TAR Campania (NA) Sez. V n. 2370 del 6 aprile 2022
Ambiente in genere Valutazione di impatto ambientale
La decisione sulla richiesta di autorizzazione non può prescindere da un’analisi del contesto attuale del territorio di riferimento e, altresì, del “cumulo con altri progetti” (segnalazione e massima avv. M. Balletta)
Pubblicato il 06/04/2022
N. 02370/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01307/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1307 del 2018, proposto da
Comune di Acerra, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Balletta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Marzocchella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Città Metropolitana di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Cristiano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania - Arpac, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Cristina Uccello, Maria Gabriella Tagliamonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Eco Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Parisi, Luigi Cerbone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
a) del decreto dirigenziale della Regione Campania n. 29 del 23.1.2018, a firma del dirigente della Direzione Generale per l'Ambiente e l'Ecosistema- Autorizzazioni ambientali e rifiuti di Napoli, recante ad oggetto il rilascio dell'autorizzazione unica per la realizzazione e l'esercizio dell'impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti non pericolosi (D15, D14, D13, R13, R12, R3R4, R5) e stoccaggio di rifiuti pericolosi (D15, R13) sito nel Comune di Acerra (NA) zona ASI, Località Pantano, comunicato con nota pec della Regione Campania, prot. 2018.0054229 del 25.1.2018;
b) dei verbali della conferenza dei servizi ex art. 208 D.Lgs 152/2006, ed, in particolare, di verbali del 2.2.2015, del 26.5.2016 e del verbale conclusivo del 20.10.2016, ivi compresi i pareri di: ATO2 Napoli Volturno espresso con nota del 25.5.2016; Autorità di Bacino Regionale della Campania Centrale espresso con nota del 12.5.2016; Città Metropolitana di Napoli espresso con nota prot. 355665 del 20.10.2016; Arpac espresso con nota prot. 66887 del 20.10.2016; Consorzio ASI di Napoli espresso con nota prot. 1105 del 20.3.2017 e con richiamata deliberazione del Comitato direttivo n. 8 del 24.1.2017, nonché della nota del medesimo ente prot. 5416 del 5.12.2017;
c) nonché per la declaratoria di cessazione della efficacia temporale del decreto della Regione Campania n. 741 dell'11.11.2011 di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, con il quale è stata disposta la esclusione del progetto dalla valutazione di impatto ambientale, richiamato nel provvedimento impugnato sub a).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania, di Eco Ambiente s.r.l., d Città Metropolitana di Napoli, dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Campania, dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania - Arpac;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2022 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
E’ impugnato il decreto dirigenziale n. 29/2018 della Regione Campania, unitamente agli ulteriori atti indicati in epigrafe, avente ad oggetto il rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi, sito nel Comune di Acerra, zona ASI, località Pantano, adottato all’esito della conferenza di servizi nell’ambito della quale l’ente locale ricorrente esprimeva parere non favorevole con la seguente motivazione: “…in tale area, interessata da criticità ambientali, è già presente l’impianto di termovalorizzatore dei rifiuti, allo stato l’unico presente in Campania, nonché altri impianti che svolgono la stessa attività produttiva” (cfr. nota del Comune di Acerra prot. n. 24101 del 26.5.2016).
A sostegno dell’esperito gravame il Comune di Acerra articola i motivi di diritto di seguito rubricati: violazione del D.Lgs. n. 152/2006 (Codice dell’Ambiente), violazione del D.M. del 30.3.2015 (“Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle Regioni e Province autonome”), violazione del principio del giusto procedimento, eccesso di potere per travisamento dei presupposti, violazione del principio di precauzione, omissione della valutazione di impatto ambientale, violazione della L. n. 241/1990, carenza di istruttoria.
In sintesi, svolge le argomentazioni di seguito compendiate:
- sarebbe illegittima la modalità di svolgimento “asincrona” del procedimento di autorizzazione ex art. 208 del Codice dell’Ambiente rispetto al giudizio di compatibilità ambientale, in violazione della predetta disposizione che, al primo comma, dispone che “Ove l'impianto debba essere sottoposto alla procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda è altresì allegata la comunicazione del progetto all'autorità competente ai predetti fini; i termini di cui ai commi 3 e 8 restano sospesi fino all'acquisizione della pronuncia sulla compatibilità ambientale ai sensi della parte seconda del presente decreto”; in particolare, detto screening è stato definito con decreto dirigenziale n. 714/2011 (recante esclusione dalla procedura di VIA ex art. 20 del Codice dell’Ambiente), senza alcun collegamento con il procedimento principale di autorizzazione unica, la cui conferenza di servizi è stata convocata anni dopo (nel 2015) con adozione del provvedimento conclusivo nel 2018, sarebbe quindi mancata una valutazione aggiornata dell’impatto ambientale;
- sussisterebbe violazione dell’art. 26, comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006 (nella formulazione vigente prima della modifica attuata dall’art. 15 del D.Lgs.n. 104/2017) che prevedeva un termine di validità quinquennale della valutazione di compatibilità ambientale; pertanto nel 2016 sarebbe divenuto inefficace il giudizio di esclusione dalla procedura di VIA di cui al decreto n. 714 dell’11.11.2011 e la Regione avrebbe dovuto rinnovare lo screening aggiornandolo all’attualità, tenendo conto della presenza nel predetto territorio di ulteriori analoghi impianti di gestione dei rifiuti e del termovalorizzatore realizzato ai sensi dell’art. 5 del D.L. n. 90/2008, convertito in legge, con modifiche, dalla L. n. 123/2008 al fine di consentire il pieno rientro dall'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania;
- l’azione amministrativa colliderebbe con l’art. 4 del D.M. 30.3.2015 recante “Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle Regioni e Province autonome” che impone di tener conto nelle procedure di VIA del “cumulo” del progetto con altri impianti localizzati nel medesimo contesto ambientale e territoriale (Allegato, punto 4.1);
- si assume la violazione dell’art. 208, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 perché l’amministrazione procedente si sarebbe immotivatamente discostata dal parere contrario reso dal Comune di Acerra nella conferenza di servizi;
- infine, il progetto autorizzato e risultante dalle integrazioni documentali richieste da Arpac e dall’Asi sarebbe diverso da quello sottoposto alla conferenza di servizi, gli enti partecipanti avrebbero quindi reso il loro parere su un progetto incompleto.
Parte ricorrente conclude con le richieste di accoglimento del gravame e di conseguente annullamento degli atti impugnati.
Si è costituita l’Agenzia Regionale Protezione Ambiente Campania - Arpac che oppone il proprio difetto di legittimazione passiva evidenziando di aver adottato meri atti endoprocedimentali.
Resiste in giudizio la Regione Campania che eccepisce l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del decreto di esclusione del progetto dalla valutazione di impatto ambientale (decreto dirigenziale n. 714/2011) e, nel merito, chiede il rigetto del gravame.
La società controinteressante Eco Ambiente s.r.l. controdeduce rilevando, tra l’altro, che l’ente locale non avrebbe espresso motivato dissenso in forma costruttiva in seno alla conferenza di servizi del 20.10.2016, limitandosi a generiche obiezioni riguardo alla compresenza di altri impianti sul medesimo territorio.
Le altre amministrazioni intimate concludono per la reiezione del gravame.
Il T.A.R. ha respinto la domanda cautelare con ordinanza n. 587 del 24.4.2018.
All’udienza pubblica del 22.3.2022 il ricorso è stato introitato in decisione.
In limine litis, non colgono nel segno le sollevate eccezioni in rito.
Invero, il ricorso è stato ritualmente notificato ad Arpac, in qualità di amministrazione che ha emesso uno degli atti gravati nel presente giudizio (nota prot. 66887 del 20.10.2016) ai sensi dell’art. 41 c.p.a., secondo cui “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge…”) che, in ragione della natura endoprocedimentale, è stato impugnato unitamente al provvedimento conclusivo autorizzativo adottato ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006.
Quanto alla mancata tempestiva impugnazione, ad opera del Comune di Acerra, del decreto di esclusione del progetto dalla valutazione di impatto ambientale emesso nel 2011, valgano le seguenti considerazioni.
Le procedure di valutazione di impatto ambientale e di screening, pur inserendosi all’interno del più ampio procedimento di realizzazione di un’opera o di un intervento, sono state considerate dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5092/2014) come dotate di autonomia, in quanto destinate a tutelare un interesse specifico (quello alla tutela dell'ambiente) e ad esprimere, specie in ipotesi di esito negativo, una valutazione definitiva, già di per sé potenzialmente lesiva dei valori ambientali; di conseguenza, gli atti conclusivi di dette procedure sono stati ritenuti immediatamente impugnabili dai soggetti interessati alla protezione di quei valori.
Tuttavia, si è aggiunto che detto screening, data la sua complessità e l’autonomia riconosciutagli dal Codice dell’Ambiente, è esso stesso una procedura di valutazione di impatto ambientale, meno complessa della V.I.A., la cui previsione risponde a motivazioni comprensibilmente diverse; per questo motivo è spesso definito in maniera impropria come un subprocedimento della V.I.A., pur non essendo necessariamente tale. La verifica di assoggettabilità, come positivamente normata, anticipa sostanzialmente la valutazione di impatto, delibandone l’opportunità, sulla base della ritenuta sussistenza prima facie dei relativi presupposti (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 5379/2020).
Ebbene, nel caso specifico, il gravame ha ad oggetto l’autorizzazione unica ex art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 che assorbe e sostituisce ogni altra specifica manifestazione di volontà decisoria dei soggetti istituzionali competenti in via ordinaria, il cui ruolo viene fisiologicamente ridotto a quello di meri interlocutori procedimentali (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 1883/2015). Al riguardo, non può escludersi l’interesse del Comune – in qualità di ente esponenziale della comunità - a conseguire la caducazione giudiziale dell’autorizzazione unica riferita ad un progetto (impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti pericolosi e non) che, nella prospettazione difensiva, andrebbe ad aggravare una condizione di criticità ambientale sul proprio territorio; in particolare, non pare dubbio che tale interesse assuma consistenza in termini di concretezza ed attualità con l’adozione del provvedimento conclusivo dell’iter autorizzativo, specie considerando che, nel caso in esame, quest’ultimo è intervenuto nel 2018, quindi dopo alcuni anni dalla valutazione di non assoggettabilità a VIA (resa nel 2011), allorquando risultavano mutate le locali condizioni ambientali e territoriali di realizzabilità dell’impianto, in conseguenza della realizzazione del termovalorizzatore di Acerra e dell’insediamento di altre infrastrutture analoghe nella medesima area.
Non può farsi discendere dalla mancata tempestiva impugnazione del decreto dirigenziale n. 714 alcun effetto preclusivo ai fini della proposizione del presente gravame giacché, a ben vedere, il Comune non contesta le ragioni dell’esclusione dell’assoggettamento a VIA espresse nel 2011, ma ritiene che detta valutazione abbia una efficacia temporale limitata; ciò in quanto lo screening di cui all’art. 19 del Codice dell’Ambiente deve essere rapportato ad un bene complesso come l’ambiente, nel quale vengono in considerazione diversi fattori soggetti a continuo mutamento anche nelle loro interrelazioni.
Infine, non persuade l’eccezione sollevata dal Comune di Acerra di inutilizzabilità della memoria depositata dalla società controinteressata in data 19.2.2022; in senso contrario, tale atto difensivo risulta tempestivamente versato nel rispetto dei termini di cui all’art. 73 c.p.a..
Passando al merito, ad una valutazione più approfondita delle ragioni attoree, il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Giova rammentare che, con riguardo alle opere per le quali non sia obbligatoriamente prescritta la VIA, la valutazione dell’impatto ambientale deve avvenire nell’ambito di un articolato modulo procedimentale la cui fase introduttiva è segnata dalla presentazione dell'istanza di assoggettabilità all'autorità competente, con allegato lo studio preliminare ambientale, mentre quella decisoria è incentrata sulla verifica demandata all’autorità procedente in ordine ai possibili impatti ambientali significativi, il cui positivo riscontro impone la prosecuzione dell’iter procedimentale mediante la sottoposizione del progetto presentato alla VIA (art. 19 del Codice dell’Ambiente).
La verifica dell'assoggettabilità a VIA, pur rappresentando un vero e proprio subprocedimento che si conclude, nel rispetto delle garanzie partecipative, con un atto avente natura provvedimentale, soggetto a pubblicazione, è comunque teleologicamente avvinto alla fase successiva, condizionando il suo esito, a seconda che il progetto sia in grado o meno di produrre significativi impatti ambientali (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5092/2014).
Secondo l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (Sez. II, n. 5379/2020), il rapporto tra i due procedimenti (di screening e di VIA) appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa.
La verifica di assoggettabilità, come positivamente normata, anticipa sostanzialmente la valutazione di impatto, delibandone l'opportunità, sulla base della ritenuta sussistenza prima facie dei relativi presupposti.
Pertanto, atteso il nesso esistente tra i due procedimenti, l’atto instaurativo del procedimento di VIA va individuato nell’istanza di screening sicché non vi sono ragioni per escludere la verifica di assoggettabilità dall’ambito applicativo dell’art. 26, comma 6, del D.Lgs. n. 152/2006, nella formulazione vigente ratione temporis (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 1327/2021). Orbene, tale disposizione prescriveva la riedizione del procedimento di VIA in caso di mancata realizzazione, entro 5 anni dalla pubblicazione del provvedimento conclusivo, dei progetti già sottoposti alla fase di verifica (“I progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall'autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell'impatto ambientale deve essere reiterata. I termini di cui al presente comma si applicano ai procedimenti avviati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4”).
Non è quindi revocabile in dubbio che, una volta decorso il predetto quinquennio, il procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA (definito, come si è visto, con decreto dirigenziale n. 714 dell’11.11.2011) dovesse essere rinnovato mediante verifica attuale dell’impatto ambientale del progetto.
Giova, al riguardo, rammentare che l’art. 19, comma 5, del Codice dell’Ambiente prevede che la verifica di assoggettabilità deve essere compiuta, tra l’altro, “sulla base dei criteri di cui all'allegato V alla parte seconda del presente decreto”; l’allegato V, rubricato “Criteri per la Verifica di assoggettabilità di cui all'art. 20”, nella formulazione antecedente la novella di cui al D.Lgs. n. 104/2017, disponeva al paragrafo 2 (“Localizzazione dei progetti”) che “Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare: - dell'utilizzazione attuale del territorio…”, imponendo quindi di tener conto della situazione del concreto utilizzo del territorio interessato, secondo le condizioni esistenti in quel momento, senza possibilità di limitarsi a quelle presenti anni prima (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 2297/2018).
A sostegno di una ermeneutica attenta alla verifica attuale dell’impatto ambientale soccorre anche la normativa eurounitaria.
Ed invero, la Direttiva UE del 13 dicembre 2011, n. 92, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, prevede, al Considerando 2, che, a norma dell'articolo 191 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, la politica dell'Unione nel settore dell'ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”, aggiungendo, per quanto di interesse, che “in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull'ambiente”.
L’art. 4, paragrafo 1, della Direttiva richiama l’allegato I per individuare i progetti da sottoporre a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.
L’art. 8-bis (inserito dalla Direttiva 2014/52/UE), al paragrafo 6, precisa che: “Al momento di adottare una decisione in merito alla concessione dell'autorizzazione, l'autorità competente si accerta che la conclusione motivata di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera g), punto iv), o qualsiasi decisione di cui al paragrafo 3 del presente articolo, sia ancora attuale. A tale fine gli Stati membri possono fissare un termine per la validità della conclusione motivata di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera g), punto iv), o di qualsiasi delle decisioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo”.
Da tali previsioni si ricava, quindi, che il richiamo alla verifica dell’attualità della decisione è un pilastro nell’assetto disciplinare imposto dalla Direttiva, che riguarda sia la valutazione di impatto ambientale sia la decisione di cui al paragrafo 3. Quest’ultimo regolamenta le “procedure di cui all'articolo 2, paragrafo 2”, il quale, a sua volta, contempla espressamente le ““procedure da stabilire per rispettare gli obiettivi della presente direttiva”, tra cui va considerata, appunto, all’art. 4, paragrafi 2 e seguenti, la verifica di assoggettabilità a VIA (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, n. 2297/2018).
Ne consegue che, alla luce del descritto quadro normativo, la decisione sulla richiesta di autorizzazione non può prescindere da un’analisi del contesto attuale del territorio di riferimento e, altresì, del “cumulo con altri progetti”. A tale proposito, come rilevato dalla difesa di parte ricorrente, non vi è ragione di dubitare in ordine all’applicabilità del D.M. 30.3.2015 (“Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle Regioni e Province autonome”), pubblicato sulla G.U. n. 84 dell’11.4.2015, le cui disposizioni, ai sensi dell’art. 4 comma 2, si estendono ai progetti - come quello di cui si controverte – per i quali la procedura autorizzativa era in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Ebbene, il punto 4.1 dell’Allegato al predetto decreto prevede che “un singolo progetto deve essere considerato anche in riferimento ad altri progetti localizzati nel medesimo contesto ambientale e territoriale. Tale criterio consente di evitare la frammentazione artificiosa di un progetto, di fatto riconducibile ad un progetto unitario, eludendo l'assoggettamento obbligatorio a procedura di verifica attraverso una riduzione «ad hoc» della soglia stabilita nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006; che la valutazione dei potenziali impatti ambientali sia limitata al singolo intervento senza tenere conto dei possibili impatti ambientali derivanti dall'interazione con altri progetti localizzati nel medesimo contesto ambientale e territoriale”.
Alla luce del predetto articolato, va quindi condivisa la prospettazione di parte ricorrente, secondo cui la conferenza di servizi istruttoria avrebbe dovuto disporre una verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto aggiornata, considerando il criterio del cumulo con tutti gli altri progetti di impianti localizzati nel medesimo contesto territoriale, tanto più che tale profilo di criticità era stato specificamente sollevato dal Comune di Acerra con nota del 26.5.2016 (con conseguente infondatezza del rilievo di genericità opposto dalla società controinteressata), evidenziando che nell’area in questione “interessata da criticità ambientali, è già presente l’impianto di termovalorizzatore dei rifiuti, allo stato l’unico presente in Campania nonché altri impianti che svolgono la stessa attività produttiva”. A tale proposito, giova infatti richiamare l’indirizzo del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4484/2018 secondo cui “… la valutazione di compatibilità di un progetto deve essere effettuata tenendo conto anche degli ulteriori progetti relativi alla medesima area territoriale, anche se solo autorizzati o pianificati e non materialmente eseguiti”.
Occorre peraltro evidenziare che la sovrapposizione con altre analoghe infrastrutture presenti nel medesimo territorio comunale è stata anche ribadita dal Comune nei propri scritti difensivi, in cui si è rappresentato che il nuovo impianto dista circa 740 metri da due impianti di stoccaggio e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi della società Eurometal s.r.l., oggetto di decreti dirigenziali regionali di VIA impugnati dal Comune con separati ricorsi (accolti da questo T.A.R. con sentenze n. 3508/2021 e n. 3509/2021), nonché 745 metri dall’impianto della società Cisette s.r.l., approvato con altro decreto dirigenziale regionale gravato dall’ente locale con altro ricorso (accolto dalla Sezione con sentenza n. 5819/2018).
In conclusione, richiamate le svolte considerazioni, il ricorso va accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3225/2017; n. 3229/2017; Cassazione civile, Sez. V, n. 7663/2012). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La novità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite, fatto salvo il contributo unificato, che resta definitivamente a carico della parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:
Maria Abbruzzese, Presidente
Gianluca Di Vita, Consigliere, Estensore
Fabio Maffei, Referendario