Consiglio di Stato, Sez. VI  n. 6293 del 10 dicembre 2012
Beni culturali.Riconoscimento del particolare interesse storico-artistico di un immobile ex art. 10 D.Lgs 42/2003

E’ Illegittimo l’avvio del procedimento della Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici della Sardegna, per il riconoscimento del particolare interesse storico-artistico con riferimento a tre villini siti in Cagliari senza specifica motivazione. La mera e generica circostanza tipologica che un fabbricato rappresenti una testimonianza di un tipo di costruzione di un particolare periodo storico non è di per sé elemento sufficiente a giustificare l’adozione di un provvedimento individuale e concreto, che, con il suo effetto incide particolarmente sulle facoltà inerenti al diritto di proprietà. Infatti, qualsiasi fabbricato è di per sé testimonianza di un tipo di costruzione del proprio periodo nella zona in cui si trova. Al tempo stesso, un apprezzamento basato sulla mera valenza documentaria non è sufficiente per individuare giuridicamente un bene culturale, in questa operazione non si può infatti prescindere da un elemento valutativo concreto, incentrato sul pregio distinto, selettivo e irripetibile della singola cosa e dunque sul riferimento specifico agli elementi che costituiscono questo pregio (l’interesse “particolarmente importante” dell’art. 10, comma 3, lett. a) del D.Lgs 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio). (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 06293/2012REG.PROV.COLL.

N. 08553/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8553 del 2011, proposto da: 
Cadeddu Bruno, titolare dell’omonima impresa di costruzioni, rappresentato e difeso dagli avv. Filippo Lubrano, Eulo Cotza, con domicilio eletto presso Lubrano Filippo, Studio Legale Lubrano & Associati in Roma, via Flaminia, 79;

contro

Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesistici della Sardegna, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, entrambi rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Comune di Cagliari;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA - CAGLIARI: SEZIONE II n. 00488/2011, resa tra le parti, concernente riconoscimento particolare interesse storico-artistico di tre villini

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesistici della Sardegna e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Lubrano e l’avvocato dello Stato Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dal signor Bruno Cadeddu avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Sardegna, Sezione Seconda, 12 maggio 2011, n. 488, con la quale è stato in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto il ricorso di primo grado n. 710/2009 per l’annullamento delle note della Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici della Sardegna 7 maggio 2009, nn. 4411/A, e 4410/A, aventi ad oggetto l’avvio del procedimento di riconoscimento del particolare interesse storico-artistico con riferimento a tre villini siti in Cagliari, Via Milano nn. 38, 40 e 42 e dei decreti 30 novembre 2009, nn. 77 e 76 del Direttore regionale della predetta Soprintendenza, con i quali sono stati vincolati i villini contrassegnati con i numeri civici 38 e 42 (mentre si è esaurito il procedimento amministrativo relativo al fabbricato contrassegnato con il numero civico 40).

2. La sentenza di primo grado, in particolare, ha:

dichiarato inammissibile il ricorso relativo all’immobile posto al n. 38 della via Milano, ritenendo sussistente il difetto di legittimazione del ricorrente non risultando egli proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile;

preso atto dell’intervenuta perdita di efficacia dell’avviso di inizio del procedimento relativamente al villino n. 40, a seguito della mancata adozione del relativo decreto di vincolo;

respinto nel merito il ricorso relativo all’immobile posto al n. 42 ritenendo che l’imposizione del vincolo fosse adeguatamente motivata e, quindi, ritenendo il relativo provvedimento immune dalle censure di eccesso di potere, per sviamento, difetto di istruttoria e carenza di motivazione fatte valere sotto vari profili dal ricorrente.

3. L’appello proposto dal signor Cadeddu contesta la sentenza appellata sia nella parte in cui ha ritenuto insussistente la legittimazione ad impugnare il vincolo imposto sul villino contrassegnato con il numero civico n. 38, sia nella parte in cui ha respinto nel merito il ricorso contro il vincolo imposto sul villino n. 42.

3.1. Sotto il primo profilo, l’appellante rileva che l’autorizzazione rilasciata dal proprietario dell’immobile per la presentazione alle competenti autorità amministrative di proposte progettuali comprenderebbe anche la “delega” ad impugnare tutti gli atti amministrativi che, comunque, assumano un carattere impeditivo ai fini dell’utilizzazione edificatoria del lotto.

3.2. Sotto il secondo profilo, l’appellante denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado per avere ritenuto infondati i motivi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto i profili, in particolare, di difetto di istruttorio e difetto di motivazione.

4. Si sono costituiti la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesistici della Sardegna e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali chiedendo il rigetto del gravame.

5. Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello merita accoglimento.

7. Anzitutto, occorre dare atto della cessazione della materia del contendere con riferimento al capo della sentenza con cui è stato dichiarato il difetto di legittimazione ad impugnare il vincolo relativo al villino contrassegnato con il civico n. 38, in quanto con sentenze rese in pari data questo Consiglio di Stato, riformando le sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna 12 maggio 2011, n. 489 e n. 490, ha accolto i ricorsi di primo grado n. 131/2010 e n. 132/2010 proposti dai comproprietari dell’immobile in questione (Aru Giorgio e Mamusa Maria Donata per il ricorso di primo grado n. 131/2010 e Silvia Contini per il ricorso di primo grado n. 132/2010), annullando il relativo provvedimento di imposizione del vincolo.

8. Con riferimento, invece, al villino contrassegnato con il civico n. 42, l’appello è fondato.

Risulta, in particolare, fondato il motivo con cui si denuncia l’erroneità della sentenza di primo grado per nella parte in cui ha ritenuto insussistente il vizio di difetto di motivazione.

Nel provvedimento impugnato non sono, infatti, indicate le ragioni per le quali il bene in questione presenterebbe un interesse storico-artistico particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a) del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e dunque debba essere dichiarato bene culturale e sottoposto al relativo regime.

Giova al riguardo evidenziare che il provvedimento impugnato è motivato per relationem con rinvio ai motivi contenuti nella relazione storico-artisica predisposta dalla Soprintendenza.

In tale relazione, dopo la descrizione tecnica del fabbricato e alcune considerazioni in ordine alla collocazione temporale della sua costruzione, si afferma che nel complesso l’edificio, tra i non numerosi ancora conservati sostanzialmente integri nel quartiere di Bonaria, merita il formale riconoscimento di interesse culturale ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004 in quanto – senza indicare specifiche caratteristiche architettoniche o artistiche del singolo manufatto - rappresenta un’interessante testimonianza di villino borghese della prima metà del Novecento, testimonianza, in particolare, di una città giardino borghese che sta progressivamente scomparendo, e, in quanto tale, meritevole di essere salvaguardato.

Il passaggio riportato, che, di fatto, esaurisce i profili motivazionali rilevanti sottesi alla decisione di imporre il vincolo, rivela la sussistenza del denunciato vizio di difetto di motivazione.

9. In primo luogo, la mera e generica circostanza tipologica che un fabbricato rappresenti una testimonianza di un tipo di costruzione di un particolare periodo storico non è di per sé elemento sufficiente a giustificare l’adozione di un provvedimento individuale e concreto, quale quello in questione, con il suo effetto particolarmente incidente sulle facoltà inerenti al diritto di proprietà del ricorrente.

Come correttamente rileva l’appellante, invero, qualsiasi fabbricato è di per sé testimonianza di un tipo di costruzione del proprio periodo nella zona in cui si trova. Al tempo stesso, un apprezzamento basato sulla mera valenza documentaria non è sufficiente per individuare giuridicamente un bene culturale: in questa operazione non si può infatti prescindere da un elemento valutativo concreto, incentrato sul pregio distinto, selettivo e irripetibile della singola cosa e dunque sul riferimento specifico agli elementi che questo pregio (l’interesse “particolarmente importante” dell’art. 10, comma 3, lett. a)) costituiscono.

Sotto tale profilo, deve ritenersi insufficiente ai fini della la motivazione del provvedimento di imposizione del vincolo, il mero riferimento al valore di testimonianza storica di un certo modo di costruire in un determinato periodo storico. Tale riferimento, senza alcuna ulteriore delucidazione specifica nel senso detto, si risolve infatti in una motivazione di stile, meramente tautologica, che – dal punto di vista del Codice dei beni culturali e del paesaggio - non consente di individuare l’importanza culturale del singolo fabbricato, anche ai fini, appunto, della conservazione della testimonianza storica. Lo può semmai da altri punti di vista: ad es. della pianificazione urbanistica, che ben può essere orientata alla conservazione di simili valori storici di zona; ma non è questo il tema presente.

Nemmeno può ritenersi sufficiente, ai fini che qui interessano, la semplice indicazione delle caratteristiche dello stile costruttivo di cui il fabbricato rappresenta testimonianza (che si risolve in una mera descrizione tautologica) o la considerazione che quello stile costruttivo sta pian piano scomparendo.

Pertanto, anche se in linea di principio, l’esigenza di conservare la testimonianza storica di un certo tipo di costruzione relativa ad un dato periodo storico può rappresentare una ragione idonea a giustificare l’imposizione di un vincolo di interesse culturale, l’Amministrazione è, comunque, tenuta ad indicare anche le ragioni di particolare interesse culturale per le quali rileva che quel tipo di stile costruttivo meriti la particolare tutela che si risolve nell’imposizione del vincolo, come le particolari caratteristiche del singolo fabbricato che lo rendono particolarmente espressivo di quel tipo di costruzione.

10. Anche a prescindere da tale assorbente considerazione, non risulta poi giustificato il carattere di particolare rilievo dell’immobile rispetto ad altri fabbricati analoghi collocati sempre nel quartiere di Bonaria. In altri termini, non viene dall’Amministrazione specificato il criterio in base al quale l’attività vincolistica della Soprintendenza si sia indirizzata nei confronti del villino di cui al n. 42 della via Milano e non abbia considerato altri immobili dello stesso tipo, aventi analoghe caratteristiche e stato di conservazione che si trovano sempre nel quartiere di Bonaria (che si estende per un’area molto più ampia della via Milano).

L’Amministrazione, come pure rileva l’appellante, avrebbe dovuto svolgere almeno una valutazione preliminare per individuare analoghi fabbricati aventi le medesime caratteristiche di quello oggetto del presente giudizio e poi, eventualmente all’esito di una valutazione comparativa, imporre il vincolo su quello o su quegli immobili meglio corrispondenti alla realtà storica che si intendeva salvaguardare.

11. Né vale richiamare, in senso contrario, le considerazioni contenute nell’atto di avvio del procedimento atteso che, per un verso, tale atto endoprocedimentale non è richiamato, nemmeno per relationem nel provvedimento di imposizione del vincolo, e non può, quindi, integrarne la motivazione, e, per altro verso, anche tale atto, pur contenendo una più analitica descrizione dell’immobile poi sottoposto al vincolo non riesce, comunque, a superare il vizio motivazionale riscontrato, non contenendo alcuna indicazione circa le ragioni che hanno indotto la Soprintendenza a “scegliere” quel villino rispetto agli altri del quartiere Bonaria aventi analoghe caratteristiche.

12. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve, in definitiva, essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento di imposizione del vincolo.

Sussistono i presupposti, anche in considerazione della natura del vizio riscontrato, per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Gabriella De Michele, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)