REPUBBLICA
ITALIANA In
nome del Popolo Italiano IL
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE |
N.
3180 REG. SENT. ANNO
2004 N. 66
REG. RIC. |
PER
LA TOSCANA |
ANNO
2004 |
- III SEZIONE-
ha
pronunciato la seguente:
sul
ricorso n. 66/2004 proposto da LEGAMBIENTE COMITATO REGIONALE TOSCANO
ONLUS, in persona del Presidente e legale rappresentante sig. Piero Baronti
e ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE – WWF ITALIA
ONLUS, in persona del Presidente e legale rappresentante arch. Fulco Pratesi,
entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Simone Nocentini e
elettivamente domiciliati presso il suo
studio in Firenze, via de’ Rondinelli n. 2 (Studio Legale Lessona);
c o n t r o
-MINISTERO
DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, in persona del Ministro pro
tempore;
-
ENTE PARCO NAZIONALE DELL’ARCIPELAGO TOSCANO, in persona del legale
rappresentante pro tempore, entrambi
rappresentati
e
difesi
ex
lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze presso il cui ufficio
sono legalmente domiciliati in via degli Arazzieri n. 4;
-
COMITATO DI GESTIONE DELL’AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA – A.T.C. LIVORNO
10 ISOLA D’ELBA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non
costituitosi in giudizio;
-
CONSORZIO D DELL’AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA – A.T.C. LIVORNO 10 ISOLA
D’ELBA, in persona del
legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;
-
CONFEDERAZIONE NAZIONALE COLTIVATORI DIRETTI, in persona del legale
rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;
-
FEDERAZIONE PROVINCIALE DI LIVORNO DELLA CONFEDERAZIONE NAZIONALE COLTIVATORI
DIRETTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi
in giudizio;
p
e r l ‘ a n n u l l a m e n
t o
-
della delibera del commissario del Parco Nazionale Arcipelago n. 233 del
17.10.2003 avente ad “Oggetto: proroga Accordo per la gestione e controllo
numerico degli Ungulati del territorio dell’area protetta”;
-
di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ivi compresi
in particolare il citato Accordo, il provvedimento del Coordinatore Tecnico
Amministrativo del Parco Nazionale Arcipelago Toscano n. 527 del 17.10.2003, le
ordinanze del Commissario del Parco Nazionale Arcipelago Toscano n. 5/2003 in
data 20.10.2003, n. 6/2003 in data 7.11.2003, n. 7/2003 in data 28.11.2003;
-
delle note del Dirigente Generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio – Dipartimento per l’assetto dei valori ambientali del
territorio – direzione per la conservazione della natura prot. n. DCN/2D/2002/17436
in data 1.10.2002 e prot. n. DCN/2D/2002/20789 in data 11.11.2002;
Visto
il
ricorso
e
la relativa documentazione;
Visti
g
li
atti
di
costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e dell’Ente Nazionale
Arcipelago Toscano;
Viste
le
memorie
prodotte
dalle
parti
a sostegno delle
proprie
difese
;
Visti
gli atti tutti della causa;
Uditi
, alla pubblica udienza del 22
Aprile 2004 - relatore il Consigliere dott.ssa Marcella Colombati -, g
li avv.ti S. Nocentini e P. Pinna,
avvocato dello stato;
Ritenuto
e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F
A T T O
Con
ricorso notificato il 16.12.2003, la Legambiente - Comitato regionale toscano
Onlus e l’Associazione italiana WWF (World Wide Fund for nature) Onlus, nelle
persone dei rispettivi presidenti e legali rappresentanti, hanno chiesto
l’annullamento della delibera del Commissario del Parco nazionale Arcipelago
toscano n. 233 del 17 ottobre 2003 (pubblicata all’Albo dell’ente fino al
31.10.2003) con la quale è stato prorogato l’Accordo per la gestione e il
controllo numerico degli ungulati nel territorio dell’area protetta, nonché
di tutti gli atti presupposti e conseguenti compresi il predetto Accordo, il
provvedimento del Coordinatore tecnico amministrativo del Parco n. 527 del
17.10.2003, le ordinanze del Commissario nn. 5, 6 e 7 del 2003, e, ove occorra,
le note del Dirigente generale della direzione per la conservazione della natura
del Ministero dell’ambiente nn. 17436 e 20789 del 2002.
Riferiscono
che hanno richiesto da tempo interventi urgenti del Parco per una seria gestione
della popolazione di cinghiali sull’Isola d’Elba che continua a procurare
gravi danni, non solo a persone e cose, ma anche all’ecosistema dell’isola,
alla flora e alla piccola fauna di particolare pregio; che le misure del parco
si sono rivelate del tutto inidonee e controproducenti; che dopo un periodo di
sperimentazione (1997-2000) nel quale era stata autorizzata la cattura dei
cinghiali con la tecnica della “braccata” che aveva dato scarsi risultati
e dopo che nel 2001 si era decisa addirittura l’eradicazione del
cinghiale nell’isola, con delibera del Commissario del Parco n. 33 del
12.11.2002 era stato approvato un Accordo, condiviso dal Ministero
dell’ambiente, che avrebbe dovuto realizzare un programma straordinario di
prelievo dell’animale con tecniche diverse; che, anziché procedere a una
programmazione dei prelievi per riportare nell’isola la popolazione dei
cinghiali in numero accettabile, con ordinanze commissariali emanate nel periodo
dicembre 2002 – marzo 2003 si era nuovamente autorizzata la cattura con la
tecnica della braccata da sempre vietata dal Ministero dell’ambiente; che in
ogni caso gli obiettivi non si sono realizzati e che si è giunti alla fine
dell’estate 2003 con una perdurante situazione di emergenza cinghiali, frutto
dell’errata politica di contenimento; che, ancora senza nessuna programmazione
e sempre in via sperimentale, il Commissario con la delibera ora impugnata ha
prorogato l’Accordo anzidetto integrandolo con la previsione di consentire la
caccia anche a cacciatori non elbani (i c.d. “ospiti”); che in dipendenza di
ciò il Coordinatore tecnico del Parco aveva autorizzato le operazioni di
abbattimento sia con la tecnica della “girata” sia con “altre tecniche”,
tra le quali quella della “braccata” con l’utilizzo dei cani al seguito.
Questi
i motivi di ricorso: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 11 e 21
della legge n. 394/91, 7 della legge n. 157/92, 1 del d.p.r. 22.7.1996 di
istituzione dell’Ente parco, nonché eccesso di potere per illogicità
manifesta, violazione del giusto procedimento, sviamento, carenza dei
presupposti, contraddittorietà: la decisione di ammettere la “braccata” non
considera che ai sensi dell’art. 11, comma 3, della legge n. 394/91 solo il
regolamento del parco può prevedere eventuali “prelievi faunistici e
abbattimenti selettivi” all’interno dei territori protetti in cui in via
generale è vietata la caccia; il Ministero dell’ambiente è sempre stato
contrario all’utilizzo del metodo della braccata
in quelle aree sulla base delle indicazioni fornite dall’Istituto
nazionale per la fauna selvatica nelle “Linee guida per la gestione dei
cinghiali nelle aree protette”; ove si intendesse invece che le note
ministeriali abbiano condiviso tale tecnica, le stesse sarebbero illegittime per
i medesimi motivi; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 11 e 21
della legge n. 394/91 e 1 del d.p.r. 22.7.1996, eccesso di potere per i profili
di cui sopra: la caccia nei parchi nazionali è un’eccezione che deve essere
prevista da norme regolamentari e che deve essere condotta sotto la diretta
responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco; nella fattispecie ciò non
avviene anche perché non sono indicate le particolari forme di controllo delle
modalità di svolgimento della caccia che dovrebbe avvenire con l’obbligatoria
e costante presenza del Corpo forestale dello Stato o del personale del parco,
mentre vengono affidati agli stessi cacciatori (da controllare) compiti di
monitoraggio e controllo degli animali abbattuti; 3) violazione e falsa
applicazione degli artt. 9, 11 e 21 della legge n. 394/91 e 3 della legge n.
241/90, eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti,
difetto di motivazione, sviamento: sull’errato presupposto di una situazione
di indifferibilità e urgenza e nella mancanza di una seria politica di
programmazione della fauna, sono state emanate una serie di ordinanze
contingibili e urgenti per affrontare un problema ben noto da molti anni;
mancano i presupposti per l’esercizio di un potere extra ordinem i cui
risultati sono del tutto inidonei.
Si
sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ambiente e l’Ente parco,
opponendosi al ricorso e deducendo in via preliminare l’inammissibilità del
gravame rivolto avverso un atto di proroga dell’efficacia di precedenti
delibere con vizi che dovevano essere dedotti tempestivamente.
Con
atto depositato il 2.2.2004 le ricorrenti hanno rinunciato all’istanza
cautelare, segnalando che, nelle more, con sentenza n. 27/2004 la Corte
costituzionale aveva annullato la nomina del Commissario straordinario
dell’Ente Parco e che allo stato non erano state emanate ulteriori ordinanze
applicative della delibera n. 233/2003 impugnata.
Con
successive memorie le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi.
All’udienza
del 22 aprile 2004 la causa è stata trattenuta in decisione.
D
I R I T T O
1.
Sono impugnati una serie di atti degli organi dell’Ente parco nazionale
arcipelago toscano (Commissario straordinario e Coordinatore tecnico) con i
quali è stata autorizzata nell’Isola d’Elba all’interno dell’area
protetta la caccia al cinghiale mediante la c.d. tecnica della “braccata”
con cani al seguito. In particolare con la delibera commissariale n. 233 del 17
ottobre 2003 è stato prorogato per il periodo novembre 2003-ottobre 2004 un
Accordo, approvato con delibera commissariale n. 33/2002 e valido per un anno
fino a ottobre 2003, stipulato con le Associazioni venatorie A.T.C. (Ambito
territoriale di caccia) 10 della Provincia di Livorno e Consorzio D dell’A.T.C.
10 Isola d’Elba e con la Federazione provinciale di Livorno della Coldiretti,
per la gestione e il controllo numerico degli ungulati nell’area protetta del
parco, con il quale si definiva un programma di prelievo del cinghiale in via
sperimentale.
2.
Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché
rivolto avverso un provvedimento di proroga di precedenti decisioni affidato a
motivi di illegittimità che dovevano essere tempestivamente dedotti avverso gli
atti prorogati.
L’eccezione
è infondata perché l’Accordo originariamente era valido per un anno e
contemplava (artt. 1, 2 e 3) un “programma ‘straordinario’ di prelievo a
carico delle popolazioni di cinghiale…nelle more dell’approvazione del piano
del Parco…con abbattimenti…eseguiti con le tecniche che saranno ritenute più
utili, nei casi di eccezionalità e urgenza, per fronteggiare anche questioni di
ordine pubblico secondo modalità e criteri stabiliti dall’Ente” e in
particolare con determinate tecniche tra le quali non compare la braccata che è
un metodo censurato con il ricorso in quanto non consentito. La straordinarietà
dell’Accordo, che poteva giustificare l’omessa tempestiva impugnativa, è
stata però disattesa con la sua proroga per un ulteriore anno; in più
l’Accordo stesso è stato integrato con previsioni prima non contenute, quali
la ammissibilità di cacciatori anche non residenti, ed è stato stipulato a
seguito di nuova istruttoria e nuova convocazione delle parti; tutto ciò rende
attuale l’interesse ad opporsi ad un provvedimento nuovo e diverso,
autonomamente impugnabile. Parimenti è ammissibile l’impugnativa delle
ordinanze applicative del nuovo Accordo e in particolare dell’ordinanza n.
5/2003 che in allegato (punto 1) prevede
espressamente la caccia con il metodo della braccata.
3.
D’ufficio, però, e sempre in via preliminare, il Collegio deve porsi il
problema della legittimazione delle ricorrenti. Mentre nulla si obietta sulla
legittimazione dell’Associazione italiana WWF Onlus, per quanto riguarda la
Legambiente-Comitato regionale toscano il Collegio rileva che ai sensi
dell’art. 18, comma 5, della legge n. 349/86, che richiama l’art. 13 della
stessa legge, l’articolazione territoriale di un’associazione
ambientalistica nazionale, formalmente riconosciuta (come la Lega nazionale per
l’ambiente, riconosciuta con decreto del Ministero dell’ambiente del 20
febbraio 1987), non può ritenersi dotata di autonoma legittimazione
processuale, neppure per l’impugnazione di un provvedimento ad efficacia
territorialmente delimitata (Cons. di Stato, IV, n. 3878/2001). Ne deriva la
parziale inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione di una delle
ricorrenti.
4. L’interesse legittimo che il WWF deduce nel ricorso si
sostanzia, non nel divieto di caccia al cinghiale - che nell’Isola d’Elba è
causa riconosciuta di molti danni a persone e cose, in ragione della presenza di
un rilevante numero di esemplari - ma nell’esercizio dell’attività
venatoria rivolta a questo animale da svolgersi nel rispetto dell’ecosistema
dell’area protetta del Parco dell’Arcipelago toscano, delle disposizioni
legislative regolatrici della materia e delle indicazioni del Ministero
vigilante (quello dell’ambiente) e dell’Istituto nazionale per la fauna
selvatica che è l’organo tecnico nella stessa materia.
5. Sul
piano delle fonti, va ricordato che la legge n. 394/91 all’art. 11, comma 3,
vieta nei parchi nazionali “la cattura, l’uccisione, il danneggiamento, il
disturbo delle specie animali (lettera a); nel comma 4 è previsto che la
“eventuale” deroga a tale divieto è
stabilita dal regolamento del parco, nel quale devono essere previsti
“eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari
per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente parco”; nello stesso
comma 4 si dispone che “prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa
e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere
attuati dal personale dell’Ente parco o da persone all’uopo espressamente
autorizzate dall’Ente parco stesso”. L’adozione del regolamento spetta al
Consiglio direttivo dell’Ente (art. 9, comma 8, della stessa legge). Ancora
l’art. 12 della legge n. 394 cit. dispone che “la tutela dei valori naturali
e ambientali…” nei parchi nazionali “è perseguita attraverso lo strumento
del piano per il parco” che deve contenere tra l’altro “indirizzi e
criteri per gli interventi sulla…fauna e sull’ambiente naturale in
genere”. Infine l’art. 21 della stessa legge affida la vigilanza al
Ministero dell’ambiente e incarica della sorveglianza sulle aree protette il
Corpo forestale dello stato nonché i dipendenti dell’Ente parco che
all’uopo assumono la qualifica di guardia giurata. Disposizioni analoghe sono
contenute nell’art. 22, comma 6, riguardante le aree protette regionali.
Dal
sistema normativo descritto si ricava che la regola generale è il divieto di
caccia nei parchi nazionali e che l’eccezione o la deroga al detto divieto è
circondata di particolari cautele che investono direttamente l’organo di
vertice e cioè il Consiglio direttivo dell’Ente, il quale è tenuto a
deliberare sia sul regolamento (che è poi approvato dal Ministero vigilante –
art. 11, comma 6) sia sul piano per il parco (adottato poi dalla regione –
art. 12, comma 3) e a rispettare determinati criteri per consentire prelievi e
abbattimenti selettivi di animali all’interno dell’area protetta.
Ancora
il piano del parco è predisposto dall’Ente parco entro 18 mesi dalla
costituzione dei suoi organi (art. 12, comma 3) ed è prevista, in caso di
inadempimento, la sostituzione del Ministro dell’ambiente che provvede con un
commissario ad acta (art. 12, comma 5); a sua volta il regolamento è adottato
dall’Ente parco “contestualmente all’approvazione del piano” di cui
all’art. 12 e comunque non oltre 6 mesi dall’approvazione del medesimo (art.
11, comma 1).
Il
sistema normativo disegna un’ organica disciplina che pone l’ente in
condizione di agire tempestivamente per il raggiungimento degli scopi
istituzionali.
Il
medesimo divieto di caccia nei parchi nazionali è ribadito dalla legge n.
157/92 (art. 21, comma 1), la quale prevede
le modalità per il controllo della fauna selvatica anche in aree dove la
caccia è vietata (art. 19, comma 2), ma in ogni caso
nei parchi nazionali si applica la disciplina speciale loro propria,
sopra ricordata.
Il
delineato sistema si completa con le ”Linee guida per la gestione del
cinghiale nelle aree protette” (doc. 9 della ricorrente), predisposte
dall’Istituto nazionale della fauna selvatica (I.N.F.S.), che ai sensi
dell’art. 7 della legge n. 157/92 in materia di caccia è l’ “organo
scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le
province”. Tali Linee-guida indicano a pag. 30 i sistemi di cattura del
cinghiale, segnalando quello delle trappole autoscattanti o chiusini come il più
idoneo e fortemente selettivo, e a pag. 32 prescrivono che “in alternativa o
in aggiunta alla cattura possono essere adottati piani di abbattimento dei
cinghiali a scopo di controllo”, purché
rechino “uno scarso disturbo alle restanti componenti delle zoocenosi”,
particolarmente nelle aree protette; ed aggiungono che, sulla base di tale
premessa, “risulta evidente che la classica braccata con cani da seguito,
normalmente utilizzata per la caccia al cinghiale nel nostro Paese, mal si
presta ad essere adottata come sistema di controllo del cinghiale nei parchi”.
6.
Nella presente fattispecie, l’Ente
parco è stato istituito con d.p.r. 22 luglio 1996 (G.U. n. 290/96) e con d.m.
19.9.2002 è stato nominato un Commissario straordinario dell’Ente “in
attesa del compimento delle procedure di legge per la nomina del presidente”
che è effettuata d’intesa tra il Ministero dell’ambiente e il presidente
della Regione (art. 9, comma 3) e per la durata di 5 anni (art. 9, comma 5); il
Commissario “adotta tutti gli atti di ordinaria e straordinaria
amministrazione dell’Ente, fino alla nomina degli organi istituzionali”.
Precedenti
determinazioni degli organi ordinari dell’Ente (delibera n. 21 del 21.2.2002
del Consiglio direttivo dell’ente) testimoniano che il problema della presenza
eccessiva dei cinghiali nell’isola d’Elba è
venuto all’attenzione fin dal 1997; ciò nonostante non risulta essere
stato ancora adottato né il prescritto regolamento né il piano del parco, e
nemmeno risulta che il Ministero dell’ambiente si sia attivato nella
sostituzione degli organi inadempienti, secondo la procedura sopra ricordata.
In
mancanza del regolamento, il Commissario straordinario ha ritenuto di affrontare
il problema dei cinghiali, oltre che con la procedura dell’Accordo con le
categorie del settore (procedura non prevista dalla legge), con ordinanze
definite “contingibili e urgenti” (nn. 5 del 20.10.2003, 6 del 7.11.2003 e 7
del 28.11.2003), anch’esse impugnate, con le quali è stato dettato un
calendario di interventi e delimitate determinate zone nelle quali poter
esercitare l’abbattimento dei cinghiali “in via del tutto sperimentale”
mediante “l’utilizzo dei cani da seguito”, che è poi il metodo della
braccata. Tale specificazione non era contenuta nella impugnata delibera n.
233/2003 approvativa dell’Accordo con le categorie, nella quale era soltanto
precisato che il Ministero dell’ambiente consentiva di individuare, in via
sperimentale, altre possibili tecniche, oltre quelle consigliate dall’Istituto
per la fauna selvatica, con abbattimenti selettivi. Quest’ultima precisazione,
se correlata all’autorizzazione del sistema della braccata, non risulta
corretta, perché la nota del Ministero dell’ambiente 1.10.2002 (richiamata
nella delibera impugnata) chiedeva dati e notizie ai Presidenti degli enti parco
sui danni causati dagli ungulati (che non sono solo i cinghiali) al fine di
individuare altre possibili tecniche di contenimento del numero degli animali
nocivi che sarebbero state valutate “caso per caso”. Precedenti e successive
note ministeriali hanno sempre precisato che deve essere evitato il sistema
della braccata (nota 9.1.2001-doc. 15; nota 12.4.2002-doc. 16; nota
10.11.2003-doc. 17).
7.
Tutto ciò premesso, sono fondati i
seguenti motivi o profili di ricorso, da trattare congiuntamente, e
precisamente: a) la violazione della legge n. 394/91 (artt. 9, 11 e 21) che
affida al “regolamento” del parco di dettare, in deroga al generale divieto
di caccia nei parchi nazionali, le misure relative ai prelievi faunistici e
abbattimenti selettivi di animali, compresi i cinghiali e non autorizza forme
diverse di deroga; b) la carenza dei requisiti che giustificano l’adozione di
ordinanze contingibili e urgenti, dal momento che il problema dei cinghiali era
noto da molti anni e nessuna programmazione
era stata effettuata dall’ente, che aveva anche omesso di adottare il
regolamento e il piano del parco nel periodo della vigenza dei suoi organi
ordinari; c) l’erronea interpretazione delle note ministeriali che non hanno
mai autorizzato la tecnica della braccata, in quanto di disturbo per le
ulteriori specie animali e per l’ecosistema dell’area protetta.
In
accoglimento del ricorso e assorbiti gli altri motivi non trattati, vanno
pertanto annullati i provvedimenti impugnati, escluse le note ministeriali che
devono essere interpretate nei sensi anzidetti.
Le
spese possono essere compensate.
P.
Q. M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III^, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, così
provvede:
-
dichiara inammissibile il ricorso di Legambiente - Comitato
regionale toscano Onlus, per carenza di legittimazione;
-
accoglie il ricorso dell’Associazione italiana WWF Onlus e, per
l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei sensi di cui in motivazione;
-
compensa le spese processuali.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così
deciso in Firenze, il 22 Aprile 2004
, dal Tribunale Amministrativo
Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
Dott.
Eugenio LAZZERI
- Presidente
Dott.ssa
Marcella COLOMBATI
- Consigliere rel.
Dott.
Saverio ROMANO
-
Consigliere
F.to
Eugenio Lazzeri
F.to
Marcella Colombati
F.to
Mario Uffreduzzi
- Collaboratore di Cancelleria
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA IL 11 AGOSTO 2004
Firenze,
lì 11 AGOSTO 2004
Il
Collaboratore di Cancelleria
F.to Mario Uffreduzzi