Cass. Sez. III n.38658 del 2 agosto 2017
Pres. Amoresano Rel. Ramacci Imp. Pizzo
Rifiuti.Attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali

Le attività di  raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate con le modalità ed alle condizioni indicate dall’art. 182, comma 6-bis non rientrano tra le attività di gestione dei rifiuti, non costituendo smaltimento, e non integrano alcun illecito.  Al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna deroga e divengono applicabili le sanzioni previste dall’art. 256 d.lgs. 152\06 per l’illecita gestione di rifiuti.  Se, invece, la combustione di residui vegetali riguarda rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato si applicano, ai sensi dell’art. 256-bis, comma, 6 d.lgs. 152\06, le sanzioni amministrative di cui all’art. 255 per i rifiuti urbani vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali di cui all’art. 184, comma 2, lett. e) d.lgs. 152\06, mentre, sempre in forza dell’art. 256-bis, comma, 6, resta esclusa dall’applicazione di tale disposizione la combustione illecita di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, rispetto alla quale restano applicabili le sanzioni di cui all’art. 256.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 2/12/2016 ha parzialmente riformato la decisione  emessa, in data 11/6/2015, dal Tribunale di quella città, assolvendo l’imputato Salvatore PIZZO dalla contravvenzione di cui all’art. 734 cod. pen. e rideterminando la pena per i residui reati di cui agli artt. 6, lett. d), n. 1 legge 210\08 e 674 cod. pen., contestatigli perché, quale amministratore della “Pizzo Vivai s.r.l.”, affittuaria di un fondo rustico, smaltiva direttamente, tramite combustione e senza titolo abilitativo, vegetali derivanti da sfalci, potature e ripuliture dentro uno scavo, di circa 15 metri quadrati e profondo circa 2 metri, realizzato nel fondo medesimo ed, inoltre, perché, attraverso la combustione, provocava emissioni di fumo atte a molestare i residenti dell’abitato circostante, i quali sollecitavano l’intervento dei vigili del fuoco, che provvedevano allo spegnimento delle fiamme (in Palermo, il 22\9\2012).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2. Con un primo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che, in ragione di quanto disposto dagli artt. 185, comma 1, lett. f) e dal d. l. 91/2014, convertito, con modificazioni, nella legge 116/2014, gli scarti vegetali devono ritenersi esclusi dal novero dei rifiuti.
Lamenta che la Corte territoriale, pur considerando la normativa di riferimento, avrebbe erroneamente ritenuto la sussistenza del reato, affermando che l’attività oggetto di contestazione sarebbe avvenuta al di fuori delle condizioni previste dall’art. 182, comma 6-bis d.lgs. 152\06, poiché non sarebbe stato rispettato il limite delle quantità non superiori ai tre metri steri per ettaro, violazione rispetto alla quale sarebbe eventualmente applicabile la sola sanzione amministrativa.
Aggiunge che tale superamento, inoltre, non sarebbe stato compiutamente accertato, ma soltanto supposto dai giudici del merito.

3. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che la motivazione in ordine alla sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 674 cod. pen. sarebbe meramente apparente e fondata su mere congetture.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.        



CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il ricorso è infondato.
La questione trattata e le disposizioni normative, succedutesi nel tempo, richiamate in ricorso ed in sentenza, rendono necessaria un sintetica descrizione dello svolgimento dei fatti, come accertato nel giudizio di merito e la successiva ricostruzione del sistema di norme applicabili nella fattispecie.

2. Risulta dalla sentenza impugnata che l’attività oggetto di contestazione era stata posta in essere nell’ambito di operazioni finalizzate ad adibire a vivaio un fondo rustico, di circa 2.000 mq, rimasto per anni abbandonato, con presenza di vegetazione cresciuta in modo incontrollato, tanto da rendere  necessario l’uso di un escavatore per l’estirpazione e l’accumulo di detto materiale, che veniva poi raccolto in cumuli e bruciato in una buca appositamente scavata, come indicato nell’imputazione.
I fatti, come appena descritti, si sono svolti in territorio in cui vige la disciplina emergenziale.

3. Il decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito con la legge 30 dicembre 2008, n. 210, reca «Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale».
Tale disciplina speciale, applicabile nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ha introdotto, con l’articolo 6, uno specifico sistema sanzionatorio che prende in considerazione diverse fattispecie già contemplate dal d.lgs. n. 152/2006, inasprendo le pene previste e trasformando le ipotesi contravvenzionali in delitti, modificandone, in alcuni casi, anche i contenuti.
Con specifico riferimento all’articolo 6, lettera d), contestato al ricorrente, va ricordato che le sanzioni previste in ragione della diversa tipologia di rifiuto (pericoloso o non pericoloso),  sono applicabili a “chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento,  commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza dell'autorizzazione, iscrizione o comunicazione prescritte dalla normativa vigente”, prevedendosi così una fattispecie di illecita gestione la cui parte precettiva coincide, sostanzialmente, con quella dell’articolo 256, comma primo, d.lgs. 152/2006, tranne che per un richiamo generico alla «normativa vigente», con riferimento ai titoli abilitativi richiesti e l’assenza della clausola di riserva riferita ai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1 del d.lgs. 152\06
Ciò che viene dunque punita è l’illecita gestione di rifiuti.

4. Tra le attività di gestione rientra, come si rileva dal testo della norma richiamata (ed anche dall’art. 256 d.lgs. 152\06), lo smaltimento, attività nella quale è astrattamente riconducibile quella contestata all’odierno ricorrente, poiché l’Allegato B alla Parte Quarta del d.lgs. 152\06 indica, alla lettera D10, l’incenerimento a terra tra le attività di smaltimento.
Le disposizioni generali in materia di smaltimento sono contenute nell’art. 182 d.lgs. 152\06, il quale stabilisce, nel comma 6-bis, introdotto dal d. l. 91/2014, convertito, con modificazioni, nella legge 116/2014, che “le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti.
Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata.
I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”.

5. Come si evince dalla mera lettura della disposizione appena richiamata, la stessa pone, nella prima parte, che qui interessa, una serie di condizioni che riguardano, nell’ordine: 1) la tipologia dell’attività (raggruppamento e abbruciamento); 2) la quantità di materiale (piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro); 3) la tipologia dei materiali (materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f); 4) il luogo in cui l’attività descritta deve svolgersi (luogo di produzione).
Concorrendo tutte queste condizioni, le attività descritte non rientrano nell’ampia nozione di gestione e si ritiene costituiscano “normali pratiche agricole”, consentite, però, “per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti”, ponendosi, così, un’ulteriore condizione per l’operatività della deroga.
In altre parole, un’attività che, in base alle regole generali, rientrerebbe, per come svolta, tra quelle di smaltimento, a determinate condizioni viene sottratta alla disciplina comune per espressa deroga contenuta nell’art. 182, comma 6-bis, d.lgs. 152\06.

6. Va poi osservato che merita particolare attenzione, tra le richiamate condizioni, quella riguardante la tipologia dei materiali, in quanto la deroga è limitata a quelli contemplati dall’art. 185, comma 1, lettera f) del d.lgs. 152\06.
Tale ultima disposizione, come è noto, esclude dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti determinati materiali, ponendo, peraltro, in alcuni casi, ulteriori condizioni.
Per ciò che qui rileva, il comma 1, lettera f) dell’art. 185, nell’attuale formulazione, introdotta dall’art. 41, comma 1 della legge 28 luglio 2016, n. 154, che ne ha ulteriormente ampliato l’originario ambito di operatività, stabilisce che non rientrano nel campo di applicazione della disciplina sui rifiuti “le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia, gli sfalci e le potature provenienti dalle attività di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e), e comma 3, lettera a), nonché ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana”.
Con specifico riferimento a paglia, sfalci e potature la disposizione in esame ora precisa che devono provenire dalle attività di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e) (rifiuti urbani costituiti i da rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali) e comma 3, lettera a) (rifiuti speciali da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 cod. civ.), aggiungendo poi all’elenco “ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso”.
Viene tuttavia posta la condizione – riguardante tutte le tipologie di materiali precedentemente elencati, ivi compresi paglia, sfalci e potature, come evidenzia l’uso del plurale – che detti materiali siano destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana.

7. Va altresì tenuto conto anche di quanto dispone, attualmente, l’art. 256-bis d.lgs. 152\06, introdotto dal d. l. 136/2013, convertito con modificazioni dalla L. 6 febbraio 2014, n. 6, il quale sanziona la combustione illecita di rifiuti e dispone, all’ultimo comma, modificato anch’esso dal già menzionato d. l. 91/2014, convertito, con modificazioni, nella legge 116/2014, che “si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e). Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, le disposizioni del presente articolo non si applicano all'abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato.”
La disposizione, introducendo il delitto di combustione illecita, prevede, dunque, che nei confronti di chiunque appicchi il fuoco a rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata, qualora si tratti di rifiuti urbani costituiti da rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali - quelli, cioè, contemplati dall’art.184, comma 2, lettera e) - siano applicate le sanzioni amministrative previste per l’abbandono di rifiuti dall’art. 255.
Inoltre, richiamando l’esclusione dalla disciplina generale sullo smaltimento delle attività contemplate dall’art. 182, comma 6-bis, di cui si è detto in precedenza, l’art. 256-bis stabilisce che le disposizioni in esso contenute non si applicano quando la combustione riguarda “materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato”.

8. Riassumendo il contenuto delle disposizioni fini qui esaminate, può sinteticamente rilevarsi che l’art. 182 comma 6-bis esclude che costituisca smaltimento, fase residuale della gestione dei rifiuti, la combustione, con le modalità ed alle condizioni descritte, di materiali che, per origine  non sono rifiuti, poiché vengono richiamati i “materiali vegetali” di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), che sono, appunto, esclusi dalla disciplina di settore.

9. Tale esclusione, tuttavia, non riguarda tutti i materiali vegetali, senza distinzione di sorta, ma soltanto, come si è visto, quelli che rispettino le ulteriori condizioni che la richiamata disposizione prevede e che riguardano, come già detto, provenienza, natura e, sopratutto, destinazione successiva (normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzazione in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia), con la conseguenza che tutto ciò che non presenta tali requisiti è da considerarsi rifiuto, soggetto, quindi, alla disciplina ordinaria ed alle relative sanzioni, quali quelle previste per la gestione in assenza di titolo abilitativo.
In particolare, ricorrendone ovviamente i presupposti, andranno applicate le sanzioni di cui all’art. 256 d.lgs. 152\06 e, nel caso i fatti siano commessi in territorio soggetto alla disciplina emergenziale, quelle previste dal quasi speculare articolo 6 legge 210\08.

10. Diverso è il caso della combustione illecita di cui all’art. 256-bis, trattandosi, nel caso previsto dal comma 1, di condotta che si configura con l’appiccare il fuoco a rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata, quindi non sottoposti ad alcuna attività di gestione e rispetto alla quale si applicano le sanzioni amministrative di cui all’art. 255 nel caso di combustione illecita di rifiuti di cui all’art. 184, comma 2, lettera e), mentre, essendo esclusa, come si è visto, l’applicabilità della disposizione nelle ipotesi di abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato (fermo restando quanto stabilito dall’art. 182, comma 6-bis per i materiali, diversi dai rifiuti, ivi considerati), verificandosi tale evenienza devono ritenersi applicabili, qualora detti materiali siano qualificabili come rifiuti e ricorrendone le condizioni, le disposizioni  generali in materia di illecita gestione di cui all’art. 256.

11. Vanno ora richiamate le decisioni di questa Corte che hanno preso in considerazione il delitto in questione.
Alcune (Sez. 3, n. 34098 del 27/2/2014, PM in processo Iannaccone, non massimata; Sez. 3 n. 34097 del 27/2/2014 Cava, non massimata; Sez. 3 n. 39203 del 9/7/2014, Urcioli, non massimata;  Sez. 3 n. 41715 del 9/7/2014, Guarino, non massimata; Sez. 3 n. 44886 del 2/10/2014, Fortunato, non massimata; Sez. 3 n. 47663 del 8/10/2014, De Santis, non massimata; Sez. 3 n. 50635 del 5/11/2014, Argento, non massimata) sono giunte a conclusioni non uniformi, peraltro assunte in relazione all’assetto normativo al momento vigente.
Di ciò ha tenuto conto una successiva pronuncia (Sez. 3, n. 76 del 7/10/2014 (dep. 2015), P.M. in proc. Urcioli, Rv. 26179001) nella quale si è affermato che l'eliminazione mediante incenerimento di sfalci e potature non integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all'art. 256, comma primo, lett. a), trattandosi di residui vegetali che non sono classificabili come rifiuti e che sono utilizzati in agricoltura mediante processi e metodi costituenti normali pratiche agronomiche disciplinate dagli artt. 182, comma 6-bis, e 185 comma 1, lett. f), in quanto non danneggiano l'ambiente, né mettono in pericolo la salute umana.   
Altra pronuncia (Sez. 3, n. 21936 del 5/4/2016, Ascolese, Rv. 26747001) ha successivamente ritenuto che l’attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli in quantità giornaliere non superiori a 3 m steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), effettuate nel luogo di produzione non sono sanzionate penalmente ai sensi degli artt. 256 e 256-bis d.lgs. 152\2006.
Si è inoltre discostata dalle conclusioni cui è pervenuta la sentenza 76/2015 altra decisione (Sez. 3, n. 5504 del 12/1/2016 Lazzarini, Rv. 26583801) nella quale si è affermato, dando peraltro atto, come era già stato fatto in precedenza, della difficoltà interpretativa, originata da interventi normativi, in materia, cronologicamente stratificati e sistematicamente non omogenei, che in tema di gestione dei rifiuti, l'incenerimento di residui vegetali effettuato nel luogo di produzione al di fuori delle condizioni previste dall'art. 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e non invece la disciplina sanzionatoria di cui all'art. 256-bis.

12. Condividendosi, pertanto, le conclusioni cui è pervenuta tale ultima pronuncia, può affermarsi, alla luce delle considerazioni dianzi svolte, il principio secondo il quale le attività di  raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate con le modalità ed alle condizioni indicate dall’art. 182, comma 6-bis non rientrano tra le attività di gestione dei rifiuti, non costituendo smaltimento, e non integrano alcun illecito.
Al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna deroga e divengono applicabili le sanzioni previste dall’art. 256 d.lgs. 152\06 per l’illecita gestione di rifiuti.
Se, invece, la combustione di residui vegetali riguarda rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato si applicano, ai sensi dell’art. 256-bis, comma, 6 d.lgs. 152\06, le sanzioni amministrative di cui all’art. 255 per i rifiuti urbani vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali di cui all’art. 184, comma 2, lett. e) d.lgs. 152\06, mentre, sempre in forza dell’art. 256-bis, comma, 6, resta esclusa dall’applicazione di tale disposizione la combustione illecita di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, rispetto alla quale restano applicabili le sanzioni di cui all’art. 256.

13. E’ appena il caso di ricordare, inoltre, che, come più volte affermato da questa Corte, l'eventuale applicazione di norme aventi natura eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti fa sì che l'onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge debba essere assolto da colui che ne richiede l'applicazione (Sez. 3, n. 5504 del 12/1/2016, Lazzarini, Rv. 26583901, cit. in relazione proprio ai residui vegetali, ma v. anche, con riferimento ad altri settori, Sez. 3, n. 6107 del 17/1/2014, Minghini Rv. 258860 in tema di impianti mobili adibiti alla sola attività di riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee;  Sez. 3, n. 17453 del 17/4/2012, Busè, Rv. 252385; Sez. 3, n. 16727 del 13/04/2011, Spinello, non massimata; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504 in tema di sottoprodotti; Sez. 3, n. 15680 del 3/3/2010, Abbatino, non massimata; Sez. 3, n. 21587 del 17/3/2004, Marucci, non massimata; Sez. 3, n. 30647del 15/06/2004, Dell'Angelo, non massimata, in tema di deposito temporaneo e, con riferimento alle terre e rocce da scavo, Sez. 3, n. 16078 del 10/3/2015, Fortunato, Rv. 26333601; Sez. 3, n. 35138 del 18/6/2009, Bastone Rv. 244784; Sez. 3, n. 37280 del 12/6/2008, Picchioni, Rv. 241087; Sez. 3, n. 9794 del 29/11/2006 (dep. 2007), Montigiani, non massimata sul punto. In tema di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate rinvenute in battigia, art. 39, undicesimo comma, d.lgs. 152\06, v.  Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014 dep. (2015), Aloisio, Rv. 262159).

14. Ciò detto, deve rilevarsi, con riferimento al caso in esame, che le attività poste in essere dal ricorrente rientrano senza dubbio nell’attività di illecita gestione di rifiuti.
Invero, come pacificamente emerge dalla mera descrizione dei fatti così come accertati nel giudizio di merito, l’attività svolta non rientrava nella deroga di cui all’art. 182, comma 6-bis d.lgs. 152\06 non soltanto per difetto del dato quantitativo, rilevato dalla Corte territoriale, ma anche per non aver riguardato materiali di cui all’art. 185, comma 1, lettera f) d.lgs. 152\06, per non essere stata dimostrata la destinazione alle normali pratiche agricole e zootecniche o l’utilizzazione in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia come richiesto dalla norma.
Ha infatti precisato la Corte di appello che la rimozione della vegetazione spontanea a mezzo escavatore ed il successivo incenerimento della stessa in una buca all’uopo predisposta erano finalizzate alla predisposizione dell’area per la successiva realizzazione di un vivaio, sicché la combustione del materiale vegetale aveva come scopo evidente il definitivo smaltimento.
Le conclusioni cui sono pervenuti i giudici del gravame risultano, conseguentemente giuridicamente corrette ed assistite da idonea motivazione.

15. Altrettanto deve dirsi con riferimento all’ulteriore contestazione, riguardante il reato di cui all’art. 674 cod. pen., di cui tratta il secondo motivo di ricorso.
Va rilevato, a tale proposito, che detto motivo è generico, limitandosi ad affermare apoditticamente che la mera apparenza della motivazione e la mancanza di un accertamento sulla idoneità offensiva delle emissioni provocate.
Ciò posto, deve osservarsi, in ogni caso, che l’ipotesi contravvenzionale considerata dall’articolo 674 cod. pen.  configura, come è noto, un reato di pericolo finalizzato a prevenire esiti dannosi o pericolosi per le persone conseguenti al getto o versamento di cose atte ad offendere, imbrattare o comunque molestare, ovvero all’emissione di gas, vapori o fumi idonei a cagionare i medesimi effetti.
Con specifico riferimento alle emissioni in atmosfera, è tale ultima ipotesi che viene ovviamente presa in considerazione (anche se non può escludersi, quale conseguenza di tali attività, la emissione di polveri che, data la loro diversa consistenza, rientrano nel concetto di “cose” contemplato nella prima parte dell’articolo).
La seconda parte dell’articolo 674 cod. pen.  prevede la rilevanza penale delle emissioni di gas vapori o fumi “nei casi non consentiti dalla legge” ed è evidente che, nel caso di specie, costituendo la combustione una illecita attività di smaltimento, l’emissione di fumo non poteva certo ritenersi consentita.
La Corte territoriale ha inoltre evidenziato come le emissioni di fumo, propagatesi a distanza e per diverse ore (tanto che un teste riferiva che il giorno successivo all’intervento dei vigili del fuoco dalla fossa utilizzata per la combustione continuava ad uscire fumo che interessava l’area circostante) superavano la normale tollerabilità ed erano idonee ad arrecare molestia alle persone, dando dunque conto, con motivazione sintetica ma certamente adeguata, della potenzialità offensiva dei fumi già evidenziata nell’imputazione, laddove si precisava che erano stati i residenti dell’abitato circostante a sollecitare l’intervento dei vigili del fuoco.

16. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.    


P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
Così deciso in data 15.6.2017