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TAR Toscana, Sezione III
Sentenza n.3180 dell' 11 agosto 2004 (C.C. 22/4/2004), Presidente Lazzeri, Relat. Colombati
Controllo cinghiali in Parchi Nazionali. Illegittimità metodo della "braccata" (caccia in squadra con impiego di segugi) nel P.N. Arcipelago Toscano
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Le trappole autoscattanti o chiusini sono metodi più selettivi e a minor disturbo per le altre specie faunistiche, soprattutto in relazione all'inopportuna scelta dle metodo della braccata, come indicato nelle linee guida per il controllo del cinghiale nelle areee protette, formulate dall'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica.Violazione della legge n. 394/91 (artt. 9, 11 e 21) che affida al “regolamento” del parco di dettare, in deroga al generale divieto di caccia nei parchi nazionali, le misure relative ai prelievi faunistici e abbattimenti selettivi di animali, compresi i cinghiali e non autorizza forme diverse di deroga.
Carenza dei requisiti che giustificano l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti, dal momento che il problema dei cinghiali era noto da molti anni e nessuna programmazione era stata effettuata dall’ente, che aveva anche omesso di adottare il regolamento e il piano del parco nel periodo della vigenza dei suoi organi ordinari.
Per il principio di specialità continua ad applicarsi la L. 394/91, anche rispetto all'art. 19 della successiva legge 157/92 sul controllo delle specie animali in zone di divieto.
Da notare anche il consolidamento della giurisprudenza sulla carenza di legittimazione nella costituzione in giudizio di sezioni regionali di associazioni di protezione ambientale riconosciute, in luogo del legale rappresentante nazionale.
( a cura di Augusto Atturo)

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

N. 3180 REG. SENT.

ANNO 2004

N. 66 REG. RIC.

PER LA TOSCANA

ANNO 2004

- III SEZIONE-

ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 66/2004 proposto da LEGAMBIENTE COMITATO REGIONALE TOSCANO ONLUS, in persona del Presidente e legale rappresentante sig. Piero Baronti e ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE – WWF ITALIA ONLUS, in persona del Presidente e legale rappresentante arch. Fulco Pratesi, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Simone Nocentini e elettivamente domiciliati presso il suo studio in Firenze, via de’ Rondinelli n. 2 (Studio Legale Lessona);

c o n t r o

-MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, in persona del Ministro pro tempore;

- ENTE PARCO NAZIONALE DELL’ARCIPELAGO TOSCANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze presso il cui ufficio sono legalmente domiciliati in via degli Arazzieri n. 4;

- COMITATO DI GESTIONE DELL’AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA – A.T.C. LIVORNO 10 ISOLA D’ELBA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;

- CONSORZIO D DELL’AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA – A.T.C. LIVORNO 10 ISOLA D’ELBA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitosi in giudizio;

- CONFEDERAZIONE NAZIONALE COLTIVATORI DIRETTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

- FEDERAZIONE PROVINCIALE DI LIVORNO DELLA CONFEDERAZIONE NAZIONALE COLTIVATORI DIRETTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;

p e r l ‘ a n n u l l a m e n t o

- della delibera del commissario del Parco Nazionale Arcipelago n. 233 del 17.10.2003 avente ad “Oggetto: proroga Accordo per la gestione e controllo numerico degli Ungulati del territorio dell’area protetta”;

- di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ivi compresi in particolare il citato Accordo, il provvedimento del Coordinatore Tecnico Amministrativo del Parco Nazionale Arcipelago Toscano n. 527 del 17.10.2003, le ordinanze del Commissario del Parco Nazionale Arcipelago Toscano n. 5/2003 in data 20.10.2003, n. 6/2003 in data 7.11.2003, n. 7/2003 in data 28.11.2003;

- delle note del Dirigente Generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – Dipartimento per l’assetto dei valori ambientali del territorio – direzione per la conservazione della natura prot. n. DCN/2D/2002/17436 in data 1.10.2002 e prot. n. DCN/2D/2002/20789 in data 11.11.2002;

Visto il ricorso e la relativa documentazione;

Visti g li atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e dell’Ente Nazionale Arcipelago Toscano;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese ;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi , alla pubblica udienza del 22 Aprile 2004 - relatore il Consigliere dott.ssa Marcella Colombati -, g li avv.ti S. Nocentini e P. Pinna, avvocato dello stato;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

Con ricorso notificato il 16.12.2003, la Legambiente - Comitato regionale toscano Onlus e l’Associazione italiana WWF (World Wide Fund for nature) Onlus, nelle persone dei rispettivi presidenti e legali rappresentanti, hanno chiesto l’annullamento della delibera del Commissario del Parco nazionale Arcipelago toscano n. 233 del 17 ottobre 2003 (pubblicata all’Albo dell’ente fino al 31.10.2003) con la quale è stato prorogato l’Accordo per la gestione e il controllo numerico degli ungulati nel territorio dell’area protetta, nonché di tutti gli atti presupposti e conseguenti compresi il predetto Accordo, il provvedimento del Coordinatore tecnico amministrativo del Parco n. 527 del 17.10.2003, le ordinanze del Commissario nn. 5, 6 e 7 del 2003, e, ove occorra, le note del Dirigente generale della direzione per la conservazione della natura del Ministero dell’ambiente nn. 17436 e 20789 del 2002.

Riferiscono che hanno richiesto da tempo interventi urgenti del Parco per una seria gestione della popolazione di cinghiali sull’Isola d’Elba che continua a procurare gravi danni, non solo a persone e cose, ma anche all’ecosistema dell’isola, alla flora e alla piccola fauna di particolare pregio; che le misure del parco si sono rivelate del tutto inidonee e controproducenti; che dopo un periodo di sperimentazione (1997-2000) nel quale era stata autorizzata la cattura dei cinghiali con la tecnica della “braccata” che aveva dato scarsi risultati e dopo che nel 2001 si era decisa addirittura l’eradicazione del cinghiale nell’isola, con delibera del Commissario del Parco n. 33 del 12.11.2002 era stato approvato un Accordo, condiviso dal Ministero dell’ambiente, che avrebbe dovuto realizzare un programma straordinario di prelievo dell’animale con tecniche diverse; che, anziché procedere a una programmazione dei prelievi per riportare nell’isola la popolazione dei cinghiali in numero accettabile, con ordinanze commissariali emanate nel periodo dicembre 2002 – marzo 2003 si era nuovamente autorizzata la cattura con la tecnica della braccata da sempre vietata dal Ministero dell’ambiente; che in ogni caso gli obiettivi non si sono realizzati e che si è giunti alla fine dell’estate 2003 con una perdurante situazione di emergenza cinghiali, frutto dell’errata politica di contenimento; che, ancora senza nessuna programmazione e sempre in via sperimentale, il Commissario con la delibera ora impugnata ha prorogato l’Accordo anzidetto integrandolo con la previsione di consentire la caccia anche a cacciatori non elbani (i c.d. “ospiti”); che in dipendenza di ciò il Coordinatore tecnico del Parco aveva autorizzato le operazioni di abbattimento sia con la tecnica della “girata” sia con “altre tecniche”, tra le quali quella della “braccata” con l’utilizzo dei cani al seguito.

Questi i motivi di ricorso: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 11 e 21 della legge n. 394/91, 7 della legge n. 157/92, 1 del d.p.r. 22.7.1996 di istituzione dell’Ente parco, nonché eccesso di potere per illogicità manifesta, violazione del giusto procedimento, sviamento, carenza dei presupposti, contraddittorietà: la decisione di ammettere la “braccata” non considera che ai sensi dell’art. 11, comma 3, della legge n. 394/91 solo il regolamento del parco può prevedere eventuali “prelievi faunistici e abbattimenti selettivi” all’interno dei territori protetti in cui in via generale è vietata la caccia; il Ministero dell’ambiente è sempre stato contrario all’utilizzo del metodo della braccata in quelle aree sulla base delle indicazioni fornite dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica nelle “Linee guida per la gestione dei cinghiali nelle aree protette”; ove si intendesse invece che le note ministeriali abbiano condiviso tale tecnica, le stesse sarebbero illegittime per i medesimi motivi; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 11 e 21 della legge n. 394/91 e 1 del d.p.r. 22.7.1996, eccesso di potere per i profili di cui sopra: la caccia nei parchi nazionali è un’eccezione che deve essere prevista da norme regolamentari e che deve essere condotta sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco; nella fattispecie ciò non avviene anche perché non sono indicate le particolari forme di controllo delle modalità di svolgimento della caccia che dovrebbe avvenire con l’obbligatoria e costante presenza del Corpo forestale dello Stato o del personale del parco, mentre vengono affidati agli stessi cacciatori (da controllare) compiti di monitoraggio e controllo degli animali abbattuti; 3) violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 11 e 21 della legge n. 394/91 e 3 della legge n. 241/90, eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, sviamento: sull’errato presupposto di una situazione di indifferibilità e urgenza e nella mancanza di una seria politica di programmazione della fauna, sono state emanate una serie di ordinanze contingibili e urgenti per affrontare un problema ben noto da molti anni; mancano i presupposti per l’esercizio di un potere extra ordinem i cui risultati sono del tutto inidonei.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ambiente e l’Ente parco, opponendosi al ricorso e deducendo in via preliminare l’inammissibilità del gravame rivolto avverso un atto di proroga dell’efficacia di precedenti delibere con vizi che dovevano essere dedotti tempestivamente.

Con atto depositato il 2.2.2004 le ricorrenti hanno rinunciato all’istanza cautelare, segnalando che, nelle more, con sentenza n. 27/2004 la Corte costituzionale aveva annullato la nomina del Commissario straordinario dell’Ente Parco e che allo stato non erano state emanate ulteriori ordinanze applicative della delibera n. 233/2003 impugnata.

Con successive memorie le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi.

All’udienza del 22 aprile 2004 la causa è stata trattenuta in decisione.

D I R I T T O

1. Sono impugnati una serie di atti degli organi dell’Ente parco nazionale arcipelago toscano (Commissario straordinario e Coordinatore tecnico) con i quali è stata autorizzata nell’Isola d’Elba all’interno dell’area protetta la caccia al cinghiale mediante la c.d. tecnica della “braccata” con cani al seguito. In particolare con la delibera commissariale n. 233 del 17 ottobre 2003 è stato prorogato per il periodo novembre 2003-ottobre 2004 un Accordo, approvato con delibera commissariale n. 33/2002 e valido per un anno fino a ottobre 2003, stipulato con le Associazioni venatorie A.T.C. (Ambito territoriale di caccia) 10 della Provincia di Livorno e Consorzio D dell’A.T.C. 10 Isola d’Elba e con la Federazione provinciale di Livorno della Coldiretti, per la gestione e il controllo numerico degli ungulati nell’area protetta del parco, con il quale si definiva un programma di prelievo del cinghiale in via sperimentale.

2. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché rivolto avverso un provvedimento di proroga di precedenti decisioni affidato a motivi di illegittimità che dovevano essere tempestivamente dedotti avverso gli atti prorogati.

L’eccezione è infondata perché l’Accordo originariamente era valido per un anno e contemplava (artt. 1, 2 e 3) un “programma ‘straordinario’ di prelievo a carico delle popolazioni di cinghiale…nelle more dell’approvazione del piano del Parco…con abbattimenti…eseguiti con le tecniche che saranno ritenute più utili, nei casi di eccezionalità e urgenza, per fronteggiare anche questioni di ordine pubblico secondo modalità e criteri stabiliti dall’Ente” e in particolare con determinate tecniche tra le quali non compare la braccata che è un metodo censurato con il ricorso in quanto non consentito. La straordinarietà dell’Accordo, che poteva giustificare l’omessa tempestiva impugnativa, è stata però disattesa con la sua proroga per un ulteriore anno; in più l’Accordo stesso è stato integrato con previsioni prima non contenute, quali la ammissibilità di cacciatori anche non residenti, ed è stato stipulato a seguito di nuova istruttoria e nuova convocazione delle parti; tutto ciò rende attuale l’interesse ad opporsi ad un provvedimento nuovo e diverso, autonomamente impugnabile. Parimenti è ammissibile l’impugnativa delle ordinanze applicative del nuovo Accordo e in particolare dell’ordinanza n. 5/2003 che in allegato (punto 1) prevede espressamente la caccia con il metodo della braccata.

3. D’ufficio, però, e sempre in via preliminare, il Collegio deve porsi il problema della legittimazione delle ricorrenti. Mentre nulla si obietta sulla legittimazione dell’Associazione italiana WWF Onlus, per quanto riguarda la Legambiente-Comitato regionale toscano il Collegio rileva che ai sensi dell’art. 18, comma 5, della legge n. 349/86, che richiama l’art. 13 della stessa legge, l’articolazione territoriale di un’associazione ambientalistica nazionale, formalmente riconosciuta (come la Lega nazionale per l’ambiente, riconosciuta con decreto del Ministero dell’ambiente del 20 febbraio 1987), non può ritenersi dotata di autonoma legittimazione processuale, neppure per l’impugnazione di un provvedimento ad efficacia territorialmente delimitata (Cons. di Stato, IV, n. 3878/2001). Ne deriva la parziale inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione di una delle ricorrenti.

4. L’interesse legittimo che il WWF deduce nel ricorso si sostanzia, non nel divieto di caccia al cinghiale - che nell’Isola d’Elba è causa riconosciuta di molti danni a persone e cose, in ragione della presenza di un rilevante numero di esemplari - ma nell’esercizio dell’attività venatoria rivolta a questo animale da svolgersi nel rispetto dell’ecosistema dell’area protetta del Parco dell’Arcipelago toscano, delle disposizioni legislative regolatrici della materia e delle indicazioni del Ministero vigilante (quello dell’ambiente) e dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica che è l’organo tecnico nella stessa materia.

5. Sul piano delle fonti, va ricordato che la legge n. 394/91 all’art. 11, comma 3, vieta nei parchi nazionali “la cattura, l’uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali (lettera a); nel comma 4 è previsto che la “eventuale” deroga a tale divieto è stabilita dal regolamento del parco, nel quale devono essere previsti “eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall’Ente parco”; nello stesso comma 4 si dispone che “prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere attuati dal personale dell’Ente parco o da persone all’uopo espressamente autorizzate dall’Ente parco stesso”. L’adozione del regolamento spetta al Consiglio direttivo dell’Ente (art. 9, comma 8, della stessa legge). Ancora l’art. 12 della legge n. 394 cit. dispone che “la tutela dei valori naturali e ambientali…” nei parchi nazionali “è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco” che deve contenere tra l’altro “indirizzi e criteri per gli interventi sulla…fauna e sull’ambiente naturale in genere”. Infine l’art. 21 della stessa legge affida la vigilanza al Ministero dell’ambiente e incarica della sorveglianza sulle aree protette il Corpo forestale dello stato nonché i dipendenti dell’Ente parco che all’uopo assumono la qualifica di guardia giurata. Disposizioni analoghe sono contenute nell’art. 22, comma 6, riguardante le aree protette regionali.

Dal sistema normativo descritto si ricava che la regola generale è il divieto di caccia nei parchi nazionali e che l’eccezione o la deroga al detto divieto è circondata di particolari cautele che investono direttamente l’organo di vertice e cioè il Consiglio direttivo dell’Ente, il quale è tenuto a deliberare sia sul regolamento (che è poi approvato dal Ministero vigilante – art. 11, comma 6) sia sul piano per il parco (adottato poi dalla regione – art. 12, comma 3) e a rispettare determinati criteri per consentire prelievi e abbattimenti selettivi di animali all’interno dell’area protetta.

Ancora il piano del parco è predisposto dall’Ente parco entro 18 mesi dalla costituzione dei suoi organi (art. 12, comma 3) ed è prevista, in caso di inadempimento, la sostituzione del Ministro dell’ambiente che provvede con un commissario ad acta (art. 12, comma 5); a sua volta il regolamento è adottato dall’Ente parco “contestualmente all’approvazione del piano” di cui all’art. 12 e comunque non oltre 6 mesi dall’approvazione del medesimo (art. 11, comma 1).

Il sistema normativo disegna un’ organica disciplina che pone l’ente in condizione di agire tempestivamente per il raggiungimento degli scopi istituzionali.

Il medesimo divieto di caccia nei parchi nazionali è ribadito dalla legge n. 157/92 (art. 21, comma 1), la quale prevede le modalità per il controllo della fauna selvatica anche in aree dove la caccia è vietata (art. 19, comma 2), ma in ogni caso nei parchi nazionali si applica la disciplina speciale loro propria, sopra ricordata.

Il delineato sistema si completa con le ”Linee guida per la gestione del cinghiale nelle aree protette” (doc. 9 della ricorrente), predisposte dall’Istituto nazionale della fauna selvatica (I.N.F.S.), che ai sensi dell’art. 7 della legge n. 157/92 in materia di caccia è l’ “organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le regioni e le province”. Tali Linee-guida indicano a pag. 30 i sistemi di cattura del cinghiale, segnalando quello delle trappole autoscattanti o chiusini come il più idoneo e fortemente selettivo, e a pag. 32 prescrivono che “in alternativa o in aggiunta alla cattura possono essere adottati piani di abbattimento dei cinghiali a scopo di controllo”, purché rechino “uno scarso disturbo alle restanti componenti delle zoocenosi”, particolarmente nelle aree protette; ed aggiungono che, sulla base di tale premessa, “risulta evidente che la classica braccata con cani da seguito, normalmente utilizzata per la caccia al cinghiale nel nostro Paese, mal si presta ad essere adottata come sistema di controllo del cinghiale nei parchi”.

6. Nella presente fattispecie, l’Ente parco è stato istituito con d.p.r. 22 luglio 1996 (G.U. n. 290/96) e con d.m. 19.9.2002 è stato nominato un Commissario straordinario dell’Ente “in attesa del compimento delle procedure di legge per la nomina del presidente” che è effettuata d’intesa tra il Ministero dell’ambiente e il presidente della Regione (art. 9, comma 3) e per la durata di 5 anni (art. 9, comma 5); il Commissario “adotta tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione dell’Ente, fino alla nomina degli organi istituzionali”.

Precedenti determinazioni degli organi ordinari dell’Ente (delibera n. 21 del 21.2.2002 del Consiglio direttivo dell’ente) testimoniano che il problema della presenza eccessiva dei cinghiali nell’isola d’Elba è venuto all’attenzione fin dal 1997; ciò nonostante non risulta essere stato ancora adottato né il prescritto regolamento né il piano del parco, e nemmeno risulta che il Ministero dell’ambiente si sia attivato nella sostituzione degli organi inadempienti, secondo la procedura sopra ricordata.

In mancanza del regolamento, il Commissario straordinario ha ritenuto di affrontare il problema dei cinghiali, oltre che con la procedura dell’Accordo con le categorie del settore (procedura non prevista dalla legge), con ordinanze definite “contingibili e urgenti” (nn. 5 del 20.10.2003, 6 del 7.11.2003 e 7 del 28.11.2003), anch’esse impugnate, con le quali è stato dettato un calendario di interventi e delimitate determinate zone nelle quali poter esercitare l’abbattimento dei cinghiali “in via del tutto sperimentale” mediante “l’utilizzo dei cani da seguito”, che è poi il metodo della braccata. Tale specificazione non era contenuta nella impugnata delibera n. 233/2003 approvativa dell’Accordo con le categorie, nella quale era soltanto precisato che il Ministero dell’ambiente consentiva di individuare, in via sperimentale, altre possibili tecniche, oltre quelle consigliate dall’Istituto per la fauna selvatica, con abbattimenti selettivi. Quest’ultima precisazione, se correlata all’autorizzazione del sistema della braccata, non risulta corretta, perché la nota del Ministero dell’ambiente 1.10.2002 (richiamata nella delibera impugnata) chiedeva dati e notizie ai Presidenti degli enti parco sui danni causati dagli ungulati (che non sono solo i cinghiali) al fine di individuare altre possibili tecniche di contenimento del numero degli animali nocivi che sarebbero state valutate “caso per caso”. Precedenti e successive note ministeriali hanno sempre precisato che deve essere evitato il sistema della braccata (nota 9.1.2001-doc. 15; nota 12.4.2002-doc. 16; nota 10.11.2003-doc. 17).

7. Tutto ciò premesso, sono fondati i seguenti motivi o profili di ricorso, da trattare congiuntamente, e precisamente: a) la violazione della legge n. 394/91 (artt. 9, 11 e 21) che affida al “regolamento” del parco di dettare, in deroga al generale divieto di caccia nei parchi nazionali, le misure relative ai prelievi faunistici e abbattimenti selettivi di animali, compresi i cinghiali e non autorizza forme diverse di deroga; b) la carenza dei requisiti che giustificano l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti, dal momento che il problema dei cinghiali era noto da molti anni e nessuna programmazione era stata effettuata dall’ente, che aveva anche omesso di adottare il regolamento e il piano del parco nel periodo della vigenza dei suoi organi ordinari; c) l’erronea interpretazione delle note ministeriali che non hanno mai autorizzato la tecnica della braccata, in quanto di disturbo per le ulteriori specie animali e per l’ecosistema dell’area protetta.

In accoglimento del ricorso e assorbiti gli altri motivi non trattati, vanno pertanto annullati i provvedimenti impugnati, escluse le note ministeriali che devono essere interpretate nei sensi anzidetti.

Le spese possono essere compensate.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III^, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:

- dichiara inammissibile il ricorso di Legambiente - Comitato regionale toscano Onlus, per carenza di legittimazione;

- accoglie il ricorso dell’Associazione italiana WWF Onlus e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei sensi di cui in motivazione;

- compensa le spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze, il 22 Aprile 2004 , dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:

Dott. Eugenio LAZZERI - Presidente

Dott.ssa Marcella COLOMBATI - Consigliere rel.

Dott. Saverio ROMANO - Consigliere

F.to Eugenio Lazzeri

F.to Marcella Colombati

F.to Mario Uffreduzzi - Collaboratore di Cancelleria

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 11 AGOSTO 2004

Firenze, lì 11 AGOSTO 2004

Il Collaboratore di Cancelleria

F.to Mario Uffreduzzi