TAR Puglia (BA) Sez. III n. 157 dell'11 febbraio 2016
Rumore. Intervento ad opponendum del vicino che lamenta immissioni moleste
E' sufficiente un interesse di fatto per intervenire ad opponendum nel giudizio di annullamento promosso avverso gli atti repressivi di un abuso edilizio e senz’altro ne è portatore il vicino che lamenta immissioni moleste provenienti dall’immobile interessato dall’abuso.
N. 00157/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01729/2012 REG.RIC.
N. 00189/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1729 del 2012, proposto da:
“Norba in” S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giulio Stano, Vittorio Di Salvatore e Marco Vitone, con domicilio eletto presso Marco Vitone, in Bari, corso V. Emanuele, n. 193;
contro
Comune di Conversano, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Sgobba, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco, in Bari, Via Pasquale Fiore, n. 14;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Antonio Marangelli, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Colapinto, con domicilio eletto presso Angelo Lanno, in Bari, Via San Francesco D'Assisi, n. 15;
sul ricorso numero di registro generale 189 del 2014, proposto da:
“Norba in” S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Vitone e Vittorio Di Salvatore, con domicilio eletto presso Vittorio Di Salvatore, in Bari, corso Vittorio Emanuele, n. 193;
contro
Comune di Conversano, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Sgobba, con domicilio eletto presso Fabrizio Lofoco, in Bari, Via Pasquale Fiore, n. 14;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Antonio Marangelli, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Colapinto, con domicilio eletto presso Angelo Lanno, in Bari, Via San Francesco D'Assisi, n. 15;
per l'annullamento,
QUANTO AL RICORSO N. 1729 DEL 2012:
- dell’ordinanza n. 26 del 28.8.2012 (registro generale n. 103), successivamente notificata, con la quale il Direttore dell’Area Urbanistica e Lavori Pubblici del Comune di Conversano ha ordinato alla Società ricorrente la rimozione delle opere edili abusive realizzate presso l’immobile sito in Vico Altavilla n. 8, Hotel Corte Altavilla, con demolizione dei vani abusivi e delle opere edili non autorizzate;
- di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, ivi compresi i (non conosciuti) verbale di ispezione prot. n. 1722/PM del 19.6.2012 e relazione di servizio prot. n. 17451 del 17.7.2012;
QUANTO AL RICORSO N. 189 DEL 2014:
- dell’atto prot. n. 28368 del 18.11.2013, con il quale il Direttore dell’Area Urbanistica del Comune di Conversano ha comunicato il diniego definitivo sull’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001, formulata dalla Società ricorrente;
- della determinazione n. 57 del Reg. Servizio del 19.11.2013, a firma del Direttore dell’Area Urbanistica del Comune di Conversano, recante annullamento in autotutela del permesso di costruire n. 182 del 30.7.2008;
- dell’ordinanza di riduzione in pristino n. 27 del 21.11.2013 (registro generale n. 143), successivamente notificata, a firma del Direttore dell’Area urbanistica e lavori Pubblici del Comune di Conversano;
- di tutti gli atti connessi, presupposti e conseguenti, ivi compresa le note prot. n. 7847/2013, prot. n. 15661 del 2/6/2013 e prot. n. 16596 del 3.7.2013 a firma del Direttore dell’Area Urbanistica comunale.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Conversano;
Visto l’atto di intervento di Antonio Marangelli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 la dott.ssa Maria Colagrande;
Uditi per le parti i difensori Marco Vitone, Vittorio Di Salvatore, Giacomo Sgobba e Antonio Colapinto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. SUL RICORSO N. 1729/2012.
La “Norba in” s.r.l. ha impugnato l’ordinanza di rimozione e demolizione di opere edili abusive n. 26 del 28.8.2012, realizzate presso l’immobile di sua proprietà sito nel Comune di Conversano, in Vico Altavilla n. 8.
Riferisce che:
- con permessi per costruire n. 172/2006 e 182/2008 il Comune aveva assentito il cambio di destinazione d’uso e l’ampliamento dell’immobile da destinarsi a struttura ricettiva;
- con atto n. 10707 del 15.4.2011 il Comune aveva autorizzato la realizzazione di “una piccola struttura precaria in ampliamento cucina – deposito”.
- il provvedimento gravato, dichiaratamente, reprime i seguenti abusi:
a) due strutture precarie, una adibita a deposito/cucina stagionale l’altra in ampliamento della cucina/deposito stagionale, realizzate con tecnica portante sui terrazzini prospicienti la cucina, aventi copertura in legno, stabilmente ancorate al muro perimetrale, chiuse da infissi e vetri, arredate e contenenti celle per il deposito e conservazione e preparazione di alimenti; in particolare la struttura precaria autorizzata con il permesso per costruire n.182/2008 risulterebbe fusa con il vano cucina a seguito della rimozione di parte della muratura interposta;
b) pergolato in ferro, in parte coperto da plexiglass, e una tettoia, composta da struttura di sostegno e copertura in legno, realizzati nella zona di sbarco dell’ascensore;
c) vano posto di fronte alla zona di sbarco dell’ascensore utilizzato come zona di preparazione di alimenti e bevande;
d) il vano destinato a giardino d’inverno/ristorante utilizzato solo come ristorante e come tale accatastato;
e) superfici del giardino d’inverno/ristorante e dell’attiguo terrazzo in contrasto per dimensioni con quelle indicate nel progetto di variante assentito con permesso n. 182/2008 e con lo stato dei luoghi riportato nel procedimento di rilascio del primo permesso per costruire (n. 172/2006).
La ricorrente, dopo aver sollecitato, senza esito, il ritiro in autotutela del provvedimento, vi oppone in questa sede i seguenti motivi di ricorso.
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990: motivazione carente e perplessa – eccesso di potere per difetto di presupposto e di istruttoria, nonché per travisamento e sviamento – violazione dell’art. 7 l. 241/1990. Il provvedimento non avrebbe indicato la fonte attributiva del potere esercitato, né qualificato giuridicamente gli interventi ritenuti abusivi, come invece sarebbe stato necessario, anche ai fini della corretta individuazione della corrispondente sanzione, e infine non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.
2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 3 comma 1 lett. e.6) e 34 del d.P.R. 380/2001 – eccesso di potere per difetto di presupposto e di istruttoria, nonché per travisamento – violazione dell’art. 3 l. 241/1990: difetto di motivazione. Il provvedimento assume che le opere innanzi descritte sub a), b), d), e) sarebbero state realizzate in difformità dai titoli edilizi rilasciati, mentre secondo la ricorrente:
a) una delle due strutture precarie (quella adibita a deposito/cucina stagionale) sarebbe stata assentita con il permesso per costruire n. 182/2008, mentre l’altra (piccola struttura precaria in ampliamento cucina/deposito) sarebbe stata assentita con nota prot. 10707 del 15.4.2011;
b) il pergolato in ferro e la tettoia sarebbero amovibili, avrebbero funzione meramente pertinenziale, e, infine, trattandosi di opere assentibili con DIA, non sarebbe irrogabile la sanzione della demolizione, ma eventualmente solo quella pecuniaria ex art. 37 d.P.R. 380/2001;
d), e) la destinazione del giardino d’inverno/ristorante unicamente a sala ristorante sarebbe attività libera ex art. 6 d.P.R. 380/2001 e la difformità di superficie fra lo stato dei luoghi e quanto rappresentato nelle planimetrie di progetto sarebbe frutto di un errore materiale consistito nel riportare, negli elaborati relativi ai permessi per costruire n. 172/2006 e n. 182/2008, una superficie decisamente inferiore a quella realmente preesistente;
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 d.P.R. 380/2001 – eccesso di potere per difetto di presupposto e di istruttoria – violazione dell’art. 3 l. 241/1990: difetto di motivazione. Il Comune avrebbe omesso di verificare se la demolizione sia tale da arrecare pregiudizio alla parte eseguita in conformità, dovendosi, in tal caso, surrogare la sanzione ripristinatoria con quella pecuniaria.
Resiste il Comune di Conversano.
E’ intervenuto ad opponendum Antonio Marangelli, titolare di una unità abitativa adiacente ai locali per cui è causa, autore dell’esposto cui ha fatto seguito l’avvio del procedimento repressivo, il quale ha prodotto documenti fra i quali, in data 5.11.2015, copia della planimetria dell’immobile acquistato dalla “Norba in” s.r.l. il 21.12.2005, presentata al catasto urbano in data 19.1.1989.
2. SUL RICORSO N. 189/2014.
La “Norba in” s.r.l. premette di aver presentato, in data 29.3.2013, istanza di accertamento di conformità di alcune opere minori realizzate al terzo piano dell’immobile:
- una tettoria posta sul terrazzo in struttura in legno a copertura e protezione dagli agenti atmosferici;
- un pergolato in ferro allocato sul terrazzo avente funzione ornamentale e di protezione degli infissi in legno;
- un pergolato in ferro avente funzione di riparo;
- la rimozione di parte della muratura interposta tra la struttura precaria stagionale autorizzata con permesso per costruire n. 182/2008 ed il vano cucina.
Nella stessa istanza comunicava:
- il cambio di destinazione d’uso del vano posto di fronte allo sbarco dell’ascensore da area per la deambulazione dei disabili - destinazione per la quale era stato autorizzato – a bar/zona preparazione alimenti e bevande;
- la destinazione del vano autorizzato come giardino/ristorante anche solo a ristorante;
- rettificava la superficie del vano ristorante, erroneamente indicata nelle planimetrie allegate ai progetti assentiti con permessi per costruire nn.172/2006 e 182/2008, indicandone la consistenza originaria in mq 53,47;
- la rimozione delle vetrate di tamponamento della struttura precaria stagionale autorizzata con nota n. 10707 del 15.4.2011.
La Società ricorrente impugna:
- il diniego del 18.11.2013 opposto dal Comune all’istanza presentata ex art. 36 d.P.R. 380/2001;
- l’annullamento d’ufficio del 19.11.2013 del permesso per costruire n. 182 del 21.11.2008;
- l’ordinanza di riduzione in pristino del 21.11.2013.
2.1. MOTIVI DI RICORSO (RECANTE N. 189/2014) AVVERSO IL DINIEGO N. 28386 DEL 18.11.2013, OPPOSTO ALL’ISTANZA DI ACCERTAMENTO DI CONFORMITÀ.
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 – eccesso di potere per difetto di istruttoria e per travisamento e sviamento – eccesso di potere per difetto di presupposto – violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis l. 241/1990. La ricorrente sostiene che il diniego in realtà si riferisce ad opere diverse da quelle per le quali ha presentato istanza ex art. 36 d.P.R. 380/2001, in parte preesistenti, in parte assentite da titoli edilizi, ed inoltre non esprimerebbe le ragioni per le quali non sono state accolte le osservazioni presentate ai sensi dell’art. 10 bis l. 241/1990.
2) Violazione e falsa applicazione degli articoli 6 e 36 d.P.R. 380/2001 - eccesso di potere per difetto di presupposto e di istruttoria – violazione dell’art. 3 l. 241/1990. Il diniego si limiterebbe a riscontrare la contrarietà delle opere alle NTA del PRG senza indicarne alcuna; dette opere, prive di impatto volumetrico sarebbero, inoltre, liberamente autorizzabili ex art. 6 d.P.R. 380/201, trattandosi di modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio dell’impresa.
2.2. MOTIVI DI RICORSO (RECANTE N. 189/2014) AVVERSO L’ANNULLAMENTO DEL PERMESSO DI COSTRUIRE N. 182/2008 DISPOSTO CON PROVVEDIMENTO N. 57 DEL 19.11.2013.
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies l. 241/1990 e degli articoli 3 comma 1 lett. e.5 e 12 d.P.R. 380/2001 – eccesso di potere per difetto di istruttoria, nonché per travisamento – violazione dell’art. 3 l. 241/1990 (motivazione perplessa e carente). Il provvedimento, che rileva una difformità fra la superficie del giardino d’inverno, assentita con il permesso n. 172/2006, e quella accertata nel verbale di ispezione, non terrebbe conto del fatto che la minor superficie indicata nel progetto di cui al permesso n. 172/2006 sarebbe frutto di un errore materiale, successivamente rettificato nel progetto assentito con il permesso n. 182/2008, ove correttamente sarebbe indicata la maggior superficie dell’area giardino/ristorante corrispondente al reale originario stato di fatto. Inoltre l’annullamento del permesso n. 182/2008, disposto perché le strutture precarie avrebbero assunto i caratteri di stabilità di cui all’art. 3 comma 1 lett. e.5, in contrasto con l’art. 9 delle NTA de PRG (zona A1 centro storico), sarebbe un mezzo non congruente al fine, perché erroneamente esso presupporrebbe che dette strutture siano state realizzate in difformità dal permesso n. 182/2008, mentre furono da questo regolarmente assentite, siccome conformi agli art. 9 e 5 delle NTA che ammettono la realizzazione in ferro battuto e legno di verande fino al 20% della superficie chiusa in proiezione verticale. Infine l’annullamento avrebbe immotivatamente privato del titolo edilizio altre opere edili realizzate al secondo piano della struttura, che non sono state oggetto di rilievi da parte del Comune.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies l. 241/1990 – eccesso di potere per difetto di presupposto ed erroneo apprezzamento dei presupposti considerati – violazione dell’art. 3 l. 241/1990 (motivazione carente). Il provvedimento avrebbe omesso di indicare le concrete ed attuali ragioni di interesse pubblico all’annullamento e la ponderazione comparata fra questo e quello della ricorrente alla conservazione del permesso per costruire.
2.3. MOTIVI DI RICORSO (RECANTE N. 189/2014) AVVERSO L’ORDINANZA DI RIDUZIONE IN PRISTINO N. 27 DEL 21.11.2013.
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. 380/2001 e dell’art. 9 NTA del PRG di Conversano – violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 – violazione e falsa applicazione dell’art. 21 noniesl. 241/1990 - eccesso di potere per difetto di presupposto ed erroneo apprezzamento dei presupposti considerati – violazione dell’art. 3 l. 241/1990: motivazione carente – illegittimità derivata. Il provvedimento ripristinatorio presuppone il diniego di conformità e l’annullamento del permesso n.182/2008 e sarebbe pertanto affetto in via derivata dai medesimi vizi.
6) Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. 380/2001 e dell’art. 7 l. 241/1990 – eccesso di potere per difetto di presupposto e di istruttoria – violazione dell’art. 3 l. 241/1990: motivazione carente. Il provvedimento gravato non sarebbe stato preceduto dalla necessaria verifica della possibilità di demolire le opere ivi indicate senza pericolo per la stabilità delle strutture legittimamente edificate, né dalla necessaria comunicazione di avvio del procedimento che, stante la natura discrezionale della scelta fra sanzione ripristinatoria e sanzione pecuniaria, avrebbe permesso alla ricorrente di concorrere alla formazione del provvedimento finale.
Resiste il Comune di Conversano.
Anche nel giudizio n. 189/2014 ha spiegato intervento Antonio Marangelli.
Tutte le parti hanno prodotto documenti e memorie.
Con la memoria depositata il 26.11.2015 la ricorrente ha ulteriormente specificato il quarto motivo di ricorso censurando l’annullamento d’ufficio del permesso per costruire n. 182/2008 perché intervenuto oltre il termine massimo di 18 mesi dal rilascio del titolo edilizio, introdotto dalla l. 124/2015 che ha modificato in parte qua l’art. 21 nonies l. 241/1990.
La parte ricorrente ha chiesto anche disporsi una verificazione per accertare lo stato dei luoghi, in particolare la consistenza originaria ed attuale, che assume immutata, del locale giardino d’inverno/ristorante, il quale, secondo i provvedimenti gravati, sarebbe stato ampliato sine titulo.
Entrambe le cause sono state rinviate all’udienza pubblica del 17.12.2015 e poi trattenute in decisione.
DIRITTO
Si controverte sulla legittimità dei provvedimenti – due ordinanze di riduzione in pristino, diniego di accertamento di conformità, annullamento in autotutela del permesso per costruire n. 182/2008 - adottati dal Comune riguardo ad alcuni interventi edilizi realizzati dalla “Norba in” s.r.l. su un immobile a destinazione turistico ricettiva, ritenuti non conformi alle norme e agli strumenti urbanistici vigenti o realizzati in difformità dai titoli edilizi rilasciati.
La ricorrente ha impugnato detti provvedimenti con i ricorsi indicati in epigrafe che, per connessione oggettiva e soggettiva, devono essere riuniti e decisi congiuntamente, venendo in rilievo atti che hanno ad oggetto le stesse opere.
1. SULL’INTERVENTO AD OPPONENDUM.
Preliminarmente deve darsi atto dell’ammissibilità dell’intervento spiegato, in entrambi i giudizi, da Antonio Marangelli, proprietario di un’abitazione, nella quale dimora, adiacente ai locali della “Corte Altavilla” interessati dagli interventi ritenuti abusivi, ove la ricorrente gestisce un’attività alberghiera e di ristorazione.
Per giurisprudenza consolidata è, infatti, sufficiente un interesse di fatto per intervenire adopponendum nel giudizio di annullamento promosso avverso gli atti repressivi di un abuso edilizio (cfr. C.d.S., sez. VI, n. 425/2007; sez. V, n. 220/1993, C.d.S., sez. VI n. 6372/2012) e senz’altro ne è portatore il vicino che lamenta immissioni moleste provenienti dall’immobile interessato dall’abuso.
2. SUL RICORSO N. 189/2014.
2.1. Venendo al merito della vicenda, occorre esaminare preliminarmente, per priorità logica, le censure avanzate con il terzo e il quarto motivo del ricorso n. 189/2014 avverso l’annullamento del permesso per costruire n. 182/2008, adottato con la determinazione n. 57 del 19.11.2013, sul duplice presupposto della difformità fra lo stato di fatto riportato in progetto - relativo alla superficie coperta del terzo piano - e quello realmente preesistente all’intervento, e della natura di manufatti permanenti di opere edilizie assentite invece come strutture amovibili.
La ricorrente riconduce tale difformità ad un errore materiale di redazione delle planimetrie e rivendica la conformità delle opere al titolo edilizio.
A. Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la superficie del locale giardino d’inverno/ristorante, situata al terzo piano, risulta essere stata realmente ampliata rispetto allo stato originario, non già erroneamente riprodotta con dimensioni più ridotte rispetto allo stato di fatto originario nella tavola di progetto n. 3 del progetto assentito con il permesso n. 172/2006.
Lo si desume chiaramente dalla planimetria catastale del 19.1.1989 prodotta dall’interventore in data 5.11.2015.
Sebbene, come affermato dalla ricorrente, non possa attribuirsi alle planimetrie catastali valore di prova piena della consistenza del cespite ivi rappresentato graficamente, nondimeno, quando esse sono confermate da altre concordanti evidenze, se ne deve riconoscere il valore di prova presuntiva (Cass., sez. III, 18 febbraio 2014, n. 3782).
Nel caso di specie la planimetria catastale trova piena conferma proprio nella tavola n. 3 del progetto assentito con il permesso di costruire n. 172/2006, nella quale la ricorrente ha riprodotto le stesse proporzioni fra il terrazzo e la superficie coperta, destinata a giardino/ristorante, riportate nella planimetria catastale.
I due grafici infatti appaiono, in proporzione, perfettamente sovrapponibili.
Significativamente poi il provvedimento gravato richiama i dati, non smentiti dalla ricorrente, risultanti dall’accatastamento (variazione del 16.7.2010 presso l’Agenzia del territorio) allegato alla pratica di agibilità, che indicano nella planimetria del terzo piano una superficie coperta destinata a ristorante pari a mq 60,30 maggiore di quella pari a 31,60 mq indicata nella tavola n. 3 del progetto assentito con il permesso n. 182/2008, di quella pari a mq 54,28 indicata nella perizia giurata depositata dalla ricorrente e di quella, ancora diversa, - 53,47 mq – asseritamente indicata nell’accertamento di conformità (pag. 11 ricorso 189/2014).
Ne consegue che la prova contraria a quella così risultante in via presuntiva avrebbe dovuto essere allegata dalla ricorrente.
La “Norma in” s.r.l. si è limitata invece, a sostenere che la minor superficie coperta adibita a giardino d’inverno /ristorante, risultante dalla tavola n. 3, fosse frutto di un errore materiale, senza peraltro fornirne il minimo principio di prova; tale non può essere ritenuta la mera controdichiarazione del tecnico che aveva redatto la tavola n. 3, contenuta nella perizia giurata depositata dalla ricorrente il 10.2.2014, in quanto non suffragata da riscontri obiettivi ed univoci non desumibili dalle allegate fotografie di un non recente edificio e di lavori in corso, in quanto prive di riferimenti temporali o spaziali e inidonee a documentare lo stato di fatto precedente.
Né peraltro a tale carenza probatoria può porsi rimedio disponendo la richiesta verificazione che ha la diversa funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche non possedute, ma non esonera la parte dalla prova dei fatti costitutivi della domanda.
B. La ricorrente critica poi la motivazione dell’annullamento nella parte in cui le strutture precarie stagionali sono considerate abusive perché avrebbero assunto i caratteri di stabilità di cui all’art. 3 comma 1 lett. e.5, in contrasto con l’art. 9 delle NTA del PRG.
In effetti, apparentemente, il rilievo evoca piuttosto un’ipotesi di difformità dal titolo abilitativo che non un vizio intrinseco di detto titolo.
Ne consegue che l’annullamento del permesso 182/2008 è ininfluente rispetto all’ampliamento del deposito/cucina stagionale autorizzato con la nota n. 10707 del 15.4.2011.
Per quanto riguarda invece, la struttura precaria già adibita a deposito cucina (identificata graficamente nella perizia giurata depositata dalla ricorrente il 14.12.2012 - pag. 3 sub 2, all. 3/A - da tre pilastrini con chiusura perimetrale in vetro) appare dirimente il richiamo che il provvedimento (terzo considerato) fa alla preistruttoria/parere prot. 1410/UTC del 16.7.2008 che prescriveva l’eliminazione di tutti i manufatti indicati nella tavola 3 al terzo piano, ad accezione del vano di sbarco dell’ascensore, siccome destinato all’eliminazione di barriere architettoniche, da ridursi, però, a 1,50 m dalla porta della cabina.
Sebbene allora l’annullamento sia fondato su un presupposto di fatto - la natura non precaria delle strutture in rassegna - e non su un accertato vizio di legittimità dell’atto, nondimeno la rilevata necessità – inspiegabilmente non riprodotta nel titolo edilizio - di subordinare il rilascio del permesso alla eliminazione dei manufatti indicati nella tavola n. 3 allega all’istanza, ivi compresa la struttura precaria adibita a deposito/cucina, costituisce una motivazione autonoma e sufficiente validamente richiamata per relationem, per annullare detto permesso.
C. Sarebbe poi mancata la necessaria ponderazione fra l’interesse pubblico e l’interesse della ricorrente alla conservazione del titolo edilizio, non essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 21 nonies l. 241/1990, la mera constatazione che fosse viziato, né il fine di ripristinare la legalità violata.
Tuttavia, la necessità di valutare rigorosamente, oltre l’accertata illegittimità, anche l’interesse pubblico alla rimozione di un provvedimento, dal quale il privato antagonista ha tratto un’utilità che avrebbe interesse a conservare, è funzionale alla protezione riconosciuta dall’ordinamento all’affidamento sulla legittimità del provvedimento che la stessa pubblica amministrazione, adottandolo, avrebbe ingenerato.
E’ evidente allora che tale nesso funzionale è reciso e non ricorre altro obbligo che l’accertamento dell’illegittima adozione del provvedimento, affinché questo possa, anzi, debba essere ritirato, quando al vizio che lo affligge abbia dato causa proprio il privato beneficiario.
Ebbene, è la stessa ricorrente ad imputare ad un suo errore le discordanze fra le planimetrie allegate alle istanze di permesso di costruire e tanto esclude l’esistenza di un nesso di derivazione dell’affidamento riposto nella legittimità del titolo edilizio, dall’attività della pubblica amministrazione.
D. Infondato è infine, il richiamo al termine massimo di 18 mesi introdotto dalla l. 124/2015 per l’annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies, per l’assorbente ragione che il provvedimento gravato è stato adottato prima che la novella entrasse in vigore.
E. A ragione invece la ricorrente lamenta che l’annullamento ha travolto anche le opere relative al piano secondo dell’immobile assentite con il permesso n. 182/2008, le quali, tuttavia, non risultano neppure menzionate nel corpo del provvedimento.
Pertanto il provvedimento n. 57 del 19.11.2013 deve essere annullato nella parte in cui non esclude le opere eseguite al secondo piano dell’immobile adibito a struttura ricettiva “Corte Altavilla”, legittimamente assentite dal permesso per costruire n. 182/2008.
2.2.Con il primo e il secondo motivo del ricorso n. 189/2014 la ricorrente ha impugnato il diniego l n. 28386 del 18.11.2013, reso sull’istanza di accertamento di conformità
A. Sotto un primo profilo deduce travisamento dei presupposti perché il Comune avrebbe esaminato opere diverse, in parte già assentite e in parte preesistenti agli interventi realizzati da essa ricorrente, da quelle per le quali è stato richiesto l’accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. 380/2001.
Oggetto di istanza di accertamento di conformità sarebbero state le seguenti opere:
a) una tettoia posta sul terrazzo in struttura in legno, a copertura e protezione dagli agenti atmosferici;
b) un pergolato in ferro allocato sul terrazzo, avente funzione ornamentale e di protezione degli infissi in legno;
c) un pergolato in ferro avente funzione di riparo;
d) la rimozione di parte della muratura interposta tra la struttura precaria stagionale (deposito/cucina), autorizzata con permesso per costruire n. 182/2008, ed il vano cucina.
La ricorrente indica, a conforto di tale assunto, il raffronto tavolare tra l’oggetto dell’istanza presentata dall’art. 36 d.P.R. 380/2001 e le opere che il dirigente comunale non ha ritenuto assentibili.
Non è possibile tuttavia, procedere ad alcun raffronto poiché la ricorrente ha prodotto in atti l’istanza e i documenti ad essa allegati, tranne le planimetrie o elaborati grafici di progetto, ai quali la relazione tecnica fa riferimento per identificare le opere oggetto dell’istanza.
Peraltro, la descrizione delle opere da sottoporsi ad accertamento di conformità, proveniente dalla stessa ricorrente, presenta innegabili e numerosi elementi di coincidenza con le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 103 del 14.9.2012, disposta a seguito della verifica n. 17451 del 17.7.2012.
E’ invece, possibile affermare che tutte le modifiche della sagoma preesistente dell’edificio derivante da nuovi manufatti, ancorché precari, non potevano essere assentiti, tanto più se diversi da quelli per i quali fu rilasciato il permesso per costruire n. 182/2008.
Infatti, la nota prot. n. 7847/2013, cui il diniego impugnato rinvia perrelationem, prodotta dall’interventore (all. E nota di deposito del 28.2.2014), conclude così: “trattandosi di immobile sito in zona omogenea A - centro storico, le opere oggetto di richiesta di conformità non sono assentibili in quanto non potevano essere assentite alla data della loro realizzazione e neppure al momento della richiesta perché in contrasto con la norma di zona disciplinata dall’art. 9 delle N.T.A. del P.R.G. – Fatte salve le modeste modifiche relative a scale e rampe esterne (di collegamento fra terrazzi) sarebbe necessario far demolire tutti i maggiori volumi, le tettoie e i pergolati realizzati oltre quanto assentito”.
Tale conclusione enuncia in modo chiaro e circostanziato la fonte del divieto di alterazioni di immobili situati nel centro storico, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente la quale infondatamente lamenta un difetto di motivazione del diniego che a detta fonte rinvia per relationem.
Detta nota infatti richiama in premessa, e vi si adegua, la preistruttoria/parere prot. 1410/UTC del 16.7.2008 (all. 15 della nota di deposito del Comune) favorevole al rilascio del permesso n. 182/2008 “a condizione che siano eliminati gli ulteriori manufatti indicati nella tavola 3 al terzo piano rispetto a quanto esistente […]che siano mantenuti inalterati i volumi e le sagome preesistenti”.
E’ quindi, chiaro che se nessuna nuova opera avrebbe potuto essere assentita - tanto che il Comune ha annullato il permesso n. 182/2008 che ciò, al contrario, aveva autorizzato – l’istanza di accertamento di conformità non poteva che avere esito negativo.
B. Parimenti infondata è l’asserita omessa indicazione delle ragioni per le quali il Comune avrebbe disatteso le osservazioni rese dalla ricorrente sul preavviso di diniego, risultando, al contrario, che ad esse fu dato riscontro con una nota di chiarimenti del 3.7.2013 (all. 9 del Comune - nota di deposito del 28.2.2014) alla quale era allegata in copia la preistruttoria/ parere prot. 1410/UTC del 16.7.2008, il cui chiaro tenore sul divieto di modificare le strutture esistenti, ribadito nella nota prot. n. 7847/2013, richiamata nel diniego e quindi accessibile dall’interessata (C.d.S., IV, 22 marzo 2103, n. 1632), non poteva dirsi ad essa ignoto.
C. Del tutto infondata è poi la tesi sostenuta nel secondo motivo di ricorso secondo la quale, ai sensi dell’art. 6 comma 2 del d.P.R. 380/2001, le modifiche sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti all’esercizio dell’impresa, ovvero le modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio dell’impresa, non richiederebbero un titolo abilitativo.
Innanzitutto perché tettoie e pergolati non costituiscono certo modifiche interne riguardanti la superficie coperta dei fabbricati, ma esattamente il contrario, come del resto si evince dalla funzione di ombreggiamento e protezione dagli agenti atmosferici ad essi ascritta dalla ricorrente.
Inoltre la norma invocata, mediante il rinvio al comma 1, fa salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, che in specie vietano interventi di edilizia permanente additiva nella zona omogenea A, come risulta dalla lettura dall’art. 9 NTA prodotto in atti dalla stessa ricorrente.
D. Correttamente inoltre, non è stato assentito il cambio di destinazione d’uso del vano posto di fronte allo sbarco dell’ascensore da area per la deambulazione dei disabili - destinazione per la quale era stato autorizzato – a bar/ zona preparazione alimenti e bevande.
Infatti, come rilevato dalla difesa comunale, l’ordinanza n. 103 del 24.9.2012 aveva disposto la demolizione di detto vano autorizzato - in deroga al divieto di alterazione dei volumi e sagome preesistenti - come volume tecnico necessario per la deambulazione dei disabili, ma già allora destinato ad un diverso uso, che, ove dichiarato in seno all’istanza di permesso per costruire, non sarebbe stato assentito.
Ciò si evince dalla preistruttoria/parere prot. 1410/UTC del 16.7.2008 che, come detto, condizionava il rilascio del permesso per costruire all’eliminazione di tutti i manufatti indicati nella tavola 3 al terzo piano, ad accezione del volume tecnico vetrato di sbarco di pertinenza dell’ascensore in quanto destinato alla deambulazione dei disabili.
2.3. Con il quinto e sesto motivo del ricorso n. 189/2014 la ricorrente censura, per illegittimità derivata e per vizi propri, l’ordinanza n. 27 del 21.11.2013 con la quale il Comune ha ingiunto la demolizione delle opere assentite con il permesso n. 182/2008, adottata in seguito all’annullamento di detto permesso e al diniego opposto all’istanza di accertamento di conformità.
A. Sotto il primo profilo, al rigetto del gravame avverso il diniego opposto all’istanza di accertamento di conformità e l’annullamento d’ufficio del permesso n. 182/2008, segue il rigetto della censura di illegittimità derivata dell’ordinanza n. 27/2013, che entrambi i provvedimenti presuppone.
B. Quanto alla censura mossa con il sesto motivo all’ordinanza in esame, perché priva dell’indicazione delle ragioni per le quali si è inteso disporre la demolizione e non l’irrogazione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 38 d.P.R. 380/2001, occorre osservare che l’indagine sulla possibilità di procedere alla demolizione senza pregiudizio per le strutture legittimamente realizzate, non è oggetto di un obbligo assoluto dell’amministrazione procedente.
La conservazione della parte non abusiva dell’immobile corrisponde infatti ad un interesse, non pubblico, ma del privato.
Ne consegue che solo se detto interesse particolare - che la ricorrente avrebbe potuto allegare invocando l’irrogazione della sanzione alternativa – fosse emerso nel procedimento, il Comune avrebbe dovuto verificare l’eventuale pericolo per la statica dell’immobile derivante dalla demolizione delle opere abusive.
In questo senso è pienamente condivisibile la giurisprudenza amministrativa citata dalla resistente e dall’interveniente che subordina la verifica in questione, da parte del Comune, all’allegazione di un principio di prova sul potenziale pregiudizio o comunque ad una specifica istanza del destinatario del provvedimento.
Non risultando, però, a tal fine intrapresa alcuna iniziativa da parte della ricorrente, la censura deve essere respinta.
3. SUL RICORSO N. 1729/2012.
La ricorrente ha impugnato l’ordinanza n. 26 del 28.8.2012 che reprime gli stessi abusi oggetto della successiva ordinanza di demolizione n. 27/2013 e tanto potrebbe condurre a dichiarare l’improcedibilità del gravame, considerato che la stessa ricorrente, con memoria depositata il 26.11.2015, ne ha sostenuto l’inefficacia sopravvenuta all’adozione del secondo ordine di demolizione..
Il ricorso è comunque infondato nel merito.
3.1. Con il primo motivo, la Società ricorrente deduce che non avrebbe ricevuto comunicazione di avvio del procedimento e che l’ordinanza non indicherebbe la fonte del potere esercitato, né le disposizioni con le quali le opere da demolire sarebbero in contrasto.
La natura vincolata del potere sanzionatorio degli illeciti edilizi rende insensibile il provvedimento ai vizi formali - tale è l’omessa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 21 octies perché l’effetto repressivo promana direttamente dalla legge, quando, come nel caso in esame, risultino accertati i presupposti di fatto previsti dalla disposizione attributiva di detto potere.
Ne consegue che non è necessario dilungarsi in descrizioni e qualificazioni giuridiche della realtà accertata, quando si evinca dal provvedimento la natura abusiva delle opere e le ragioni per le quali sono ritenute tali.
E, infatti, il provvedimento gravato descrive come stabilmente ancorate al suolo strutture che avrebbero dovuto essere precarie, il locale autorizzato come giardino d’inverno/ristorante adibito solo a ristorante, il vano di sbarco dell’ascensore, assentito per l’abbattimento delle barriere architettoniche in deroga al divieto di realizzare nuovi volumi, utilizzato come bar e, soprattutto, richiama il verbale di sopralluogo e la relazione istruttoria che contengono ulteriori, dettagliati riferimenti ai titoli edilizi rilasciati e alle difformità riscontrate.
Il motivo pertanto deve essere respinto.
3.2. Con il secondo motivo la “Norba in” s.r.l. lamenta errore nell’accertamento dei presupposti posti a fondamento dell’ordine di demolizione, perché viene trascurato il fatto che le opere furono assentite con il permesso n. 182/2008 e con la nota n. 10707/2011 e non si terrebbe conto del fatto che talune di esse sarebbero assentibili mediante DIA e dunque, non soggette a demolizione.
A. In particolare le due strutture precarie - deposito /cucina stagionale e ampliamento della cucina/deposito stagionale sarebbero state regolarmente assentite: l’una - descritta negli elaborati grafici in appoggio statico a tre pilastrini in legno - con il permesso n. 182/2008, l’altra, di natura precaria, con l’autorizzazione n. 10707 del 15.4.2011 che ne prescrive la rimozione nel periodo di non uso.
Nella descrizione contenuta nel provvedimento e negli atti istruttori, detti manufatti hanno però inequivocabilmente la conformazione di opere funzionalmente e strutturalmente stabili e permanenti, perché ospitano gli arredi e le macchine necessarie per la gestione dell’attività e sono entrambi chiusi perimetralmente da infissi e vetri e ancorati alla muratura perimetrale dell’edificio.
Tali dettagli tecnici non sono contestati dalla ricorrente che neppure si è fatta carico di dare una prova contraria.
In particolare il deposito/cucina stagionale assentito con il permesso n. 182/2008, in realtà, costituisce un ampliamento della cucina, a seguito alla rimozione di una parte della muratura interposta, che di fatto ha permesso di unire i due locali con conseguente indistinguibilità della destinazione d’uso originaria - l’una permanente, l’altra stagionale - di ciascuno.
Quanto al pergolato e alla tettoia (10 m. x 1,50 m), incontestatamente non assistiti da un titolo legittimante, la ricorrente ne sostiene la natura pertinenziale ed amovibile (pag 11 del ricorso), come tali realizzabili liberamente, o al più mediante DIA, con conseguente applicazione, al più, di una sanzione pecuniaria.
Invece, come detto, lo stato di fatto rilevato nel verbale di sopralluogo sottoscritto dal rappresentante legale della “Norba in”, nulla osservando in merito e non contestato in questa sede quanto alla verità materiale che riferisce, descrive una tettoia larga circa 1.50 cm, con struttura di sostegno e copertura in legno, e un pergolato in parte coperto da pannelli di plexiglass.
Se ne desume che si tratta di manufatti non facilmente amovibili, o meglio non destinati ad essere rimossi in quanto ad uso temporaneo.
Resta dunque, quanto meno, indimostrato il presupposto di fatto – l’amovibilità dei manufatti – dal quale il motivo in esame ne deduce l’assentibilità tramite DIA e quindi l’illegittimità della sanzione demolitoria.
C. Quanto agli abusi ricondotti, nell’ordinanza, al mutamento di destinazione d’uso del vano giardino d’inverno/ ristorante adibito solo a ristorante che la ricorrente sostiene essere attività libera ex art. 6 d.P.R. 380/2001, e all’ampliamento della superficie coperta di detto locale, che la ricorrente nega sostenendo trattarsi di un mero errore di redazione della planimetria allegata al permesso 172/2006, si rinvia alle ragioni del rigetto della domanda di annullamento del provvedimento n. 57 del 19.11.2013 impugnato con il ricorso 189/2014
3.3. Con il terzo motivo la ricorrente censura l’ordine di demolizione, laddove non spiega perché, in luogo della demolizione, non sia stata irrogata la sanzione pecuniaria alternativa ex art. 34 d.P.R. 380/2001.
La censura deve essere respinta per le stesse ragioni sottese al rigetto del sesto motivo del ricorso 189/2014, di analogo contenuto, cui si rinvia.
4. La parziale soccombenza giustifica la compensazione in parte delle spese di giudizio che vengono, per la restante parte, poste a carico di parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sui ricorsi indicati in epigrafe, previa riunione:
- respinge il ricorso n. 1729/2012:
- accoglie in parte il ricorso n. 189/2014 e, per l’effetto, annulla il provvedimento n. 57 del 19.11.2013 di ritiro del permesso per costruire n. 182/2008 nella parte in cui comprende le opere relative al secondo piano dell’immobile adibito a struttura ricettiva di proprietà della “Norba in” s.r.l. e per il resto lo respinge;
- condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle parti costituite, delle spese di giudizio che liquida in complessivi € 5.000,00 (euro 2.500,00 per ciascuna di esse), compensandole per un quinto, oltre accessori di legge, tra cui spese generali in misura massima.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Desirèe Zonno, Presidente FF
Cesira Casalanguida, Referendario
Maria Colagrande, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)