TAR Veneto Sez. III, n. 197, del 8 febbraio 2013
Ambiente in genere.Inquinamento di Porto Marghera responsabilità proprietario area

Le produzioni che si svolgono sull’area di Porto Marghera rientrano tra quelle previste nell’allegato III della direttiva 2004/35 del 21 aprile 2004 (cfr. punto 4, lett. h, che menziona la produzione di materie plastiche di base e sostanze coloranti), relativa alla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in base alla quale, come di recente affermato dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza del 9 marzo 2010, resa nella causa C-378/08, relativamente alle forme di inquinamento a carattere diffuso ed esteso, quando l’Autorità nazionale decide di imporre misure di riparazione del danno ambientale ad operatori le cui attività siano elencate nell’allegato III, non è tenuta a dimostrare la sussistenza di un comportamento doloso o colposo in capo agli operatori le cui attività siano considerate all’origine del danno ambientale, e può dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’inquinamento accertato e le attività del singolo o dei diversi operatori, deducendo la vicinanza degli impianti con l’inquinamento e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività, salvo che gli operatori non siano nella condizione di poter confutare una tale presunzione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00197/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00321/2011 REG.RIC.

N. 00322/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 321 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
3v Cpm Chimica Porto Marghera S.r.l. - Societa' a Socio Unico ("3v Cpm"), rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Invernizzi e Franco Stivanello Gussoni, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia, Dorsoduro, 3593;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63; 
Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, Regione Veneto, Comune di Venezia, Provincia di Venezia, Arpav Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Agenzia Nazionale per Le Nuove Tecnologie , l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, Istituto Superiore di Sanita', Commissario Delegato Emergenza Canali Portuali Laguna di Venezia, Commissario Delegato Emergenza Idrica, Autorita' Portuale di Venezia, Apv Investimenti Spa, non costituitisi in giudizio;

 

sul ricorso numero di registro generale 322 del 2011, proposto da: 
Chimica Porto Marghera S.p.A. - Societa' a Socio Unico ("Cpm"), rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberto Invernizzi e Franco Stivanello Gussoni, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia, Dorsoduro, 3593;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Venezia, San Marco, 63; 
Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Regione Veneto, Comune di Venezia, Provincia di Venezia, Arpav Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, Isitituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, Istituto Superiore di Sanita', Commissario Delegato Emergenza Canali Portuali Laguna di Venezia, Commissario Delegato Emergenza Idrica, Autorita' Portuale di Venezia, Apv Investments Spa, non costituitisi in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 321 del 2011:

A) quanto al ricorso originario:

- dell'ordine del Ministero dell'Ambiente 12.01.2011, prot. n. 810/TRI/DI;

- della nota ARPAV 29.11.2010, prot. n. 145623/10/SRIB , gli annessi referti di analisi, nonchè gli atti, di estremi ignoti e mai comunicati alla ricorrente, con i quali il Ministero dell'Ambiente stesso o altre pubbliche amministrazioni resistenti abbiano inteso superare le positive - quanto a indicazione della non necessità di interventi - dell'analisi di rischio sito specifica e dagli altri elaborati prodotti dalla ricorrente;

B) quanto ai primi motivi aggiunti:

- dell'atto del Ministero dell'Ambiente 8/11/2011, prot. n. 33904/TRI/DI, successivamente ricevuto;

- della nota ISPRA 25/3/2011, acquisita dal Ministero dell'Ambiente al prot. 29/3/2011 n. 10289/TRI/DI, non in possesso della scrivente, e gli atti di estremi ignoti e mai comunicati alla ricorrente con cui il Ministero dell'Ambiente stesso o altre delle pubbliche amministrazioni resistenti abbiano inteso superare le positive risultanze - quanto a indicazione della non necessità di interventi - dell'analisi di rischio sito specifica e dagli altri elaborati prodotti dalla ricorrente.

C) quanto ai secondi motivi aggiunti:

- dell'atto del Ministero dell'Ambiente - Direzione Generale per la Tutela del Suolo e delle Risorse Idriche del 2/7/2012, 19266/TRI/VII, successivamente ricevuto, di trasmissione del verbale della conferenza di servizi istruttoria del 14/6/2012;

- delle note ISPRA 25/3/2011 prot. 10459, acquisita dal Ministero dell'Ambiente al prot. 29/3/2011 n. 10289/TRI/DI e 23/8/2011 prot. 27957, acquisita dal Ministero dell'Ambiente al prot. 2/9/2012 n. 26983/TRI/DI, entrambe d'identico contenuto;

- della nota ARPAV 18/10/2011 prot. 119350/2011, acquisita dal Ministero al prot. 24/10/2011 n. 32352/TRI/D;

- del verbale della riunione tecnica del 20/5/2012 presso il Ministero dell'Ambiente relativo all'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Porto Marghera;

- del verbale della riunione tecnica del 23/5/2012 presso il Ministero dell'Ambiente, relativo all'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Porto Marghera entrambi relativi all'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Venezia - Porto Marghera e aree limitrofe e gli atti di estremi ignoti e mai comunicati alla ricorrente con cui il Ministero dell'Ambiente stesso o altre delle pubbliche amministrazioni resistenti abbiano inteso superare le positive risultanze - quanto a indicazioni della non necessità di interventi - dell'analisi di rischio sito specifica e dagli altri elaborati prodotti dalla ricorrente disattendendo altresì il decreto del Presidente della Repubblica di accoglimento del primo dei ricorsi della ricorrente, nonchè le decisioni cautelari del Giudice Amministrativo.

 

quanto al ricorso n. 322 del 2011:

A) quanto al ricorso principale:

- dell'ordine del Ministero dell'Ambiente 12.01.2011, prot. n. 810/TRI/DI;

- della nota ARPAV 29.11.2010, prot. n. 145623/10/SRIB, gli annessi referti di analisi, nonchè gli atti, di estremi ignoti e mai comunicati alla ricorrente, con i quali il Ministero dell'Ambiente stesso o altre delle pp.aa. resistenti abbiano inteso superare le positive - quanto a indicazione della non necessità di interventi - dell'analisi di rischio sito specifica e degli altri elaborati prodotti dalla ricorrente;

B) quanto ai primi motivi aggiunti:

- dell'atto del Ministero dell'Ambiente 8/11/2011, prot. n. 33904/TRI/DI, successivamente ricevuto;

della nota ISPRA 25/3/2011, acquisita dal Ministero dell'Ambiente al prot. 29/3/2011 n. 10289/TRI/DI, non in possesso della scrivente, e gli atti di estremi ignoti e mai comunicati alla ricorrente con cui il Ministero dell'Ambiente stesso o altre delle pp.aa. resistenti abbiano inteso superare le positive risultanze - quanto a indicazione della non necessità di interventi - dell'analisi di rischio sito specifica e dagli altri elaborati prodotti dalla ricorrente.

C) quanto ai secondi motivi aggiunti

- dell'atto del Ministero dell'Ambiente - Direzione Generale per la Tutela del Suolo e delle Risorse Idriche del 2/7/2012, 19266/TRI/VII, successivamente ricevuto, di trasmissione del verbale della conferenza di servizi istruttoria del 14/6/2012;

- delle note ISPRA 25/3/2011 prot. 10459, acquisita dal Ministero dell'Ambiente al prot. 29/3/2011 n. 10299/TRI/DI e 23/8/2011 prot. 27957, acquisita dal Ministero dell'Ambiente al prot. 2/9/2012 n. 26953/TRI/DI, entrambe d'identico contenuto, la nota ARPAV 18/10/2011 orit, 119350/2011, acquisita dal Ministero al prot. 24/10/2011 n. 32952/TRI/DI, nonchè ove si dovessero ritenere prescrittivi alla ricorrente di adempimenti ambientali il verbale della riunione tecnica del 20/5/2012 presso il Ministero dell'Ambiente relativo all'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Porto Marghera;

- del verbale della riunione tecnica del 23/5/2012 presso il Ministero dell'Ambiente, relativo all'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Porto Marghera entrambi relativi all'accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale del sito di interesse nazionale di Venezia - Porto Marghera e aree limitrofe e gli atti (di estremi ignoti e mai comunicati alla ricorrente) con cui il Ministero dell'Ambiente stesso o altre delle pubbliche amministrazioni resistenti abbiano inteso superare le positive risultanze - quanto a indicazioni della non necessità di interventi - dell'analisi di rischio sito specifica e dagli altri elaborati prodotti dalla ricorrente, disattendendo altresì il decreto del Presidente della Repubblica di accoglimento del primo dei ricorsi straordinari della ricorrente, nonchè le decisioni cautelari del Giudice Amministrativo.

 

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2012 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Le ricorrenti Società 3V CPM – Chimica Porto Marghera Srl e Chimica Porto Marghera Spa sono la nuda proprietaria e la titolare del diritto di superficie di un’area di circa 64.000 mq acquistata in due tranche nel 1988 e nel 1996 sita nell’ambito del petrolchimico di Porto Marghera.

L’area è a disposizione di imprese che vi producono sostanze chimiche organiche con processi che utilizzano e producono il toluene, l’ortonitrotoluene, il metanitrotoluene, il paranitrotoluene, la toluidina, il TMP-ONE, la TMP-INA e il TMP-OLO.

Il sito di Porto Marghera è stato classificato come sito inquinato di interesse nazionale dall’art. 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. n) del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in ragione del carattere diffuso ed esteso dell’area inquinata e della pericolosità degli inquinanti presenti, è stato perimetrato con decreto del ministero dell’Ambiente del 23 febbraio 2000, e si estende per 3595 ha di cui 479 ha rappresentati da canali e 3116 ha da suoli (in tali termini la descrizione che ne viene fatta nel decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468).

Nell’ambito della procedura avviata per bonificare il sito, le Società ricorrenti hanno già svolto diversi e numerosi adempimenti.

Con il ricorso originario indicato in epigrafe impugnano il provvedimento del Ministero dell’Ambiente prot. n. 810/TRI/DI, ed ove ritenuto necessario anche la nota dell’Arpav prot. n. 145623/10/SRIB del 29 novembre 2010, con il quale sono stati ordinati la messa in sicurezza di emergenza per la presenza di sostanze volatili e non volatili, la realizzazione di una conterminazione dell’area consistente in un confinamento fisico con elementi che ne isolino le matrici ambientali mediante interventi di marginamento e retromarginamento, con la realizzazione di un sistema di captazione delle acque e trattamento delle stesse, ovvero, in alternativa alla realizzazione diretta, con oneri propri, di tali interventi, mediante una condivisione finanziaria dei costi, assieme alle altre ditte presenti sul sito, che il Magistrato alle Acque di Venezia sta sostenendo per la realizzazione dell’intervento.

Vengono proposte le seguenti censure:

I) travisamento, violazione della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, nonché violazione degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. 12 aprile 2006, n. 163, difetto di istruttoria e di motivazione perché erroneamente l’Amministrazione ordina complessi ed onerosi accertamenti e adempimenti presumendo ingiustificatamente che le aree siano inquinate e necessitino di un’attività di bonifica, nonostante l’esito dell’analisi di rischio lo abbia escluso;

II) travisamento dei presupposti, violazione della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, nonché degli artt. 240, 245 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione e di istruttoria e sviamento, perché il Ministero ha ingiustificatamente ignorato l’esito dell’analisi di rischio e dell’indagine ambientale di caratterizzazione, dalle quali emerge il mancato superamento delle concentrazioni soglia di rischio e l’assenza di sostanze riconducibili ai prodotti finali generati dalla ricorrente, il che prova la sua estraneità alla causazione dell’inquinamento e l’illegittimità di qualsiasi ordine rivolto alla stessa;

III) travisamento, violazione della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, nonché degli artt. 240, 245 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento perché sono stati ignorati dei decisivi fatti sopraggiunti quali l’accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato con il quale è stata impugnata la conferenza di servizi del 5 aprile 2005, con la quale è stata imposta la caratterizzazione dell’intera area, e l’esito positivo dell’analisi di rischio, posto che tali elementi escludono la possibilità di ordinare in modo aprioristico e generico la messa in sicurezza di emergenza dell’area e della falda;

IV) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, nonché degli artt. 240, 242, 245 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione e di istruttoria e sviamento, in quanto sul piano tecnico giuridico il Ministero ha illegittimamente valorizzato fatti superati, ignorando quelli sopravvenuti;

V) travisamento, violazione degli artt. 240, 242, 245 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, dell’art. 97 Cost., degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, difetto di istruttoria, di motivazione e sviamento perché, a seguito della trasmissione, da parte della ricorrente, dell’esito dell’analisi di rischio, l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 242 del Dlgs. n. 152 del 2006, avrebbe dovuto convocare una conferenza di servizi per valutarla;

VI) travisamento, violazione degli artt. 4, 5, 9, 10 19, 20, 21, 22, 25 e 26 del Dlgs. n. 252 del 2006, delle direttive 1985/337/CEE e 1997/11/CE, degli artt. 1, 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e della legge n. 426 del 1998, difetto di motivazione e di istruttoria nonché sviamento perché, ai sensi dell’art. 252, comma 7, del Dlgs. n. 152 del 2006, l’ordine di realizzazione della barriera fisica, avrebbe dovuto essere preceduto dall’effettuazione della valutazione di impatto ambientale;

VII) violazione degli artt. 242, 244 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, della legge n. 426 del 1990, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 1, 3, 6, 7, 10, 14, 14 bis e 14 ter della legge n. 241 del 1990, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità e sviamento, perché vengono ordinati adempimenti a chi, come la parte ricorrente, non è responsabile e non ha cagionato l’inquinamento;

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente eccependo l’inammissibilità del ricorso perché rivolto avverso un atto non provvedimentale, e concludendo per la sua reiezione.

Con ordinanze nn. 311 e 312 del 7 aprile 2011, sono state respinte le domande cautelari di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, che sono invece state accolte in appello dalla VI Sezione del Consiglio di Stato con ordinanze nn. 3097 e 3096 del 20 luglio 2011.

Successivamente il Ministero dell’Ambiente con atto prot. n. 33904/TRI/DI dell’8 novembre 2011, ha esaminato la documentazione inviata, disponendo un’integrazione dell’analisi di rischio e l’invio del progetto di bonifica dei suoli, e reiterando l’ordine di messa in sicurezza di emergenza e bonifica della falda realizzando direttamente una conterminazione dell’area mediante interventi di marginamento e retromarginamento con un sistema di captazione e trattamento delle acque, ovvero mediante la condivisione finanziaria, assieme alle altre imprese presenti sul sito, dell’intervento in corso di realizzazione da parte del Magistrato alle acque di Venezia.

Tale atto, unitamente alla nota dell’Ispra del 25 marzo 2011, richiamata dal Ministero, sono impugnati con motivi aggiunti per le seguenti censure:

VIII) travisamento, violazione del DPR 24 novembre 1971, n. 1199, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 239 e seguenti del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione e di istruttoria nonché sviamento e manifesta ingiustizia, perché l’Amministrazione non tiene conto che, a seguito dell’annullamento della conferenza di servizi del 5 aprile 2005, per l’accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato approvato con DPR del 28 febbraio 2011, alla luce delle motivazioni contenute nel parere reso in proposito dal Consiglio di Stato, deve ritenersi viziata alla radice ogni pretesa dell’Amministrazione nei confronti della parte ricorrente, perché le aree non possono presumersi inquinate e le ricorrenti sono estranee alla causazione dell’inquinamento;

IX) travisamento dei presupposti, violazione degli artt. 1, 33 e 62 del codice del processo amministrativo, dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione e di istruttoria, nonché sviamento, perché, per effetto dell’accoglimento del ricorso straordinario, deve ritenersi travolto e nullo l’intero procedimento e i privati non possono quindi ritenersi obbligati a fare analisi ed accertamenti e a redigere piani e programmi in sostituzione dell’Amministrazione;

X) travisamento, violazione degli artt. 1, 33 e 62 del codice del processo amministrativo, dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione e di istruttoria perché non è stata disposta la rinnovazione della procedura di caratterizzazione che è stata annullata a seguito dell’accoglimento del ricorso straordinario e l’Amministrazione non ha tenuto conto del dato emerso dall’analisi di rischio predisposta dalle ricorrenti dalla quale emerge che non è necessaria l’attività di bonifica;

XI) travisamento dei presupposti, violazione degli artt. 1, 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, manifesta irragionevolezza, difetto di motivazione e di istruttoria e sviamento perché vengono imposte, con un atto formalmente denominato “parere”, prescrizioni fortemente pregiudizievoli;

XII) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento perché vengono impartiti ordini a chi non è responsabile dell’inquinamento, come è dimostrato dal mancato riscontro di sostanze riconducibili all’attività svolta sulle aree delle ricorrenti;

XIII) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento, perché l’accoglimento del ricorso straordinario ha comportato il travolgimento dell’intero procedimento e il Ministero, anziché reiterare il contenuto dell’atto annullato, avrebbe dovuto assumere le necessarie conseguenze in autotutela;

XIV) travisamento, violazione dell’art. 97 Cost., degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione e di istruttoria, nonché sviamento, perché l’ordine non indica che le ricorrenti sono responsabili dell’inquinamento, e le sostanze rilevate non sono riconducibili alle lavorazioni svolte;

XV) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 240, 242 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento, perché l’atto impugnato impone adempimenti senza aver concluso l’istruttoria per individuare le responsabilità dell’inquinamento;

XVI) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 4, 5, 9, 10, 19, 20, 21, 22, 25 e 26 della legge n. 241 del 1990, della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento perché la barriera necessaria per il confinamento fisico necessiterebbe del preventivo esperimento della procedura di valutazione di impatto ambientale, e ciò dimostra come in realtà il Ministero si prefigga lo scopo di ottenere la condivisione finanziaria degli oneri dell’intervento;

XVII) travisamento, violazione della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 240, 242 e 245 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento, perché, posto che è da escludersi ogni responsabilità delle ricorrenti nell’inquinamento, non possono essere legittimamente ordinati la messa in sicurezza d’emergenza, né la messa in sicurezza della falda, né il divieto di realizzare qualsiasi intervento che interferisca con le matrici ambientali fino all’approvazione del progetto di bonifica.

Successivamente il Ministero con nota n. 266/TRI/VII del 2 luglio 2012, ha trasmesso il verbale della conferenza di servizi del 14 giugno 2012, nel corso della quale è stata disposta l’integrazione della documentazione di caratterizzazione del sito, ed è stata ordinata la messa in sicurezza d’emergenza, il monitoraggio delle acque della falda, e la messa in sicurezza di emergenza e bonifica della falda, secondo l’alternativa della diretta realizzazione di una barriera fisica comportante il marginamento e il retromarginamento con sistema di captazione delle acque, o la condivisione finanziaria dell’intervento in corso di realizzazione da parte del Magistrato alle acque di Venezia.

Tale atto, unitamente ai pareri dell’Ispra del 25 marzo 2011, prot. 10459 e 23 agosto 2011 prot. 2797, e alla nota Arpav del 18 ottobre 2011, prot. 119350, nonché ai verbali delle riunioni tecniche del 23 e 30 maggio 2012, tenutesi presso il Ministero dell’Ambiente, relative all’accordo di programma per la bonifica e la riqualificazione ambientale, sono impugnati con motivi aggiunti per le seguenti censure:

XVII) travisamento, violazione degli artt. 1, 3, 6 e 14 della legge n. 241 del 1990, carenza di motivazione e sviamento perché una conferenza di servizi avente carattere istruttorio ha contenuti ordinatori;

XIX) travisamento, violazione del DPR 24 novembre 1971, n. 1199, delle legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 239 e seguenti del Dlgs. n. 152 del 2006, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, difetto di istruttoria, sviamento e manifesta ingiustizia, perché gli atti impugnati non tengono conto dell’avvenuto annullamento del verbale della conferenza di servizi del 5 aprile 2005, a seguito dell’accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato, e perché sono imposti adempimenti a chi è estraneo all’inquinamento;

XX) travisamento, violazione degli artt. 239 e seguenti e del Dlgs. n. 152 del 2006, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, difetto di istruttoria e di motivazione, sviamento e manifesta ingiustizia, perché l’Arpav, anziché esaminare l’esito dell’analisi di rischio trasmessa dalle ricorrenti nel mese di novembre 2010, ha analizzato invece la documentazione tecnica del 2007, e sono stati impartiti ordini, quali la messa in sicurezza d’emergenza, nonostante si dia atto che l’istruttoria tecnica non è ancora terminata;

XXI) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1, 3, 6, 10 e 18 della legge n. 241 del 1990, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 240, 242, 245 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento perché, sul piano procedimentale, sono stati ignorati nuovi e decisivi elementi;

XXII) travisamento, violazione dell’art. 97 della Costituzione, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 239 e seguenti del Dlgs. n. 152 del 2006, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, difetto di motivazione, di istruttoria e sviamento per la mancata considerazione che i ricorrenti non sono gli autori dell’inquinamento e ciò è confermato dalle analisi;

XXIII) travisamento, violazione della legge n. 426 del 1998, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468, degli artt. 239 e seguenti del Dlgs. n. 152 del 2006, degli artt. 1, 3, 6 e 10 della legge n. 241 del 1990, difetto di istruttoria, sviamento e manifesta ingiustizia, perché vengono impartiti ordini in totale assenza di presupposti;

XXIV) travisamento, violazione degli artt. 4, 5, 9, 10, 19, 20, 21, 22 25, 26 e 252 del Dlgs. n. 152 del 2006, delle direttive 1985/337/CEE e 1997/11/CE, degli artt. 1, 3 e 6 della legge n. 241 del 1990, dei decreti ministeriali del 23 febbraio 2000 e 18 settembre 2001, n. 468 e della legge n. 426 del 1998, difetto di motivazione e di istruttoria nonché sviamento perché, ai sensi dell’art. 252, comma 7, del Dlgs. n. 152 del 2006, l’ordine di realizzazione della barriera fisica avrebbe dovuto essere preceduto dall’effettuazione della valutazione di impatto ambientale.

Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2012, nel corso della quale la difesa erariale è ricorsa alla proiezione di alcune diapositive alla quale si è opposta la difesa dei ricorrenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Disposta la riunione dei ricorsi, soggettivamente ed oggettivamente connessi, preliminarmente va rigettata l’eccezione con la quale il difensore dei ricorrenti sostiene l’inammissibilità della proiezione delle diapositive nel corso della trattazione orale dell’udienza pubblica.

Infatti la proiezione delle diapositive è consistita in una mera modalità tecnica esplicativa delle argomentazioni difensive esposte nella trattazione orale, e non ha introdotto elementi nuovi che non fossero già stati trattati nel corso degli scritti defensionali tempestivamente depositati, cosicché non compromette il contraddittorio tra le parti del giudizio.

1.1 Con i ricorsi in epigrafe, e relativi motivi aggiunti, le ricorrenti Società 3V CPM – Chimica Porto Marghera Srl e Chimica Porto Marghera Spa, che sono la nuda proprietaria e la titolare del diritto di superficie di un’area di circa 64.000 mq acquistata in due tranche nel 1988 e nel 1996 sita nell’ambito del petrolchimico di Porto Marghera, impugnano gli atti con i quali sono stati ordinati adempimenti nell’ambito della procedura, già avviata, volta al disinquinamento delle aree.

1.2 Sempre in via preliminare va respinta l’eccezione con la quale l’Amministrazione oppone l’inammissibilità dei ricorsi perché rivolti avverso atti endoprocedimentali.

Infatti l'ordine del Ministero dell'Ambiente 12.01.2011, prot. n. 810/TRI/DI, l'atto del Ministero dell'Ambiente dell’8 novembre 2011, prot. n. 33904/TRI/DI, e il verbale della conferenza di servizi istruttoria del 14 giugno 2012, benché contenuti in fasi procedimentali non definitive della procedura di bonifica del sito, contengono in realtà precisi ordini di messa in sicurezza d’emergenza e di esecuzione di interventi volti al contenimento degli inquinanti, che sono autonomamente lesivi, ed in quanto tali immediatamente impugnabili.

1.3 Va invece dichiarata l’inammissibilità per carenza di interesse dell’impugnazione dei pareri dell’Arpav e dell’Ispra, nonché dei verbali delle riunioni tecniche del 20 e 23 maggio 2012, tenutesi presso il Ministero dell’Ambiente, perché sono atti di carattere endoprocedimentale, privi di effetti direttamente lesivi.

2. Nel merito, come di seguito esposto, il ricorso è fondato limitatamente alle censure con le quali vengono lamentati vizi di difetto di motivazione e di istruttoria perché, dagli atti impugnati, emerge che il Ministero, sotto più profili, non ha rispettato sul piano amministrativo la corretta sequenza procedimentale degli atti della procedura avviata, mentre è infondato relativamente alle censure con le quali le Società ricorrenti lamentano la carenza di presupposti oggettivi e soggettivi per l’attivazione, nei loro confronti, della procedura già da anni avviata, volta al disinquinamento delle aree ricomprese nel sito di interesse nazionale di Porto Marghera, ed alla quale hanno già positivamente corrisposto mediante l’effettuazione di numerosi adempimenti.

2.1 Va in primo luogo respinta la censura, contenuta in premessa all’elencazione dei singoli motivi, secondo la quale gli atti impugnati sono illegittimi perché rivolti nei confronti di CPM Chimica Porto Marghera Srl, che non è proprietaria delle aree.

Infatti è vero che a seguito dell’atto di scissione dalla 3V CPM Srl di CPM Spa, del 23 marzo 2010, la gestione delle aree è passata a quest’ultima Società risultante dalla scissione, alla quale sono state assegnate le aree di Porto Marghera in diritto di superficie, ma anche la nuda proprietaria sopporta gli effetti pregiudizievoli derivanti dagli atti impugnati, idonei ad incidere sul valore delle aree, e può pertanto essere destinataria degli atti impugnati.

Ne discende che non integra un vizio di legittimità la circostanza che gli atti impugnati siano rivolti all’originaria proprietaria, ora solo nuda proprietaria delle aree, e non anche al soggetto che attualmente è titolare del diritto di superficie, fermo restando che entrambe le Società possono ritenersi legittimate a lamentare l’illegittimità degli atti impugnati.

3. Quanto alle restanti censure, va evidenziato che nella lunga esposizione dei motivi di doglianza contenuta nel ricorso originario e nei motivi aggiunti, le parti ricorrenti hanno proposto in modo ridondante delle censure e degli argomenti non omogenei all’interno di ciascun motivo, che, per chiarezza espositiva, debbono essere accorpati ed esaminati congiuntamente.

3.1 Vi è un primo gruppo di censure (contenute nell’ambito del primo, terzo, quarto, ottavo, nono, tredicesimo, diciannovesimo, ventunesimo e ventitreesimo motivo) con le quali le ricorrenti contestano in radice la sussistenza stessa dei presupposti di inquinamento ambientale che giustificano l’attivazione della procedura, e per argomentare la propria tesi utilizzano la motivazione del parere del Consiglio di Stato con il quale è stato accolto il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto da 3V CPM avverso la conferenza di servizi del 5 aprile 2005, con la quale sono stati imposti vari obblighi tra i quali quello di effettuare la caratterizzazione dell’intera area di competenza.

In particolare le ricorrenti richiamano il parere del Consiglio di Stato del 12 novembre 2010, per affermare che erroneamente l’Amministrazione dispone complessi adempimenti a carico dei privati sulla base di una indimostrata presunzione secondo cui le aree di Porto Marghera sarebbero inquinate, quando di ciò manca una prova, e che tutta la procedura amministrativa condotta negli anni dal Ministero non ha prodotto alcun risultato di risanamento ambientale.

La documentazione depositata in atti e l’esposizione svolta in sede di trattazione orale smentiscono la fondatezza di tali assunti, che si basano su un’arbitraria estrapolazione di alcuni passaggi contenuti nel citato parere del Consiglio di Stato, che in realtà si è limitato ad annullare la conferenza di servizi del 5 aprile 2005, per un vizio di carattere procedimentale, perché non era stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.

E’ vero che il citato parere del Consiglio di Stato ha espresso valutazioni critiche, va tuttavia evidenziato che queste, in realtà, si riferiscono alla sola gestione amministrativa della procedura e, contrariamente a quanto dedotto, non affrontano il diverso problema, che esulerebbe completamente dal thema decidendum affrontato in quella sede, relativo alla necessità o meno di realizzare un intervento di disinquinamento del polo industriale di Marghera.

Sul punto va infatti osservato che costituisce un incontrovertibile fatto notorio che il sito di Porto Marghera è una delle aree maggiormente compromesse dal punto di vista ambientale, per effetto dell’attività svolta, in assenza di normative di tutela, dalle industrie manifatturiere e chimiche insediatesi fin dai primi decenni del ‘900 (nel tempo nell’area si sono svolte una molteplicità di lavorazioni, chimica, petrolchimica, metallurgica, elettrometallurgica, meccanica, cantieri navali, produzione di energia elettrica), che ha comportato l’utilizzo di rifiuti derivanti dalle lavorazioni della prima zona industriale per l’imbonimento di vaste aree lagunari sulle quali si sono poi insediate altre industrie, ed emissioni incontrollate nel suolo, nell’aria e nelle acque, di sostanze che hanno contaminato i terreni e le acque sotterranee.

Molteplici studi ed indagini hanno registrato l’esistenza dell’inquinamento, e proprio per tale ragione l’intera area è stata classificata come sito inquinato di interesse nazionale dall’art. 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. n) del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, in ragione del carattere diffuso ed esteso dell’area inquinata e della pericolosità degli inquinanti presenti, e il sito è stato perimetrato con decreto del ministero dell’Ambiente del 23 febbraio 2000.

3.2 Anche con riguardo all’area delle ricorrenti la documentazione versata in atti attesta che vi è una rilevante presenza di inquinanti.

Pertanto su un piano generale sono senz’altro condivisibili le affermazioni secondo cui non è corretto presumere che un terreno, per il solo fatto di essere ricompreso all’interno del sito di interesse nazionale, debba per ciò stesso presumersi inquinato, ma rispetto alle aree delle ricorrenti tale affermazione è priva di rilievo, in quanto i risultati analitici forniti dall’Arpav attestano la sicura presenza di inquinanti.

L’Arpav ha infatti effettuato campionamenti nei giorni 19 novembre 2007, 7 gennaio e 6 novembre 2008, 26 – 27 aprile e 19 maggio 2010, con i quali è stato riscontrato il superamento dei limiti fissati dalla tab. 2, allegato 5, del Titolo V, parte IV del Dlgs. n. 152 del 2006 per diversi parametri, alcuni dei quali classificati come tossici e cancerogeni.

Per quanto riguarda il mercurio (parametro classificato come molto tossico), sono stati riscontrati valori oltre 6 volte la concentrazione soglia di contaminazione nel punto S20, per quanto riguarda il cloruro di vinile (parametro classificato come cancerogeno) sono stati riscontrati valori fino a 12 volte la concentrazione soglia di contaminazione (cfr. il verbale della conferenza di servizi del 14 giugno 2012, impugnato con i secondi motivi aggiunti), ed è stato altresì riscontrato il superamento dei valori per Arsenico, Ferro, Manganese, Benzene, Dibromoclorometano, Dicloroetilene, Tricloroetilene, Tetracloroetilene, Cloruro di Vinile, Fluoruri, Benzo-a-pirene, ed ancora nel punto di campionamento P80 è indicato un focolaio di contaminazione “hot spot” a causa del superamento di oltre 10 volte il limite normativamente fissato per il Tricloroetilene e il Tetracloroetilene (per gli hot spot devono essere attivati interventi di messa in sicurezza aggiuntivi e devono essere concordate con l’Asl specifiche modalità per l’esposizione dei lavoratori), mentre i campioni P40 e P80 presentano superamenti relativamente al parametro Dicloroetilene, per oltre 10 volte le concentrazioni soglia contaminazione per le acque sotterranee (cfr. il provvedimento impugnato con il ricorso originario e la nota Arpav del 29 novembre 2010 di cui al doc. 10 depositato in giudizio dall’Amministrazione, e le conclusioni cui è giunta la sentenza del Tribunale civile di Venezia 1 ottobre 2010, n. 1969, con la quale 3V CPM è stata condannata a risarcire il danno ambientale cagionato dal 1995, anno in cui è divenuta proprietaria delle aree, per non aver impedito l’ulteriore contaminazione delle matrici ambientali di cui al doc. 1 allegato alle difese dell’Amministrazione).

3.3 Del pari priva di riscontri è l’affermazione formulata dalle ricorrenti nei sopra menzionati motivi, secondo la quale l’Amministrazione avrebbe in questi anni posto in essere una macchinosa procedura che non ha prodotto significativi risultati di risanamento ambientale.

Va osservato che nel caso di specie non si è in presenza di un inquinamento circoscritto nello spazio e nel tempo, che sia opera di un numero limitato di operatori, ma di un fenomeno risalente nel tempo, esteso e di carattere diffuso, in cui non sempre è possibile collegare gli effetti ambientali negativi a atti o omissioni di singoli soggetti, e che determina il continuo rilascio di sostanze inquinanti tossiche e pericolose nell’ambiente circostante e, in particolare, nella laguna di Venezia, comportando l’aggravamento dello stato di contaminazione delle matrici ambientali, i cui costi di riparazione ambientale sono stimati, secondo quanto è emerso nel corso della trattazione orale, in oltre 40 miliardi di euro.

Dalla documentazione versata in atti risulta che dei 430 soggetti censiti, 143 hanno proceduto alla caratterizzazione del suolo e della falda sottostante, presentando i relativi progetti di bonifica, e che l’Amministrazione ha attivato le iniziative necessarie ad ottenere il risarcimento dei danni patiti per la mancata adozione, da parte degli interessati, di cautele volte ad evitare la fuoriuscita di inquinanti dai terreni e dalle acque di falda sottostanti le proprietà,

Risultano attualmente definite transattivamente 41 liti, dalle quali l’Amministrazione ha ricavato, al 31 marzo 2012, somme per € 566.405.101,70, ed ha ottenuto altresì la definizione a proprio favore in sede civile in primo grado di 6 liti, mentre proseguono i lavori di realizzazione della barriera fisica di marginamento dei canali industriali che, come è emerso in sede di trattazione orale, risulta in avanzata fase di esecuzione (è stato indicato un tasso di realizzazione di circa il 75%), ed è costituita da palancole metalliche che si innestano per molti metri nel sottosuolo nello strato di separazione tra il primo e il secondo acquifero, e da un sistema di emungimento, drenaggio e convogliamento al trattamento delle acque di falda inquinate.

4. Con un secondo gruppo di censure (contenute nell’ambito del secondo, terzo, settimo, tredicesimo, quattordicesimo, quindicesimo, diciassettesimo, ventiduesimo e ventitreesimo motivo) le ricorrenti affermano che è stata accertata la loro estraneità nella causazione dell’inquinamento, perché l’analisi di rischio dalle stesse predisposta avrebbe dimostrato l’assenza di inquinanti derivanti dalle lavorazioni dalle stesse effettuate, e che pertanto le stesse, quali mere proprietarie incolpevoli del sito inquinato, non possono essere destinatarie di alcun ordine relativo alla procedura di bonifica.

Tali censure sono infondate e devono essere respinte.

Come risulta infatti dalla lettura del provvedimento prot. n. 33904/TI/DI dell’8 novembre 2011 del Ministero dell’Ambiente, impugnato con i primi motivi aggiunti, e dal verbale della conferenza di servizi del 14 giugno 2012, impugnato con i secondi motivi aggiunti, la ricerca degli analiti legati al processo di produzione (ad es. o-, m-, p-nitrotoluene, TMP-ONE, TMP-INA, TMP-OLO), che erano presenti nell’elenco dei parametri da ricercare sia nei suoli che nelle acque sotterranee, non risultano essere stati analizzati dai documenti predisposti dalla ditta, ed infatti il Ministero ha chiesto di ricercare anche tali analiti.

Ciò esclude che allo stato possa fondatamente sostenersi che sia stata raggiunta la prova dell’estraneità delle ricorrenti nella causazione dell’inquinamento.

Sul punto è opportuno ricordare che le produzioni che si svolgono sull’area delle ricorrenti rientrano tra quelle previste nell’allegato III della direttiva 2004/35 del 21 aprile 2004 (cfr. punto 4, lett. h, che menziona la produzione di materie plastiche di base e sostanze coloranti), relativa alla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in base alla quale, come di recente affermato dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza del 9 marzo 2010, resa nella causa C-378/08, relativamente alle forme di inquinamento a carattere diffuso ed esteso, quando l’Autorità nazionale decide di imporre misure di riparazione del danno ambientale ad operatori le cui attività siano elencate nell’allegato III, non è tenuta a dimostrare la sussistenza di un comportamento doloso o colposo in capo agli operatori le cui attività siano considerate all’origine del danno ambientale, e può dimostrare l’esistenza di un nesso di causalità tra l’inquinamento accertato e le attività del singolo o dei diversi operatori, deducendo la vicinanza degli impianti con l’inquinamento e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività, salvo che gli operatori non siano nella condizione di poter confutare una tale presunzione.

4.1 Ma anche indipendentemente dall’eventuale accertamento del nesso causale tra l’attività svolta e l’inquinamento, è da escludere che l’ordinamento giuridico vigente consenta al proprietario di un’area inquinata, dalla quale proviene la contaminazione delle matrici ambientali in assenza di interventi di protezione ambientale idonee ad isolare i terreni e la falda, di disinteressarsi alla propagazione degli inquinanti, senza sopportare delle conseguenze per la propria inerzia.

In proposito va infatti sottolineato che, dal punto di vista civilistico, secondo quanto disposto dalla sentenza del Tribunale civile di Venezia 1 ottobre 2010, n. 1969, nei confronti della ricorrente 3V CPM, è configurabile una responsabilità risarcitoria ex art. 2051 c.c. per i danni causati da cose in custodia, per non aver posto in essere le misure idonee ad impedire che gli inquinanti presenti nell’area di pertinenza venissero rilasciati nell’ambiente circostante.

Dal punto di vista della procedura amministrativa volta alla bonifica e al risanamento ambientale, il proprietario, per l’art. 245 del Dlgs. n. 152 del 2006, è comunque tenuto ad attuare le misure di prevenzione di cui all'art. 242 che, all’ultimo periodo del comma 1, specifica l’applicabilità delle procedure anche alle contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione, ed inoltre il proprietario, ancorché non responsabile, ai sensi dell’art. 253, è il soggetto sul quale l'ordinamento, in ultima istanza, fa gravare - in mancanza di individuazione del responsabile o in caso di sua infruttuosa escussione - le conseguenze dell'inquinamento e dei successivi interventi e può sempre attivare volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale.

Pertanto è vero che gli obblighi di bonifica e ripristino ambientale a seguito della constatazione di uno stato di contaminazione, o gli obblighi di riparazione per equivalente, gravano sul responsabile dell'inquinamento, ma va tuttavia evidenziato che nel caso in cui gli interventi vengano effettuati d’ufficio dall’autorità competente, nel caso in cui sia impossibile identificare il responsabile o esercitare nei suoi confronti le azioni di rivalsa, le conseguenze sono poste a carico del proprietario, ancorché incolpevole, nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell’esecuzione degli interventi, posto che vi è la specifica previsione di un onere reale sulle aree che trova la propria giustificazione nel vantaggio economico che il proprietario ricava dalla bonifica dell’area inquinata, ferma restando la possibilità, per il proprietario incolpevole che abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, di rivalersi nei confronti del responsabile per le spese sostenute e l’eventuale maggior danno subito (sul punto cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. V, 2 luglio 2012, n. 3116; Tar Lazio, Roma, Sez. I, 14 marzo 2011, n. 2263, e gli ulteriori richiami giurisprudenziali ivi contenuti).

Sono pertanto legittimi gli atti impugnati nella parte in cui si rivolgono al proprietario dell’area, la cui responsabilità nell’inquinamento è ancora in corso di accertamento, posto che, anche se dovesse risultare come proprietario non responsabile dell’inquinamento, può comunque essere tenuto a sopportare, nei limiti del valore del sito, le conseguenze della bonifica, alla quale può peraltro provvedere spontaneamente.

5. Sono infondate e devono essere respinte anche le censure (contenute nell’ambito del primo, terzo, quarto, nono, tredicesimo, diciannovesimo, ventunesimo e ventitreesimo motivo) con le quali le ricorrenti sostengono che l’avvenuto annullamento della conferenza di servizi del 5 aprile 2005 a seguito dell’accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato approvato con DPR del 28 febbraio 2011, con la quale è stato imposto di effettuare la caratterizzazione dell’area, ha travolto l’intera procedura.

Infatti la procedura attivata allo stato è ancora ad uno stadio di istruttoria tecnica, e si articola nel progressivo ottenimento delle informazioni e valutazioni tecniche necessarie a realizzare il risanamento ambientale del sito.

Si tratta di dati che non sono di immediata acquisizione in quanto implicano lo sviluppo di attività di ricerca e sperimentazione e l'impiego di tecnologie avanzate (secondo quanto espressamente indicato dal decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468), e gli ordini impartiti nel corso delle diverse conferenze di servizi sono volte ad evitare la propagazione degli inquinanti presenti nel suolo e nella falda dell’area delle ricorrenti, e conseguono ad una rinnovata istruttoria che si avvale degli elementi conoscitivi aggiuntivi di volta in volta acquisiti.

Pertanto l’avvenuto annullamento di una delle conferenze di servizi, non esplica un effetto automaticamente caducante delle prescrizioni impartite nelle conferenze di servizi successive.

Ne consegue che devono essere respinte tutte le censure volte a contestare in radice la fondatezza delle procedure attivate dall’Amministrazione e gli ordini rivolti alla Società 3V CPM.

6. Parimenti da respingere sono le censure (contenute al sesto, sedicesimo e ventiquattresimo motivo), con le quali le ricorrenti lamentano l’illegittimità dell’ordine di realizzazione della barriera fisica, perché avrebbe dovuto essere preceduto dall’effettuazione della valutazione di impatto ambientale.

Infatti l’art. 252, commi 7 e 8, del Dlgs. n. 152 del 2006, prevede che sia l’approvazione del progetto degli interventi di bonifica o l’approvazione degli interventi autorizzati in via d’urgenza a ricomprendere la valutazione di impatto ambientale, e pertanto la valutazione di impatto ambientale può svolgersi in un secondo tempo ed essere contestuale alle successive fasi procedimentali, che implicano l’avvenuta presentazione, da parte delle ricorrenti, del progetto di bonifica del sito, che a tutt’oggi non è stato presentato.

7. Sono invece fondate e devono essere accolte le censure di difetto di istruttoria e di motivazione (contenute nell’ambito del quarto, quinto, decimo, dodicesimo, diciannovesimo e ventunesimo motivo) con le quali le ricorrenti lamentano che l’Amministrazione ha erroneamente omesso di ricostruire il corretto iter procedimentale a seguito dell’avvenuto annullamento della conferenza di servizi del 5 aprile 2005 per effetto dell’accoglimento del ricorso straordinario al Capo dello Stato approvato con DPR del 28 febbraio 2011, nella quale era stata ordinata la caratterizzazione del sito e per la mancata valutazione dell’esito dell’analisi di rischio predisposta dalla ricorrente.

Infatti gli atti impugnati non menzionano mai l’intervenuto annullamento della conferenza di servizi con la quale era stata impostala caratterizzazione dell’area, non avvedendosi che nella sequenza procedimentale è venuta meno una delle fasi in cui si articolano le procedure di bonifica, che deve essere reintegrata mediante una rinnovata azione amministrativa che provveda a ripristinare il sub procedimento concernente la caratterizzazione dei terreni che è stato oggetto di annullamento e all’approvazione del relativo piano, non potendosi tollerare che l’intervenuto annullamento di quella fase procedimentale resti senza conseguenze.

Solo a seguito della rinnovazione del subprocedimento concernente la caratterizzazione, incombe sull’Amministrazione l’obbligo di valutare l’esito dell’analisi di rischio predisposta dalle ricorrenti, che nella sequenza procedimentale segue la caratterizzazione, e che ai sensi dell’art. 242, comma 4, penultimo periodo, del Dlgs. n. 152 del 2006, deve essere valutata in un’apposita conferenza di servizi in contraddittorio con l’interessato.

Orbene, sotto questo profilo gli atti impugnati sono illegittimi per non aver considerato le conseguenze sul piano amministrativo dell’avvenuto annullamento dell’ordine di caratterizzazione, e per non aver dato riscontro all’avvenuta presentazione dell’analisi di rischio predisposta dalle ricorrenti, rispettando il principio del contraddittorio specificamente prescritto dall’art. 242, comma 4, penultimo periodo, del Dlgs. n. 152 del 2006.

Va tuttavia precisato in proposito che, nello svolgere la rinnovazione dell’attività amministrativa, l’Amministrazione ben potrà avvalersi dell’esito di tutti gli accertamenti tecnici e degli elementi conoscitivi fino ad ora acquisiti, la cui validità non è certo inficiata dall’accoglimento del ricorso straordinario che, come sopra ricordato, si è limitato ad annullare la conferenza di servizi del 5 aprile 2005 perché non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendosi tener ben ferma la distinzione tra l’aspetto amministrativo per il quale il subprocedimento di caratterizzazione del sito risulta annullato in via definitiva, e quindi eliminato dal mondo giuridico, dalle attività materiali poste in essere in questi anni sulla base di quell’atto annullato, che mantengono la loro validità come elementi conoscitivi che possono essere oggetto di una rinnovata valutazione.

In definitiva, entro questi limiti - e con assorbimento delle censure di difetto di motivazione e di istruttoria contenute nell’ambito dell’undicesimo, diciottesimo e ventesimo motivo, e delle ulteriori non espressamente esaminate - il ricorso ed i motivi aggiunti devono essere accolti, con conseguente annullamento degli atti impugnati.

La peculiarità e complessità della controversia giustifica tuttavia l’integrale compensazione delle spese tra le parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sui ricorsi e relativi motivi aggiunti, disposta la riunione dei ricorsi, dichiara l’inammissibilità dell’impugnazione dei pareri dell’Arpav e dell’Ispra indicati in epigrafe, nonché dei verbali delle riunioni tecniche del 20 e 23 maggio 2012, e li accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla:

- l'ordine del Ministero dell'Ambiente 12.01.2011, prot. n. 810/TRI/DI;

- l'atto del Ministero dell'Ambiente dell’8 novembre 2011, prot. n. 33904/TRI/DI;

- l'atto del Ministero dell'Ambiente - Direzione Generale per la Tutela del Suolo e delle Risorse Idriche del 2 luglio 2012, prot. n. 19266/TRI/VII e, nei limiti di interesse della parte ricorrente, il verbale della conferenza di servizi istruttoria del 14 giugno 2012.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Stefano Mielli, Primo Referendario, Estensore

Marco Morgantini, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)