Cass. Sez. III n. 26529 del 2 luglio 2008 (Ud. 20 mag. 2008)
Pres. Onorato Est. Squassoni Ric. Torre
Rifiuti. Trasporto illecito e confisca mezzo
La confisca del mezzo di trasporto è regolata in modo differente dalla confisca dei mezzi usati per il contrabbando (nel quale la persona estranea al delitto è ammessa a provare di non avere potuto impedire l\'uso illecito del veicolo e di non essere incorsa in difetto di vigilanza) e dalla confisca dell\'area in cui è stata realizzata una discarica abusiva (che è possibile solo se il sito è di proprietà dell\'autore o del compartecipe del reato) ; per tale disomogeneità di trattamento non è riscontabile una plausibile e ragionevole giustificazione. Si impone, pertanto, una interpretazione della norma costituzionalmente orientata e ritenere che la speciale confisca in esame deroghi ai principi generali in tema di obbligatorietà, ma sia disciplinata, per gli aspetti non regolamentati, dalla previsione dell’art.240cp ed, in particolare, dal comma terzo. Pertanto, il terzo estraneo al reato (da intendersi come persona che non ha partecipato alla commissione dello stesso o ai profitti che ne sono derivati) proprietario del mezzo può ottenere la restituzione del bene se prova la sua buona fede, ossia, che l\'uso illecito della res gli era ignoto e non era collegabile ad un suo comportamento negligente
Con sentenza 11 luglio 2007, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha ritenuto Torre Francesco responsabile del reato previsto dall’art.51 c. l D.L.vo 22/1997 e lo ha condannato alla pena di giustizia. Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha rilevato come le espletate indagini consentissero di ritenere in fatto che Torre trasportasse con un autocarro rifiuti non pericolosi (costituiti da calcinacci e detriti vari) destinati ad un deposito abusivo.
In diritto, il Giudice ha osservato come chiunque compia una attività, anche a carattere non imprenditoriale, di smaltimento di rifiuti non destinati al riutilizzo debba essere munito di autorizzazione (carente nel caso concreto).
Il Tribunale ha disposto il sequestro del mezzo, appartenente ad un terzo estraneo al reato, mancando la prova che l’uso illecito non derivasse da negligenza del proprietario.
Per l’annullamento della sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che, per la sua attività, non doveva essere iscritto nello albo delle imprese dì cui all’art.30 D.L.vo 22/1997;
- che gli può essere contestata solo la previsione dell’art. 15 (trasporto di rifiuti senza formulano di identificazione) sanzionata in via amministrativa dall’art. 52 c. 3;
- che il Giudice ha indebitamente utilizzato le sue dichiarazioni rese al momento della constatazione del reato;
- che il mezzo non era passibile di confisca perché appartenente al padre (che non ha mai avuto conoscenza del sequestro) ed al quale non è stato mosso addebito alcuno.
Le censure non sono meritevoli di accoglimento.
Tutte le fasi di gestione dei rifiuti, per essere legittime, devono essere precedute da autorizzazione, iscrizione o comunicazione; la violazione ditale precetto è sanzionata penalmente dall’art. 51 c. 1 (ora art. 256 c.1 D.L.vo 152/2006).
La attività di trasporto è inserita tra quelle di gestione di rifiuti (per la chiara norma definitoria dell’art. 6 c. 1 sub d ora art. 181 c. 1 lett. D.L.vo 152/2006) e, di conseguenza, la mancanza di un provvedimento che la sorregga integra la fattispecie di reato contestata e ritenuta in sentenza. La circostanza sottesa ai motivi di ricorso - cioè, che l’imputato non esercitava lo smaltimento dei rifiuti in via continuativa- non lo esonerava dallo obbligo di munirsi di titolo abilitativo.
In merito alla seconda deduzione, si rileva che il trasporto di rifiuti effettuato da imprese o enti deve essere accompagnato da uno speciale formulario; se un soggetto non ottempera a tale obbligo, è punito in via amministrativa dall’art. 52 (ora art. 258 D.L.vo 152/20066).
Sul punto, la deduzione difensiva è irrilevante in quanto la prescrizione contenuta nell’art. 15 (ora 193 D.L.vo 152/2006), che ha lo scopo di disciplinare l’iter del trasporto e di verificare la movimentazione dei rifiuti, si cumula (non si sostituisce) alla necessità di un provvedimento autorizzatorio al trasporto dei materiali. Relativamente alla residua censura, si osserva che alla sentenza di condanna (o di pena concordata) per il reato di trasporto illecito di rifiuti, consegue ex lege la confisca del mezzo a sensi dell’art. 53 uc; la norma nulla prevede per la posizione del terzo incolpevole proprietario del veicolo utilizzato per la perpetrazione del reato.
Il caso in esame è regolato in modo differente dalla confisca dei mezzi usati per il contrabbando (nel quale la persona estranea al delitto è ammessa a provare di non avere potuto impedire l’uso illecito del veicolo e di non essere incorsa in difetto di vigilanza) e dalla confisca dell’area in cui è stata realizzata una discarica abusiva (che è possibile solo se il sito è di proprietà dell’autore o del compartecipe del reato); per tale disomogeneità di trattamento non è riscontabile una plausibile e ragionevole giustificazione.
Si impone, pertanto, una interpretazione della norma costituzionalmente orientata e ritenere che la speciale confisca in esame deroghi ai principi generali in tema di obbligatorietà, ma sia disciplinata, per gli aspetti non regolamentati, dalla previsione dell’art. 240 cp ed, in particolare, dal comma terzo.
Pertanto, il terzo estraneo al reato (da intendersi come persona che non ha partecipato alla commissione dello stesso o ai profitti che ne sono derivati) proprietario del mezzo può ottenere la restituzione del bene se prova la sua buona fede, ossia, che l’uso illecito della res gli era ignoto e non era collegabile ad un suo comportamento negligente (conf. Cassazione Sezione 3 sentenza 33281/2004).
Tale problematica non è affrontabile in questa sede ove il proprietario del veicolo non è stato messo in condizione di interloquire e sarà esaminata e risolta nella fase esecutiva.