Corte di Cassazione SSUU civili sent. 9338 del 16 aprile 2018 (ud. 13 mar. 2018)
Pres. Mammone Est. Perrino
Beni ambientali. Conferenza di servizi e tutela del paesaggio
In caso di dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile, nel novero dei quali si colloca quello paesaggistico, il meccanismo previsto dal 3° comma dell’art. 14-quater della l. n. 241/90 impedisce alla conferenza di servizi di procedere ulteriormente e rende doverosa, ove l’amministrazione procedente intenda perseguire il superamento del dissenso, la rimessione della decisione al Consiglio dei ministri.
Fatti di causa
Con sentenza n. 82 del 24 agosto 2011 il Tribunale superiore delle acque pubbliche, nell’accogliere il ricorso proposto da Alfonso Mele, proprietario di un appartamento sito nell’edificio Maya Bassa in Cortina d’Ampezzo, annullò il permesso di costruire rilasciato alla s.r.l. Acil dal Comune di Cortina d’Ampezzo per la realizzazione di un parcheggio adibito a servizio del supermercato Kanguro, con parziale copertura amovibile del torrente Bigontina, nonché il connesso atto unilaterale d’obbligo dell’Acil, l’autorizzazione paesistica che abilitava la società a costruire e a gestire il parcheggio per dieci anni, col relativo disciplinare e i pertinenti pareri della competente commissione tecnica regionale.
A fondamento della decisione il Tribunale ritenne illegittima la concessione idraulica regionale e, per derivazione, illegittimo il permesso di costruire, ma fece salvi gli ulteriori atti della pubblica amministrazione, da adottare nel rispetto dei principi di diritto enunciati.
Il Comune di Cortina d’Ampezzo avviò il procedimento previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001 e, a fronte di un’ulteriore istanza presentata dall’Acil per il rilascio del permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica e del parere negativo espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, indisse una conferenza di servizi, a norma dell’art. 14 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Nel corso della conferenza, tenutasi il 17 aprile 2012, la Soprintendenza ribadì il proprio parere negativo, sicché il Comune con nota n. 17790 del 7 settembre 2012 rimise la questione alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Alfonso Mele ha impugnato la determinazione del Comune e la nota dell’Unità di progetto del Genio civile di Belluno, che richiamava il parere positivo reso sul progetto presentato dalla Acil dalla Commissione tecnica regionale decentrata e con ulteriori sei ricorsi per motivi aggiunti ha impugnato:
- la successiva nota del 10 dicembre 2012 con la quale il Dipartimento per il coordinamento amministrativo, Ufficio per la concertazione amministrativa e il monitoraggio –Servizio Infrastrutture, attività produttive, territorio, ambiente della Presidenza del Consiglio dei ministri ha preso atto della necessità di prosecuzione o riapertura della conferenza di servizi, subordinandola al riscontro dei presupposti previsti dall’art. 14-quater della l. n. 241/90, dei quali sarebbe mancato il motivato dissenso della Soprintendenza, le note allegate e il parere dell’Ufficio legislativo del MI.B.A.C.;
- il parere favorevole espresso sul progetto della Acil dalla Commissione tecnica regionale decentrata per i lavori pubblici;
- la determinazione n. 13157 del 25 giugno 2013, con la quale il Comune di Cortina ha nuovamente rimesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri la questione concernente l’assentibilità del permesso di costruire richiesto dalla Acil;
- la deliberazione adottata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 ottobre 2013 e l’autorizzazione paesaggistica n. 297 dell’11 novembre 2013;
- il decreto n. 110 del 5 giugno 2014 col quale il direttore della sezione bacino idrografico Piave Livenza, sezione di Belluno ha concesso all’Acil di mantenere il parcheggio a servizio del supermercato Kanguro, il relativo disciplinare e la nota con la quale il Comune comunicava alla Regione l’inesistenza di ulteriori motivi ostativi al rilascio della concessione;
- il permesso di costruire n. 18/14 del 10 luglio 2014.
Hanno resistito il Comune di Cortina d’Ampezzo, la Regione Veneto, la s.r.l. Acil e la Presidenza del Consiglio dei ministri, chiedendone la dichiarazione d’inammissibilità, d’improcedibilità e comunque il rigetto. È intervenuta in giudizio altresì la s.r.l. K Immobiliare, che ha aderito alle richieste di rigetto.
Il Tribunale superiore delle acque pubbliche con la sentenza n. 228/16 ha ritenuto che la conclusione dei lavori della conferenza di servizi per mezzo della dichiarazione del suo Presidente, secondo cui <<…in presenza del parere vincolante sfavorevole della Soprintendenza…non potranno essere rilasciati i conseguenti provvedimenti autorizzatori>>, corrispondesse a un arresto procedimentale definitivo, che non si sarebbe potuto rimuovere con un’autonoma iniziativa dell’amministrazione comunale procedente. Ciò perché il Comune, quando ha deciso di indire la Conferenza, avrebbe autolimitato le proprie prerogative, rimettendo la decisione alla stessa conferenza di servizi, esclusivamente in seno alla quale si sarebbero dovute rappresentare e manifestare le ragioni d’interesse pubblico idonee a giustificare l’intervento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Contro questa sentenza propongono distinti ricorsi in successione il Comune di Cortina d’Ampezzo, nonché s.r.l. Acil e s.r.l. K Immobiliare, ciascuno affidato a due motivi, per ottenere la cassazione della sentenza, cui Alfonso Mele replica con distinti controricorsi. Il Comune prospetta in subordine la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14-ter della l. n. 241/90, nel testo vigente nel 2012.
Le parti depositano documenti ulteriori e illustrano la rispettiva posizione con memorie.
Ragioni della decisione
1.- Preliminarmente Alfonso Mele eccepisce l’improcedibilità (rectius, la sopravvenuta inammissibilità) del ricorso proposto dal Comune di Cortina d’Ampezzo, da qualificare come principale, perché notificato per primo, per effetto dell’ordinanza contingibile e urgente di rimozione del parcheggio del quale si discute, depositata ex art. 372 c.p.c. e inserita in un elenco notificato alle controparti, che il Comune ha adottato ex art. 54 del d.lgs. n. 267/00, in data 14 settembre 2017, a seguito degli eventi atmosferici del precedente 5 agosto, che hanno determinato l’esondazione del torrente Bigontina e, tra l’altro, il decesso di una persona in una località a monte del territorio comunale. A sostegno dell’eccezione rimarca che, a dire dello stesso Tribunale superiore delle acque pubbliche, nuovamente adito per ottenere la sospensione degli effetti della sentenza n. 228/16, l’ordinanza contingibile e urgente <<...è idonea di per sé a disporre la riduzione in pristino, a prescindere dall’esito del giudizio>> odierno.
è infondata al riguardo l’eccezione d’inammissibilità della produzione documentale formulata dalle due società ricorrenti incidentali; ciò perché tale produzione è intesa a sorreggere la richiesta di pronuncia d’inammissibilità del ricorso principale.
La richiesta, tuttavia, va respinta.
A norma dell’art. 54, quarto comma, del d.lgs. n. 267/00 <<il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana>>.
L’ordinanza in questione si presenta quindi inidonea a incidere sulle sorti del giudizio del quale si discute, come del resto ha rilevato lo stesso Tribunale superiore delle acque pubbliche; e ciò sia per la diversità del titolo (quello di ufficiale del Governo) in base al quale il sindaco ha agito, sia per le caratteristiche di provvisorietà e temporaneità degli effetti connaturate al provvedimento (tra varie, Cons. Stato 14 novembre 2017 n. 5239).
1.1.- Parimenti infondata, e per le medesime ragioni, è la richiesta che Alfonso Mele ha formulato di sospendere il giudizio incidentale promosso da s.r.l. Acil e da s.r.l. K Immobiliare in attesa dell’esito dell’impugnazione proposta dalle società contro la suddetta ordinanza contingibile e urgente.
1.2.- La sorte degli ulteriori provvedimenti adottati dal Comune in esecuzione della sentenza impugnata in questo giudizio, enumerati negli elenchi depositati e notificati ex art. 372 c.p.c., è invece dipendente da quella dei provvedimenti che ne sono oggetto, perché legati strettamente a questi, dai quali esclusivamente ritraggono legittimità.
2.- Con i due motivi del ricorso principale proposto dal Comune di Cortina d’Ampezzo, è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 14-ter della l. n. 241/90, nonché dell’art. 10-bis della medesima legge.
Il Comune sostiene che, con la dichiarazione riportata in narrativa, non abbia affatto inteso chiudere il procedimento, che il verbale conclusivo della conferenza abbia mera rilevanza endoprocedimentale, che l’unico modo per risolvere il conflitto innescato dal parere negativo della Soprintendenza fosse la rimessione della decisione alla Presidenza del Consiglio dei ministri e che spettasse appunto al Comune procedervi.
2.1.- Infondate sono le eccezioni d’inammissibilità proposte dal controricorrente:
infondata è quella che adombra una sorta di acquiescenza del Comune, dovuta al fatto che esso nella seconda conferenza di servizi svoltasi nel 2013 si sarebbe adeguato al modello di condotta indicato dal Tribunale superiore con la sentenza impugnata, perché tale adeguamento non è incompatibile con la volontà d’impugnare la statuizione sfavorevole contenuta in sentenza;
infondata è altresì quella che denuncia il difetto di autosufficienza del ricorso, perché le censure sono calibrate sui fatti indicati in sentenza, che sono puntualmente riportati dal ricorrente;
irrilevante è quella che fa leva sulla circostanza che il procedimento amministrativo non è stato promosso su istanza di parte, perché la dedotta violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/90 rappresenta soltanto un profilo della complessiva censura proposta.
E parimenti infondate, per le medesime ragioni, sono le eccezioni di analogo tenore proposte dal controricorrente nei confronti del ricorso incidentale proposto dalle due società.
La complessiva censura proposta dal Comune oltre che ammissibile è altresì fondata.
3.- La statuizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche concernente l’autolimitazione dei poteri decisori spettanti al Comune scaturente dall’indizione della conferenza di servizi e la conseguente necessità d’impugnare il verbale conclusivo della conferenza, riecheggia la tesi, emersa nella giurisprudenza amministrativa dopo le modifiche apportate dall’art. 49, secondo comma, lett. d) e f), del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con l. 30 luglio 2010 n. 122, che prospetta il superamento della struttura dicotomica in precedenza assegnata alla conferenza di servizi.
Si riteneva difatti che la conferenza fosse articolata in due fasi: la prima, che termina con la determinazione conclusiva della conferenza e la seconda, che sfocia nell’adozione del provvedimento finale da parte dell’autorità procedente (in argomento, tra varie, vedi Cons. Stato, 3 gennaio 2018, n. 28).
Si sostiene di contro, sinora nella giurisprudenza di merito, che, in seguito alle modifiche apportate all’art. 14-ter della l. n. 241/90, non sia più necessaria l’emanazione di un provvedimento finale distinto dal verbale conclusivo della conferenza di servizi.
Quest’ultimo avrebbe assunto il duplice ruolo di determinazione conclusiva della conferenza e di provvedimento finale del procedimento nel quale essa si inserisce.
3.1.- Quest’interpretazione, si rimarca, sarebbe sorretta per un verso dall’abrogazione del nono comma dell’art. 14-ter della l. n. 241/90, il quale prevedeva che il provvedimento finale dell’amministrazione procedente dovesse essere conforme alla determinazione conclusiva della conferenza e, per altro verso, dalla riformulazione del comma 6-bis del medesimo articolo, il quale disponeva all’epoca dei fatti che l’amministrazione procedente «adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza».
Conseguenza di questa tesi è, appunto, l’impugnabilità del verbale conclusivo della conferenza di servizi, in quanto atto a valenza esoprocedimentale.
4.- Non occorre, in questa sede, valutarne la fondatezza.
Ciò perché la regola introdotta dalla riforma del 2010 non vale comunque nei casi in cui la disciplina della conferenza di servizi si distingua per profili di specialità, come accade giustappunto nell’ipotesi di rimessione della decisione al Consiglio dei ministri.
4.1.- In caso di dissenso espresso da un’amministrazione preposta alla tutela di un interesse sensibile, nel novero dei quali si colloca quello paesaggistico, il meccanismo previsto dal 3° comma dell’art. 14-quater della l. n. 241/90 impedisce alla conferenza di servizi di procedere ulteriormente e rende doverosa, ove l’amministrazione procedente intenda perseguire il superamento del dissenso, la rimessione della decisione al Consiglio dei ministri: stabilisce difatti la disposizione che <<...ove venga espresso motivato dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali>>.
La legge quindi, in attuazione dei principi costituzionali compendiati nell’art. 120 Cost. (che prevede, tra l’altro, l’intervento sostitutivo del Governo “quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica” della Repubblica), al cospetto del presupposto rappresentato dal “motivato dissenso” di un’amministrazione preposta alla tutela degli interessi sensibili enumerati, attribuisce il potere provvedimentale alla istanza amministrativa massima della Repubblica nella sua unità, e cioè al Consiglio dei ministri.
4.2.- Del tutto ininfluente è quindi, contrariamente a quanto si sostiene in controricorso, che, in esito al fallimento della conferenza di servizi, l’amministrazione procedente formuli, o no, la riserva di rimettere la questione al Consiglio dei ministri e che la conferenza valuti, o no, gli interessi coinvolti ai fini di tale rimessione: l’attribuzione della competenza al Consiglio dei ministri non dipende da riserva o da valutazione alcuna, ma scaturisce direttamente dalla legge.
4.3.- Senz’altro, dunque, si prospetta il difetto assoluto di attribuzione dell’amministrazione procedente, ma ai fini dell’esercizio del potere provvedimentale (tra varie, Cons. Stato 8 gennaio 2018, n. 67); non già al fine della rimessione della questione al Consiglio dei ministri.
5.- Le considerazioni che precedono determinano l’accoglimento altresì del primo motivo del ricorso proposto dalle due società in epigrafe indicate, che si converte in incidentale appunto perché successivamente proposto, col quale la s.r.l. Acil e la s.r.l. K Immobiliare denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 14-quater, terzo comma, l. n. 241/90, proprio in base alla considerazione che il parere dissenziente della Soprintendenza genera l’effetto dell’esclusione della competenza della conferenza di servizi a trattare la questione e l’inderogabile necessità di rimettere la valutazione al Consiglio dei ministri qualora l’amministrazione procedente intenda insistere.
6.- Ne risultano assorbiti per un verso la questione di legittimità costituzionale prospettata in subordine dal Comune e per altro verso il secondo motivo del ricorso incidentale, col quale le due società lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 34, terzo comma, del c.p.a. in relazione alla declaratoria d’improcedibilità per carenza d’interesse degli altri motivi di ricorso formulari da Alfonso Mele.
7.- La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio, anche per le spese, al Tribunale superiore delle acque pubbliche in diversa composizione.
PER QUESTI MOTIVI
accoglie il ricorso principale e il primo motivo di quello incidentale, assorbiti la questione di legittimità costituzionale prospettata nel primo e il secondo motivo dell’altro, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale superiore delle acque pubbliche in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2018.