TAR Puglia (BA) Sez. III n.1578 del 23 novembre 2022
Beni Ambientali.Autorizzazioni paesaggistiche ed infrastrutture strategiche
L’adozione dell’autorizzazione paesaggistica riguardante opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali va necessariamente rilasciata in esito ad una conferenza di servizi, salvo che per gli interventi di lieve entità, dove opera la procedura semplificata. L’autorizzazione paesaggistica, quale atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio, ha la durata di cinque anni. La proroga di tre anni della durata quinquennale delle autorizzazioni paesaggistiche di cui all’art. 30, comma 3, decreto legge n. 69/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, opera solo per le autorizzazioni in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione e non per quelle adottate successivamente.
Pubblicato il 23/11/2022
N. 01576/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00620/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 620 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS-, Comitato di Scopo “Le Vedette della Lama - per l’istituzione del Parco Regionale di Lama San Giorgio - Giotta e la Tutela delle Lame”, rappresentati e difesi dall’avvocato Giacomo Sgobba, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Anna Bucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale in Bari, lungomare Nazario Sauro, 31-33;
Ministero della Cultura, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Ministero della Transizione Ecologica, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari, Soprintendenza Speciale per il PNRR, CIPE - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Difesa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97;
R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Raffaele Guido Rodio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Società Italferr s.p.a., Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., Città Metropolitana di Bari, Comune di Bari, Comune di Triggiano, Forum Intercomunale Capurso Triggiano Cellamare Agenda 21 Locale, Archeoclub Bari “Italo Rizzi”, Comitato “Ambiente e Salute Odv”, Associazione “Pro Natura Bari Odv”, Associazione “Terre del Mediterraneo”, Associazione “Fare Verde Bari e Prov”, Comitato “Per la Tutela delle Coste”, Comitato “Per la Tutela del Territorio Area Metropolitana di Bari”, Onda Verde Puglia - Facciamo Rete, Coordinatore del Comitato Intercomunale Parco Lama San Giorgio, Archeoclub di Triggiano, Comitato Cittadino Neac No Elettrosmog A Capurso, Associazione Culturale Circoli Virtuosi, A.I.W. - Associazione Italiana per la Wilderness (Onlus), Amici della Terra (Onlus), A.N.T.A. - Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente, Agriambiente - Associazione Italiana per la Protezione, lo Sviluppo e la Difesa dell’Ambiente Rurale, Associazione Ambiente e Lavoro, Associazione Codiciambiente, Associazione Culturale Greenaccord, Associazione Italiana Sicurezza Ambientale A.I.S.A. - Nazionale, Associazione Nazionale dei Rangers D’Italia, Associazione Nazionale Giacche Verdi - A.N.Gi.V., C.A.I. - Club Alpino Italiano - Bari, Ekoclub International, Earth, F.A.I. - Fondo per l’Ambiente Italiano Ets, Fare Ambiente Mee - Movimento Ecologista Europeo, Feder.G.E.V. Italia - Federazione Nazionale Guardie Ecologiche Volontarie, Fiab - Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, F.I.E. - Federazione Italiana Escursionismo, Fondazione Sorella Natura, Fondazione per Lo Sviluppo Sostenibile, Forumambientalista, Gruppo D’Intervento Giuridico Odv, Guardia Nazionale Ambientale, Guardie Ambientali D’Italia, Italia Nostra (Onlus), L’Altritalia Ambiente (Onlus), Legambiente Nazionale Aps, Nogez - Nucleo Operativo Guardie Ecozoofile, Sigea - Società Italiana di Geologia Ambientale, Società Geografica Italiana, Società Speleologica Italiana, T.C.I. - Touring Club Italiano, Terranostra - Associazione per l’Agriturismo, l’Ambiente e il Territorio, V.A.S. - Verdi Ambiente e Società (Onlus), Wwf Italia - Ass. Ital. per il World Wilde Fund For Nature - Onlus, I Cittadini Contro le Mafie e la Corruzione, Tribunale di Bari - - Procura della Repubblica, non costituiti in giudizio;
Comune di Noicattaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Fabrizio Lofoco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Gruppo di Intervento Giuridico - ODV, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Colapinto e Filippo Colapinto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Carlo Colapinto in Bari, via Andrea da Bari, 141;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della deliberazione della Giunta Regionale 15 febbraio 2022, n. 130 denominata “Infrastruttura strategica ai sensi della legge 443/2001. Nodo di Bari: Bari Sud (tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) CUP J11C09000000009. Rinnovo dell’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA ex art. 146 D.Lgs. 42/2004 e art. 90 NTA del PPTR, in deroga ex art. 95”, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 36 del 28.3.2022;
- dei pareri allegati alla predetta delibera ed in particolare:
- - del parere tecnico del Servizio Osservatorio e Pianificazione Paesaggistica (allegato A);
- - del parere della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura, espresso con note prot. nn° 5579-P del 10.6.2021 e 961-P del 27.1.2022, parte integrante e sostanziale dell’Allegato A;
- della deliberazione n. 1782 del 6.8.2014 - “Progetto definitivo del nodo di Bari. Bari Sud (Variante tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare)”. Conferma localizzazione ai sensi del comma 5, art. 165 del D.Lgs n. 163/2006 e Attestazione di Compatibilità Paesaggistica (art. 5.04 NTA del PUTT/P) in deroga alle prescrizioni di base (art. 5.07 NTA del PUTT/P)”, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 131 del 22.9.2014, richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale la Giunta Regionale ha confermato “il proprio accordo alla localizzazione dell’intervento in oggetto ai sensi e per gli effetti dell’art. 165 del D.Lgs. 163/2006 a seguito delle integrazioni apportate al progetto in ottemperanza alle prescrizioni presenti nella deliberazione CIPE n. 104 del 2012 di approvazione del progetto preliminare e ai fini del prosieguo dell’iter progettuale”, ed inoltre ha rilasciato “l’Attestazione di Compatibilità Paesaggistica in deroga di cui all’art. 5.04 ed art. 5.07 delle NTA del PUTT/Paesaggio con le prescrizioni riportate in narrativa al punto “conclusioni e prescrizioni”, alla ITALFER s.p.a per il progetto denominato “Riassetto Nodo Ferroviario di Bari”, ricadente nei territori comunali di Bari, Noicattaro e Triggiano”;
- della delibera n. 1 del 28.1.2015 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 184 del 10 agosto 2015), richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale il CIPE ha approvato il progetto definitivo relativo al “Programma delle infrastrutture strategiche (Legge n. 443/2001). Nodo di Bari: Bari Sud (tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) CUP J11C09000000009”;
- della nota prot. n. AOO_145_4235 del 7.5.2021, richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio ha proposto di rilasciare, confermando le prescrizioni già impartite con DGR n. 1782 del 6.8.2014, il provvedimento di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 del D.Lgs. n° 42/2004 e dell’art. 90 del PPTR, in deroga ai sensi dell’art. 95 delle medesime NTA, previo parere della competente Soprintendenza, per il progetto “Infrastruttura strategica ai sensi della legge 443/2001. Nodo di Bari: Bari Sud (tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) CUP J11C09000000009”;
- della nota prot. n. 5579-P del 10.6.2021, richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura ha espresso parere paesaggistico favorevole per le opere di progetto “confermando in toto quanto già espresso con le sopra richiamate note di competenza aventi rispettivamente prot. n. 9350 del 08.10.2010, n. 6681 del 05.11.2015, n. 7042 del 04.06.2019, n. 10211 del 02.08.2019 e n. 12367 del 03.10.2019”;
- della nota prot. n. AOO_145_6573 del 21.7.2021, richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio ha chiesto riscontro al proponente ed alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura in riferimento ad un esposto relativo ad un presunto insediamento archeologico di recente scoperta;
- della nota prot. n. AOO_145_9430 del 5.10.2021, richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio ha trasmesso il verbale del sopralluogo e ha chiesto a RFI un ulteriore sopralluogo per approfondimento conoscitivo;
- della nota prot. n. 961-P del 27.1.2022, richiamata nella delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, con la quale la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura ha trasmesso integrazioni al parere endoprocedimentale di competenza, a seguito delle indagini archeologiche in località Giannarelli, in Triggiano;
- di tutti i pareri, verbali e documenti endoprocedimentali prodromici alla pubblicazione della delibera di Giunta Regionale n. 130 del 15.2.2022, nonché di ogni altro atto precedente, conseguente e/o comunque connesso a quelli impugnati, ancorché non conosciuti e richiamati nella citata delibera;
per l’accertamento del diritto dei ricorrenti ad ottenere una nuova istruttoria in merito alla verificazione e approvazione del progetto denominato “Variante 3SF”,
nonché per il risarcimento dei danni subiti e subendi in considerazione dell’adozione dei provvedimenti impugnati, nonché della futura realizzazione delle opere per cui si converte;
sul ricorso per motivi aggiunti depositato in data 18.8.2022 per l’annullamento,
previa sospensione,
- della delibera n. 1 del 28 luglio 2022 - Progetto definitivo del Nodo di Bari: Bari Sud (variante tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) - CUP J11C09000000009 recante la proroga del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, pubblicata in Gazzetta Ufficiale - Parte Seconda n. 89 del 2.8.2022;
- ove occorra, della nota istruttoria depositata in giudizio da R.F.I. in data 3.8.2022, prot. di deposito n. 2022009307, a corredo della delibera precedente;
- di ogni altro atto precedente, conseguente e/o comunque connesso a quelli impugnati;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia, del Ministero della Cultura, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, del Ministero della Transizione Ecologica, del Comune di Noicattaro, del Ministero della Difesa, di R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari, della Soprintendenza Speciale per il PNRR, del CIPE - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, del Gruppo di Intervento Giuridico - ODV e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2022 per le parti i difensori Giacomo Sgobba, per la parte ricorrente, Brunella Volini, su delega orale di Anna Bucci, per la Regione Puglia, Raffaele G. Rodio, per R.F.I., Carlo Colapinto, per il Gruppo di Intervento Giuridico, Fabrizio Lofoco, per il Comune di Noicattaro. Nessuno è comparso per le Amministrazioni statali resistenti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - I coniugi -OMISSIS- e -OMISSIS- sono comproprietari di suoli censiti al catasto terreni -OMISSIS-, in Lama San Giorgio nel Comune di Triggiano (zona -OMISSIS-).
I coniugi -OMISSIS- - -OMISSIS- sono comproprietari di suoli censiti al catasto terreni -OMISSIS-, in Lama San Giorgio nel Comune di Triggiano (zona -OMISSIS-).
Le sorelle -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- sono comproprietarie di suoli censiti al catasto terreni -OMISSIS-, in Lama San Giorgio nel Comune di Triggiano (zona -OMISSIS-).
Le opere per cui è causa riguardano la realizzazione della variante di tracciato della rete ferroviaria lungo la linea Bari - Lecce nella tratta compresa tra Bari Centrale e Bari Torre a Mare, per uno sviluppo di 10,130 km e fanno parte di un più vasto complesso progettuale relativo all’evoluzione del nodo ferroviario di Bari volto alla razionalizzazione, riorganizzazione e miglioramento in generale del trasporto ferroviario.
Il complesso progettuale comprende:
- la variante della tratta ferroviaria Bari Centrale - Bari Torre a Mare;
- la realizzazione della nuova Fermata Campus;
- la realizzazione della nuova Stazione Executive;
- la realizzazione della nuova Fermata Triggiano;
- la soppressione di un passaggio a livello delle Ferrovie Sud Est;
- la dismissione della linea ferroviaria esistente;
- le opere di mitigazione ambientale e di ri-ambientalizzazione.
Le predette opere incidono sulla proprietà dei ricorrenti persone fisiche; tali porzioni di territorio sono state, infatti, oggetto di occupazione di urgenza da parte di Italferr.
Con deliberazione n. 1782 del 6.8.2014 pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 131 del 22.9.2014 recante il “Progetto definitivo del nodo di Bari. Bari sud (Variante tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare)”. Conferma localizzazione ai sensi del comma 5, art. 165 del D.Lgs n. 163/2006 e Attestazione di Compatibilità Paesaggistica (art. 5.04 NTA del PUTT/P) in deroga alle prescrizioni di base (art. 5.07 NTA del PUTT/P)”, la Giunta della Regione Puglia confermava “il proprio accordo alla localizzazione dell’intervento in oggetto ai sensi e per gli effetti dell’art. 165 del D.Lgs. 163/2006 a seguito delle integrazioni apportate al progetto in ottemperanza alle prescrizioni presenti nella deliberazione CIPE n. 104 del 2012 di approvazione del progetto preliminare e ai fini del prosieguo dell’iter progettuale”, ed inoltre rilasciava “l’Attestazione di Compatibilità Paesaggistica in deroga di cui all’art. 5.04 ed art. 5.07 delle NTA del PUTT/Paesaggio con le prescrizioni riportate in narrativa al punto “conclusioni e prescrizioni”, alla Italfer S.P.A per il progetto denominato “Riassetto Nodo Ferroviario di Bari”, ricadente nei territori comunali di Bari, Noicattaro e Triggiano.
Con delibera n. 1 del 28.1.2015 pubblicata in Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 184 del 10.8.2015, il CIPE inseriva il progetto nel “Programma delle infrastrutture strategiche (Legge n. 443/2001). Nodo di Bari: Bari Sud (tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) CUP J11C09000000009”.
Con nota RFI-DIN-DIS.AD\PEC\P\2020\277 del 16.6.2020 RFI informava la Regione Puglia che “atteso l’approssimarsi della scadenza del quinquennio di validità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata, ad oggi efficace, ed in considerazione dell’impossibilità di avviare i lavori entro la scadenza di cui all’art. 146, comma 4, D.Lgs. 42/2004, a mezzo della presente, la Scrivente Società, formula sin d’ora istanza per il rilascio di una nuova autorizzazione paesaggistica ai sensi del combinato disposto dell’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 e dell’art. 7 D.P.R. 31/2017, evidenziando che il progetto definitivo non ha subito, medio tempore, modificazioni rispetto a quello approvato dal CIPE fatte salve le varianti sottoposte all’iter di approvazione ai sensi dell’art. 169 del D.Lgs. 163/2006 introdotte al fine di ottemperare alle prescrizioni 1, 2 e 7 formulate dal CIPE in sede di approvazione del medesimo progetto definitivo. In particolare le varianti a cui si fa riferimento sono rappresentate dalla così detta Variante ANAS approvata dalla scrivente ai sensi del comma 4 del richiamato art. 169 del D.Lgs. 163/2006 con provvedimento n. 2/2016 del 11/03/2016 già trasmesso a codesta amministrazione con nota prot. RFI-DIN-DIS.AD\ A0011\P\2016\0000136 del 07/04/2016. Nonché dalle varianti per la realizzazione del canale idraulico tra la lama San Marco e la lama Valenzano e delle strade di ricucitura urbana dei fondi interclusi, generatasi in ottemperanza alla prescrizione n. 7 e la variante relativa alla realizzazione del sottovia carrabile nella zona Sant’Anna, generatasi dall’ottemperanza alla prescrizione n. 2”.
In data 14.10.2020 RFI consegnava su supporto informatico la documentazione del progetto definitivo da realizzare.
Con nota prot. n. AOO_145_2561 del 22.3.2021 la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio della Regione Puglia richiedeva tutta la documentazione integrativa, ed in particolare:
- un aggiornamento delle valutazioni da parte del proponente in relazione alla dimostrazione della compatibilità dell’intervento con gli obiettivi di qualità paesaggistica e territoriale richiamati nella Sezione C2 della Scheda d’Ambito “La Puglia centrale”;
- un aggiornamento dell’analisi delle eventuali alternative localizzative e/o progettuali;
- la certificazione di avvenuto versamento degli oneri istruttori ai sensi dell’art. 10-bis della L.R. n. 20/2009.
Con nota prot. n. RFI-DIN-DIS.AD\PEC\P\2021\170 del 15.4.2021 RFI trasmetteva all’Ufficio regionale predetto una “relazione descrittiva” della compatibilità delle opere da realizzare con gli obiettivi di qualità e le normative d’uso di cui all’art. 37 delle NTA del PPTR, nonché la certificazione di avvenuto versamento degli oneri istruttori.
Con nota prot. n. AOO_145_4235 del 7.5.2021 la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio della Regione Puglia proponeva di rilasciare, mantenendo ferme le prescrizioni già impartite con DGR n. 1782 del 6.8.2014, il provvedimento di autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 146 dlgs n. 42/2004 e dell’art. 90 del PPTR, in deroga ai sensi dell’art. 95 delle medesime NTA, previo parere della competente Soprintendenza.
Con nota prot. n. 5579-P del 10.6.2021 la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura esprimeva parere paesaggistico favorevole per le opere di progetto, confermando quanto già espresso con le note di competenza aventi rispettivamente prot. n. 9350 del 8.10.2010, n. 6681 del 5.11.2015, n. 7042 del 4.6.2019, n. 10211 del 2.8.2019 e n. 12367 del 3.10.2019.
Con nota prot. n. AOO_145_6573 del 21.7.2021 la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio della Regione Puglia chiedeva riscontro a RFI e alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura in riferimento ad un esposto relativo ad un presunto insediamento archeologico di recente scoperta, chiedendo in particolare di ricevere gli esiti degli approfondimenti svolti, con la relativa documentazione, ivi inclusi i verbali degli eventuali sopralluoghi, al fine di consentire il completamento dell’istruttoria del progetto in oggetto.
Con nota prot. n. RFI-DIN-DIS.AD\PEC\P\2021\338 del 30.7.2021 RFI riscontrava la nota prot. n. AOO_145_6573 del 21.7.2021 della Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio, rimandando alla verifica preventiva di interesse archeologico.
In data 2.9.2021 si svolgeva un sopralluogo congiunto alla presenza dei rappresentanti della Regione Puglia - Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio, del Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Bari, di RFI, di Italferr e dell’appaltatore in aree prossime alla Lama San Giorgio, oggetto di approfondimento per gli aspetti archeologici.
Con nota prot. n. AOO_145_9430 del 5.10.2021 la Sezione Tutela e Valorizzazione del Paesaggio trasmetteva il verbale del sopralluogo e richiedeva a RFI un ulteriore sopralluogo per approfondimento conoscitivo mediante pulizia superficiale di alcuni punti significativi dell’area residuale del poggio che resterebbe interferita dalle lavorazioni.
In data 26.10.2021 si teneva il secondo sopralluogo congiunto, all’esito del quale, con nota prot. n. RFI-DIN-DIS.AD\PEC\P\2021\554 del 25.11.2021, RFI trasmetteva il relativo verbale.
Con nota prot. n. RFI-DIN-DIS.AD\PEC\P\2021\581 del 9.12.2021, RFI trasmetteva la Relazione Archeologica rev. A del 6.12.2021.
Con nota prot. n. 961-P del 27.1.2022 la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura trasmetteva alla Regione Puglia delle integrazioni al parere endoprocedimentale di competenza, a seguito delle indagini archeologiche in località Giannarelli, in Triggiano, comunicando che “gli interventi di scavo archeologico effettuati esauriscono direttamente le esigenze di tutela e che per quanto di competenza, nulla osta a concedere l’autorizzazione ai sensi dell’art. 146 del D. Lgs 42/2004 e degli artt. 90 e 91 delle NTA del PPTR, confermando in toto quanto già espresso con la nota prot. n. 5579 del 10.06.2021. Per quanto riguarda gli aspetti archeologici restano confermate le prescrizioni durante la fase realizzativa, per come definite nella delibera CIPE n. 1 del 28.01.2015 in G.U. n. 184 del 10.08.2015, Allegato 1 cap. 1.2 - Prescrizioni durante la fase realizzativa punti 7-8-9-10”.
Contestualmente chiedeva di integrare ulteriormente la documentazione già presentata.
Con note datate 8-9.3.2022 le associazioni Forum Intercomunale Capurso Triggiano Cellamare Agenda 21 Locale - Archeoclub Bari “Italo Rizzi” - Comitato “Ambiente e Salute Odv” - Associazione “Pro Natura Bari Odv” - Associazione “Terre Del Mediterraneo” - Associazione “Fare Verde Bari e Prov” - Comitato “Per la Tutela delle Coste” - Comitato “Per la Tutela del Territorio Area Metropolitana di Bari” - Onda Verde Puglia - Facciamo Rete - Coordinatore del Comitato Intercomunale Parco Lama San Giorgio - Archeoclub di Triggiano - Comitato Cittadino Neac No Elettrosmog a Capurso - Associazione Culturale Circoli Virtuosi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, inviavano alla Regione Puglia una richiesta di incontro per discutere della legittimità delle opere per cui è causa, nonché proposte alternative di allocazione del nodo ferroviario.
Infine, in data 28.3.2022 sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 36 veniva pubblicata la gravata deliberazione della Giunta Regionale del 15.2.2022, n. 130 denominata “Infrastruttura strategica ai sensi della legge 443/2001. Nodo di Bari: Bari Sud (tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) CUP J11C09000000009. Rinnovo dell’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA ex art. 146 D.Lgs. 42/2004 e art. 90 NTA del PPTR, in deroga ex art. 95”, con la quale veniva rilasciato il rinnovo della autorizzazione paesaggistica in favore di RFI per la realizzazione delle opere in esame.
2. - Con l’atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti -OMISSIS- e il Comitato di Scopo “Le Vedette della Lama - per l’istituzione del Parco Regionale di Lama San Giorgio - Giotta e la Tutela delle Lame” censuravano gli atti in epigrafe indicati, deducendo censure così sinteticamente riassumibili:
1) motivi in limine litis;
2) violazione dell’art. 7 d.p.r. n. 31/2017; violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 140 e 146 dlgs n. 42/2004; eccesso di potere per sviamento, difetto d’istruttoria e di motivazione; violazione dei principi di efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa e del giusto procedimento;
3) violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 147 dlgs n. 42/2004; violazione dell’art. 14 legge n. 241/1990; eccesso di potere per sviamento e difetto d’istruttoria;
4) violazione e falsa applicazione degli artt. 90 e 95 delle NTA del PPTR; eccesso di potere per sviamento, difetto di motivazione e d’istruttoria; sotto diverso profilo, violazione degli artt. 46 - 54 - 63 - 66 - 82 delle NTA del PPTR;
5) difetto d’istruttoria; illogicità; sviamento; difetto di motivazione con riferimento alla violazione degli artt. 9 e 41 Cost.
3. - Si costituivano R.F.I. Rete Ferroviaria Italiana, la Regione Puglia, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari, il Ministero della Cultura, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, il Ministero della Transizione Ecologica, il Ministero della Difesa, la Soprintendenza Speciale per il PNNR e il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, resistendo al gravame.
Si costituiva, altresì, il Comune di Noicattaro, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
4. - Con ordinanza n. 295 del 1°.7.2022 questo T.A.R. accoglieva ai fini del riesame l’istanza cautelare proposta dai ricorrenti al fine di consentire alla Regione Puglia di valutare le alternative localizzative e/o progettuali.
5. - Il decreto legge 7.7.2022, n. 85 (recante “Disposizioni urgenti in materia di concessioni e infrastrutture autostradali e per l’accelerazione dei giudizi amministrativi relativi a opere o interventi finanziati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza”) all’art. 3 (rubricato “Accelerazione dei giudizi amministrativi in materia di PNRR”) così disponeva:
«1. Al fine di consentire il rispetto dei termini previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), qualora risulti anche sulla base di quanto rappresentato dalle amministrazioni o dalle altre parti del giudizio che il ricorso ha ad oggetto qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR, in caso di accoglimento della istanza cautelare, il tribunale amministrativo regionale, con la medesima ordinanza, fissa la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell’ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l’acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto dell’istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l’ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell’udienza di merito. In tale ipotesi, si applica il primo periodo del presente comma e il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell’ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti. Nel caso in cui l’udienza di merito non si svolga entro i termini previsti dal presente comma, la misura cautelare perde efficacia, anche qualora sia diretta a determinare un nuovo esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione.
2. Nella decisione cautelare e nel provvedimento di fissazione dell’udienza di merito, il giudice motiva espressamente sulla compatibilità della misura e della data dell’udienza con il rispetto dei termini previsti dal PNRR.
3. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a rappresentare che il ricorso ha ad oggetto una procedura amministrativa che riguarda interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR.
4. Sono parti necessarie dei giudizi disciplinati dal presente articolo le amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti nel PNRR, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera l), del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, per le quali si osservano le disposizioni delle leggi speciali che prescrivono la notificazione presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato. Si applica l’articolo 49 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
5. Ai procedimenti disciplinati dal presente articolo si applicano, in ogni caso, gli articoli 119, secondo comma, e 120, nono comma, del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei giudizi di appello, revocazione e opposizione di terzo.
7. All’articolo 48, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108:
a) dopo le parole «di cui al comma 1» sono aggiunte le seguenti: «e nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, autorizzazione, approvazione e realizzazione delle opere finanziate in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e relative attività di espropriazione, occupazione e di asservimento, nonché in qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR»;
b) dopo le parole «al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.» sono aggiunte le seguenti: «In sede di pronuncia del provvedimento cautelare si tiene conto della coerenza della misura adottata con la realizzazione degli obiettivi e il rispetto dei tempi di attuazione del PNRR.».
8. Nelle ipotesi in cui, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, la misura cautelare sia già stata concessa, qualora il ricorso abbia ad oggetto qualsiasi procedura amministrativa che riguardi opere o interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR, l’udienza per la discussione del merito è anticipata d’ufficio entro il termine del comma 1. In tale ipotesi si applicano le ulteriori disposizioni contenute nel presente articolo.».
Successivamente l’art. 1, comma 2 legge 5.8.2022 n. 102 (recante: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, recante disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo delle infrastrutture, dei trasporti e della mobilità sostenibile, nonché in materia di grandi eventi e per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.”) così ha disposto: «Il decreto-legge 7 luglio 2022, n. 85, è abrogato. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto-legge n. 85 del 2022.».
La stessa legge di conversione 5 agosto 2022, n. 108 introduceva nel corpo del decreto legge 16.6.2022 n. 68 l’art. 12-bis (recante “Accelerazione dei giudizi amministrativi in materia di PNRR”) di contenuto analogo al previgente art. 3 decreto legge n. 85/2022.
6. - Con decreto cautelare monocratico n. 3387 del 15.7.2022 il Consiglio di Stato accoglieva l’istanza proposta da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. nell’ambito del giudizio di appello cautelare r.g. n. 5671/2022, di concessione di misure cautelari monocratiche e, per l’effetto, sospendeva - nei sensi, nei limiti e alle condizioni di cui alla motivazione dello stesso decreto - l’applicazione delle misure cautelari disposte dal Giudice di primo grado con l’ordinanza appellata, disponendo in conseguenza lo sblocco dei lavori “… fatta provvisoriamente eccezione per tutto quanto sarebbe a realizzarsi entro un raggio di cinquecento metri dal principale edificio esistente nelle proprietà immobiliari dei Sigg.ri -OMISSIS-: ma attribuendosi comunque a R.F.I e alle predette amministrazioni che ne adiuvano la posizione processuale la facoltà di affrancarsi anche da tale circoscritta residua limitazione delle attività di cantiere ove sia posta in essere, alternativamente, una delle seguenti condizioni (almeno la seconda delle quali agevolmente realizzabile ad horas): a) l’espropriazione ovvero la cessione bonaria - ovviamente al valore di mercato in essere anteriormente alla progettazione e conseguente dichiarazione di pubblica utilità dell’opera di cui trattasi - di tutti gli immobili dei sunnominati soggetti privati ubicati nel raggio di cinquecento metri dall’edificio principale in proprietà dei predetti, da parte di taluna delle predette amministrazioni; b) una proposta vincolante di acquisto (ex art. 1326 cod. civ.) degli stessi cespiti al predetto valore, irrevocabile per almeno sei mesi (ex art. 1329 cod. civ.), formulata da R.F.I. o da altro soggetto solvibile …”.
7. - In data 18.7.2022 si costituiva il Gruppo di Intervento Giuridico - ODV - Associazione di protezione ambientale, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
8. - Con ordinanza cautelare n. 3601 del 25.7.2022 il Consiglio di Stato così provvedeva:
«… a) riunisce i ricorsi nn. 5671/2022 e 5695/2022 R.G.;
b) accoglie l’appello principale di RFI e l’appello incidentale delle amministrazioni statali nel ricorso numero 5671/2022 e l’appello della Regione Puglia nel ricorso numero 5695/2022;
c) per l’effetto, in riforma dell’ordinanza impugnata, respinge integralmente l’istanza cautelare proposta in primo grado. …».
9. - In data 2.8.2022 veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la delibera n. 1 del 28.7.2022 con cui RFI prorogava la dichiarazione di pubblica utilità delle opere da realizzare.
In data 3.8.2022 la proroga della dichiarazione di pubblica utilità veniva depositata nel presente giudizio dalla difesa di RFI, unitamente alla nota istruttoria, prot. di deposito n. 2022009307.
10. - Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 18.8.2022 gli istanti contestavano gli atti indicati, deducendo censure così riassumibili:
6) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 327/2001; eccesso di potere per difetto di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; incompetenza; eccesso di potere per difetto d’istruttoria; violazione dei principi di buon andamento, efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa; ingiustizia manifesta;
7) sotto diverso ed autonomo profilo, violazione e falsa applicazione dell’art. 13 d.p.r. n. 327/2001; eccesso di potere per difetto di motivazione; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti; eccesso di potere per difetto d’istruttoria; incompetenza;
8) eccesso di potere per difetto d’istruttoria e difetto di motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 legge n. 241/1990; violazione dei principi di efficienza e di trasparenza dell’azione amministrativa.
11. - In data 26.8.2022 si costituiva il Ministero dell’Economia e delle Finanze, resistendo al gravame.
12. - Con ordinanza n. 4694 del 27.9.2022 il Consiglio di Staro dichiarava inammissibile l’istanza, proposta dagli odierni ricorrenti, di revoca della precedente ordinanza n. 3601/2022.
13. - Nel corso dell’udienza pubblica del 28 settembre 2022 questo Giudice disponeva il rinvio alla successiva udienza pubblica del 12 ottobre 2022 su richiesta della difesa di RFI al fine di consentire l’osservanza del termine a difesa.
14. - A seguito della istanza di rinvio congiunta proposta in data 29.9.2022 dalle difese dei ricorrenti, del Comune di Noicattaro e del Gruppo di Intervento Giuridico ODV veniva disposto un ulteriore rinvio all’udienza pubblica del 16 novembre 2022 al fine di consentire l’osservanza dei termini per il deposito di documenti, memorie e repliche di cui all’art. 73, comma 1 cod. proc. amm.
15. - Le parti svolgevano difese in vista dell’udienza pubblica del 16 novembre 2022, nel corso della quale la causa passava in decisione.
16. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che la domanda impugnatoria di cui al ricorso introduttivo proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- debba essere accolta nei sensi e nei limiti di seguito esposti, in quanto fondata.
16.1. - Preliminarmente, vanno esaminate le eccezioni formulate dalle controparti in relazione al ricorso introduttivo.
16.1.1. - Con memoria depositata in data 5.11.2022 la difesa del Gruppo di Intervento Giuridico chiedeva a questo Collegio di astenersi dalla trattazione della causa per avere il Presidente e il Relatore pronunciato la sentenza in forma semplificata n. 1493 del 28 ottobre 2022 con riferimento al ricorso parallelo r.g. n. 1012/2022 avente ad oggetto l’impugnazione, da parte dello stesso Gruppo di Intervento Giuridico, della delibera n. 1 del 28 luglio 2022 recante proroga del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, disposta con la delibera CIPE del 28 gennaio 2015, n. 1/2015, sul presupposto che la menzionata delibera n. 1/2022 è oggetto dei motivi aggiunti proposti dai ricorrenti nell’ambito del presente giudizio.
La richiesta del Gruppo non può trovare accoglimento.
Invero, l’art. 17 cod. proc. amm. stabilisce che “Al giudice amministrativo si applicano le cause e le modalità di astensione previste dal codice di procedura civile.”.
A sua volta l’art. 51 cod. proc. civ. in tema di “Astensione del giudice” prevede che:
“Il giudice ha l’obbligo di astenersi:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico;
5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un’associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa.
In ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza, il giudice può richiedere al capo dell’ufficio l’autorizzazione ad astenersi; quando l’astensione riguarda il capo dell’ufficio l’autorizzazione è chiesta al capo dell’ufficio superiore.”.
Nella fattispecie in esame non ricorre alcuna della ipotesi contemplate dall’art. 51 cod. proc. civ. e in particolare quella di cui al n. 4 (i.e. aver “conosciuto come magistrato in altro grado del processo”).
A tal riguardo, Cass. civ., Sez. I, 27.12.1996, n. 11505 ha evidenziato che:
«… 1. - Col primo motivo l’Amministrazione ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 383 C.P.C. e nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 C.P.C.” per essere stato il collegio giudicante nella fase di rinvio presieduto da un magistrato che era stato autore di altre sentenze pronunciate in cause analoghe e parallele alla presente dalla prima sezione civile della Corte torinese. La censura per tal modo formulata si palesa priva di fondamento. La circostanza suindicata, concernente la composizione del collegio giudicante, non integra violazione dell’art. 383 C.P.C. il quale dispone che la Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli inerenti a questioni di giurisdizione o di competenza, “rinvia la causa ad altro giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza cassata”, affermando così il principio dell’alterità del giudice del rinvio, il quale principio, rispondente ad esigenze di imparzialità del giudice e di funzionalità del giudizio, può trovare soddisfacimento, anche con la designazione del giudice del rinvio in altra sezione dello stesso ufficio (come nel caso in esame) o in altro magistrato dello stesso organo giudiziario monocraticamente costituito, purché diversi da quelli che ebbero a pronunciare la sentenza cassata. E sarebbe superfluo rilevare che la norma in esame, mentre impone per il giudizio di rinvio un giudice diverso da quello della sentenza impugnata, non richiede, altresì, che il giudice del rinvio non debba avere mai pronunciato nelle vicende processuali antecedenti al provvedimento annullato. Non ricorrono nemmeno nella fattispecie come sopra denunciata gli estremi di alcuna ipotesi di incompatibilità funzionale, per tale intendendosi quella che discende da un particolare rapporto intercorrente tra la persona del giudice e la materia di un determinato provvedimento, e, in particolare, di quella prevista come causa di astensione obbligatoria dall’art. 51 comma primo n. 4 C.P.C. per il caso in cui il giudice abbia della stessa causa “conosciuto come magistrato in altro grado del processo”, la cui violazione comunque, per costante giurisprudenza, non dà luogo a nullità della sentenza rilevabile in sede di gravame sotto il profilo della irrituale costituzione dell’organo giudicante qualora il vizio non sia stato fatto valere mediante l’esercizio della facoltà di ricusazione. Né la rilevanza della questione, che la considerazione delle norme citate porta ad escludere, potrebbe essere reintrodotta sotto il diverso profilo della anticipata manifestazione del convincimento del giudice, in virtù della estensione analogica al processo civile della previsione di cui all’art. 37 lettera b) del nuovo codice di procedura penale che è propugnata da parte della dottrina, poiché la pregressa esternazione di giudizio in ipotesi configurabile nei riguardi del magistrato di cui trattasi non sarebbe comunque suscettibile di essere qualificata come “indebita”. In definitiva, non può non operare anche nella situazione in esame il criterio della distinzione tra identità e unicità del processo e diversità e autonomia dei processi che viene assunto in giurisprudenza come fondamentale discrimine tra l’applicabilità e l’inapplicabilità dell’art. 51 n. 4 C.P.C. …».
Ed ancora T.A.R. Liguria, Genova, Sez. I, 18.7.2017, n. 616 con ordinanza rileva:
«… - l’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51, primo comma, n. 4, c.p.c., si riferisce, infatti, ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo e non anche ai casi in cui abbia avuto conoscenza, come magistrato, di una causa diversa che verta su un oggetto analogo e che comporti la risoluzione di una medesima problematica (Cass., sez. II, 10 febbraio 2015, n. 2593; Cass., sez. lav., 23 febbraio 2006, n. 4024);
- anche la giurisprudenza amministrativa ha fatto recente applicazione di tale principio, precisando che non sussistono i presupposti di cui all’art. 51, primo comma, n. 4, c.p.c., laddove il giudice sia chiamato a decidere su una questione che, pur geneticamente collegata a quella oggetto di un precedente giudizio, è da questa distinta e pur sempre autonoma (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, ord. 11 aprile 2017, n. 2010). …».
Secondo Cass. civ., Sez. II, 10.2.2015, n. 2593 “L’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorché tra le stesse parti, né in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione.”.
In termini analoghi si è espressa Cass. civ., Sez. lav., 23.2.2006, n. 4024:
“L’obbligo del giudice di astenersi, previsto dall’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui abbia avuto conoscenza, come magistrato, di una causa diversa che verta su un oggetto analogo e che comporti la risoluzione di una medesima problematica.”.
Ne discende che la circostanza dell’essersi questo Giudice espresso in precedenza in relazione al ricorso autonomo parallelo r.g. n. 1012/2022 con sentenza in forma semplificata n. 1493/2022 con riferimento alla citata delibera n. 1 del 28 luglio 2022 (oggetto dei motivi aggiunti articolati in seno al presente giudizio) non costituisce causa di astensione ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. poiché alla luce della giurisprudenza richiamata non può ritenersi l’essersi pronunciato in detto giudizio parallelo alla stessa stregua dell’avere questo Giudice conosciuto della causa come magistrato in “altro grado del processo”.
16.1.2. - Non possono considerarsi inammissibili gli atti di costituzione dell’associazione Gruppo di Intervento ODV (associazione di protezione ambientale, riconosciuta ai sensi dell’art. 13 legge n. 349/1986) e del Comune di Noicattaro, pur non essendo stati i rispettivi atti oggetto di notifica.
Va, infatti, rilevato che entrambi i soggetti de quibus sono stati evocati in giudizio dai ricorrenti, essendo stati destinatari della notifica del ricorso.
Dovrà, pertanto, farsi corretta applicazione del principio di diritto affermato dal Consiglio di Stato, Sez. III, con la sentenza dell’8 giugno 2016 n. 2451, secondo cui “nello schema tradizionale del processo amministrativo, il soggetto qualificabile (a vario titolo) come “cointeressato” del ricorrente non è parte necessaria, salva la sua facoltà di intervenire ad adiuvandum. Nell’eventualità che il ricorrente avesse notificato (superfluamente) il ricorso ad un cointeressato, la prassi corrente ammetteva che questi potesse costituirsi direttamente senza necessità di seguire le formalità dell’intervento; ma, a parte questa semplificazione formale, la sua posizione, come detto, rimaneva quella dell’interventore ad adiuvandum, con le inerenti limitazioni”.
Ne consegue, nel caso di specie, che tutte le parti erano già a conoscenza della possibile costituzione da parte dei soggetti cui era stato notificato il ricorso originario (tra questi il Comune di Noicattaro e il Gruppo ODV), del quale gli stessi chiedono l’integrale accoglimento in uno ai motivi aggiunti. Il che rende non indispensabile la notifica dell’atto di intervento.
In ogni caso, detto intervento non può determinare la proposizione di un’autonoma domanda, né è possibile esaminare la domanda risarcitoria spiegata dal Comune di Noicattaro, essendo detta ultima istanza irrituale (in quanto non oggetto di atto ritualmente notificato), oltre che sfornita del supporto di allegazione e prova il cui onere incombeva sul Comune proponente.
Inoltre, l’intervento del Comune di Noicattaro deve ritenersi ammissibile sotto altro profilo, diversamente da quanto sostenuto da RFI secondo cui il relativo territorio sarebbe toccato solo marginalmente dall’opera per cui è causa.
Invero, l’interesse richiesto per proporre un intervento ad adiuvandum quale quello attivato dal Comune di Noicattaro - come evidenziato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 3601/2022 - “è necessariamente diverso e di rango minore rispetto a quello che legittimerebbe il ricorso contro l’atto già oggetto del processo” e può ravvisarsi nella situazione descritta.
A tal riguardo, ha evidenziato Cons. Stato, Sez. V, 12.7.2021, n. 5274:
«… Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’ammissibilità dell’intervento adesivo dipendente ad adiuvandum nel giudizio amministrativo, l’iniziativa processuale deve essere espressione di un interesse connesso, derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello proprio della parte principale. È stato da ultimo osservato che: “Le condizioni che legittimano la proposizione dell’intervento adesivo sono rappresentate: dalla alterità dell’interesse vantato rispetto a quello che legittimerebbe alla proposizione del ricorso in via principale, visto che l’intervento è volto a tutelare un interesse diverso, ma collegato, rispetto a quello fatto valere dal ricorrente principale: con la conseguenza che la posizione dell’interessato è meramente accessoria e subordinata rispetto a quella della parte principale; e dalla configurabilità di un vantaggio derivante, anche in via mediata e indiretta, dall’accoglimento del ricorso principale. Per apprezzare tali elementi, è necessario guardare alla effettiva causa petendi, come desumibile dal complesso delle affermazioni del soggetto che agisce in giudizio” (Cons. Stato, sez. II, 4 gennaio 2021, n. 105). …».
Il Comune di Noicattaro è, quindi, titolare nella vicenda in esame di un interesse ambientale alla tutela del territorio che viene fatto valere con la memoria di costituzione, interesse che è comunque tutelabile quand’anche il suo territorio fosse solo marginalmente toccato dal tracciato dell’opera per cui è causa.
Si tratta, pertanto, di un interesse diverso, ma comunque collegato rispetto a quello dominicale fatto valere dalla parte ricorrente.
Di conseguenza, detto interesse legittima il Comune di Noicattaro alla partecipazione al presente giudizio sia pure sub specie di mero intervento ad adiuvandum non necessitante di notificazione per le regioni in precedenza esposte.
16.1.3. - Ritiene, inoltre, questo Collegio che non sussista, nella proposizione da parte degli odierni istanti - persone fisiche di un ricorso “collettivo”, alcuna violazione del divieto del cumulo soggettivo poiché - come evidenziato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare n. 3601/2022 - tutti i soggetti ricorrenti - persone fisiche si oppongono all’opera in quanto tale e quindi vi è omogeneità nelle rispettive posizioni senza alcun conflitto.
Invero, come evidenziato da Cons. Stato, Sez. II, 27.10.2021, n. 7185, «… deve rilevarsi che il ricorso collettivo nel processo amministrativo introduce una deroga al principio per il quale, di regola non sono cumulabili domande proposte da più persone, se non quando queste ultime condividano una posizione omogenea, ovvero sussistano i requisiti dell’identità di situazioni sostanziali e processuali e l’assenza di un conflitto di interessi tra le parti (Cons. Stato Sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6174; id. Sez. VI, 20 maggio 2021, n. 3902; id VI, 15 gennaio 2021 nn. 476 e 478). In particolare, si richiede l’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, ovvero che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Cons. Stato, sez. II, 18 maggio 2020, n. 3155; id., sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 363; id., sez. III, 20 maggio 2014, n. 2581), l’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di alcuni dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con l’accoglimento delle istanze degli altri (Cons. Stato, sez. IV., n. 2341 del 18 marzo 2021; Sez. II, 4 maggio 2020, n. 2839), mentre un conflitto di interessi non è ravvisabile tra le posizioni sostanziali e processuali dei suddetti ricorrenti quando esse siano omogenee tra loro, con riferimento sia al petitum azionato che alle doglianze oggetto di deduzione (Cons. Stato, III, 16 agosto 2019, n. 5728; III, 18 settembre 2019, n. 6215; Sez. V, 19 gennaio 2021, n. 573). La nozione di conflitto di interessi viene, quindi, ricondotta, ad un effetto processuale ovvero alla circostanza che l’accoglimento della domanda possa avvantaggiare alcuni o svantaggiare altri componenti della stessa parte processuale. …».
Nel caso di specie nell’atto introduttivo e nei successivi motivi aggiunti non vi è - come detto - alcun conflitto d’interessi, in quanto sono impugnati da tutti i ricorrenti - persone fisiche i medesimi atti con le medesime censure e l’effetto annullatorio si verificherebbe ugualmente in modo vantaggioso per tutti, in quanto gli stessi sono proprietari di particelle potenzialmente incise dall’opera per cui si controverte.
16.1.4. - Va dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva il ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Comitato di Scopo “Le Vedette della Lama - per l’istituzione del Parco Regionale di Lama San Giorgio - Giotta e la tutela delle Lame”, in considerazione del fatto che il suddetto Comitato risulta essere stato costituito soltanto in data 20.4.2022 e quindi pochi giorni prima rispetto alla notifica e al deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio avvenuti in data 27.5.2022.
Pertanto, non si tratta di una organizzazione che presenta un collegamento stabile con il territorio di riferimento e chiaramente appare essere un comitato nato in funzione dell’impugnativa degli atti oggetto del presente giudizio.
Osserva, a tal proposito, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 26.8.2016, n. 1607:
«… Per giurisprudenza consolidata, ai fini del riconoscimento giurisdizionale della legittimazione ad impugnare atti amministrativi, occorre che il comitato spontaneo sia munito di un adeguato grado di rappresentatività, di un collegamento stabile con il territorio di riferimento, e di un’azione dotata di apprezzabile consistenza, anche tenuto conto del numero e della qualità degli associati. Inoltre, occorre che l’attività del comitato si sia protratta nel tempo e che, quindi, il comitato non nasca in funzione dell’impugnativa di singoli atti e provvedimenti. Anche con riferimento alle associazioni che si fanno portatrici di interessi collettivi, la giurisprudenza ne ammette la legittimazione ad agire dinanzi al giudice amministrativo per l’impugnazione di atti ritenuti lesivi dei predetti interessi a condizione che esse posseggano i seguenti requisiti: a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di protezione degli interessi dedotti nel giudizio; b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, nel senso di svolgere all’esterno la propria attività in via continuativa, assumendo l’azione connotazioni tali da creare in capo all’ente una situazione sostanziale meritevole di tutela; c) abbiano un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. Ciò in quanto lo scopo associativo non è di per sé sufficiente a rendere differenziato un interesse diffuso o adespota facente capo ad un parte più o meno ampia della popolazione (T.A.R. Napoli sez. VII 21 aprile 2016 n. 2025; T.A.R. Bologna sez. I 5 aprile 2016 n. 378; Consiglio di Stato, sez. V, 9 dicembre 2013, n. 5881; T.A.R. Catanzaro sez. I 9 maggio 2013, n. 565; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 9 luglio 2012, n. 1914; Cons. Stato sez. IV 19 febbraio 2010 n. 1001; sez. V 14 giugno 2007 n. 3192 e 23 aprile 2007, n. 1830). …».
Peraltro, la disposizione di cui all’art. 146, comma 12 dlgs n. 42/2004 (“L’autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate dai medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.”) va comunque coordinata con il principio di diritto desumibile dalla citata giurisprudenza e con le previsioni contenute nella legge n. 349/1986 (recante “Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale”) che attribuisce ex lege alle associazioni individuate in base all’art. 13 della stessa legge la legittimazione ad intervenire nei giudizi per danno ambientale ed a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi.
Nel caso di specie, come visto, il Comitato ricorrente non è munito di un adeguato grado di rappresentatività per le ragioni in precedenza esposte ed è pacifico che non rientri nel catalogo degli enti di cui all’art. 13 legge n. 349/1986.
16.1.5. - Inoltre, diversamente da quanto statuito dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 3601/2022 (pag. 13), ritiene questo Giudice che l’interesse “dominicale” dei proprietari ricorrenti può essere pienamente soddisfatto dall’accoglimento del ricorso, pur a fronte di un’occupazione già realizzata, poiché non risulta essere stato adottato il decreto di esproprio (cfr. pag. 7 dell’ordinanza n. 3601/2022 del Consiglio di Stato: “… - su questo punto specifico, va poi precisato che secondo i ricorrenti il decreto di occupazione suddetto avrebbe perso efficacia; RFI (con la memoria 19 luglio 2022 p. 9 § A.6.2) ha replicato che sta completando nei termini la procedura di esproprio, avendo richiesto la proroga della dichiarazione di pubblica utilità e ripromettendosi di emanare nei termini il decreto; …”) e quindi gli stessi continuano a permanere formalmente titolari del diritto di proprietà delle aree occupate.
Il massimo soddisfacimento della loro posizione giuridica soggettiva potrà evidentemente derivare dall’accoglimento del presente ricorso che avrà una funzione di blocco dei lavori in relazione alla parte dell’opera che interferisce con le particelle rientranti nella loro proprietà.
Infatti, dette opere - come appurato nel decreto monocratico n. 3387/2022 del Consiglio di Stato (pag. 9) - se portate avanti produrrebbero il risultato di comportare il passaggio della nuova linea ferroviaria a distanza di meno di 10 metri dal principale edificio abitabile di proprietà dei soggetti privati ricorrenti. È quindi evidente il pregiudizio che gli odierni deducenti subirebbero e che sarebbe ovviato se dall’accoglimento del ricorso derivasse uno spostamento del tracciato ferroviario.
Va, altresì, rimarcato che l’interesse “dominicale” azionato dai ricorrenti (cfr. pag. 12 in fine dell’atto introduttivo) è in linea con la previsione di cui all’art. 146, comma 12 dlgs n. 42/2004 forza del quale “L’autorizzazione paesaggistica è impugnabile, con ricorso al tribunale amministrativo regionale o con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di ambiente e danno ambientale, e da qualsiasi altro soggetto pubblico o privato che ne abbia interesse. Le sentenze e le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale possono essere appellate dai medesimi soggetti, anche se non abbiano proposto ricorso di primo grado.”.
Invero, come evidenziato da T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 11.6.2013, n. 557:
«… circa l’ammissibilità del ricorso, si può ritenere che il proprietario di un fondo inedificato sottoposto a vincolo paesistico sia legittimato a impugnare i provvedimenti che autorizzano (o sanano) il posizionamento di manufatti agricoli su altri terreni parimenti sottoposti a vincolo. È vero che i contenuti del vincolo non consentono un’utilizzazione piena del fondo del ricorrente a scopi edificatori, con la conseguenza che non è ipotizzabile un danno o una molestia che dai manufatti agricoli possa riflettersi su future costruzioni del ricorrente, ma il proprietario può tutelare il suo fondo anche sul piano ambientale, impedendo l’edificazione dei terreni vicini al fine di salvaguardare (e preservare dal degrado) l’aspetto originario dei luoghi. In altri termini, fermo restando che il vincolo paesistico ha carattere generale, in quanto tutela un insieme di aree tra loro omogenee e qualificate come esteticamente o naturalisticamente pregevoli, i proprietari di ciascuna di queste aree possono avvalersi pro quota del vincolo per mantenere le vedute e gli altri elementi di naturalità che incrementano il valore del proprio fondo. Poiché non si è ancora affermata nell’ordinamento un’azione popolare a difesa dei vincoli paesistici, i singoli proprietari possono agire in giudizio nei limiti del rispettivo interesse (v. art. 146 comma 12 del Dlgs. 42/2004), e quindi normalmente sulla base del tradizionale criterio della vicinitas, da interpretare in senso estensivo (v. CS Sez. V 31 marzo 2011 n. 1979). Tale condizione nel caso in esame appare rispettata; …».
In ipotesi di impugnazione di un titolo abilitativo edilizio Cons. Stato, Ad. Plen. 9.12.2021, n. 22 ha evidenziato:
«… a) Nei casi di impugnazione di un titolo autorizzatorio edilizio, riaffermata la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse al ricorso quali condizioni dell’azione, è necessario che il giudice accerti, anche d’ufficio, la sussistenza di entrambi e non può affermarsi che il criterio della vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, valga da solo ed in automatico a dimostrare la sussistenza dell’interesse al ricorso, che va inteso come specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato;
b) L’interesse al ricorso correlato allo specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio edilizio che si assume illegittimo può comunque ricavarsi dall’insieme delle allegazioni racchiuse nel ricorso;
c) L’interesse al ricorso è suscettibile di essere precisato e comprovato dal ricorrente nel corso del processo, laddove il pregiudizio fosse posto in dubbio dalle controparti o la questione rilevata d’ufficio dal giudicante, nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a.; …».
Nella fattispecie in esame sussistono entrambe le condizioni di legittimazione al ricorso dei proprietari deducenti (i.e. vicinitas ex art. 146, comma 12 dlgs n. 42/2004 e specifico pregiudizio derivante dall’intervento previsto dal titolo autorizzatorio in questo caso paesaggistico): da un lato il Consiglio di Stato nel citato decreto monocratico n. 3387/2022 (pag. 9) ha rilevato il passaggio della nuova linea ferroviaria a distanza di meno di 10 metri dal principale edificio abitabile di proprietà dei soggetti privati ricorrenti (requisito della vicinitas); dall’altro lato è evidente il pregiudizio alla sicurezza e incolumità dei ricorrenti derivante dalla realizzazione dell’opera per cui è causa.
16.1.6. - Non si può ritenere il ricorso tardivo e quindi va respinta l’eccezione sollevata sul punto dalle difese delle controparti poiché - come appurato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 3601/2022 (pagg. 12 e 13) - gli atti anteriori ed in particolare l’originaria autorizzazione del 2014 (DGR n. 1782 del 6.8.2014) sono impugnati soltanto per una clausola di stile mentre “i motivi in concreto dedotti prospettano asseriti vizi propri del rinnovo solamente”.
Del resto, per quanto il provvedimento impugnato in questa sede (DGR n. 130/2022) sia stato denominato dall’Amministrazione regionale “Rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica”, lo stesso - a ben vedere - configura una vera e propria nuova autorizzazione dotata di autonoma lesività, peraltro, diversamente da quella del 2014 (che era stata emanata sotto la vigenza del PUTT approvato con DGR n. 1748/2000), doverosamente adottata sulla base del nuovo PPTR di cui alla DGR n. 176/2015 e comunque quando ormai l’efficacia quinquennale (ex art. 146, comma 4 dlgs n. 42/2004) della precedente autorizzazione del 2014 era cessata da tre anni.
La difesa regionale a pag. 16 della memoria del 9.9.2022 ammette che la precedente autorizzazione di cui alla DGR n. 1782 del 6.8.2014 aveva analizzato il progetto alla luce del PUTT del 2000.
Viene, pertanto, in rilievo un nuovo provvedimento di autorizzazione adottato in data 15.2.2022 che peraltro potrebbe incidere sulla posizione soggettiva di proprietari dei suoli interessati, in linea teorica differenti rispetto ai proprietari incisi nel 2014 dalla DGR n. 1782.
Ne consegue che, se anche le scelte localizzative risalgano - come sostenuto dalle difese della Regione e di RFI, alla DGR n. 1782/2014, non si può addebitare agli odierni ricorrenti (che peraltro - come detto - potrebbero essere proprietari - persone fisiche differenti dai proprietari del 2014) l’omessa tempestiva impugnazione della DGR n. 1782/2014 a fronte di una “nuova” autorizzazione paesaggistica adottata a otto anni di distanza dalla precedente e a tre anni dalla scadenza della predetta autorizzazione.
Del resto, la stessa difesa della Regione ammette che nella fattispecie de qua vengono in rilievo il rilascio di una nuova autorizzazione paesaggistica (cfr. pag. 13 della memoria del 9.9.2022) e un nuovo e autonomo procedimento amministrativo (cfr. pag. 18 della memoria del 9.9.2022).
16.2. - Nel merito si osserva quanto segue in relazione al ricorso introduttivo.
16.2.1. - È meritevole di positivo apprezzamento la censura sub 3) dell’atto introduttivo con cui si contesta l’omessa indizione di una conferenza di servizi che avrebbe dovuto precedere l’adozione della nuova autorizzazione paesaggistica di cui alla impugnata DGR n. 130/2022.
Sul punto la difesa di RFI (cfr. pag. 9 della memoria del 9.9.2022) sostiene che la procedura amministrativa oggetto del presente giudizio è quella semplificata ai sensi dell’art. 7 d.p.r. n. 31/2017 e quindi non trova applicazione l’art. 147 dlgs n. 42/2004 (in tema di “Autorizzazione per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali”) sulla necessità della indizione della conferenza di servizi (cfr. comma 1 del citato art. 147 dlgs n. 42/2004: “Qualora la richiesta di autorizzazione prevista dall’articolo 146 riguardi opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, l’autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi indetta ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo”).
Secondo la prospettazione di RFI (cfr. pag. 9 della memoria del 9.9.2022) troverebbe, viceversa, applicazione l’art. 146, comma 9 dlgs n. 42/2004 e quindi il d.p.r. emanato in attuazione della delega ivi contenuta (i.e. d.p.r. n. 31/2017 avente ad oggetto: “Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata”), con la conseguenza che non sarebbe stata comunque necessaria nel caso di specie l’indizione della conferenza di servizi.
Sul punto osserva questo Giudice che la disposizione invocata da RFI (i.e. art. 146, comma 9 dlgs n. 42/2004) fa riferimento alla delega data al Governo per l’emanazione di un regolamento (che poi sarà il d.p.r. n. 31/2017) in cui “sono stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità”.
Tuttavia, non è certamente questo il caso, non venendo in rilievo un intervento di lieve entità, pur se va evidenziato che detto regolamento contiene la previsione di cui all’art. 7 in tema di “Procedimento autorizzatorio semplificato per il rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche” secondo cui “Oltre agli interventi di lieve entità indicati nell’elenco di cui all’Allegato «B», sono assoggettate a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica le istanze di rinnovo di autorizzazioni paesaggistiche, anche rilasciate ai sensi dell’articolo 146 del Codice, scadute da non più di un anno e relative ad interventi in tutto o in parte non eseguiti, a condizione che il progetto risulti conforme a quanto in precedenza autorizzato e alle specifiche prescrizioni di tutela eventualmente sopravvenute.” (cfr. comma 1).
Nella fattispecie in esame è evidente che non può comunque trovare applicazione il citato art. 7 d.p.r. n. 31/2017 in considerazione del fatto che l’autorizzazione precedente (risalente al 2014 e avente durata di 5 anni ai sensi dell’art. 146, comma 4 dlgs n. 42/2004) era scaduta da ben più di un anno, diversamente da quanto previsto dal citato art. 7, comma 1 d.p.r. n. 31/2017, quando si è proceduto al rilascio della nuova autorizzazione (DGR impugnata n. 130/2022).
Non è un caso che la Regione esclude espressamente a pag. 12 della memoria del 9.9.2022 che la stessa Amministrazione regionale abbia posto in essere un procedimento semplificato ex art. 7 d.p.r. n. 31/2017, così perseguendo sul punto una strategia difensiva opposta a quella di RFI.
Peraltro, in ogni caso, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa di RFI a pag. 9 della memoria del 9.9.2022, il carattere semplificato della procedura autorizzatoria di cui all’art. 7 d.p.r. n. 31/2017 comunque non esclude affatto che la stessa debba essere preceduta da una conferenza di servizi, non essendo ciò espressamente precluso dalla disposizione in esame.
Ritiene, in conclusione, questo Collegio che nel caso di specie si sarebbe dovuto fare applicazione dell’art. 147 dlgs n. 42/2004 (in tema di “Autorizzazione per opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali”) in forza del quale “Qualora la richiesta di autorizzazione prevista dall’articolo 146 riguardi opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali, ivi compresi gli alloggi di servizio per il personale militare, l’autorizzazione viene rilasciata in esito ad una conferenza di servizi indetta ai sensi delle vigenti disposizioni di legge in materia di procedimento amministrativo”.
Ne discende la fondatezza della doglianza sub 3) dell’atto introduttivo per violazione del menzionato art. 147 dlgs n. 42/2004 relativo alla necessità dell’indizione della conferenza di servizi, tenuto conto che sempre la Regione ammette - come detto - che nel caso di specie vengono in rilievo il rilascio di una nuova autorizzazione paesaggistica (cfr. pag. 13 della memoria citata) e un nuovo e autonomo procedimento amministrativo (cfr. pag. 18 della memoria del 9.9.2022), che conseguentemente doveva seguire tutti gli step procedimentali per lo stesso contemplati dalla legge.
A tal riguardo, si rileva che nel caso di specie non poteva trovare applicazione la proroga della durata della originaria autorizzazione paesaggistica del 2014 (di cui all’art. 30, comma 3 decreto legge n. 69/2013, convertito, con modificazioni, nella legge n. 98/2013: “È altresì prorogato di tre anni il termine delle autorizzazioni paesaggistiche in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”), essendo stata la stessa adottata successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione n. 98/2013 e quindi non potendosi considerare autorizzazione “in corso di efficacia alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Si richiama, infine, quanto evidenziato da Cons. Stato, Sez. VI, 29.1.2015, n. 414 a proposito del limite dei cinque anni di durata della autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146, comma 4 dlgs n. 42/2004 (disposizione in forza della quale “L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. L’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell’autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l’anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. Il termine di efficacia dell’autorizzazione decorre dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato”):
«… La ragione legislativa del limite dei cinque anni è nella esigenza di consentire all’autorità preposta la verifica paesaggistica, nel caso in cui l’interessato non abbia ancora concluso le opere progettate in quell’arco temporale, nel quale potrebbero essersi verificate sopravvenienze tali da giustificare una diversa valutazione paesaggistica.
L’amministrazione, in sede di valutazione della suddetta richiesta, deve quindi effettuare una nuova valutazione sulla compatibilità dell’opera non ancora ultimata, quale permanente tutela degli interessi coinvolti e nella sua funzione immanente. …».
Traslando le suddette coordinate ermeneutiche al caso di specie è evidente che l’autorizzazione del 2022 si configura come una nuova autorizzazione rispetto a quella del 2014 (ormai priva di efficacia sin dal 2019) e che la nuova autorizzazione doveva essere adottata alla luce di un quadro normativo notevolmente modificato rispetto a quello vigente all’epoca della precedente autorizzazione (passaggio dal PUTT del 2000 al PPTR del 2015).
16.2.2. - Va altresì accolta la doglianza sub 4) dell’atto introduttivo con cui i ricorrenti contestano l’omessa valutazione, da parte della Giunta regionale, delle alternative localizzative e/o progettuali che giustificano l’autorizzazione in deroga di cui all’art. 95 NTA del PPTR (approvato con DGR n. 176/2015).
Invero, come evidenziato nell’ordinanza cautelare di questo T.A.R. n. 295/2022, il gravato provvedimento regionale (i.e. deliberazione della Giunta Regionale 15 febbraio 2022, n. 130) è stato espressamente adottato ai sensi dell’art. 95 delle NTA del PPTR in forza del quale “Le opere pubbliche o di pubblica utilità possono essere realizzate in deroga alle prescrizioni previste dal Titolo VI delle presenti norme per i beni paesaggistici e gli ulteriori contesti, purché in sede di autorizzazione paesaggistica o in sede di accertamento di compatibilità paesaggistica si verifichi che dette opere siano comunque compatibili con gli obiettivi di qualità di cui all’art. 37 e non abbiano alternative localizzative e/o progettuali. Il rilascio del provvedimento di deroga è sempre di competenza della Regione.”.
Infatti, la Giunta regionale con il citato provvedimento delibera di “rilasciare, per le motivazioni riportate nel parere tecnico allegato al presente provvedimento e parte integrante e sostanziale dello stesso (ALLEGATO A), per l’“Infrastruttura strategica ai sensi della legge 443/2001. Nodo di Bari: Bari Sud (tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare) CUP J11C09000000009”, di cui all’oggetto, in accordo con il parere espresso dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari del Ministero della Cultura con note prot. nn. 5579-P del 10.06.2021 e 961-P del 27.01.2022, il Rinnovo dell’Autorizzazione Paesaggistica ex art. 146 D.Lgs. 42/2004 e art. 90 NTA del PPTR, in deroga ex art. 95”.
Il richiamato parere tecnico di cui all’allegato A (cfr. pagg. 11 e 12) così motiva in ordine all’assenza di “alternative localizzative e/o progettuali”:
«… Con riferimento all’esistenza di alternative localizzative e/o progettuali il proponente afferma che “il progetto definitivo oggetto di richiesta di rinnovo dell’autorizzazione paesaggistica è parte di un più vasto complesso progettuale relativo all’evoluzione del Nodo ferroviario di Bari. La progettazione di tale opera costituisce il punto di arrivo di un lungo percorso di confronto con gli enti istituzionali competenti (Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, Ministero della Transizione Ecologica, Regione Puglia, Comune di Bari e comuni contermini) che ha portato alla definizione di un sistema di possibili alternative e all’approvazione dapprima di un Progetto Preliminare e infine del Progetto Definitivo che è stato approvato con delibera del CIPE del 28/01/2015. Quest’ultimo progetto ha visto l’introduzione di alcune varianti, sottoposte all’iter di approvazione ai sensi dell’art. 169 del D.Lgs. 163/2006, introdotte al fine di ottemperare alle prescrizioni 1, 2 e 7 formulate dallo stesso CIPE in sede di approvazione del medesimo progetto definitivo.
In merito al sistema di cantierizzazione ed alla individuazione delle aree di stoccaggio e di deposito, il Proponente ha attuato tutte le verifiche tese ad ottimizzare il consumo di suolo e ad individuare contesti caratterizzati dal minor pregio possibile in termini di valore paesistico-ambientale. In merito alle aree tecniche ovvero alle aree di lavoro, la stretta correlazione tra le opere di progetto e le aree stesse non permettono elevati margini di scelta, e pertanto non risulta possibile individuare alternative localizzative.
Inoltre, si evidenzia che in fase di progettazione esecutiva il progetto di cantierizzazione sarà ulteriormente dettagliato, verificando puntualmente le interferenze che si determinano con il territorio e identificando ed attuando gli opportuni correttivi di concerto con i portatori di interesse.
In considerazione di quanto sopra espresso, viste le caratteristiche peculiari del progetto, l’iter procedurale che ha seguito negli anni e la necessità insita nel livello di progettazione di rendere il progetto definitivo rispondente a quanto previsto nel precedente livello di progettazione, in virtù delle autorizzazioni già ricevute, si ritiene per tutto quanto sopra analizzato che le opere non siano altrimenti localizzabili.”.
Si prende atto di quanto affermato dal proponente. Si rileva che le tutele previste dalla pianificazione paesaggistica, in particolare per “Torrente Valenzano” e “Torrente Chiancarello - Lama San Giorgio”, nell’area di progetto non consentono di individuare soluzioni ammissibili senza il ricorso a procedure in deroga alle NTA del PPTR. …».
Si può chiaramente osservare che il censurato parere tecnico allegato alla delibera n. 130/2022, come correttamente dedotto dalle difese di parte ricorrente e del Comune di Noicattaro, non motiva dettagliatamente in ordine a specifiche “alternative localizzative e/o progettuali” come imposto dal citato art. 95 delle NTA del PPTR pugliese, alternative (in particolare la variante originaria denominata 3SF) che sono emerse nel corso del (lungo) procedimento amministrativo oggetto di causa (cfr. pag. 25 dell’atto introduttivo del presente giudizio e pag. 12 della memoria di costituzione del Comune di Noicattaro), rispetto alle quali peraltro non vi è una specifica presa di posizione negli atti difensivi della Regione Puglia e di RFI.
In ogni caso, anche se la soluzione finale dovesse comunque essere in deroga alle NTA del PPTR ai sensi dell’art. 95 (come rilevato a pag. 12 del menzionato parere tecnico allegato alla delibera n. 130/2022), l’Amministrazione resistente dovrà in ogni caso selezionare il (e specificamente motivare sul punto in ordine al) progetto idoneo meno impattante da un punto di vista ambientale e paesaggistico, anche alla luce della rilevanza costituzionale attribuita espressamente al bene ambiente dalla novella costituzionale degli artt. 9 e 41 Cost. (cfr. legge costituzionale n. 1/2022).
Secondo il nuovo art. 9:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
In forza del novellato art. 41 Cost.:
“L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.”.
Su questo specifico punto il Consiglio di Stato osserva nell’ordinanza n. 3601/2022 che:
«… - con il nono ed il decimo motivo (appello RFI motivo A.4 a p. 19 dell’atto e appello RFI motivo A.5 a p. 20 dell’atto nonché appello delle amministrazioni statali a p. 14 dell’atto) si censura infine l’ordinanza nella parte in cui ritiene violato l’art. 95 NTA, e quindi, secondo logica, fondati i due restanti motivi del ricorso di I grado;
- i motivi sono fondati. L’esistenza di alternative progettuali o di localizzazione, in primo luogo, va vista in relazione al caso concreto, in cui, come si è detto più volte, si tratta di intervenire su un’opera che già esiste (il tracciato originario) e si tratta nello specifico di provvedere al completamento di lavori già avanzati. È evidente quindi che le alternative possibili non sono libere, ma, di contro, limitate dall’esistente. Vale pertanto quanto già affermato dalla Sezione con la sentenza 13 maggio 2021 n. 3781, relativa all’approvazione di questa stessa opera pubblica, ovvero alla ricordata delibera CIPE 104/2012, per cui “l’individuazione del tracciato di un’opera pubblica, tanto più se strategica, rientra in una discrezionalità assai ampia dell’Amministrazione, sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo per macroscopica illogicità”;
- nel caso di specie, questa illogicità non risulta verificatasi: è sufficiente notare che le presunte alternative progettuali sono prospettate dall’ordinanza in senso meramente possibilistico e dubitativo (“sembrerebbero essere emerse”, p. 7 della motivazione sedicesimo rigo dal basso) e si riferiscono ad una variante, la 3SF, che era stata modificata già nel 2008, e quindi non risulta più attuale, così come ammettono gli stessi ricorrenti (ricorso, p. 25). Non si comprende allora in che consisterebbe la manifesta illogicità ravvisata nella delibera impugnata; …».
Premesso che in nessun punto di pag. 25 del ricorso introduttivo risulta che i ricorrenti ammettano la non “attualità” delle variante 3SF, che l’art. 95 delle NTA del PPTR fa riferimento alternativamente ad “alternative localizzative e/o progettuali”, e che la variante 3SF costituisce un’alternativa di tipo “localizzativo” (più che progettuale) poiché implicherebbe lo spostamento del tracciato originario, rileva questo Giudice che il concetto di “attualità” della alternativa (di cui fa menzione il Consiglio di Stato nella citata ordinanza) non è espressamente menzionato dall’art. 95 delle NTA che contempla puramente e semplicemente le opere pubbliche o di pubblica utilità in deroga alle prescrizioni paesaggistiche subordinatamente al ricorrere di due condizioni (rectius compatibilità con gli obiettivi di qualità di cui all’art. 37 e insussistenza di “alternative localizzative e/o progettuali” senza richiedere alcuna caratterizzazione aggiuntiva).
In ogni caso, anche laddove si ritenga il concetto di “attualità” dell’alternativa implicito nella condizione prevista dall’art. 95 delle NTA del PPTR, lo stesso dovrebbe essere più agevolmente riferibile all’alternativa “progettuale” piuttosto che a quella “localizzativa” (quest’ultima appunto viene in rilievo nella fattispecie in esame), poiché un’alternativa localizzativa (la 3SF appunto), anche se immaginata in tempi ormai lontani, potrebbe ciò nondimeno essere fattibile da un punto di vista tecnico, economico, paesaggistico e ambientale, ed è su questo specifico profilo che avrebbe dovuto motivare l’Amministrazione competente (i.e. la Regione), valutazione che nel caso di specie è stata totalmente omessa.
Ma in ogni caso ritiene questo Giudice che non spetta all’Autorità giudiziaria formulare un giudizio (in quanto chiaramente espressione di discrezionalità tecnica) di attualità e/o fattibilità (qualunque esso sia) di un’alternativa localizzativa ovvero anche progettuale, poiché si tratta di una valutazione di merito chiaramente riservata alla pubblica amministrazione, valutazione che nel caso di specie con riferimento alla variante 3SF è completamente mancata nel corpo della gravata DGR n. 130/2022.
Invero, nell’allegato A alla DGR l’Amministrazione, pur parlando diffusamente sia pure in modo generico della inesistenza di alternative localizzative e/o progettuali (cfr. pagg. 11 e 12), non prende per nulla in considerazione la variante 3SF (anche eventualmente per valutarla come non fattibile).
Ne consegue che laddove il Giudice amministrativo dovesse procedere a una valutazione in termini di “attualità” o non “attualità”, “fattibilità” o non “fattibilità” (a prescindere da quale delle due connotazioni sia immanente nella previsione della citata condizione di operatività della deroga di cui all’art. 95 NTA del PPTR) in ordine alla suddetta variante 3SF porrebbe in essere una valutazione che gli è espressamente preclusa in forza dell’art. 34, comma 2 cod. proc. amm. (secondo cui “In nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”) e del principio costituzionale di separazione dei poteri.
È, infatti, evidente che in ordine alla variante 3SF, non essendovi traccia di qualsivoglia valutazione da parte della Regione nel parere allegato alla censurata DGR 130/2022, si è in presenza di un “potere amministrativo non ancora esercitato”.
Solo laddove detta valutazione tecnica venga posta in essere dall’Amministrazione regionale la stessa sarebbe eventualmente sindacabile dal Giudice amministrativo laddove ulteriormente contestata in sede giurisdizionale dai ricorrenti nei limiti tracciati dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 3781/2021 (menzionata nell’ordinanza n. 3601/2022) e cioè nei limiti della macroscopica illogicità; tuttavia, allo stato a fronte di una valutazione sulle alternative localizzative e/o progettuali (in particolare la variante 3SF) totalmente mancante nel corpo della DGR n. 130/2022 non è possibile tacciare la delibera regionale impugnata di manifesta illogicità, diversamente da quanto sostenuto a pag. 16 dell’ordinanza n. 3601/2022, poiché evidentemente una motivazione totalmente mancante sul punto in contestazione (i.e. fattibilità della variante 3SF ovviamente previo esperimento della conferenza di servizi di cui si è detto al precedente paragrafo della motivazione) per definizione non può essere considerata illogica.
Né è in condivisibile l’affermazione della Regione a pag. 2 della memoria di replica depositata in data 16.9.2022 secondo cui l’assenza di alternative localizzative o progettuali sarebbe stata accertata nella precedente DGR n. 1782/2014, poiché - come detto in precedenza - oggetto di impugnazione in questa sede è un nuovo procedimento amministrativo e un nuovo provvedimento (i.e. DGR n. 130/2022), peraltro adottato - diversamente dalla DGR del 2014 - sotto la vigenza della PPTR del 2015 con riferimento al quale non rileva l’omessa contestazione in sede giurisdizionale rispetto al provvedimento del 2014.
In conclusione, in forza dell’art. 95 delle NTA del PPTR l’Amministrazione regionale procedente dovrebbe motivare in ordine all’assenza di alternative localizzative e/o progettuali, non già facendo genericamente riferimento all’esistenza di un “lungo percorso di confronto” rispetto al quale non sarebbe più possibile tornare indietro, bensì indicando specificamente per quale ragione di tipo tecnico, economico o di altro genere la cosiddetta variante 3SF non è più in concreto praticabile. E a questa valutazione (anche eventualmente di non attualità della stessa variante 3SF) non può - come detto - sostituirsi il Giudice amministrativo, essendo ciò precluso dalla citata previsione dell’art. 34, comma 2 cod. proc. amm.
16.3. - In ordine al ricorso per motivi aggiunti proposto avverso la delibera n. 1 del 28.7.2022 di RFI (di proroga della dichiarazione di pubblica utilità n. 1 del 28.1.2015 adottata dal CIPE) si osserva quanto segue.
Le censure dedotte dai ricorrenti vanno disattese, dovendosi condividere le argomentazioni in precedenza esplicitate nella sentenza in forma semplificata n. 1493 del 28.10.2022 cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, comma2, lett. d) cod. proc. amm., avendo detta pronuncia ad oggetto l’impugnazione dello stesso atto (delibera n. 1/2022) e censure sostanzialmente analoghe.
Si può, pertanto, prescindere dalla disamina delle eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate dalle difese delle controparti.
16.3.1. - Con i primi tre profili articolati nel motivo aggiunto sub 6) i ricorrenti denunciano l’asserita violazione dell’art. 13 d.p.r. n. 327/2001.
La censura sub 6.a) (con cui parte ricorrente deduce che nella specie i cinque anni di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera CIPE n. 1 del 28.1.2015 sarebbero già scaduti, in quanto la medesima delibera non avrebbe previsto un termine di scadenza, con conseguente applicazione automatica del termine quinquennale di cui al citato art. 13 d.p.r. n. 327/2001) non può trovare accoglimento.
Invero, nelle premesse dell’atto di proroga impugnato (nonché degli atti presupposti in esso richiamati) sono ampiamente chiariti i presupposti normativi che hanno portato all’adozione del provvedimento in questione.
La normativa richiamata da parte ricorrente (i.e. art. 13 d.p.r. n. 327/2001) ha subito nel corso del tempo alcune modificazioni, per cui la delibera CIPE n. 1/2015 di approvazione del progetto, diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, ha oggi un termine di durata della dichiarazione di pubblica utilità pari a sette anni e non cinque, termine ovviamente decorrente dalla data di approvazione della delibera in questione da parte della Corte dei Conti, che è intervenuta in data 3.8.2015 e con scadenza, pertanto, al 3.8.2022.
Invero, con l’art. 166, comma 4-bis dlgs n. 163/2006 (ratione temporis applicabile alla fattispecie per cui è causa) si è stabilito che, in deroga alle disposizioni dell’art. 13, commi 4 e 5 d.p.r. n. 327/2001, per le infrastrutture strategiche incluse nella legge “obiettivo” n. 443/2001 (quale quella oggetto di causa) il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di sette anni decorrenti dalla data in cui diventa efficace la delibera CIPE (in tal caso la n. 1/2015) che approva il progetto definitivo dell’opera (salvo che nella medesima deliberazione non sia previsto un termine diverso, nella specie non indicato) e che ne può essere disposta la proroga per causa di forza maggiore e per altre giustificate ragioni prima della scadenza del termine e per un periodo di tempo che non superi i due anni (come avvenuto nel caso di specie).
A ciò si aggiunga che l’art. 166 dlgs n. 163/2006, oggi non più in vigore poiché abrogato dall’art. 217, comma 1, lett. e) dlgs n. 50/2016, comunque “… continua … ad applicarsi, in virtù della norma transitoria di cui all’art. 216 D.lgs. n. 50/2016 per “gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice” …” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 24.12.2021, n. 13500).
La disposizione transitoria cui fa riferimento la menzionata sentenza è il comma 1-bis del art. 216 dlgs n. 50/2016 (“Per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente. Fatto salvo quanto previsto al comma 4-bis, per le procedure di gara si applica quanto previsto al comma 1.”) introdotto dall’art. 128, comma 1, lett. a) dlgs n. 56/2017.
Come verrà ulteriormente evidenziato nei successivi paragrafi e in particolare nel paragrafo 16.3.4 della motivazione, detta disposizione trova applicazione nel caso di specie.
Ne discende l’infondatezza della censura.
Le previsioni normative appena richiamate consentono, altresì, di addivenire all’accertamento dell’infondatezza anche del secondo profilo di censura (sub 6.b) formulato dai ricorrenti, secondo i quali il decreto di occupazione n. 09/22B/OCC del 15.6.2016 a suo tempo notificato sarebbe divenuto nelle more inefficace poiché non seguito nei successivi 5 anni dal decreto di esproprio definitivo.
Preliminarmente, va affermata la sussistenza della giurisdizione amministrativa in ordine alla censura di cui al punto 6.b del ricorso per motivi aggiunti, dovendosi quindi disattendere l’eccezione (sollevata dalla difesa di RFI) di difetto di giurisdizione dell’adito Giudice amministrativo in favore del G.O.
Va, a tal riguardo, rilevato che l’asserita ipotesi di inefficacia sopravvenuta di un atto ablativo comunque configura un’ipotesi di esercizio sia pure in via mediata del potere autoritativo della P.A. che giustifica il radicamento della giurisdizione del Giudice amministrativo alla luce del disposto dell’art. 133, comma 1, lett. g) cod. proc. amm. (“Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: … g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa; …”) e della giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 204/2004 e n. 191/2006).
Nel merito la censura va disattesa.
Invero, una volta chiarito che nel caso di specie l’atto ablativo definitivo poteva intervenire nell’arco di sette anni dall’approvazione del progetto (avvenuta il 3.8.2015 con la registrazione della delibera CIPE n. 1/2015 presso la Corte dei Conti), più un eventuale biennio di proroga (disposto nel pieno rispetto dei termini con l’atto oggi impugnato), la censura deve essere respinta in quanto infondata.
Il decreto di occupazione in questione, infatti, dispone che “il presente decreto perde efficacia qualora non venga emanato il decreto di esproprio nel termine di cui all’art. 13, comma 4 del D.P.R. 327/2001”.
Tenendo conto del fatto che l’art. 22 bis, comma 6 d.p.r. n. 327/2001 stabilisce che “il decreto che dispone l’occupazione ai sensi del comma 1 perde efficacia qualora non venga emanato il decreto di esproprio nel termine di cui all’articolo 13” e che tale termine, nel caso di specie, per effetto dell’art. 166, comma 4-bis dlgs n. 163/2006, ha la durata di sette anni (eventualmente prorogabili per altri due), è evidente l’infondatezza di tale mezzo di gravame.
A ciò si aggiunga che tale motivo è stato espressamente dichiarato infondato dalla citata ordinanza della Sezione IV del Consiglio di Stato n. 3601 del 25.7.2022 (pag. 7), ove si precisa che “si tratta comunque di questione che esula dalla materia del contendere attuale, dato che non risulta dedotta nei motivi del ricorso di prime cure”. Pertanto, a maggior ragione, non può essere sollevata in sede di motivi aggiunti.
Non possono condividersi neanche le argomentazioni sottese all’ulteriore profilo del motivo aggiunto sub 6.c) con cui si contesta che l’eventuale proroga sarebbe possibile - ai sensi dell’art. 13 d.p.r. n. 327/2001 - unicamente “per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni”, che per i ricorrenti non sussisterebbero nella vicenda de qua.
Invero, con detta doglianza si tenta di invadere valutazioni di merito proprie dell’area di discrezionalità tecnica affidata alle pubbliche amministrazioni procedenti (così ponendosi in contrasto con il costante orientamento giurisprudenziale in materia).
In ogni caso, la censurata delibera di RFI n. 1/2022 contiene una precisa e compiuta motivazione in ordine alla necessità di proroga della dichiarazione di pubblica utilità, che non presenta profili di illogicità o irrazionalità manifeste, ma è riferita a specifici aspetti del procedimento in questione, quali i numerosi contenziosi giudiziari verificatisi dopo l’aggiudicazione dell’appalto, nonché i dettagliati riscontri sui contenziosi stragiudiziali (“inatteso protrarsi delle verifiche sul possesso dei requisiti per la stipula del contratto dovuto alla cessione del ramo d’azienda dell’originario aggiudicatario Tecnis spa in favore dell’Impresa D’Agostino Costruzioni, intervenuta nelle more della procedura di affidamento”, che hanno consentito di addivenire alla stipula del contratto solo in data 26.3.2020), puntualmente descritti nella Relazione illustrativa della delibera di proroga.
16.3.2. - Con il motivo aggiunto sub 7) i ricorrenti denunciano l’asserita illegittimità della proroga disposta da RFI, sia perché adottata dopo l’intervenuta scadenza quinquennale della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera CIPE del 2015, sia perché disposta da un ente incompetente (RFI) al posto dello stesso CIPE che aveva a suo tempo approvato il progetto.
Tale doglianza va disattesa.
Il primo profilo (proroga disposta dopo la presunta intervenuta scadenza quinquennale della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla delibera CIPE del 2015) non può trovare positivo apprezzamento poiché non considera la circostanza che nel caso di specie, ai sensi della normativa sopra citata, la dichiarazione di pubblica utilità aveva durata di sette anni e non cinque e scadeva pertanto il 3.8.2022 (termine pienamente rispettato).
Il secondo aspetto non può parimenti essere condiviso da questo Collegio poiché non tiene conto della normativa oggi vigente, e in particolare dell’art. 216 dlgs n. 50/2016, che al comma 1 bis - come visto - prevede che “Per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente”.
Sempre l’art. 216 dlgs n. 50/2016 al comma 27-novies (aggiunto dall’art. 42, comma 3 decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120), statuisce che “Le proroghe della dichiarazione di pubblica utilità e del vincolo preordinato all’esproprio in scadenza su progetti già approvati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) in base al previgente decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono approvate direttamente dal soggetto aggiudicatore” (che nel caso di specie è RFI: cfr. pag. 35 della delibera CIPE n. 1/2015 nonché il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 28 novembre 2002, n. 60-T, con il quale il concessionario RFI s.p.a. è stato delegato ad emanare tutti gli atti del procedimento espropriativo).
Nessuna illegittimità è, quindi, ravvisabile nella censurata delibera n. 1/2022.
16.3.3. - Infine, con l’ultimo motivo aggiunto (n. 8) i ricorrenti denunciano un preteso difetto d’istruttoria che inficerebbe l’atto di proroga, ricollegabile alla circostanza che nell’avviso di avvio del procedimento di proroga risalente al 13.5.2022 le risultanze particellari sarebbero le stesse di quelle contenute nel progetto approvato nel 2015, nonostante siano nel frattempo passati molti anni e nelle more siano intervenute diverse modifiche del tracciato dell’opera in esame.
In proposito, è agevole rilevare che nella specie, trattandosi di un atto di proroga della originaria dichiarazione di pubblica utilità, gli elaborati del progetto di esproprio (relazione giustificativa, elenco ditte e piano particellare) non potevano che essere identici a quelli originariamente previsti nella delibera CIPE n. 1/2015 di approvazione del progetto definitivo, in considerazione del fatto che nessuna diversità di tracciati dell’opera è ravvisabile, bensì un unico e definitivo tracciato riconfermato da RFI in sede di proroga della dichiarazione di pubblica utilità.
16.3.4. - Da ultimo si evidenzia quanto segue in ordine alle difese articolare dal Gruppo di Intervento Giuridico con memoria depositata in data 5.11.2022.
Con detta memoria il Gruppo contesta la tecnica redazionale della sentenza in forma semplificata n. 1493/2022 (resa sul ricorso parallelo r.g. n. 1012/2022 avente ad oggetto l’impugnazione, da parte dello stesso Gruppo di Intervento Giuridico, della delibera n. 1/2022) e richiama all’attenzione del Collegio, con riferimento ai motivi aggiunti, alcune argomentazioni relative all’asserita inapplicabilità dell’art. 166 dlgs n. 163/2006 alla fattispecie in esame, alla sentenza del T.A.R. Lazio n. 13500 del 24 dicembre 2021, alla distinzione tra abrogazione di una norma a sua volta abrogante di altra ed abrogazione di una norma a sua volta in deroga di un’altra, ai principi stabiliti in merito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 13 del 24 gennaio 2012 e dal Consiglio di Stato, Sez. III con la sentenza n. 8153 del 6 dicembre 2021.
Per quanto concerne la legittimità della tecnica redazionale della citata sentenza n. 1493/2022, si rinvia al precedente di cui al Cons. Stato, Sez. V, 7.1.2021, n. 224 che a sua volta richiama Cass. civ., Sez. lav., 9 luglio 2020, n. 14629.
In ordine alle argomentazioni di merito sollevate con detta memoria, ritiene questo Collegio che le stesse non possano essere condivise.
Invero, va preliminarmente evidenziato che nel maggio 2009 l’intervento per cui è causa è stato inserito fra le infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001.
In data 23 dicembre 2009 RFI ha inviato il progetto preliminare al MIT e a tutti i Ministeri e alle Amministrazioni interessate dal progetto, così come previsto dall’art. 165, comma 4 (nella versione vigente prima delle modifiche apportate dal decreto legge n. 70/2011 convertito con modificazioni nella legge n. 106/2011) e ha avviato conseguentemente la procedura di valutazione di impatto ambientale.
Nell’ambito di tale fase, finalizzata all’approvazione del progetto preliminare dell’opera, sono pervenuti i seguenti pareri: a) in data 27 dicembre 2010, con nota prot. n. 39786, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha trasmesso al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il parere positivo ai fini della compatibilità ambientale dell’opera con prescrizioni della Commissione Tecnica VIA-VAS; b) la Regione Puglia, con deliberazione del 23 novembre 2010, n. 2573 si è espressa sulla compatibilità dell’opera e, successivamente, con deliberazione del 19 aprile 2011 n. 742, sulla relativa localizzazione; c) con nota n. 18080 del 30 maggio 2011, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha espresso parere favorevole.
Con parere n. 98/2011 del 20 ottobre 2011 il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha espresso giudizio positivo, con prescrizioni, sull’intervento e, pertanto, con delibera n. 104/2012 del 26 ottobre 2012 (pubblicata sulla G.U. del 15 febbraio 2013), il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (C.I.P.E.), prendendo atto delle istruttorie sopra citate e delle prescrizioni e raccomandazioni proposte dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha approvato con prescrizioni il progetto preliminare relativo al riassetto “Nodo di Bari: Bari Sud” (variante di tracciato nella tratta Bari Centrale - Bari Torre a Mare).
Questa premessa in punto di fatto consente di addivenire alla conclusione in forza della quale la procedura di valutazione di impatto ambientale con riferimento all’opera de qua era già stata avviata alla data di entrata in vigore del codice dei contratti pubblici del 2006.
Pertanto, certamente ricorrono nel caso di specie gli estremi di operatività della una delle due condizioni poste dalla disposizione transitoria di cui all’art. 216, comma 1 bis dlgs n. 50/2016 (“Per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall'articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente.”).
Non è poi in discussione che l’altra condizione (i.e. strumenti di programmazione approvati alla data di entrata in vigore del codice del 2006), cui è subordinata l’operatività della previsione di cui al menzionato art. 216, comma 1 bis dlgs n. 50/2016, si fosse verificata nella fattispecie per cui è causa.
Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dal Gruppo di Intervento Giuridico nella memoria del 5.11.2022, si può affermare che nel caso di specie si fossero realizzate entrambe le condizioni di operatività della previsione di diritto transitorio di cui all’art. 216, comma 1 bis dlgs n. 50/2016.
Ciò premesso, può anche condividersi l’assunto della difesa del Gruppo di Intervento Giuridico (cfr. pag. 8 della memoria del 5.11.2022) in ordine alla differenziazione, dallo stesso operata, tra “riespansione” di una norma generale per effetto dell’abrogazione della disciplina speciale derogante e reviviscenza (intendendosi per tale l’eccezionale ipotesi in cui l’abrogazione della disciplina a sua volta abrogante fa tornare in vita la regolamentazione originaria), distinzione posta dalla Corte costituzionale con l’invocata sentenza n. 13/2012 e dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 8153/2021.
Tuttavia, nel caso di specie trova comunque applicazione, a prescindere da detta distinzione, la norma transitoria pur introdotta solo nel 2017 (rectius dall’art. 128, comma 1, lett. a) dlgs n. 56/2017) nel corpo dell’art. 216 dlgs n. 50/2016 in forza della quale - come visto - “Per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente. Fatto salvo quanto previsto al comma 4-bis, per le procedure di gara si applica quanto previsto al comma 1.”.
È vero che nella fattispecie in esame l’abrogazione della norma speciale di cui al comma 4 bis dell’art. 166 dlgs n. 163/2006 è avvenuta ad opera del decreto legislativo n. 50/2016 a solo un anno di distanza dall’adozione della delibera CIPE n. 1/2015 di approvazione del progetto e dichiarativa della pubblica utilità dell’opera per cui è causa.
Va, però, in ogni caso considerato che a distanza di un ulteriore anno con l’art. 128, comma 1, lett. a) dlgs n. 56/2017, quando era ancora vigente l’efficacia della citata delibera n. 1/2015, è stata introdotta la norma transitoria in precedenza esaminata, le cui due condizioni di operatività - per quanto evidenziato in precedenza - devono ritenersi sussistenti nel caso di specie.
Peraltro, del tenore letterale della norma del 2017 in commento (“Per gli interventi ricompresi tra le infrastrutture strategiche di cui alla disciplina prevista dall’articolo 163 e seguenti del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, già inseriti negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale sia già stata avviata alla data di entrata in vigore del presente codice, i relativi progetti sono approvati secondo la disciplina previgente. …”), appare evidente come il legislatore del 2017 abbia testualmente fatto riferimento alla “data di entrata in vigore del presente codice” (e quindi alla data di entrata in vigore del codice dei contratti pubblici di cui al dlgs n. 50/2016) cui ancorare la disciplina applicabile al progetto già approvato.
È, quindi, evidente che il legislatore del 2017, nel raccordare la nuova disposizione alla data di entrata in vigore del codice del 2016, ha dato vita ad una previsione normativa dalla indubbia portata retroattiva, con la conseguenza che detta disposizione del 2017 è destinata inevitabilmente ad incidere su tutte le questioni di diritto intertemporale sorte in precedenza ivi compresa quella aperta con la menzionata delibera CIPE n. 1/2015.
Infine, il Gruppo di Intervento Giuridico evidenzia che la disposizione da ultimo richiamata (art. 216, comma 1 bis dlgs n. 50/2016) riguarda unicamente l’approvazione del progetto e non anche la proroga del termine della dichiarazione di pubblica utilità.
Detta impostazione non può essere condivisa da questo Giudice, poiché appare evidente che il legislatore abbia inteso fare riferimento alla approvazione del progetto nel suo complesso e quindi ad ogni singolo aspetto della disciplina relativa all’approvazione del progetto, ivi compreso il termine derogatorio originariamente contemplato dall’art. 166, comma 4 bis dlgs n. 163/2006 (sette anni) e la sua eventuale proroga.
D’altra parte, lo stesso Gruppo di Intervento Giuridico ammette che “la dichiarazione di pubblica utilità può al massimo essere insita nell’approvazione del progetto” (cfr. pag. 10 della memoria delle 5.11.2022).
Diversamente dalla difesa del Gruppo, tuttavia, detta ultima considerazione induce a ritenere che anche la durata della dichiarazione di pubblica utilità e quindi anche la sua eventuale proroga sia integralmente soggetta alla “disciplina previgente”, laddove operante, come appunto certamente avviene nella fattispecie de qua in forza della regola transitoria di cui all’art. 216, comma 1 bis dlgs n. 50/2016 e, quindi, della previsione resa “ultrattiva” di cui all’art. 166, comma 4 bis dlgs n. 163/2006.
Infine, deve considerarsi che all’epoca dell’adozione della delibera CIPE n. 1/2015 era pienamente operativo il menzionato comma 4 bis dell’art. 166 dlgs n. 163/2006; detto comma deve ritenersi a tutt’oggi operativo in relazione alla vicenda per cui è causa in forza della citata norma transitoria e anche con riferimento all’epoca dell’adozione del censurato provvedimento di proroga n. 1/2022.
Non può, infatti, certo immaginarsi (e non sarebbe rispondente al principio di ragionevolezza) che l’Amministrazione, la quale all’epoca dell’adozione della delibera CIPE n. 1/2015 preventivata una durata della dichiarazione di pubblica utilità di sette anni e quindi su queste basi parametrata lo svolgersi dei lavori, si veda successivamente costretta a subire una riduzione di detta durata (a cinque anni) in forza del riespandersi della norma generale di cui all’art. 13 del Testo unico espropri.
17. - In conclusione, dalle argomentazioni in precedenza esposte discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Comitato di Scopo “Le Vedette della Lama - per l’istituzione del Parco Regionale di Lama San Giorgio - Giotta e la tutela delle Lame” e l’accoglimento nei sensi e nei limiti di cui in motivazione della domanda impugnatoria di cui al ricorso introduttivo proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-, e, per l’effetto, l’annullamento della DGR n. 130/2022.
L’esito favorevole per i ricorrenti persone fisiche soddisfa, altresì, la domanda di accertamento del diritto ad ottenere una nuova istruttoria in merito alla verificazione e approvazione del progetto denominato variante 3SF, in quanto l’Amministrazione regionale in sede di attività conformativa dovrà procedere ad una nuova istruttoria alla luce dei principi indicati in sentenza.
18. - Ogni altra doglianza articolata da parte ricorrente nell’atto introduttivo del presente giudizio resta assorbita.
19. - La domanda risarcitoria di cui al ricorso introduttivo non può essere accolta, essendo rimasta sfornita di supporto probatorio il cui onere gravava sulla parte ricorrente.
20. - Il ricorso per motivi aggiunti proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- va disatteso.
21. - In considerazione della peculiarità, novità e complessità della controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, integrato da motivi aggiunti, così provvede:
1) dichiara inammissibile il ricorso introduttivo, integrato da motivi aggiunti, proposto dal Comitato di Scopo “Le Vedette della Lama - per l’istituzione del Parco Regionale di Lama San Giorgio - Giotta e la tutela delle Lame”;
2) accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione la domanda impugnatoria di cui al ricorso introduttivo proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS- e, per l’effetto, annulla la DGR n. 130/2022;
3) respinge la domanda risarcitoria di cui al ricorso introduttivo;
4) respinge il ricorso per motivi aggiunti proposto da -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS-, -OMISSIS- -OMISSIS- e -OMISSIS- -OMISSIS-.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Orazio Ciliberti, Presidente
Giacinta Serlenga, Consigliere
Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore