T.a.r. Calabria (Catanzaro) Sez. II sent. 22 dicembre 2004
Beni ambientali installazione bungalows in zona vincolata
REPUBBLICA
ITALIANA |
N. 2480
REG. DEC. |
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO |
N.
831/2004
REG. RIC. |
IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER
LA CALABRIA, Catanzaro – Sezione Seconda, |
ANNO 2004 |
composto dai Signori:
Dott. Pierina BIANCOFIORE - Presidente
Dott.
Ezio FEDULLO – Estensore
Dott.
Giuseppe CHINE’ - Componente
ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
sul
ricorso n. 831/2004, e relativi
motivi aggiunti, proposto da COSTA Anna,
rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Maccarone e dall’Avv. Francesco
Scalzi, elettivamente domiciliata in Catanzaro, via Purificato n. 18, presso lo
studio dell’Avv. Francesco Scalzi;
contro
il
Comune di Ricadi, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e
difeso dall’Avv. Domenico Pontoriero, elettivamente domiciliato in Catanzaro,
corso Mazzini n. 20, presso lo studio dell’Avv. Rosario Chiriano;
il
Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed Ambientali, in
persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura
distrettuale dello Stato di Catanzaro;
per
l’annullamento
del
silenzio – rifiuto formatosi in relazione all’istanza di adeguamento dei bungalows;
del
parere negativo della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria;
della
determinazione negativa adottata dalla conferenza di servizi n. IX/2003 del
27.10.2003 e del decreto ministeriale di imposizione del vincolo archeologico
del 4.3.1978 ( atti questi ultimi impugnati con i motivi aggiunti depositati il
1°.12.2004 );
nonché
per la declaratoria
dell’obbligo
di concludere il procedimento con un provvedimento espresso;
e
per la condanna
delle
amministrazioni intimate a provvedere sull’istanza suindicata ed a risarcire
il danno sofferto dalla ricorrente;
Visto
il ricorso con i relativi allegati;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
Relatore
alla pubblica udienza del 3 Dicembre 2004 il dott. Ezio FEDULLO;
Uditi
altresì gli avvocati come da verbale d’udienza.
Ritenuto
in fatto ed in diritto quanto segue :
FATTO
Deducono
i difensori della ricorrente che ella ha presentato, in data 10.3.2003 ( prot.
n. 1977 ), istanza di convocazione della conferenza di servizi per la
realizzazione di un progetto di ristrutturazione dei bungalows
facenti parte del camping “Costa Calispera”, di cui la predetta è titolare.
Essi
evidenziano che l’iter si è
concluso con il verbale n. 6/2003, così formulato : ”visto il parere espresso
dalla Soprintendenza dei beni Archeologici acquisito agli atti della conferenza
di servizi ( prot. n. 22028 del 24.10.2003 ) con prot. 8690 del 27.10.2003 si
prende atto del parere vincolante negativo espresso”.
Deducono
altresì che nessun riscontro è stato dato dalla Regione Calabria, dal
Ministero per i Beni Culturali e dal Comune di Ricadi all’istanza con la quale
la ricorrente ha chiesto di avere copia dell’elenco degli immobili siti nel
predetto Comune sottoposti al vincolo archeologico, omissione che essi spiegano
con il fatto che nessun procedimento è stato avviato, a norma del d.lgs n.
42/2004, per la declaratoria di particolare importanza degli immobili di
proprietà della predetta : ciò sul presupposto, essi aggiungono, della
sopravvenuta inefficacia del vincolo imposto in data 4.3.1978 siccome fondato su
presupposti erronei e falsi, mai notificato ai proprietari e mai trascritto nei
registri immobiliari.
Espongono
inoltre che la Soprintendenza archeologica della Calabria si è sempre rifiutata
di eseguire le indagini finalizzate ad accertare l’effettiva presenza di
reperti archeologici, nonostante le richieste in tal senso indirizzate dalla
ricorrente e corroborate dalle perizie dei proff. De Franciscis e Lagona, dalle
quali sarebbe desumibile il carattere di “opera moderna” delle strutture
rinvenute in loco.
A
sostegno delle domande indicate in epigrafe deducono quindi l’illegittimità
del silenzio formatosi in relazione alla istanza volta ad ottenere l’assenso
per l’adeguamento dei bungalows,
atteso che il parere negativo espresso dalla Soprintendenza archeologica della
Calabria ( e recepito con il citato verbale della conferenza di servizi del
27.10.2003 ), oltre ad essere carente di motivazione, non è rispettoso delle
prescrizioni poste dall’art. 14 quater,
comma 1, l. n. 241/1990 in ordine alla necessaria indicazione delle modifiche
progettuali occorrenti per conseguire l’assenso.
Aggiungono
poi i difensori della ricorrente che l’amministrazione procedente ha omesso di
assumere la determinazione conclusiva del procedimento sulla base della
maggioranza delle posizioni espresse in sede di conferenza di servizi.
La
fondatezza delle pretese articolate in ricorso deriva inoltre, secondo le
deduzioni attoree, dalla inesistenza ed inopponibilità di alcun vincolo
archeologico ( quale conseguenza della omissione della notifica e della
trascrizione del D.M. 4.3.1978 nei confronti della ditta proprietaria ) oltre
che dal mancato rinvenimento sui terreni di sua proprietà – accertato con la
sentenza di assoluzione della ricorrente dal reato di cui agli artt. 18 e 59 l.
n. 1089/1939, a conclusione del giudizio nell’ambito del quale è stata
acquisita la citata relazione peritale della prof.ssa Lagona – di “resti
archeologici”.
Per
finire, viene evidenziato che il parere della Soprintendenza è intervenuto dopo
il decorso dei sessanta giorni all’uopo prescritti.
La
difesa erariale si oppone all’accoglimento del gravame.
Analoghe
conclusioni ha rassegnato il difensore del Comune di Ricadi, il quale ha anche
allegato la determinazione finale della conferenza di servizi n. IX/2003 del
27.10.2003, con la quale il progetto presentato dalla ricorrente è stato
dichiarato “non ammissibile”.
La
ricorrente, con i motivi aggiunti depositati il 1°.12.2004, ha gravato il
decreto ministeriale del 4.3.1978, recante l’imposizione del vincolo
archeologico, e la determinazione della conferenza di servizi appena menzionata.
All’esito
dell’odierna udienza di discussione la causa è stata quindi trattenuta in
decisione.
DIRITTO
La
ricorrente, titolare del camping denominato “Costa Calispera” ubicato in
Ricadi, località Torre S. Maria, deduce di aver presentato al Comune predetto
domanda di convocazione della conferenza di servizi per l’approvazione del
progetto di adeguamento dei bungalows
facenti parte della menzionata struttura turistica.
Lamenta
quindi che l’iter procedimentale in
tal modo avviato non ha conseguito alcun esito, non avendo l’amministrazione
procedente adottato la determinazione conclusiva di sua competenza ed essendosi
la conferenza limitata a prendere atto del parere negativo espresso dalla
Soprintendenza archeologica della Calabria.
Il
ricorso, nella parte in cui si dirige avverso il parere in questione chiedendone
l’annullamento, è infondato.
Le
relative censure di illegittimità si incentrano, in primo luogo, sulla
negazione della esistenza di un vincolo archeologico efficace e validamente
imposto : ciò sulla scorta della inattualità del vincolo scaturente dal
decreto ministeriale del 4.3.1978 sia perché infondato nei suoi presupposti
fattuali e giuridici sia perché mai notificato nei confronti dei proprietari
dei terreni vincolati né trascritto a loro carico.
Le
deduzioni così articolate non possono essere condivise.
Giova
in primo luogo evidenziare che i rilievi ( formulati anche con i motivi aggiunti
depositati il 1°.12.2004 ) inerenti alla legittimità del decreto del Ministro
per i Beni Culturali ed Ambientali del 4.3.1978 (copia del quale è stata
acquisita agli atti del giudizio a seguito degli incombenti istruttori disposti
dal Tribunale con ordinanza n. 90/2004), con il quale è stato dichiarato il
“notevole interesse storico ed archeologico” dello stanziamento greco in
contrada Torre di S. Maria, sono preclusi, sul piano processuale, dalla sentenza
n. 33 del 28.2.1983, con la quale questo T.A.R. ha respinto il ricorso proposto
dalla ricorrente avverso il suddetto provvedimento impositivo del vincolo
archeologico : ciò in ossequio al principio generale compendiato nella formula
romanistica ne bis in idem.
Parimenti
ininfluente, ai fini del decidere, appare la deduzione del “rifiuto” della
Soprintendenza archeologica della Calabria di svolgere gli approfondimenti
istruttori necessari a verificare l’effettiva esistenza in loco dei resti archeologici atti a giustificare la perdurante
vigenza del vincolo de quo, anche alla
luce delle conclusioni negative cui al riguardo sono pervenuti i proff. De
Franciscis e Lagona.
Invero,
l’eventuale atteggiamento silente dell’amministrazione intimata, a fronte
delle sollecitazioni della ricorrente volte ad ottenere la revoca o la modifica
del vincolo di tutela archeologica, avrebbe dovuto costituire oggetto - purché
susseguente a formali intimazioni a provvedere provenienti dalla parte
interessata - dell’apposito rimedio giurisdizionale volto ad imporre
l’adozione, sussistendone le condizioni, di una espressa determinazione : in
mancanza della cui attivazione ( e del relativo esito favorevole ) la
permanenza, nei termini originari, del regime di vincolo non potrebbe non
continuare a fondare la legittimazione dell’amministrazione che ne presidia il
rispetto ad esercitare il potere di valutare la compatibilità degli interventi
programmati con la salvaguardia dei valori ad esso sottesi, potere di cui
l’impugnata nota della Soprintendenza archeologica costituisce appunto
espressione.
Né
a diverse conclusioni potrebbe addivenirsi ipotizzando - pur in mancanza delle
necessarie allegazioni della parte ricorrente - che il “rifiuto” da essa
lamentato si sia concretato in una espressa determinazione negativa
dell’amministrazione destinataria dell’istanza di revisione del vincolo
archeologico, essendo onere della ricorrente quello di ottenerne la caducazione
in sede giurisdizionale ( mediante l’instaurazione di un giudizio
nell’ambito del quale sarebbe anche stato possibile valutare la rilevanza
della sentenza del Pretore di Tropea n. 246 del 25.10.1986, con la quale la
ricorrente è stata assolta dal reato di cui agli artt. 18 e 59 della legge n.
1089 del 1939) : caducazione che comunque, lasciando intatto ( almeno fino alle
nuove determinazioni dell’amministrazione ) il decreto originariamente
impositivo del vincolo archeologico, non consentirebbe di predicare
l’illegittimità derivata (né a maggior ragione il travolgimento automatico)
del parere negativo impugnato con il ricorso in esame.
A
non diverse conclusioni, in ordine alla denunciata illegittimità della
impugnata nota della Soprintendenza, è infine possibile addivenire sulla scorta
della mancata notifica del decreto del 4.3.1978 nei confronti dei proprietari
dei terreni vincolati e della omessa trascrizione a loro carico.
Quanto
al primo aspetto, invero, deve osservarsi come la notifica del decreto del
4.3.1978 nei confronti della Prebenda Parrocchiale di Santa Maria in Ricadi
emerga dagli atti acquisiti in esecuzione dell’ordine istruttorio impartito
dal Tribunale.
Ebbene,
se si considera che lo stesso perito di parte geom. Francesco Schiariti ( cfr.
memoria del 29.10.2004 ) afferma che il campeggio “Costa Calispera” ricade
sulla particella 243, di cui viene altresì attestata la detenzione da parte
della ricorrente a titolo di affitto concesso dalla proprietaria Prebenda
Parrocchiale, non resta che prendere atto dell’avvenuto regolare compimento
della notifica nei confronti della ditta proprietaria, almeno per la parte di
terreno vincolato cui si riferisce l’istanza di adeguamento dei bungalows.
Da
questo punto di vista, inoltre, non assume rilevanza la circostanza per la quale
nessuna notifica sarebbe stata posta in essere nei confronti del sig. Eriprando
Visconti, cui in ricorso viene attribuita la proprietà (all’epoca
dell’adozione del decreto di vincolo) dei terreni vincolati : se infatti si
considera che il predetto risulta acquirente, con contratto del 18.4.1963, della
sola particella n. 247, non può non osservarsi, da un lato, che nessuna
concreta deduzione viene formulata a sostegno della tesi secondo la quale egli
avrebbe conservato la titolarità della medesima particella alla data
dell’imposizione del vincolo archeologico, dall’altro lato, che la suddetta
particella n. 247, secondo quanto può desumersi dalla stessa citata perizia di
parte, non presenta alcuna attinenza con il thema
decidendum.
Quanto
invece alla mancata trascrizione del vincolo in questione, basti evidenziare che
essa non spiega alcun effetto sulla operatività in assoluto del regime di
tutela da esso discendente, incidendo esclusivamente, ai sensi degli artt. 2,
comma 2 e 3, comma 2, l. n. 1089/1939, sulla opponibilità dello stesso nei
confronti dei successivi acquirenti ( tema questo di cui non è dato tuttavia
apprezzare, alla luce delle allegazioni attoree, il rapporto di attinenza con la
posizione della ricorrente ).
L’accertata
perdurante operatività del vincolo ex
art. 1 ss l. n. 1089/1939 destituisce poi di ogni rilevanza la deduzione
concernente il mancato avvio di alcun procedimento, ai sensi delle disposizioni
contenute nel d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42, inteso alla dichiarazione
dell’interesse culturale dei terreni di proprietà della ricorrente.
Ma
l’illegittimità del parere negativo della Soprintendenza archeologica della
Calabria viene dedotta dalla ricorrente sotto un ulteriore punto di vista : in
particolare, ella evidenzia che esso è stato espresso in violazione
dell’obbligo di indicare “le modifiche progettuali necessarie ai fini
dell'assenso” ( ex art. 14 quater, comma
1, l. 7 agosto 1990 n. 241 ).
Ritiene
il Tribunale che neanche tale censura sia meritevole di accoglimento.
Deve
infatti evidenziarsi che il parere negativo della Soprintendenza archeologica
della Calabria oggetto di impugnativa ( prot. n. 22028 del 24.10.2003 ) si fonda
sulla constatazione del fatto che il progetto presentato dalla ricorrente non
prevede “semplici adeguamenti funzionali di strutture preesistenti, realizzate
in passato con strutture in legno appoggiate sul terreno e rimuovibili, ma
sostituzioni con strutture permanenti, di linee architettoniche differenti dalle
precedenti che comportano la realizzazione di nuove cubature edilizie, le quali
appesantirebbero ulteriormente e in modo negativo la situazione edificata
nell’area sottoposta a vincolo archeologico”.
Ebbene,
ritiene il giudicante che l’atto de quo,
adeguatamente analizzato, consenta la ricostruzione delle “modifiche
progettuali necessarie” per il conseguimento dell’atto di assenso :
risultato questo agevolmente raggiungibile mediante la conversione logica in
linee di indirizzo di ordine positivo delle ragioni indicate
dall’amministrazione come ostative all’approvazione del progetto formulato
dalla ricorrente.
Tale
criterio di lettura permette in particolare di dedurre dall’atto menzionato
che la rielaborazione del progetto, nel senso della sua caratterizzazione come
volto a realizzare il mero adeguamento funzionale dei manufatti preesistenti
mediante la conservazione delle relative caratteristiche strutturali ed
architettoniche, assicurerebbe il superamento dei motivi che si oppongono, hic et nunc, all’approvazione del progetto da parte dell’organo
preposto a verificare il rispetto delle esigenze di salvaguardia sottese alla
imposizione del vincolo archeologico.
Parimenti
infondata deve ritenersi la censura con la quale si lamenta la tardività del
parere negativo della Soprintendenza archeologica : basti considerare, al
riguardo, che essa trova giustificazione nelle esigenze istruttorie ravvisate
dall’amministrazione suindicata ed emergenti dalle note n. 9345 del 5.5.2003,
n. 14949 dell’8.7.2003 e n. 20807 del 9.10.2003.
Procedendo
nella disamina delle doglianze attoree, viene in rilievo quella volta a
contestare il silenzio serbato dall’amministrazione comunale, destinataria
della richiesta di convocazione della conferenza di servizi avanzata dalla
ricorrente, in violazione dell’obbligo di adottare, sulla base della
maggioranza delle posizioni espresse dalla conferenza di servizi e pur in
presenza del parere negativo in ordine alla realizzabilità dell’intervento
espresso dalla Soprintendenza archeologica della Calabria, la determinazione
conclusiva dell’iter procedimentale.
La
censura non è meritevole di accoglimento.
Deve
infatti evidenziarsi che, ai sensi dell’art. 14 quater,
comma 3, l. n. 241/1990, qualora il motivato dissenso sia espresso da una
amministrazione preposta alla tutela del patrimonio storico-artistico, “la
decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, ove l’amministrazione
dissenziente o quella procedente sia un’amministrazione statale”.
Ne
discende che, promanando il dissenso, nel caso di specie, dal Ministero per i
Beni e le Attività Culturali, l’adozione della determinazione conclusiva del
procedimento attivato dalla ricorrente non avrebbe potuto che competere al
Consiglio dei Ministri : con la conseguenza che nessun fondamento rivela la
doglianza attorea incentrata sull’imputazione al Comune destinatario
dell’istanza dell’obbligo di provvedere recta
via alla definizione del relativo procedimento.
Non
solo, ché fa difetto l’ulteriore presupposto, di carattere procedurale, atto
a consentire la contestazione giurisdizionale del silenzio serbato
dall’intimata amministrazione comunale ( così come da altra autorità
deputata ad adottare la determinazione conclusiva di cui viene lamentata la
mancanza ), ovvero la formale notificazione della diffida a provvedere
sull’istanza della ricorrente ( Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 luglio 2004 n.
5020 ).
Il
ricorso deve quindi essere respinto : la conclusione non può che riguardare
anche la sua componente risarcitoria ed i motivi aggiunti depositati il 1°.12.2004
( ad eccezione della domanda di annullamento del decreto ministeriale del
4.3.1978, che deve invece essere dichiarata inammissibile ).
Sussistono
giuste ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria – Catanzaro, Sezione
Seconda, respinge il ricorso ed i relativi motivi aggiunti, dei quali dichiara
l’inammissibilità relativamente alla domanda di annullamento del decreto
ministeriale di imposizione del vincolo archeologico del 4.3.1978.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così
deciso in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 3 Dicembre 2004.
L’estensore
Il
Presidente
Dott. Ezio FEDULLO
Dott. Pierina BIANCOFIORE
Depositata
in Segreteria il 22 dicembre 2004