Cass. Sez. III sent.. 41598 del 18-11-2005 (ud. 27 ottobre 2005)
Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. P.M. in proc. Vodafone
Inquinamento elettromagnetico – Impianti di telefonia cellulare e Codice delle comunicazioni elettroniche
Il provvedimento autorizzatorio e la procedura di denuncia dell’attività previsti dall’articolo 87 del D.Lv. 259-2003, hanno come contenuto imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia dell’intervento e non è richiesta, pertanto, la necessità di un distinto titolo abilitativo a fini edilizi. Non risulta influenzato, in ogni caso, il regime sanzionatoria penale di cui all’articolo 44 del T.U. 380-2001 e le infrastrutture di comunicazione elettronica specificate al comma 1 dell’articolo 87 del D.Lv. 259-2003 restano sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali specifiche delle opere soggette a permesso di costruire.
I c.d. impianti mobili per telefonia cellulare non presentano alcun carattere di precarietà in quanto escluso dalle caratteristiche oggettive dell’impianto e dalla non contingenza della funzione, correlata alla soddisfazione di un bisogno permanente e non temporaneo
Svolgimento del
processo
La società "Vodafone",
in data 14 marzo 2005, trasmetteva al Comune il progetto riportante le
caratteristiche tecniche dell'intervento in oggetto che prevedeva: la
collocazione di un carrello su ruote per il sostegno e l'allocazione
dell'antenna e degli apparati di trasmissione, previo consolidamento della
porzione di terreno (per un'area totale di 36 mq.) sulla quale posizionare la
stazione mediante "spianamento e reinterro con misto cava"; la
"posa di una platea prefabbricata"; la "realizzazione di una
recinzione removibile per la protezione e la messa in sicurezza del
carrello" e, infine, la "realizzazione di linea elettrica in cavidotto
interrato".
La medesima società comunicava,
quindi, al Comune l'inizio dei lavori ma l'ufficio tecnico comunale
"diffidava" la stessa ad eseguirli "in attesa della definizione
della richiesta di autorizzazione".
In data 13 aprile 2005 il G.I.P.
del Tribunale di Teramo sottoponeva l'impianto a sequestro preventivo,
ipotizzando le violazioni:
- dell’art. 44,
lett. c), del D.P.R. n. 380/2001, per la mancanza del permesso di costruire;
- dell'art. 181 D.Lgs. n.
42/2004, per la mancanza dell'autorizzazione paesaggistica, in quanto l'impianto
sarebbe stato realizzato in zona sottoposta a vincolo storico, artistico ed
archeologico.
La società "Vodafone"
proponeva istanza di riesame, deducendo la legittimità della installazione
della stazione radio base per essere state rispettate le norme regolanti la
materia come rinvenibili nel D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259 e nell'art. 15 della
legge della Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45.
Secondo l'assunto della società:
- la realizzazione di torri, di
tralicci, di impianti radio trasmittenti, di ripetitori di servizi di
comunicazione elettronica e di stazioni radio base, essendo disciplinata dal
D.Lgs. n. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), deve ritenersi
sottratta alla disciplina posta dal T.U. dell'edilizia (n. 380/2001), ponendosi
il Codice delle comunicazioni elettroniche in rapporto di specialità con detto
testo unico;
- l'art. 15 della legge della
Regione Abruzzo 13 dicembre 2004, n. 45 (Norme per la tutela della salute e la
salvaguardia dell'ambiente dall'inquinamento elettromagnetico) prevede, inoltre,
un procedimento amministrativo ancora più semplificato, stabilendo, per
l'installazione degli impianti mobili di telefonia mobile, la “mera
comunicazione” al Comune, 45 giorni prima della loro collocazione, corredata
dal parere favorevole dell'ARTA (Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente)
e dell'ASL".
Il Tribunale di Teramo, con
ordinanza del 12 maggio 2005, accoglieva l'istanza di riesame ed annullava il
decreto di sequestro preventivo, ritenendo insussistenti gli elementi indiziali
evidenziati dal G.I.P. "non solo in relazione alla possibile diversa
lettura che nello specifico è stata data al quadro normativo in esame anche
dalla giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato più recente (vedasi
sentenza Sez. VI n. 100 del 3 febbraio 2005, che ha ritenuto l'assorbimento
delle valutazioni urbanistico-edilizie nel procedimento delineato dall'art. 87
D.Lgs. n. 259/2003) ma soprattutto in relazione alla tipologia
dell'impianto".
Secondo lo stesso Tribunale,
infatti:
- trattasi di "opera
caratterizzata da sicura precarietà, sia in relazione alla sua conformazione
(costituita da elementi mobili di facile rimozione, ovvero da un carrello mobile
su due ruote su cui è posizionato il palo dell'antenna, carrello ancorato al
suolo solo per esigenze di sicurezza) e sia in relazione alla certa temporaneità
dell'utilizzo, in quanto autorizzata con delibera di Giunta del 24 febbraio 2005
esclusivamente per la durata di mesi sei";
- l'opera, inoltre, "secondo
la documentazione fotografica esibita in sede di riesame, appare ultimata nei
suoi elementi essenziali, affettando comunque l'ulteriore presupposto del
periculum in mora, non ravvisandosi la possibilità attuale e concreta di
ulteriore lesione al bene giuridico, valutata la sua consistenza e l'incidenza
dell'eventuale utilizzo sull'assetto territoriale".
Avverso l'anzidetta ordinanza ha
proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo,
il quale ha eccepito:
- l'erronea applicazione del
D.Lgs., n. 259/2003 e del T.U. n. 380/2001, prospettando che l'autorizzazione
prevista dagli artt. 86 e 87 del D.Lgs. n. 259/2003 non ha efficacia e valenza
in materia urbanistica, ambito del tutto distinto in cui continua ad esplicare
interamente i suoi effetti la normativa del T.U. n. 380/2001, destinata a
preservare e garantire una corretta attività di pianificazione, gestione e
controllo del territorio da parte degli enti locali preposti;
- l’erronea attribuzione del
carattere di precarietà all'intervento in oggetto, anche per il travisamento
dei suoi elementi oggettivi;
- l'erronea valutazione
dell'avvenuta ultimazione dell'opera.
Il difensore della società
"Vodafone OmniteJ N.V," ha depositato, in data 21 ottobre 2005, ampia
memoria, con annessa documentazione.
Motivi della decisione
Il ricorso del P.M, è fondato e
merita accoglimento nei limiti di seguito specificati.
1. La
prima questione di diritto sottoposta all'esame del Collegio attiene al rapporto
tra le discipline poste:
a) dal D.Lgs. 1 agosto 2003, n.
259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), che:
- all'art. 87, subordina
l'installazione di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche
mobili GSM/UMTS al rilascio di apposita autorizzazione dell'ente locale
territorialmente interessato;
- all'art. 86, comma 3, assimila
"le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione di cui agli artt. 87
e 88 ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria", prevedendo che
"ad esse si applica la normativa vigente in materia";
b) dal D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380 (Testo unico dell'edilizia), che, all'art. 3, lett. e), ricomprende
espressamente tra gli "interventi di nuova costruzione*', come tali
assoggettati a permesso di costruire ai sensi del successivo art. 10, "gli
interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti
diversi dal Comune" (e. 2), nonché l'installazione di torri e tralicci per
impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di
telecomunicazione" (e. 4)
Deve valutarsi, in particolare,
se l'autorizzazione prescritta dal Codice delle comunicazioni sia sufficiente a
consentire, anche sotto il profilo urbanistico-edilizio, l'installazione di
stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche mobili, ovvero
sussista la necessità di autonomo titolo abitativo, secondo le procedure
previste e disciplinate dal T.U. n. 380/2001.
2. Sulla questione - che
coinvolge problematiche che attengono sia all'assetto ed allo sviluppo del
territorio sia a fattori di inquinamento ambientale riflettentisi sulla
salvaguardia della salute e dell'integrità fisica dei cittadini - sono state
formulate, in giurisprudenza ed in dottrina, tesi contrapposte.
La materia è stata in precedenza
disciplinata dal D.Lgs. 4 settembre 2002, n. 198 (c.d. decreto Gasparri), il cui
art. 3 conteneva una "clausola di esclusività” laddove stabiliva, al 1°
comma, che “le categorie di infrastrutture di comunicazioni sono opere
realizzabili esclusivamente sulla base delle procedure definite dal presente
decreto".
La stessa norma, del resto,
stabiliva (al comma 2) che le installazioni in questione dovessero ritenersi
"compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica" (sicché non si
poneva la necessità di alcuna verifica in concreto della compatibilità) e
fossero realizzabili anche "in deroga" agli strumenti urbanistici e ad
ogni altra disposizione regolamentare, con eccezione prevista solo per alcuni
manufatti di particolare consistenza, quali torri e tralicci, relativi alle reti
di televisione digitale terrestre.
Questa Corte Suprema, pertanto,
aveva affermato che, dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 198/2002,
l'installazione di impianti per telefonia cellulare non necessitava più della
preventiva concessione edilizia (così Cass. Sez. III; 29 aprile 2003, n. 19795,
P.M. in proc. Minervini, 6 maggio 2003, n. 20218, Cassisa).
Lo stesso Giudice delle leggi,
inoltre, con la sentenza n. 307 del 7 ottobre
Deve altresì ricordarsi, in
proposito, che la legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione
dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici) affida agli
enti locali minori la determinazione di criteri di localizzazione ottimale degli
impianti in oggetto, con finalità di massima restrizione dell'inquinamento
elettromagnetico ma anche di "corretto insediamento urbanistico e
territoriale" degli impianti stessi.
E' intervenuto, quindi, il D.Lgs.
1 agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche) che –
all’art. 97 - prevede il rilascio di un'autorizzazione unitaria da parte
dell'ente comunale con l'intervento, pero, anche delle Amministrazioni
portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti.
2.1. Secondo un orientamento
interpretativo (condiviso dal Tar Veneto, sez. II 8 gennaio 2004, n. 1), anche a
fronte delle disposizioni introdotte dal Codice delle comunicazioni
elettroniche, persisterebbe la necessità di un distinto ed autonomo titolo
abilitativo edilizio e ciò essenzialmente perché:
- l'art. 86 del D.Lgs n. 259/2003
assimila espressamente (come si è detto dianzi) le infrastrutture di reti
pubbliche di comunicazione» di cui ai successivi artt. 87 e 88, alle opere di
urbanizzazione primaria alle quali deve applicarsi "la normativa vigente in
materia" e, quindi, anche l'art 3 del T.U n. 380/2001;
- lo stesso DLgs. n. 259/2003 (a
differenza del D.Lgs. n, 198/2002) non contiene una "clausola di esclusività",
rivolta a consentire la realizzabilità delle infrastrutture in esso contemplate
sulla sola base delle procedure definite dallo stesso Codice; esso non contiene,
inoltre, previsioni modificatrici del T.U, dell'edilizia.
2.2. Esclusa la teoria più
radicale, secondo la quale la verifica edilizia dovrebbe considerarsi superflua,
stante la mancata menzione espressa dei profili edilizi nel Codice delle
comunicazioni, un altro orientamento, assolutamente prevalente nella
giurisprudenza amministrativa, riconosce invece (sia pure con argomentazioni non
sempre coincidenti) carattere omnicomprensivo all'autorizzazione prevista dal
D.Lgs., n. 259/2003, esteso a tutti i profili connessi alla realizzazione ed
all'attivazione degli impianti di telefonia cellulare, inclusi quelli
urbanistici ed edilizi (vedi, ad esempio, Tar Puglia, Bari, sez. III, 13 maggio
2005, n. 2143; Tar Veneto, sez. II 13 settembre 2004, n. 3295; Tar Veneto, sez.
II 30 luglio 2004, n. 2579; Tar Puglia, Bari, sez. III, 22 luglio 2004, n. 3217;
Tar Piemonte, sez. I 23 giugno 2004, n. 1176; Tar Lazio, Roma, sez. IIbis, 20
maggio 2004, n. 2794; Tar Lombardia, Milano, sez. I 19 maggio 2004, n. 1353; Tar
Campania, Napoli, sez. I, 5 aprile 2004, n. 4043; Tar Lombardia, Brescia, sez.
I, 30 gennaio 2004, n. 169).
3. Tale orientamento - fatto
proprio dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con le recenti decisioni 5 agosto 2005,
n. 4159, 11 gennaio 2005, n. 100 e 22 ottobre 2004, n. 6910 (dopo le contrarie
decisioni 26 settembre 2003, n. 5502 e 18 maggio 2004, n. 3193) - è stato
condiviso da Cass., Sez. III, 16 settembre 2005, n. 33735 e viene ribadito da
questo Collegio sulla base delle seguenti considerazioni:
3.1 Il procedimento di
autorizzazione disciplinato dal D.Lgs. n. 259/2003 risulta finalizzato
all’esigenza di semplificazione e concentrazione dei procedimenti
amministrativi, per la salvaguardia della tempestività degli stessi, in
attuazione dei principi comunitari imposti dalle direttive 2002/19/CE,
2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, recepite e ribadite nell'ordinamento
italiano dall'art. 41 della legge 1 ottobre 2002, n. 166, che è la legge delega
in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 259/2003.
Detto art. 41 richiama
espressamente, ove compatibili, anche "i principi della legge 21 dicembre
2001, n. 443", tra i quali è ricompresa la "definizione delle
procedure da seguire in sostituzione di quelle previste per il rilascio dei
provvedimenti concessori o autorizzatori di ogni specie".
Tutti i principi anzidetti ed i
criteri di delega fissati dalla legge n. 16672002 (previsione di procedure
tempestive per la concessione del diritto di installazione, riduzione dei
termini per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi; regolazione
uniforme dei medesimi procedimenti) - ribaditi dall'art. 4 del D.Lgs n. 259/2003
- resterebbero vanificati qualora al procedimento di autorizzazione disciplinato
dal D.Lgs. n. 259/2003 dovesse aggiungersi quello previsto dal T.U.
dell'edilizia, peraltro non coordinato sotto il profilo temporale.
3.2 La procedura delineata
dall’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 ben si concilia con la valutazione anche
della compatibilità urbanistico-edilizia dell'intervento, in quanto:
- può essere finalizzata ad
approfondire tali aspetti la previsione del 5° comma, secondo la quale il
responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro 15
giorni dalla ricezione dell'istanza, l'integrazione della documentazione
prodotta;
- i commi 6 e 7 prevedono il
ricorso ad una "conferenza di servizi che deve essere convocata dal
responsabile del procedimento in caso di motivato dissenso espresso da
un'Amministrazione interessata e l'approvazione intervenuta all'esito della
conferenza, adottata a maggioranza dei presenti, "sostituisce ad ogni
effetto gli atti di competenza delle singole Amministrazioni e vale altresì
come dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei
lavori".
L'individuazione di
un'autorizzazione unitaria, rilasciata dal Comune con l'intervento delle
Amministrazioni portatrici degli altri interessi pubblici coinvolti, porta
razionalmente a ritenere che nel procedimento di autorizzazione debbano
confluire tutti i procedimenti, in precedenza autonomi, necessari per la
compiuta valutazione degli interessi sottesi all'atto che autorizza già la
"installazione", e non la sola attivazione, dell'impianto (una
particolare disciplina è comunque prevista nel caso di motivato dissenso
espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela
della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico).
Le singole valutazioni, che in
precedenza erano autonome, non sono eliminate ma unificate sul piano
procedimentale e di esse deve essere dato conto in sede di motivazione del
provvedimento finale.
Giova evidenziare, inoltre, che
il comma 10 dell'art. 87 del D Lgs n, 259/2003 dispone che "le opere
debbono essere realizzate, a pena di decadenza, nel termine perentorio di dodici
mesi dalla ricezione del provvedimento autorizzatorio espresso ovvero dalla
formazione del silenzio assenso".
Tale disposizione risulterebbe
del tutto incompatibile con l’affermazione della necessità del permesso di
costruire, che potrebbe intervenire in un tempo successivo ed al quale la legge
(art. 15 del T.U. n. 380/2001) connette la previsione di un termine diverso per
la conclusione dei lavori.
Deve ancora precisarsi che la
denunzia di inizio dell'attività, prevista dall'art. 87, 3° comma - ultima
parte, del D.Lgs. n. 259/2003 per la realizzazione di impianti "con potenza
in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt", non è quella
disciplinata dagli artt. 22 e 23 del T.U. n. 380/2001, ma va ricondotta al
modello generale di cui all'art. 19 della legge n. 241/1990, come modificato, da
ultimo, dall'art. 3, comma 1, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella
legge 14 maggio 2005, n. 80.
Nel relativo procedimento,
tuttavia, dovranno essere pur sempre valutati i profili urbanistico-edilizi del
realizzando intervento.
E' vero, altresì, che l’art
41, comma 2, lett. d) della legge delega n. 166/2002 impone formalmente la
"abrogazione espressa" di tutte le norme incompatibili.
L'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003,
però, non esclude che gli impianti in esso previsti debbano considerarsi
"nuova costruzione", ai sensi dell'art, 3 (lettere e.2 ed e.4) del TU,
n. 380/2001 e pone una deroga esclusivamente procedimentale alle generali
previsioni dell'art. 10 dello stesso T.U., in quanto non mette in discussione la
necessità di una valutazione dell'intervento alla stregua della vigente
normativa urbanistico-edilizia e delle prescrizioni degli strumenti di
pianificazione.
3.4
Non appaiono così violati i principi fondamentali in materia
urbanistico-edilizia secondo i quali (vedi la sentenza n. 303/2003 della Corte
Costituzionale):
- la legislazione regionale e le
funzioni amministrative, in detta materia, non devono risultare inutilmente
gravose per gli amministrati e devono essere dirette a semplificare le procedure
e ad evitare la duplicazione di valutazioni sostanzialmente già effettuate
dalla pubblica Amministrazione;
- nella disciplina dei titoli
abilitativi per l'edificazione deve ritenersi necessaria la compresenza di
titoli abilitativi preventivi ed espressi (la concessione, il permesso di
costruire, l'autorizzazione) e di procedure di semplificazione, quale è
Né la sostituibilità del
permesso di costruire con la decisione finale assunta in sede di conferenza di
servizi è principio nuovo nel nostro ordinamento, allorché si consideri che il
9° comma dell'art. 14 ter della legge n. 241/1990, dopo le modifiche apportate
dalla legge n. 340/2000, disponeva espressamente - con previsione generale - che
"il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva favorevole
della conferenza di servizi sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione,
concessione, nulla-osta o atto di assenso comunque denominato di competenza
delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare, alla
predetta conferenza". [La disposizione, attualmente, dopo le più recenti
modifiche apportate dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, è formulata nel senso
che "il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui
al comma 6 bis, sostituisce, a tutti gli effetti, ogni autorizzazione,
concessione, nulla-osta o atto di assenso comunque denominato di competenza
delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma
risultate assenti, alla predetta conferenza"].
Le relative previsioni del D.Lgs.
n. 259/2003, comunque, sono state ritenute legittime dalla Corte Costituzionale
- con la sentenza n. 336 del 14-27 luglio 2005 - in quanto "espressione di
un principio fondamentale della legislazione".
Anche quanto alla previsione
dell'assentimento per silenzio, di cui al comma 9 dell'art. 87 (ed al comma 7
dell'art. 88) del D.Lgs. n. 259/2003, infine,
4. Deve riaffermarsi, allora, il
principio già enunciato da questa Sezione con la sentenza 16 settembre 2005, n.
33735, secondo il quale il provvedimento autorizzatorio e la procedura di
denunzia di inizio dell'attività previsti dall'art. 87 del D.Lgs. 1 agosto
2003, n. 259, per l'autorizzazione all'installazione di infrastrutture di
comunicazione elettronica per impianti radioelettrici, hanno come contenuto
imprescindibile anche la verifica della compatibilità urbanistico-edilizia
dell'intervento e non è richiesta, pertanto, la necessità di un distinto
titolo abilitativi a fini edilizi.
Alla stregua del principio appena
enunciato
Secondo
5. Non resta influenzato, in ogni
caso, il regime sanzionatorio penale di cui all’art. 44 del T.U. n. 380/2001 e
le infrastrutture di comunicazione elettronica specificate al comma 1 dell'art.
87 del D.Lgs. n, 259/2003 restano sottoposte, pur sempre, alle sanzioni penali
specifiche delle opere soggette a permesso di costruire.
Le disposizioni dell'art. 44 del
T.U. n. 380/2001 si applicano altresì agli impianti "con potenza in
singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt" (di cui al comma 3, ultima
parte, del medesimo art. 87) - suscettibili di realizzazione mediante denunzia
di inizio attività ai sensi dell'art. 19 della legge n. 241/1990, come
successivamente modificato - allorché questi siano eseguiti in assenza o in
difformità dalla denunzia medesima.
Il mutamento della disciplina per
l'abilitazione all'intervento edilizio non incide, infatti, sulla disciplina
sanzionatoria penale, che non viene correlata alla tipologia del titolo
abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell'intervento.
6. Non trova applicazione, nella
specie, l'art. 15 della legge della Regione Abruzzo 13 dicembre
2004, n. 45, poiché tale norma introduce una disciplina ulteriormente
semplificata per i soli "impianti mobili" di telefonia mobile,
prevedendo (al 1° comma) che la collocazione di tali impianti possa avvenire
previa mera comunicazione al Comune, da effettuarsi 45 giorni prima (con la
possibilità, per il Comune stesso, di chiedere al gestore una diversa
collocazione nei successivi 30 giorni dalla comunicazione).
La vicenda che ci occupa, invece,
non è caratterizzata dalla collocazione di un impianto mobile, essendo state
effettuate - secondo la prospettazione accusatoria - opere di: sbancamento del
terreno; costruzione di una piattaforma in cemento ed acciaio avente dimensioni
di circa mt 6x8, posizionata nell'area dello sbancamento riempita con misto di
cava; realizzazione di pozzetti prefabbricati per il passaggio dei cavi
all'interno del anzidetto basamento, utilizzato quale supporto del quadro
elettrico; fissazione sullo stesso basamento dello shelter, montato su carrello
con ruote, e del palo porta-antenna, avente un'altezza di oltre
Opere siffatte integrano ad
evidenza la realizzazione di un "impianto fisso", da autorizzarsi
secondo i principi fissati dall'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003, come specificati
dagli artt. 9 e 11 (non dall'art. 15) della legge n. 45/2004 della Regione
Abruzzo.
7. Fondata è la doglianza svolta
dal P.M. circa l'erronea attribuzione del carattere della precarietà
all'impianto in oggetto.
La natura "precaria" di
un manufatto, invero - secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema (vedi
Cass., Sez. III: 12 luglio 1995, ric. Bottai; 2 luglio 1996, ric. De Marco; 4
ottobre 1996, ric. Di Meo; 28 gennaio 1997, ric. Arcucci; 18 febbraio 1999, ric.
Bortolotti) - ai fini dell'esenzione dalla concessione edilizia (oggi permesso
di costruire), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione
soggettivamente data all'opera dal costruttore ma deve ricollegarsi alla
intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e
temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati od tempo, con conseguente
e sollecita eliminazione, dovendo prescindersi dalle caratteristiche costruttive
del manufatto e dai materiali utilizzati e non essendo sufficiente che si tratti
eventualmente di un manufatto smontabile e non infisso al suolo.
La stabilità non va confusa con
l'inamovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione ad essa
assegnata dal costruttore, ma si estrinseca nell'aggettiva destinazione
dell'opera a soddisfare un bisogno non provvisorio, cioè non temporaneo né
contingente (vedi Cass. Sez. III: 10 dicembre 2002, Gro, 13 novembre 2002, Colao;
13 novembre 2002, Minervini).
Nella fattispecie in esame ogni
carattere di precarietà, nel senso dianzi precisato, resta escluso dalle
caratteristiche oggettive dell'impianto (dianzi descritte) e dalla noncontingenza
della funzione, correlata alla soddisfazione di un bisogno permanente e non
temporaneo.
8. Nessun riferimento contiene,
infine, l'ordinanza impugnata in ordine all'ipotizzato reato di cui all'art. 181
del D.Lgs. n. 42/2004.
In proposito, invece, deve
rilevarsi che, quanto alla necessità della valutazione anche dei profili
paesaggistici (ove la relativa autorizzazione sia dovuta ai sensi del D.Lgs. n.
42/2004) - in relazione ai provvedimenti autorizzatori ed alla procedura di
denunzia di inizio dell'attività previsti dall'art. 87 del D.Lgs. 1 agosto
2003, n. 259 - valgono le considerazioni già svolte per i profili di tutela
urbanistica del territorio ed il comma 8 dell'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003
prevede un meccanismo di operatività della conferenza di servizi nel caso di
dissenso espresso da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla
tutela della salute o alla tutela del patrimonio storico-artistico, con il
coinvolgimento (dopo le modifiche apportate all'art. 14 quater della legge n.
241/1990 dall'art. 11 della legge n. 15/2005) della Conferenza Stato-Regioni nel
caso in cui il dissenso verta tra un'Amministrazione statale ed una
Amministrazione regionale.
- le effettive caratteristiche
tecniche dell'impianto medesimo, anche al fine di riscontrare se esso abbia
potenza inferiore ai 20 Watt;
- la sussistenza del fumus di
entrambi i reati ipotizzati (quello urbanistico e quello paesaggistico);
- se l'autorizzazione in data 24
febbraio 2005 dalla Giunta comunale di Civitella di Tronto, sia stata rilasciata
nel rispetto dell'art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 e degli artt. 9 e 11 della
legge n. 45/2004 della Regione Abruzzo, nonché possa considerarsi "estesa
a tutti i profili connessi alla realizzazione ed all'attivazione degli impianti
di telefonia cellulare, inclusi quelli paesaggistici, urbanistici ed edilizi”;
- se, in relazione allo stato
effettivo delle opere all'epoca dell'esecuzione del sequestro, sussistano
esigenze di cautela (periculum in mora) correlate ad entrambi i reati ipotizzati
ed ai diversi beni giuridici tutelati.