. 59, applicabile ex art. 35, comma 2 –ter, d.lgs. n. 152/2006, al procedimento in esame.
In ogni caso, la competenza dirigenziale non può dirsi validamente derogata dalla disposizione di cui all’art. 7 del d.lgs. n. 152/2006, anche nel testo risultante dalla modifica introdotta dall’art. 2, d.lgs. 29.6.2010, n. 128, in base al quale il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro e non più dal “Ministero”.
La norma in questione non contiene la deroga “espressa” richiesta dall’art. 4, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001.
II. IN SUBORDINE, QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 7, COMMA 5, D.LGS. 152/2006, IN RELAZIONE AGLI ARTT. 76, 3 E 97 COST..
In ogni caso, l’art. 7 del d.lgs. n. 152/2006, sia nel testo originario, sia in quello vigente, sarebbero in contrasto con gli articoli 76, 3 e 97 Cost..
Parte ricorrente evidenzia, in primo luogo, che tra i principi e criteri direttivi ex art.1, commi 8, 6 e 7 della delega recata dalla l. 15.12.2004, n. 308, non figura alcun riferimento alla possibilità, da parte del Governo, di introdurre deroghe al principio di separazione della sfera politica da quella gestionale ex art. 4, commi 2 e 3, d.lgs. n. 165/2001.
Sarebbe comunque irrazionale una disposizione che attribuisce l’AIA alla competenza dell’organo politico, là dove tutte le autorizzazioni ambientali dalla stessa disciplinate restano riservate all’esclusiva competenza dirigenziale degli enti ordinariamente competenti al loro rilascio.
L’art. 7 d.lgs. n. 152/2006 contrasterebbe, altresì, con l’art. 97 Cost., là dove attribuisce al Ministro un atto caratterizzato esclusivamente da discrezionalità tecnica e/o amministrativa.
III. IN SUBORDINE, VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 7, COMMA 6, D.LGS. N. 152/2006 – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – VIOLAZIONE ART. 97 COST..
Ad ogni buon conto, la stessa norma in rubrica risulta violata in quanto non sono stati sentiti i Ministri dell’Interno, del Lavoro e delle Politiche sociali, nonché il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentali e Forestali.
IV. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 5, COMMA 12, D.LGS. N. 59/2005. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEL FATTO E DEI PRESUPPOSTI - ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITORIETÀ – VIOLAZIONE ART. 9, COMMA 2, DIRETTIVA 2008/1/CE SULLA PREVENZIONE E RIDUZIONE INTEGRATE DELL’INQUINAMENTO (VERSIONE CODIFICATA) – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 5, COMMA 12, D.LGS. N. 59/2005 – ECCESSO DI POTERE PER INOSSERVANZA DEL PARERE DEL GRUPPO ISTRUTTORIO.
L’AIA è stata adottata in palese contrasto con la prescrizione n. 1 del decreto VIA n. 708 del 1° agosto 2008 che condizionava il giudizio favorevole di compatibilità ambientale all’esito negativo della procedura autorizzatoria della centrale termoelettrica di Flumeri.
Tale condizione rende alternativa l’autorizzazione e la messa in esercizio della centrale termolettrica di Benevento, proposta da Luminosa, rispetto a quella di Flumeri, proposta dalla Edison s.p.a..
Parte ricorrente evidenzia come, al momento dell’impugnata AIA, l’iter autorizzatorio di tale centrale fosse ancora in corso e come, anzi, detto progetto abbia di recente conseguito anche l’autorizzazione integrata ambientale (decreto AIA U DVA DEC – 2011 – 0000517 del 16.9.2011, in G.U. n. 230 del 3.10.2011).
La condizione imposta dal decreto VIA n. 708/2008 non si è dunque verificata e la stessa, peraltro, risulta ribadita alla pag. 51, punto 8, del parere istruttorio della Commissione IPPC relativo alle centrale Luminosa, in base al quale “Le prescrizioni di cui al decreto di compatibilità ambientale n. 708 dell’1.8.2008 sono integralmente incorporate nel predetto parere”.
A nulla, inoltre, rileverebbe il parere del Ministero dell’Ambiente, richiamato nel provvedimento finale, secondo cui la condizione in questione sarebbe venuta meno (prot. n. DVA – 2010 – 27156 del 10.11.2010).
Ciò in quanto si tratta di un mero atto endoprocedimentale, laddove, semmai, alla luce del mutato quadro fattuale, avrebbe dovuto intervenire, da parte degli stessi Organi competenti ad adottare la VIA, un provvedimento di annullamento e/o revoca della predetta prescrizione n. 1.
Quest’ultima, è, pertanto, ancora efficace.
V. INCOMPETENZA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 21 –QUINQUIES L. N. 21/90. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE PARTE II D.LGS. 152/2006 – ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO – ECCESSO DI POTERE PER VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL CONTRARIUS ACTUS – VIOLAZIONE DIRETTIVA 85/337/CEE, COME MODIFICATA DALLA DIRETTIVA 97/11/CE E 2003/35/CE – VIOLAZIONE ART. 6, COMMA 10, DELLA CONVENZIONE SULL’ACCESSO ALLE INFORMAZIONI, LA PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO E L’ACCESSO ALLA GIUSTIZIA IN MATERIA AMBIENTALE FATTA AD AARHUS IL 25 GIUGNO 1998, RATIFICATA DALLA REPUBBLICA ITALIANA CON L. 16.3.2001, N. 108, E APPROVATA DALL’UNIONE EUROPEA CON DECISIONE 2005/370/CE DEL CONSIGLIO DEL 17 FEBBRAIO 2005 – ILLEGITTIMITÀ DERIVATA.
Ad ogni buon conto, qualora si ritenga la nota dirigenziale in questione idonea a modificare e/o revocare in parte il giudizio di compatibilità ambientale favorevole condizionato, parte ricorrente ne censura l’evidente illegittimità, in quanto tale modifica promana da organo incompetente.
Sottolinea, comunque, che non è stato rinnovato il pertinente procedimento, attraverso il concerto con il Ministro per i Beni e le Attività culturali, l’informativa agli enti partecipanti e a al pubblico; è stata infine esclusa ogni fase partecipativa del pubblico, ivi compresa la ricorrente associazione di protezione ambientale.
La (pretesa) modifica del parere VIA non è stata, comunque, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
In sostanza, è stata violata tutta la disciplina nazionale contenuta nella parte II del d.lgs. n. 152/2006, nonché il diritto comunitario ed internazionale ambientale rubricato che prescrivono, invece, l’informazione e la partecipazione del pubblico, e del pubblico interessato, quali pilastri inderogabili dell’istituto della valutazione di impatto ambientale.
VI. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 5, COMMA 9, D.LGS. N. 59/2005 – ILLEGITTIMA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE ISTRUTTORIA ICPP – ILLEGITTIMITÀ DERIVATA.
Il parere impugnato sub 2. non è stato espresso dalla Commissione IPPC nel suo plenum, ma solo da un “gruppo istruttorio”.
VII. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 5, COMMA 9, D.LGS. N. 59/2005 – ILLEGITTIMA COMPOSIZIONE DELLA COMMISSIONE ISTRUTTORIA IPPC – ILLEGITTIMITÀ DERIVATA.
In seno al gruppo istruttore la Provincia di Benevento non ha nominato un “esperto” bensì il proprio assessore all’ambiente, dott. Gianluca Aceto.
VIII. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 74, COMMA 1, LETT. FF) DEL D.LGS. N. 152/2006. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE PART. IV D.LGS. N. 152/2006 – ILLEGITTIMITÀ DERIVATA.
A pag. 31 del parere istruttorio, punto 4.5. si legge che “tutte le acque industriali destinate allo scarico in fognatura, dopo avere subito i necessari trattamenti (disoleatura, neutralizzazione etc.) saranno raccolte in un apposito serbatoio, ove avverrà la loro omogeneizzazione, per poi essere inviate alla rete fognaria ASI e, quindi, all’impianto di depurazione consortile, con una portata di circa 55.000 metri cubi/anno. Gli eventuali Sali, fanghi e solidi raccolti sul fondo del serbatoio saranno smaltiti a intervalli regolari attraverso operatori autorizzati”.
A pag. 49 il progetto viene ritenuto “conforme alle prescrizioni di cui all’autorizzazione emanata dalla Provincia di Benevento [...] relativamente allo scarico nel fiume Calore dei reflui dell’impianto di trattamento consortile dell’area ASI Ponte Valentino”.
Secondo parte ricorrente, ove si ponga mente alla definizione di “scarico”, quale recata dall’art. 74, comma 1, lett. ff) d.lgs. n. 152/2006, la previsione di un serbatoio comporta l’interruzione dello scarico diretto in fognatura, con conseguente applicabilità della disciplina giuridica dei rifiuti liquidi.
IX. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 101, COMMA 5, D.LGS. N. 15272006. ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI ISTRUTTORIA – VIOLAZIONE ART. 3, L. N. 241/90. ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE GENERICA, INSUFFICIENTE E FALSA.
Pur volendo considerare “scarichi” le acque reflue della centrale, risulterebbe comunque violato l’art. 101, comma 5, d.lgs. n. 152/2006 (c.d. divieto di diluizione).
Come si apprende alle pagg. 33 – 34 del parere del gruppo istruttorio, la Provincia di Benevento ha fatto rilevare che allegata all’istanza di rinnovo di autorizzazione allo scarico presentata al Consorzio ASI di Benevento, vi è il certificato di analisi del Laboratorio Birre Chimica s.r.l. del 2.4.2009, dal quale risulta la presenta delle sostanze di cui alla tabella 5 dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. 152/2006 e richiamate nei commi 4 e 5 del rubricato art. 101, comma 5, cit. (nichel, piombo, rame e zinco).
Conseguentemente, come ha evidenziato la Provincia, le acque reflue dell’autorizzata centrale turbogas, non potrebbero giammai essere immesse nella rete fognaria, e trattate nel depuratore consortile, pena la violazione della norma rubricata.
Dall’impugnata AIA, non risulta alcun accertamento istruttorio, né alcuna motivazione, circa il rispetto del divieto di diluizione.
X. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE ART. 7, COMMA 5, E 4 D.LGS. N. 15272006 – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE D.M. 1.10.2008 – ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETÀ – ECCESSO DI POTERE PER INDETERMINATEZZA DELLE NUOVE (NON SPECIFICATE) TECNOLOGIE IMPOSTE - ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE INSUFFICIENTE – ECCESSO DI POTERE PER CONTRADDITTORIETÀ – ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITÀ - ECCESSO DI POTERE PER PERPLESSITÀ – ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO DEL POTERE TIPICO.
Il provvedimento di AIA, rispetto a quello di VIA, prescrive un più rigoroso limite di emissione per gli ossidi di azoto, pari a 30 mg/Nm3.
Non specifica, tuttavia, quali tecnologie verificate debbano essere adottate dal gestore per adeguare l’impianto ai più restrittivi limiti imposti.
Si sono costituiti, per resistere, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nonché le società Luminosa s.r.l. e Terna s.p.a..
Si è costituita, altresì, in resistenza, la Regione Campania.
Il Comune di Benevento ha chiesto, invece, di essere estromesso dal giudizio, per difetto di legittimazione passiva, non avendo emesso alcuno degli atti adottati ed anzi, avendo proposto un’autonoma impugnativa avverso i medesimi provvedimenti con ricorso iscritto al n. 72/2011 di r.g..
Le parti hanno depositato ulteriori memorie e ampia documentazione.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 23 maggio 2012.
DIRITTO
1. Le parti evocate in giudizio, hanno svolto numerose eccezioni preliminari, che occorre partitamente esaminare.
1.1. In primo luogo, reputa il Collegio che non vi siano sufficienti ragioni per estromettere dal processo il Comune di Benevento, come dallo stesso richiesto.
La questione dell'estromissione riguarda non già la legittimazione a ricevere la notifica dell'atto di impugnazione, ma la diversa questione di chi debba ritenersi parte del processo, dunque naturale destinataria degli effetti che scaturiscono dalla decisione (cfr. TAR Lazio, sez. III – ter, 19 gennaio 2011, n. 481; id., sez. I-ter, 8 giugno 2009, n. 5460; TAR Liguria, sez. I, 16 maggio 2007, n. 781).
Essa implica l'accertamento negativo della legittimazione dell'estromesso in ordine alla pretesa sostanziale oggetto del contendere (Cons. di Stato, sez. IV, 27 dicembre 2006, n. 7877).
Nella fattispecie, risulta che il Comune di Benevento ha preso parte al procedimento finalizzato al rilascio dell’AIA, designando un proprio rappresentante e/o esperto, tanto in seno alla Conferenza di Servizi istruttoria propedeutica all’adozione dell’autorizzazione, quanto in seno al Gruppo Istruttore che ha reso il parere prescritto dall’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 59/2005.
In entrambi i casi, per la verità, ha espresso una posizione contraria al rilascio dei provvedimenti e/o all’espressione dei pareri oggetto dell’odierna impugnazione.
Per tale ragione, non solo non può assimilarsi “alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato”, ma nemmeno ad un soggetto “controinteressato” ai sensi di quanto disciplinato dall’art. 41 c.p.a..
Si, tratta, invece, di un soggetto, in concreto, “cointeressato” all’annullamento degli stessi atti impugnati dal WWF, come peraltro reso evidente dalla proposizione da parte del medesimo Comune di un autonomo ricorso avverso gli stessi provvedimenti qui in esame (va detto, per inciso, che la discussione di tale ricorso, pur fissata per la medesima udienza del 23 maggio 2012, a cui stato trattenuto in decisione il presente gravame, è stata tuttavia rinviata ad altra udienza, su richiesta del Comune).
E’ certo, comunque, che non si tratta di un soggetto estraneo alla materia del contendere.
Più in generale, quale che sia il fine perseguito dall’Ente locale, nella sua qualità di soggetto esponenziale degli interessi della collettività di riferimento, reputa il Collegio che l’esito dell’impugnativa di un atto amministrativo che incide su tali interessi, sia inevitabilmente destinata a “fare stato” anche nei suoi confronti.
Nel caso di specie, alle circostanze testé evidenziate consegue che la partecipazione del Comune di Benevento al presente processo - sebbene non necessaria – poteva essere, quantomeno, opportuna, di talché non vi è ragione alcuna per dichiarane, così come dallo stesso richiesto, l’estromissione.
1.2. Luminosa ha, per converso, eccepito il difetto di legittimazione attiva del WWF, in considerazione del fatto che la maggior parte dei motivi di ricorso risulterebbe di carattere procedimentale – formale, e, pertanto, non atterrebbe, in modo immediato, alla tutela dell’ambiente.
1.2.1. L'art. 18, comma 5, della l. n. 349/1986 prevede che le associazioni individuate in base al precedente art. 13 (le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque regioni, individuate con decreto del Ministro dell'Ambiente), oltre ad intervenire nei giudizi per danno ambientale, possono impugnare dinanzi al giudice amministrativo atti illegittimi, chiedendone l'annullamento.
E’ giurisprudenza pacifica quella secondo cui la peculiarità della legittimazione delle associazioni di protezione ambientale consiste nel fatto che essa è attribuita non ad un soggetto individuale, ma ad un ente esponenziale di interessi diffusi, legittimato ad impugnare qualsiasi provvedimento lesivo di un bene ambientale giuridicamente rilevante.
Una volta che l'associazione è individuata con il decreto del Ministro dell'Ambiente ex art. 13 della l. n. 349 cit. ed è, quindi, titolare in astratto del potere di proporre ricorso dinanzi al giudice amministrativo, le condizioni per agire in giudizio sono uguali a quelle che devono esistere affinché ogni soggetto dell'ordinamento abbia in concreto legittimazione ad agire in giudizio (titolarità di una posizione legittimante caratterizzata dalla qualificazione e dalla differenziazione): pertanto, la posizione delle suddette associazioni di protezione ambientale riconosciute, certamente differenziata da quella della generalità dei consociati, è anche qualificata quando l'interesse sostanziale dedotto in giudizio dall'associazione attiene ad un bene ambientale preso in considerazione dall'ordinamento ed invece non è qualificata quando il bene che si mira a tutelare non viene individuato dall'ordinamento come rilevante sotto il profilo ambientale (così, ad esempio, TAR Toscana sez. II, sentenza 2 dicembre 2009, n. 2584; cfr. anche TAR Lazio, Roma, sez. I^, sentenza 1.4.2009, n. 3481).
Nell’ambito della legittimazione ad agire prevista dall'art. 18 comma 5, l. n. 349 del 1986, reputa il Collegio che alcuna censura possa essere preclusa alla ricorrente associazione al fine di ottenere in sede giurisdizionale l'annullamento dell'atto lesivo dell’interesse ambientale oggetto delle finalità statutarie perseguite.
E’ elementare, infatti, il rilievo secondo, nel caso in cui, come nella fattispecie, venga fatto valere un interesse legittimo “oppositivo”, il ripristino della situazione precedente all'emanazione dell'atto è conseguente alla semplice pronuncia di annullamento, quale che sia la natura del vizio dedotto a tale scopo ed, eventualmente, ritenuto fondato.
Sotto altro profilo, non può non concordarsi con il WWF là dove ha fatto osservare che le censure di carattere “formale”, attengono specificamente ad un procedimento autorizzatorio in materia ambientale, in cui le varie scansioni previste mirano ad assicurare che la decisione venga assunta dagli organi competenti, sulla base del più ampio contraddittorio.
Pertanto – deve soggiungersi – l’osservanza del corretto procedimento è strettamente connessa al rispetto degli interessi ambientali anche sul piano sostanziale, posto che l’emersione e l’apprezzamento di questi ultimi non può che scaturire, per così dire, se non dal rispetto delle regole del gioco.
Non sembra inutile, infine, ricordare che la partecipazione, e la trasparenza, attraverso l’ampio accesso consentito al “pubblico” all’informazione in materia ambientale, costituiscono i principi cardine della normativa comunitaria e nazionale che regola la fattispecie in esame (cfr., in particolare, la direttiva IPPC 96/61/CE, recepita in Italia dal d.lgs. n. 59/2005, più volte citato, applicabile, ratione temporis).
1.3. Luminosa ha poi eccepito l’irricevibilità dell’impugnativa della nota del MATTM, Direzione Generale Valutazioni Ambientali, prot. DVA – 2010 – 27156 del 10.11.2010, e del parere della Commissione VIA VAS n. 623 del 17.12.2010, in quanto espressamente richiamati anche dal decreto di autorizzazione unica, ex art. 1 d.l. 7 febbraio 2002, n. 7 conv., con modificazioni, in legge 9 aprile 2002, n. 55, rilasciato dal Ministero dello Sviluppo Economico, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19.2.2011.
1.3.1. Il Collegio ricorda, in primo luogo, che tra il procedimento di autorizzazione unica e quello oggi in rilievo, non sussiste un rapporto di presupposizione (cfr. Cons. St., sez. VI, sentenza 10 settembre 2008, n. 4333), non potendo siffatto legame ricavarsi “dal semplice fatto che debba realizzarsi una compresenza di entrambi tali provvedimenti autorizzatori (oltre che della V.I.A.) affinché l’impianto possa essere operativo”.
Nel caso di specie, è, poi, incontestato che, le note del Ministero dell’Ambiente e della Commissione VIA (in disparte il loro effettivo rilievo “provvedimentale”, di cui si dirà meglio appresso), siano atti aventi carattere “endoprocedimentale”, sia nell’ambito della sequenza ex d.l. n. 7/2002, che di quella oggi in esame.
Per ragioni di chiarezza espositiva, si riporta il contenuto degli atti in questione.
Con nota prot. n. DVA – 2010- 27156 10.11.2010, su esplicita richiesta del MISE, la Direzione Generale Valutazioni Ambientali del MATTM, rappresenta che “il condizionamento del giudizio favorevole di compatibilità ambientale di cui al dec 2008/708 del 1.8.2008 per la centrale proposta dalla società Luminosa all’esito negativo della procedura autorizzativa della centrale termolettrica localizzata nella medesima macroarea, derivava unicamente dalle determinazioni e vincoli contenute nella DGR 3533/03 concernente ‘Le linee guida in materia di politica regionale e di sviluppo sostenibile nel settore energetico’”.
Il Ministero fa poi riferimento alla DGR Campania n. 691/2010 (di espressione dell’ intesa prevista dall’art. 1, comma 2, del più volte cit. d.l. n. 7/2002) per rilevare come la predetta delibera richiami la precedente DGR n. 962 del 30 maggio 2008 (BURC 27.10.2008) di approvazione dell’Aggiornamento del Piano di Azione per lo Sviluppo Economico regionale (PASER) e specificamente dell’Allegato “Piano Energetico Ambientale Regione Campania (PEAR) – Linee di indirizzo strategico”, in cui sono definiti gli obiettivi delle future politiche regionali e di riduzione delle emissioni al 2013 e al 2020.
Il MATTM valorizza in particolare la pag. 51 del PEAR là dove si considera la possibilità di valutare, in futuro, “altre proposte di centrali termoelettriche a gas naturale” in quanto da valutare caso per caso “solo se necessarie al conseguimento degli obiettivi di piano [...]”.
Valorizza, altresì, la DGR n. 691/2010, là dove da atto di “evidenti criticità relative alla cantierabilità di alcuni interventi già autorizzati” nonché dello “stallo” relativo alla conclusione di alcuni procedimenti di autorizzazione.
La Direzione conclude affermando di ritenere che “è venuta meno la condizione indicata al n. 1 del quadro prescrittivo del decreto VIA, risultando la medesima privata dell’efficacia che avrebbe potuto avere qualora le determinazioni regionali fossero rimaste nella rappresentazione data dalla DGR 3533/2003”.
Di tenore analogo il parere reso dalla Commissione VIA – VAS, secondo cui è venuta meno “la condizione n. 1 del quadro prescrittivo del succitato decreto di compatibilità ambientale, essendo mutate le condizioni di fattibilità previste inizialmente dalla DGR 3533/2003, sostituita dalle disposizioni contenute nel PEAR”.
1.3.2. L’esame dei pareri testé riportati evidenzia che né il Ministero né la Commissione Via, hanno adottato “provvedimenti”, bensì hanno espresso un giudizio circa la perdurante efficacia della condizione n. 1 apposta al decreto VIA risalente al 2008.
Tale giudizio è stato poi assunto, sia nell’ambito del procedimento di autorizzazione unica, che nell’ambito del procedimento di AIA, quale antecedente, per così dire, logico – giuridico, al fine di affermare la sopravvenuta inefficacia della condizione n. 1 apposta al decreto VIA (cfr., per quanto qui interessa, il terzultimo capoverso della pag. 5 delle premesse al decreto di AIA).
Le note in questione hanno dunque chiara valenza endoprocedimentale, con la conseguenza che la relativa impugnativa (ove effettivamente necessaria) è stata rettamente incardinata dal WWF solo unitamente a quella dell’atto conclusivo che si appropria delle relative valutazioni.
Per completezza, va ancora soggiunto che, anche nell’ipotesi in cui ai pareri resi dalla Direzione Generale del Ministero e dalla Commissione, voglia attribuirsi rilievo costitutivo - provvedimentale (segnatamente, di modifica, del precedente decreto di VIA), dovrebbe comunque riconoscersi alla parte ricorrente l’errore scusabile, determinato dal carattere, quantomeno, atipico degli atti in questione.
1.3.3. Infine, Luminosa ha eccepito l’inammissibilità dell’impugnativa dell’AIA, per non essere stato tempestivamente impugnato dal WWF il decreto di autorizzazione unica adottato dal MISE.
1.3.3.1. Anche questa eccezione è priva di fondamento.
Si è già premesso che, tra i due procedimenti, non esiste rapporto di presupposizione. In entrambi i casi, invece, è l'esito positivo della VIA a costituire “parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio” (così l’art. 1, comma 2, penultimo capoverso, d.l. n. 7/2002; cfr. anche l’art. 5, comma 12, d.lgs. n. 59/2005, secondo cui “L'autorizzazione integrata ambientale non può essere comunque rilasciata prima della conclusione del procedimento di valutazione di impatto ambientale”).
Nella fattispecie, si è già riportato che, ai fini del rilascio del provvedimento di AIA, il Ministro dell’Ambiente ha, espressamente, ritenuto il “superamento” della condizione n. 1, apposta alla VIA.
Di talché, il cuore della presente impugnativa, è in realtà rappresentato proprio, come meglio si spiegherà appresso, dalla natura di tale condizione e dalla questione della sua perdurante efficacia, senza che alcuna preclusione possa derivare dall’omessa impugnativa della “parallela” procedura di autorizzazione unica.
2. Ciò premesso, è possibile passare all’esame del merito del ricorso.
Nell’ordine logico delle questioni, viene in rilievo, in primo luogo, quella relativa alla pretesa incompetenza del Ministero dell’Ambiente.
2.1. La censura è destituita di fondamento.
Se è vero, infatti, che l’art. 2, lett. i) del d.lgs. n. 59/2005 (nel testo applicabile ratione temporis), definiva l’autorità competente al rilascio dell’AIA come “i) [...] il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per tutti gli impianti esistenti e nuovi di competenza statale indicati nell'allegato V o, per gli altri impianti, l'autorità individuata, tenendo conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, dalla regione o dalla provincia autonoma”, il successivo art. 5, comma 12, del medesimo decreto attribuiva espressamente la competenza, in ambito ministeriale, allo stesso Organo di vertice (“L'autorizzazione per impianti di competenza statale di cui all'allegato V del presente decreto è rilasciata con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio [...]”).
2.2. Il WWF, peraltro (sia pure con riferimento alla modifiche introdotte dall’art. 2 del d.lgs. n. 128/2010, all’art. 7 del d.lgs. n. 152/2006 – il quale oggi analogamente prevede, al comma 5, ultimo periodo, che “Il provvedimento di AIA è rilasciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali”), ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme attributive di siffatta competenza, sotto diversi profili, sia formali che sostanziali.
Al riguardo, il Collegio osserva, in primo luogo, di non poter convenire con l’eccezione svolta da Luminosa, secondo cui la questione non è rilevante nel presente giudizio poiché la stessa è stata testualmente riferita dal WWF ad una norma (l’art. 7, d.lgs. 152/2006, nel testo modificato dal c.d. “terzo correttivo” in materia ambientale) non applicabile alla fattispecie.
E’ pacifico, infatti, che tra i compiti del giudice vi è quello di qualificare la fattispecie ed individuare le norme applicabili, secondo il principio iura novit curia (cfr. Cons. St., sez. V, 8 febbraio 2011, n. 854)..
Nel caso in esame, uno di vizi dedotti è, inequivocabilmente, il difetto di competenza del Ministro, di talché – sussistendo invece tale competenza in forza di una norma primaria dal tenore del tutto perspicuo, sebbene diversa da quella individuata dalla parte – il motivo medesimo dovrebbe essere rigettato.
Detto in altri termini, lo scrutinio della norma sulla competenza è per il giudice un passaggio obbligato ai fini della definizione, sul punto, della questione controversa. Il che rende il sospetto di incostituzionalità sollevato dal WWW, comunque rilevante ai fini del decidere (cfr., al riguardo, la stessa Corte costituzionale 12 febbraio 2010, n. 46, citata, ex adverso, da Luminosa).
Per quanto occorrer possa, si rileva comunque che la modifica inserita nell’art. 7 del d.lgs. n. 152/2006, dall’art. 2 del c.d. “terzo correttivo” in materia ambientale, si è resa necessaria in ragione del fatto, che, come noto, tale decreto, ha inserito, nella Parte Seconda del d.lgs. n. 152 del 2006, il nuovo Titolo III bis, nel quale è contenuta la disciplina dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), in precedenza rinvenibile nel più volte decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, che è stato contestualmente abrogato; disciplina che viene dunque ad affiancarsi a quelle della valutazione ambientale strategica (VAS) e della valutazione di impatto ambientale (VIA).
In tal modo, è stata eliminata una delle più macroscopiche anomalie del sistema previgente, ed è stata realizzata quella disciplina unitaria e coerente delle autorizzazioni ambientali, più volte auspicata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e che costituiva uno degli obiettivi dell’originaria legge delega 15 dicembre 2004, n. 308.
Nel caso di specie, in definitiva, la norma invocata dal WWF, non è estranea alla fattispecie, ma rappresenta il frutto di un’evoluzione normativa e dell’inserimento del corpus dell’originaria disciplina di recepimento della direttiva IPPC 96/61/CE nel testo unico sull’ambiente
2.3. Ciò premesso, la questione di costituzionalità, ancorché rilevante, è manifestamente infondata, sotto tutti i profili evidenziati.
Relativamente al principio di separazione tra politica e amministrazione, e alla necessità, stabilita dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, che le attribuzioni dei dirigenti ivi stabilite, relative all’attività di gestione, possano essere derogate “soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”, va in primo luogo rilevato che il cit. art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 59/2005, rappresenta esso stesso un’attribuzione espressa di competenza all’organo di vertice ministeriale, posta da una fonte primaria, avente forza e valore analogo al d.lgs. n. 165/2001.
Non sussiste, inoltre, difetto di delega, con conseguente violazione dell’art. 76 Cost..
Pare infatti al Collegio che il pertinente principio e/o criterio direttivo, possa essere rinvenuto nell’art. 2, lett. g) della legge delega 31.10.2003, n. 306 alla stregua del quale “quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili”.
La norma, a ben vedere, evoca il tenore della nota, coeva decisione della Corte Costituzionale n. 303 dell’1.10.2003 secondo cui al legislatore nazionale, per far fronte ad istanze unitarie, deve essere riconosciuta, in base all'art. 118 comma 1 Cost., la potestà di assumere e regolare l'esercizio di funzioni amministrative in relazione alle quali esso non vanti una potestà legislativa esclusiva, ma solo una potestà concorrente, così derogando “l'ordine rigido di distribuzione delle competenze stabilito dall'art. 117 cost., sempre che la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione predetta sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità e sia oggetto di un accordo stipulato con la regione interessata, dovendosi escludere che la sussidiarietà possa operare come aprioristica modificazione delle competenze regionali in astratto, costituendo piuttosto un metodo per l'allocazione delle funzioni al livello più adeguato”.
Nel caso di specie è ad esempio indubitabile che il procedimento di AIA, relativo ad opere di competenza statale, coinvolga anche altre amministrazioni centrali diverse dal Ministero dell’Ambiente, nonché molteplici livelli di governo, sia pure con competente istruttorie, di talché, come subito si vedrà, l’attrazione al vertice ministeriale del momento volitivo – decisionale, trova sicura e adeguata giustificazione.
2.3.1. Quanto appena osservato, induce il Collegio a ritenere manifestamente infondata anche la dedotta violazione degli artt. 3 e 97 Cost., in relazione alla quale possono qui essere trasposte le argomentazioni già spese dalla Sezione in ordine ad analogo sospetto di incostituzionalità avanzato in ordine all’attribuzione al Ministro dell’Ambiente ad adottare il decreto di VIA propedeutico al rilascio dell’autorizzazione unica ex d.l. n. 7/2002 (sentenza n. 32176 dell’8 settembre 2010).
La Sezione ha infatti osservato che “sussiste in materia uno specifico interesse pubblico, generale e strategico all'incremento della produzione energetica della Repubblica”, soccorrendo al riguardo “il modo d'attuazione del principio di sussidiarietà indicato nell'art. 3-quinquies, c. 3 del Dlg 152/2006, per cui spetta allo Stato d'intervenire in questioni ambientali i cui obiettivi, in ragione delle loro dimensioni e dell'entità dei relativi effetti, non possano essere sufficientemente realizzati da altri livelli di governo”, e non potendosi al contrario “invocare in modo meccanico e formalistico il criterio di riparto tra indirizzo politico e gestione indicato nell'art. 4 del Dlg 30 marzo 2001 n. 165”.
La Sezione ha soggiunto che “l'introduzione, fin dal 1993 e in progressivo divenire mercè l'implementazione di numerosi apporti normativi, di tal criterio nella concreta e variegata realtà dell'organizzazione amministrativa” non esaurisce “ogni questione circa l'individuazione dell'organo competente per atti o provvedimenti non espressamente rientranti nel novero di quelli considerati dal citato art. 4, c. 1 , ma aventi indubbi riflessi politici di carattere generale.
Invero, l'elenco degli atti indicati nella norma citata s'appalesa non già tassativo, ma meramente esemplificativo di quelli di sicuro aventi rilievo politico e, come tali, attribuiti ai titolari della potestà d'indirizzo. Il criterio di riparto esprime perciò un principio aperto ed elastico, di natura tendenziale ma non esaustiva o esclusiva, circa la generale attribuzione delle competenze alla dirigenza amministrativa. Queste ultime, quindi, non comprendono, per il sol fatto di non esser in modo preciso elencate in capo alla dirigenza politica, l'adozione di atti aventi fondamentali ed oggettivi tratti di politicità desumibili dall'ampiezza e dalla rilevanza degli interessi coinvolti, dall'ampia discrezionalità strategica delle valutazioni da effettuare e dall'incidenza sociale degli interventi.”.
Né si dica che l’autorizzazione integrata ambientale, di cui qui si verte, sia del tutto estranea a quell’ “esercizio di politica ambientale” i cui tratti la Sezione ha ritenuto di potere individuare nella VIA.
Anche in questo caso, infatti, se l’'attività di pianificazione e/o di programmazione, può dirsi esaurita nella precedente fase di VIA, rimane pur sempre la necessità di operare una “mediazione fra interessi articolati e variegati, degli enti locali e dell'Amministrazione centrale, che coinvolge interessi costituzionalmente protetti (all'ambiente ed allo sviluppo sostenibile) e rende necessaria una valutazione politica”.
È quasi inutile soggiungere che “il mantenimento di competenze amministrative in capo al titolare della potestà d'indirizzo [...] non implica certo la sottrazione della statuizione così assunta alle garanzie del procedimento o d'ogni tipo di controllo. A differenza dell'attività d'indirizzo propriamente detta -che normalmente tende ad inverarsi in atti politici inerenti alle scelte fondamentali dei corpi rappresentativi o di governo-, i compiti amministrativi rimasti in capo alla dirigenza politica si procedimentalizzano ed assumono le forme giuridiche del pubblico potere, ossia quelle del provvedimento. Anche questo, come in tutti i casi di discrezionalità mista a valutazioni tecniche -o in quelli in cui la valutazione è coessenziale alla scelta-, si basa sull'adeguata mediazione e sulla ponderazione di tutti gli interessi fondamentali introdotti nel procedimento, che l'organo decidente gerarchizza secondo criteri di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza rispetto all'obiettivo da raggiungere. Da ciò discende l'evidente soggezione pure di tal provvedimento allo scrutinio di legittimità da parte di questo Giudice, anche quando tal statuizione coinvolga ampi ed articolati profili di discrezionalità e di accertamenti tecnici sofisticati, negli ovvi limiti che la giurisdizione incontra sul punto.”.
2.4. In relazione al residuo profilo della censura di incompetenza, secondo cui, a norma dell’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 152/2006, attualmente vigente, avrebbero dovuto essere sentiti i Ministri dell’Interno, del Lavoro e delle Politiche sociali, nonché il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentali e Forestali, è sufficiente ribadire che, al caso in esame, si applica, ratione temporis, l’art. 5, comma 12, del d.lgs. n. 59/2005, che tale apporto non prevedeva.
Infatti, il d.lgs. n. 152/2006, all’art. 35, comma 2 –ter (articolo già sostituito dall’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 4/2008, e poi successivamente modificato, anche relativamente al comma in esame, dal d.lgs. n. 128/2010), prevede che “Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all'entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento”.
Analogamente, l’art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 128/2010, stabilisce espressamente che “Le procedure di VAS, VIA ed AIA avviate precedentemente all'entrata in vigore del presente decreto sono concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento”.
Nella fattispecie, la domanda di AIA è stata presentata dalla Luminosa il 7.11.2006, di talché può tranquillamente escludersi l’applicazione al relativo procedimento della disciplina successivamente introdotta.
3. Nell’ordine logico delle questioni, viene poi in rilievo un’ulteriore censura di carattere procedimentale, relativa all’espressione del parere della Commissione istruttoria originariamente disciplinata dall’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 59/2005.
Parte ricorrente sostiene infatti che fosse necessaria una pronuncia del plenum della Commissione, e che, comunque, all’interno del Gruppo Istruttore, designato dal Presidente della Commissione, il componente designato dalla Provincia di Benevento (l’assessore all’ambiente), non sia un “esperto”, così come invece espressamente richiesto dalle disposizioni in esame.
3.1. L’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 59/2005, prevedeva originariamente che “Ai fini dello svolgimento delle attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio delle autorizzazioni di competenza statale, è istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, una commissione istruttoria IPPC composta da 27 esperti di elevata qualificazione, di cui uno con funzioni di presidente, provenienti dalle amministrazioni pubbliche, dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, da università, istituti scientifici, enti di ricerca, soggetti pubblici e privati adeguatamente qualificati. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, adottato previa adozione del decreto di cui all'articolo 18, comma 2, sono nominati i membri della commissione ed è disciplinato il funzionamento della commissione stessa. Al fine di garantire il necessario coinvolgimento degli enti territoriali, per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione, la commissione è integrata da un esperto designato da ciascuna regione, da un esperto designato da ciascuna provincia e da un esperto designato da ciascun comune territorialmente competenti. La commissione istruttoria IPPC ha il compito di fornire all'autorità competente, anche effettuando i necessari sopralluoghi, in tempo utile per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonché approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione [...]”.
Tali disposizioni risultano poi confluite nell'art. 36 del d.lgs. n. 152/2006 a seguito delle modifiche disposte dal comma 3 dell'art. 1, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.
In materia era peraltro già intervenuto il D.P.R. 14 maggio 2007, n. 90 (recante “Regolamento per il riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.”), il cui articolo 10, nella versione originaria, prevedeva che “La Commissione istruttoria per l'IPPC, istituita ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, è composta da venticinque esperti di elevata qualificazione giuridico-amministrativa e tecnico-scientifica scelti nel settore pubblico e privato, di cui uno con funzioni di presidente. Per le attività relative a ciascuna domanda di autorizzazione, la Commissione è integrata da un esperto designato da ciascuna regione, da un esperto designato da ciascuna provincia e da un esperto designato da ciascun comune territorialmente competenti.
2. La Commissione, ai fini dello svolgimento delle attività istruttorie e di consulenza tecnica connesse al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali di competenza statale, ha il compito di fornire all'autorità competente, anche effettuando i necessari sopralluoghi, in tempo utile per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, un parere istruttorio conclusivo e pareri intermedi debitamente motivati, nonchè approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda di autorizzazione. La Commissione ha altresì il compito di fornire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare consulenza tecnica in ordine ai compiti del Ministero medesimo relativamente all'attuazione del citato decreto legislativo n. 59 del 2005.
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono nominati i membri della Commissione ed è disciplinato il funzionamento della Commissione stessa”.
L'articolo 28, comma 7, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, ha successivamente ridotto il numero degli esperti da 25 a 23, precisando che gli stessi, provenienti dal settore pubblico e privato, debbono avere elevata qualificazione giuridico-amministrativa, oppure tecnico-scientifica. Almeno tre dei componenti debbono essere scelti tra i magistrati ordinari, amministrativi e contabili.
Orbene, la composizione e il funzionamento della Commissione sono stati disciplinati dal decreto n. GAB/DEC/2007 153 del 25 settembre 2007 del Ministro dell’Ambiente, nonché dal successivo n. GAB/DEC/224/2008 del 7 agosto 2008 (puntualmente richiamati nelle premesse del decreto di VIA).
Come fatto rilevare dalla difesa erariale, l’art. 4 del decreto 25 settembre 2007 stabilisce – come principio di carattere generale – che la Commissione esercita i propri compiti attraverso gruppi istruttori e un nucleo di coordinamento.
In mancanza di qualsivoglia impugnativa dei decreti summenzionati, e della disciplina ivi contenuta, deve allo stato ritenersi che l’espressione del parere non già da parte della Commissione, bensì di una Sottocommissione, all’uopo appositamente designata (per evidenzi ragioni di semplificazione e accelerazione procedimentale), sia pienamente legittimo.
Infondata è poi, in punto di fatto, l’affermazione secondo cui il Gruppo Istruttore non sarebbe stato integrato dagli esperti designati da Comune, Provincia e Regione.
Ad essi si fa infatti espresso riferimento nel frontespizio del parere del Gruppo istruttore, allegato al decreto di AIA.
Relativamente alla censura concernente la designazione dell’ing. Aceto, Assessore all’Ambiente della Provincia di Benevento, non può invece condividersi l’assunto delle resistenti secondo cui il Ministro sarebbe totalmente vincolato dalle designazioni operate dagli Enti locali, ai fini dell’integrazione della Commissione, ovvero, che un simile vizio potrebbe essere fatto valere solo dagli Enti medesimi, a tutela delle prerogative stabilite dalla legge.
E’ infatti elementare il rilievo secondo cui, le fonti succedutesi nel tempo hanno costantemente ribadito che la Commissione debba avere una oggettiva connotazione scientifica.
Di talché, i portatori di un interesse legittimo oppositivo al rilascio dell’autorizzazione in esame, sono legittimati a dolersi anche di eventuali vizi della fase istruttoria che, in ipotesi, non abbiano garantito il necessario supporto tecnico – giuridico.
Allo stesso modo, anche il Ministro dell’Ambiente, a garanzia della connotazione scientifica della Commissione, non è tenuto a recepire passivamente le designazioni degli Enti locali, ma può, nel caso, sollecitare una nuova designazione.
Sul punto, la stessa difesa erariale ammette che, anche con riferimento ai componenti designati dalle Regioni e dagli Enti locali, è comunque prevista la partecipazione di “esperti”, e cioè di soggetti dotati di specifiche competenze.
Ciò posto, reputa il Collegio che il motivo debba essere complessivamente rigettato, essendo rimasto del tutto generico, e comunque privo di idonea allegazione circa la mancanza, in capo all’esperto designato dalla Provincia di Benevento, delle competenze richieste.
Infatti, la mera circostanza che l’ing. Aceto rivesta anche la carica di assessore all’Ambiente, non vale di per sé ad escludere l’esistenza di siffatte competenze.
4. Sul piano sostanziale, parte ricorrente svolge due ordini di censure.
Da un lato, evidenzia come, allo stato, non si sia verificata la condizione n. 1 apposta al decreto VIA, secondo cui “Il giudizio favorevole di compatibilità ambientale è condizionato all’esito negativo della procedura autorizzativa afferente altra centrale termolettrica localizzata nella medesima macroarea interna individuata dalla D.G.R. n. 3533 del 5.12.2003, causa il raggiungimento del riequilibrio del fabbisogno energetico in caso di rilascio dell’autorizzazione indicata”.
La condizione medesima deve ritenersi tuttora vigente posto che non risulta che il decreto VIA sia stato modificato e/o revocato dagli Organi a ciò competenti.
Un secondo ordine di censure riguarda vizi propri dell’AIA, la quale non avrebbe fatto corretta applicazione delle norme del d.lgs. n. 152/2006 relative alla disciplina degli scarichi e del c.d. divieto di diluizione.
4.1. In relazione al primo ordine di censure, reputa il Collegio che la nota del MATTM, Direzione Generale Valutazioni Ambientali, prot. DVA – 2010 – 27156 del 10.11.2010, e il parere della Commissione VIA VAS n. 623 del 17.12.2010, non siano atti idonei a modificare il decreto di compatibilità ambientale reso nel 2008.
Essi, del resto, non si qualificano nemmeno come tali ma recano, come già accennato, una mera “interpretazione” in ordine alla perdurante efficacia della condizione n.1, basata su due presupposti essenziali che possono essere così sintetizzati:
1) la condizione deriverebbe esclusivamente dal contenuto della programmazione e del bilancio energetico della Regione Campania, all’epoca vigenti (D.G.R. n. 3533 del 5.12.2003);
2) la modifica di tale bilancio, e delle linee di indirizzo strategico delle programmazione regionale (recate dalla D.G.R. n. 962/2008), avrebbe determinato l’alterazione del quadro fattuale sotteso alle originarie valutazioni contenute nella VIA, con la conseguenza che la condizione stessa sarebbe, per ciò solo, venuta meno.
Di fatto, secondo la Direzione Generale e la Commissione VIA – VAS, le centrali Edison e Luminosa sono oggi localizzabili e realizzabili all’interno della stessa macroarea in quanto necessarie al raggiungimento del bilancio energetico regionale, e, comunque, con esso compatibili.
4.1.1. Il Collegio non condivide siffatta interpretazione.
In primo luogo, appare alquanto singolare che, nell’ambito di un procedimento di VIA, propedeutico alla realizzazione di un’opera di interesse nazionale, la programmazione regionale sia stata considerata vincolante come tale, e cioè indipendentemente da una qualsivoglia valutazione di sostenibilità ambientale in rapporto alla natura, dimensione e ubicazione delle opere previste (essendo questo lo scopo della VIA).
In materia, inoltre, non appare inutile ricordare che nel nostro ordinamento manca una norma che subordini il rilascio dell'autorizzazione ex art. 1 d.l. n. 7/2002, all'esistenza di una conforme pianificazione regionale (cfr. Cons. St., sez. VI, 23 dicembre 2005, n. 7387).
Il richiamo a tale programmazione, contenuto in un procedimento di VIA, deve quindi necessariamente possedere un significato diverso dal passivo recepimento degli indirizzi di politica energetica regionale.
Nel caso in esame, nelle premesse del decreto VIA, vengono ad esempio richiamate diverse note della Regione Campania, relative sia a problematiche di natura energetica che ambientale, di carattere non univoco, al punto da indurre il Ministero a sollecitare la Regione affinché esprima la propria “posizione unitaria”.
Seguono, per quanto attiene alle problematiche di natura energetica, una nota dell’Area Generale di Coordinamento sviluppo economico, la quale, nell’evidenziare “quanto emerge dal monitoraggio regionale sullo stato dei procedimenti autorizzativi degli impianti per la produzione di energia, ovvero le criticità relative alla cantierabilità di alcuni interventi già autorizzati (Orta di Atella), e lo stallo della conclusione di alcuni procedimenti di autorizzazione (es. Flumeri)” non esclude“la possibilità dal punto di vista strettamente energetico, di potere valutare altre iniziative al fine del conseguimento della riduzione del deficit energetico regionale”, precisando, in ogni caso, che “sarà nella sede della Conferenza di Servizi presso il Ministero competente che l’amministrazione regionale formulerà o meno l’intesa ai sensi della l. 55/2002”.
Dal canto suo, il Settore Tutela dell’Ambiente della Regione si richiama al parere favorevole espresso dalla Commissione Regionale VIA con verbale n. 131 dell’8.11.2007, che conferma il parere già espresso nel 2005 in quanto congruo con il “Piano regionale di risanamento della qualità dell’aria”, con la prescrizione di effettuare “uno studio della ricaduta degli inquinanti per verificare il sussistere del rischio che la centrale comporti a scala locale una crescita di concentrazione degli inquinanti tale da vanificare la riduzione delle emissioni in essere come valutata dal detto Piano”.
A questo punto, nel decreto VIA viene richiamata espressamente la D.G.R. n. 3533 del 5.12.2003, recante “Analisi del fabbisogno di energia elettrica in Campania: bilanci di previsione e potenzialmento del parco elettrico regionale”, che individua “i fabbisogni energetici al 2010 per le due macroaree interna (province di Avellino e Benevento, nell’ambito della quale ricade l’iniziativa di Ponte Valentino) e costiera (province di Caserta, Napoli e Salerno), secondo due scenari, alta e bassa crescita, e con tre diverse ipotesi di produzione complessiva di energia elettrica: con riferimento agli scenari corrispondenti alle ipotesi più plausibili, al 2010, la centrale di Flumeri, da 360 MWe, proposta antecedentemente alla l. 55/02, sarebbe sufficiente a garantire il riequilibrio energetico dell’intera macroarena interna”, con la conseguenza che tutti gli altri interventi “sono subordinati all’esito della procedura autorizzativa presso il Ministero dello Sviluppo Economico della centrale di Flumeri e che tali considerazioni sono state confermate con D.G.R. n. 469 del 25.3.2004”.
Il decreto di compatibilità ambientale, pur favorevole, viene poi - come più volte ricordato – espressamente condizionato all’esito negativo di siffatta procedura autorizzativa.
E’ bene precisare che anche la Commissione VIA, nel 2006, all’esito dell’esame “delle caratteristiche del progetto e di tutte le informazioni disponibili” aveva espresso parere favorevole ma “a condizione che il progetto autorizzativo per la centrale di Flumeri si concluda con esito negativo, conformemente alle premesse della DGR n. 469 del 25 marzo 2004”.
Quanto testé riportato evidenzia che la valutazione dell’impatto ambientale della centrale Luminosa è avvenuto con l’esplicita esclusione di un rilevante presupposto di fatto, e cioè la realizzazione, all’interno della stessa macroarea, di altra centrale avente caratteristiche analoghe.
La condizione n. 1 non rappresenta, pertanto, una mera verifica di coerenza con il fabbisogno energetico regionale, ma costituisce, a ben vedere, l’ “in sé” del giudizio di compatibilità ambientale.
Le due centrali sono state considerate alternative, di talché deve convenirsi con la ricorrente che la condizione n. 1 poteva essere revocata e/o modificata esclusivamente attraverso la rinnovazione del procedimento di VIA.
Ammesso infatti che, oggi, la politica energetica regionale consenta e/o imponga, ai fini dell’equilibrio energetico regionale, la realizzazione di entrambi gli impianti, è un fatto che la sostenibilità ambientale di ciascuno di essi sia stata valutata senza considerare l’altro.
Per completezza, appare anche opportuno osservare - quanto al preteso, radicale, mutamento della politica energetica regionale - che, in realtà, le Linee di indirizzo strategico del PEAR 2008 non appaiono molto dissimili, per quanto di interesse nella presente controversia, da quelle del 2003.
Si legge infatti, proprio alla pag. 51 della delibera n. 962/2008 (esplicitamente richiamata nella nota MATTM, prot. n. 27156 del 10.11.2010), che “I dati evidenziano chiaramente come nelle ipotesi precisate le centrali termoelettriche già autorizzate e non ancora realizzate (Salerno e Orta di Atella (CE)) con l’aggiunta di quella di Flumeri (AV) (in procedura di autorizzazione ex DPCM27/12/1988) siano largamente sufficienti all’azzeramento del deficit elettrico regionale, anche grazie allo sviluppo molto sostenuto delle fonti rinnovabili per le quali si prevede un incremento, al 2013, rispetto al 2006, di oltre il 400%, in termini di energia prodotta con una potenza installata più che triplicata. Sulla scorta del monitoraggio sulla realizzazione degli interventi, nonché allo statodei procedimenti autorizzativi, emergono da un lato delle criticità di cantierabilità per alcuni interventi autorizzati (Salerno e Orta di Atella) e, dall’altro, uno stallo nella conclusione di alcuni procedimenti di autorizzazione (ad esempio Flumeri e Presenzano (CE) quale delocalizzazione di quanto previsto ad Orta di Atella).
E’ pertanto possibile che, in futuro, siano valutate altre proposte di insediamento di centrali termoelettriche a gas naturale. In questa congiuntura tali proposte saranno analizzate caso per caso, solo se necessarie ai fini del conseguimento degli obiettivi di piano (riduzione delle emissioni, pareggio del bilancio elettrico) e coerentemente con le priorità attribuite agli interventi di contenimento della domanda e alla diversificazione delle fonti attraverso lo sviluppo delle fonti rinnovabili e della cogenerazione.
Si deve pertanto concludere che, sulla scorta del bilancio, degli scenari previsionali e degli obiettivi delle presente Linee di indirizzo e in coerenza con gli stessi obiettivi di sviluppo del parco termoelettrico regionale a suo tempo indicati nelle Linee Guida regionali del 2002 – i quali prevedevano l’installazione di centrali termolettriche a fonte fossile (gas naturale) di tipo convenzionale solo nella misura necessaria a compensare il deficit elettrico regionale – la realizzazione delle centrali già attualmente previste non lascerebbe spazio a nuove iniziative analoghe sul territorio”.
Si è già in precedenza evidenziato che, anche, in occasione del parere reso ai fini del decreto VIA, la Regione Campania, non escludeva “la possibilità dal punto di vista strettamente energetico, di potere valutare altre iniziative al fine del conseguimento della riduzione del deficit energetico regionale”.
Risulta pertanto che, dal punto di vista degli indirizzi di politica energetica regionale, tra il 2003 e il 2008, non sia intervenuta alcuna radicale evoluzione, ma vi sia, invece, una sostanziale continuità.
D’altro canto, è anche logico che, sebbene non esplicitati, anche nella programmazione risalente al 2003, fossero presenti elementi di “flessibilità”.
Tuttavia, gli indirizzi di politica energetica regionale non possono - ora, come allora - costituire un elemento dirimente ai fini della presente controversia per il semplice fatto che il procedimento di VIA non riguarda l’astratto rispetto della programmazione regionale ma la tutela del bene collettivo e primario dell’ambiente.
In definitiva, quale che sia il rilievo della pianificazione energetica regionale, il Ministero dell’Ambiente, e la Commissione VIA, non potevano limitarsi a prendere atto del mutamento di tali indirizzi, ma dovevano promuovere la rinnovazione del giudizio di VIA della centrale di Luminosa al fine di considerarne espressamente l’interazione con la centrale di Flumeri.
Ne consegue che, allo stato, la condizione n.1 apposta alla VIA:
- non si è realizzata, poiché il procedimento di autorizzazione della centrale di Flumeri è ancora initinere;
- è tuttora vigente, occorrendo che, ai fini della modifica e/o revoca della condizione medesima, venga rinnovato il procedimento di VIA, attraverso l’espressa inclusione, ai fini del giudizio di compatibilità ambientale, della centrale di Flumeri, in quanto localizzata nella stessa macroarea interna.
5. Quanto in precedenza argomentato, risulta assorbente ai fini dell’accoglimento del ricorso.
Tuttavia, appare opportuno esaminare anche le ulteriori, autonome censure attinenti a vizi propri dell’autorizzazione integrata ambientale.
5.1. Secondo parte ricorrente, il progetto non sarebbe conforme alla prescrizioni di cui all’autorizzazione adottata dalla Provincia di Benevento relativamente allo scarico nel fiume Calore dei reflui dell’impianto di trattamento consortile dell’area ASI Ponte Valentino.
Ciò in quanto la previsione di un serbatoio di raccolta delle acque reflue industriali, ai fini della loro omogeneizzazione, determinerebbe una soluzione di continuità, tale da sottoporre i reflui medesimi alla più rigorosa disciplina dei rifiuti liquidi e non già a quella degli scarichi.
5.1.1. La censura non è condivisibile, costituendo il frutto di una prospettazione parziale del contenuto dell’autorizzazione qui in esame.
Al riguardo, risulta che – come puntualmente argomentato dalla difesa erariale – la materia degli scarichi idrici sia stata oggetto di approfondito in esame in sede istruttoria.
In particolare, il gruppo istruttore ha chiesto al gestore di fornire le specifiche delle caratteristiche chimico – fisiche delle acque reflue industriali al limite di batteria, nonché di dimostrare la capacità tecnica del depuratore ASI a trattare i quantitativi recapitati (scheda A26 della domanda di AIA).
Altra richiesta ha riguardato le concentrazioni degli inquinanti previste nei reflui acquosi al limite di batteria sulla base dei limiti richiesti dal Consorzio ASI per lo scarico in fognatura (scheda B10).
Il gestore ha poi dichiarato, al punto D.7, che lo scarico finale SF1, posto a valle del serbatoio acque reflue, non dà luogo a soluzione di continuità della rete fognaria tale da poter considerare lo scarico stesso quale punto di prelievo di rifiuti liquidi.
Tale qualificazione giuridica, secondo il gestore, deve essere riservata ai soli eventuali sali, fanghi e solidi raccolti sul fondo, dei quali è previsto lo smaltimento ad intervalli regolari attraverso operatori autorizzati.
L’’istruttoria ha poi trovato riscontro nelle prescrizioni recanti i valori delle concentrazioni degli inquinanti presenti nello scarico fissati dall’AIA.
Al punto 8.4 (lett.a) si legge espressamente che “I valori delle concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nello scarico prima del conferimento in fognatura per il successivo trattamento presso l’impianto consortile non dovranno subire diluizioni in corrispondenza del punto di controllo individuato come pozzetto di ispezionie (SF1/SF2), prima della miscelazione con le altre acque, mediante campionamenti, contemporanei e separati, al fine di monitorare l’andamento degli inquinanti [...]”.
Vengono quindi riportati, quale parte integrante delle prescrizioni relative ai “valori limite” delle emissioni in acqua i valori di cui alla “condizione n.1” della tabella ASI, con la precisazione che ogni eventuale modifica della tabella dovrà essere trasmessa per le necessarie valutazioni all’Autorità competente.
Un’apposita prescrizione (lett. i), riguarda l’obbligo di raccogliere le acque reflue, dopo i “necessari trattamenti” in apposito serbatoio per l’omogeneizzazione, nonché (lett. j), lo smaltimento ad intervalli regolari mediante operatori autorizzati di eventuali “sali, fanghi e solidi raccolti sul fondo del serbatoio”.
Ciò premesso, risulta che l’eventuale produzione di veri e propri “rifiuti liquidi” è stata espressamente considerata dall’Aia e forma oggetto di un’apposita prescrizione, in relazione alla quale – è bene precisare – parte ricorrente non ha ritenuto di coltivare ulteriori, specifiche censure.
Per quanto occorrer possa, si rileva anche che siffatta prescrizione appare coerente con la costante giurisprudenza della Cassazione penale, secondo la quale “sono esclusi dall'applicazione della disciplina sui rifiuti esclusivamente le acque di scarico e cioè quelle acque che vengono immesse direttamente nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria, secondo la definizione di cui il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 2, comma 1, lett. bb), (attualmente D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 74, comma 1, lett. ff), come sostituito dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4), mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento, mentre in ogni altro caso in cui i reflui vengano stoccati in attesa di un successivo smaltimento gli stessi devono essere qualificati quali rifiuti allo stato liquido e sono, pertanto, soggetti alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997 (attualmente D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256)” (così, ex plurimis, Cass. pen., sez. III, 18 giugno 2009, n. 35138).
Nel caso di specie, dalla descrizione contenuta nel provvedimento di AIA si evince come non vi sia un vero e proprio “stoccaggio” in un contenitore materialmente separato dal sistema di canalizzazione, quanto il riversamento delle acque reflue in un bacino, in cui sostano solo il tempo necessario al raggiungimento dei valori ammessi ai fini del conferimento nella rete ASI.
E’ comunque previsto lo smaltimento come rifiuto di quegli elementi che vengano ad accumularsi sul fondo del serbatoio.
5.2. Gli ulteriori rilievi del WWF si ricollegano ad un’osservazione svolta dalla Provincia nel corso del procedimento, secondo la quale, lo scarico del Consorzio ASI (nella cui rete fognaria, e relativo impianto di depurazione, è previsto anche il recapito della centrale) “è stato autorizzato con la prescrizione di non diluire il refluo dell’impianto di depurazione con acque prelevate esclusivamente allo scopo e le acque di raffreddamento provenienti dalla centrale termica di fatto andrebbero, invece, a diluire il refluo, e, probabilmente, a causa della loro temperatura potrebbe anche inficiare la fase biologica del trattamento depurativo con probabili ripercussioni negative sullo scarico od anche sul corpo idrico recettore;
- l’art. 101, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006, infine, non consente di diluire gli scarichi con acque di raffreddamento e prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia tenuto comunque separato dagli scarichi;
- giova inoltre rammentare che l’art. 101, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che l’autorità competente, in sede di autorizzazione, prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanza di cui al comma 4, che sono comunque effettivamente riscontrabili nelle acque di scarico del Consorzio ASI, come da certificazione del Laboratorio Bierre Chimica s.r.l. del 2.4.2009, allegata all’istanza di rinnovo dell’autorizzazione allo scarico del Consorzio A.S.I.(nella fattispecie nichel, rame, piombo e zinco) e che quindi le acque di raffreddamento della centrale termica devono essere tenute separate dallo scarico del Consorzio che contengono, appunto, sostanza di cui alla tabella 5 dell’Allegato 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006 e richiamate nei commi 4 e 5 dell’art. 101 di detto decreto legislativo”.
5.2.1. L’art. 101, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 152/2006, prescrive che “4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente, in sede di autorizzazione prescrive che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la produzione di energia, sia separato dagli scarichi terminali contenenti le sostanze di cui al comma 4”.
5.2.2. Il Collegio osserva, in primo luogo, che il provvedimento di “autorizzazione allo scarico nel fiume Calore delle acque reflue industriali del Consorzio ASI” n. 173/03 del 27.4.2009”, riguarda la domanda, avanzata dal medesimo Consorzio, di “scarico continuo nel Fiume Calore di acque reflue industriali depurate, per una quantità indicativa annua di circa 200.000 mc³, non contenente le sostanze di cui alle tabelle 5 e 3/A dell’allegato 5 alla parte terza del d.lgs. n. 152/2006”.
Per quanto qui interessa, è previsto il divieto di diluizione con acque prelevate esclusivamente allo scopo (lett. c ed f).
Non risulta specificamente prescritto l’obbligo di separazione di cui all’art. 101, comma 5, ultima parte, né contestualmente al rilascio dell’autorizzazione stessa, né successivamente.
E’ dunque la Provincia stessa che non ha ritenuto di imporre al Consorzio l’obbligo di separazione prescritto dal cit. art. 101, comma 5.
E sempre a tale Ente compete di sospendere e/o revocare l’autorizzazione rilasciata nell’eventualità di rinvenimento nelle acque di scarico del Consorzio delle sostanze ivi indicate.
Il provvedimento di AIA riguarda invece l’impianto Luminosa e non già – come esattamente rilevato dalla difesa erariale – le modalità di gestione del depuratore consortile (cfr. anche la pag. 44 del parere istruttorio in cui si dà espressamente atto che “il depuratore consortile non è oggetto della procedura di AIA”).
In ordine agli scarichi della centrale, l’AIA reca una puntuale applicazione del divieto di diluizione, là dove, al paragrafo 8.4 (lett.a), già riportato, prescrive espressamente che “I valori delle concentrazioni delle sostanze inquinanti presenti nello scarico prima del conferimento in fognatura per il successivo trattamento presso l’impianto consortile non dovranno subire diluizioni in corrispondenza del punto di controllo individuato come pozzetto di ispezione (SF1/SF2), prima della miscelazione con le altre acque, mediante campionamenti, contemporanei e separati, al fine di monitorare l’andamento degli inquinanti [...]”
Vengono quindi richiamati, quale parte integrante delle prescrizioni relative ai “valori limite” delle emissioni in acqua, i valori di cui alla “condizione n.1” della tabella ASI, con la precisazione che ogni eventuale modifica della tabella dovrà essere trasmessa per le necessarie valutazioni all’Autorità competente.
Alla luce di tanto, la valutazione del Gruppo Istruttore, secondo cui “relativamente al conferimento degli scarichi idrici di centrale al depuratore consortile dell’area ASI si ritiene che il progetto presentato dal Gestore sia conforme alla prescrizioni di cui all’autorizzazione emanata dalla Provincia di Benevento con provvedimento n. 173 del 27.4.2009 [...]”, non si appalesa né illogica né superficiale.
Si osserva, altresì, che la tesi propugnata dalla Provincia comporterebbe l’impossibilità di utilizzare la rete fognaria ASI, e il depuratore consortile, anche là dove, come nella fattispecie, siano, da un lato, rispettate le prescrizioni dettate dal Consorzio per il recapito nella rete fognaria, e, dall’altro, le prescrizioni dettate a quest’ultimo dalla stessa Provincia ai fini del recapito nel corpo recettore.
6. Parte ricorrente si duole, infine, che, nel prescrivere un limite più restrittivo per le emissioni di ossidi di azoto, rispetto a quanto considerato in sede di VIA, il Gruppo istruttore si sia limitato a raccomandare l’ “impiego di una o più tecnologie verificate, presenti sul mercato che consentono di ottenere alte prestazioni nell’abbattimento degli ossidi di azoto a costi accettabili” (pag. 50), senza contestualmente specificare le tecniche da adottare.
La prescrizione, tuttavia, appare conforme all’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 59/2005 (come già detto, applicabile ratione temporis), secondo cui l'amministrazione non può imporre l'utilizzo di una specifica tecnica ma solo le “migliori tecniche disponibili” così come elaborate in sede comunitaria (sulle quali, cfr. la sentenza di questa Sezione n. 32824 del 14 ottobre 2010).
Del tutto analogo è il tenore dell’art. 29 –sexies, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, attualmente vigente secondo cui “Fatto salvo l'articolo 29-septies, i valori limite di emissione, i parametri e le misure tecniche equivalenti di cui ai commi precedenti fanno riferimento all'applicazione delle migliori tecniche disponibili, senza l'obbligo di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle condizioni locali dell'ambiente. In tutti i casi, le condizioni di autorizzazione prevedono disposizioni per ridurre al minimo l'inquinamento a grande distanza o attraverso le frontiere e garantiscono un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso”.
Appare, infine, pienamente condivisibile l’osservazione della società controinteressata, secondo cui l’individuazione di una precisa tecnologia sarebbe meno cautelativa per l’ambiente, mentre il riferimento alle BAT o MTD, consente l’adeguamento dell’impianto alle tecnologie più evolute introdotte sul mercato nel periodo di validità dell’autorizzazione.
7. Ciò posto, per le considerazioni svolte al paragrafo 4 della presente decisione, l’autorizzazione integrata ambientale, in quanto adottata sull’erroneo presupposto della sopravvenuta inefficacia della condizione n. 1 apposta al decreto VIA n . 708 dell’1.8.2008, è illegittima e deve essere annullata.
La complessità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e, per l’effetto, annulla il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, U.prot. DVA_DEC – 2011 – 0000421 del 26.7.2011.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/06/2012