Cass. Sez. III n. 4221 del 1 febbraio 2023 (CC 19 gen 2023)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. D’Angelo
Rifiuti.Sfalci e potature
Gli sfalci e le potature che non costituiscono rifiuto - e che quindi rientrano nella deroga di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. 152/2006 - sono solo quegli sfalci e quelle potature riutilizzati in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo di cessione a terzi, sempre che siano seguite delle procedure che non danneggino l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana; se questi presupposti non ricorrono, gli scarti vegetali di cui sopra sono classificabili come rifiuti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12 maggio 2022 il Tribunale di Messina ha respinto la richiesta di riesame presentata da Roberto D’Angelo nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 8 aprile 2022 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con il quale, in relazione al reato di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006, era stato disposto il sequestro dell’autocarro Fiat Ducato targato CN990SZ, di proprietà dello stesso D’Angelo, indagato in relazione a detta ipotesi di reato.
2. Nel disattendere la richiesta del D’Angelo il Tribunale ha evidenziato la sussistenza dei presupposti d’urgenza di cui all’art. 321, comma 3 bis, cod. proc. pen. idonei a legittimare l’attività compiuta dalla polizia giudiziaria, oltre che del fumus commissi delicti e del periculum in mora legittimanti, più in generale, l’esecuzione del sequestro preventivo.
Il Tribunale ha preliminarmente ricostruito l’attività d’indagine svolta dalla polizia giudiziaria, evidenziando che il 4 aprile 2022 la Polizia Municipale di Messina aveva eseguito un sopralluogo presso il Villaggio Torre Faro (frazione del comune di Messina), laddove era stata segnalata la presenza di un autocarro sul quale venivano caricati sfalci e potature provenienti dai giardini di alcune villette private; in tale località era quindi stato notato dalla polizia giudiziaria tale autocarro, targato CB990SZ, e due persone intente a svolgere attività di potatura e a caricarne i residui all’interno dell’autocarro, insieme all’attrezzatura utilizzata per i lavori di giardinaggio; era quindi stata accertata la presenza all’interno del veicolo di una notevole quantità di sfalci e potature, di un sacco nero contenente la stessa tipologia di rifiuto e l’attrezzatura da lavoro; il ricorrente aveva confermato l’effettuazione di lavori di potatura all’interno del villaggio Torre Faro, pur non essendo munito di alcuna autorizzazione al trasporto dei rifiuti, non risultando il proprietario del mezzo, cioè lo stesso D’Angelo, iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.
Il Tribunale ha ritenuto, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, secondo la quale il lungo lasso di tempo intercorso tra il fermo del veicolo, avvenuto poco dopo le ore 15.30, e l’esecuzione del sequestro, alle ore 18.05, avrebbe consentito alla polizia giudiziaria di procedere con le prescritte comunicazioni al pubblico ministero, che la sequenza temporale nel corso della quale si erano verificati i fatti era stata tale da giustificare l’attività svolta in via d’urgenza dagli operanti. In ogni caso il Tribunale ha richiamato l’orientamento interpretativo secondo cui una volta che il giudice per le indagini preliminari abbia – come nel caso di specie - ritenuto sussistenti gli estremi per la emissione del decreto di sequestro preventivo, ogni questione relativa alla convalida del sequestro disposto in via d’urgenza deve ritenersi priva di attualità e il tribunale del riesame può essere investito esclusivamente del controllo sul decreto emesso dallo stesso Giudice per le indagini preliminari, decreto che risulta l’unico provvedimento che legittima la misura cautelare (si richiama la sentenza n. 11671 del 2011).
Quanto alla sussistenza dei presupposti legittimanti il sequestro preventivo, il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus commissi delicti, emergendo dagli atti lo svolgimento da parte del D’Angelo di una attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi, consistenti in sfalci e potature, realizzata in assenza delle prescritte autorizzazioni. In particolare, il Tribunale ha ritenuto non applicabile al caso in esame la disciplina di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. 152/2006, secondo cui non sono da considerare rifiuti, tra gli altri, gli sfalci e le potature prodotti nell’ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura, o per la produzione di energia da tale biomassa. Non sarebbe, infatti, emerso che gli sfalci e le potature residuati dai lavori di giardinaggio eseguiti dal D’Angelo fossero destinati a essere riutilizzati in una delle attività indicate dalla disposizione, attività allo svolgimento delle quali peraltro lo stesso D’Angelo non era neppure autorizzato, non svolgendo lo stesso alcuna attività artigianale o d’impresa. Poiché gli sfalci e le potature rinvenuti all’interno dell’autocarro oggetto di sequestro sono stati ritenuti rifiuti, il loro trasporto per conto di terzi è stato considerato illecito, non risultando il D’Angelo iscritto all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.
Il Tribunale ha poi escluso che potesse trovare applicazione la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., in considerazione, da un lato, del quantitativo non modesto dei rifiuti rinvenuti nell’autocarro e, dall’altro, del carattere non occasionale dell’attività svolta, avendo gli operanti ricevuto, nei giorni precedenti a quello in cui era stato eseguito il controllo, diverse segnalazioni che evidenziavano la presenza dell’autocarro davanti all’ingresso delle villette private del Villaggio Torre Faro.
Il Tribunale, infine, ha ritenuto sussistente il pericolo nel ritardo, richiamando sul punto la motivazione del Giudice per le indagini preliminari, che aveva specificato, in primo luogo, che alla mancata apposizione del vincolo reale sul mezzo sarebbe con tutta evidenza seguita la protrazione degli effetti del reato nella forma della – illecita – dismissione dei rifiuti trasportati, e, in secondo luogo, che il ripetuto impiego del mezzo per l’attività di trasporto illecito di rifiuti rendeva attuale e concreta l’esigenza di disporre l’anticipazione – rispetto alla conclusione del procedimento - dell’effetto ablativo della confisca del mezzo medesimo.
3. Avverso tale ordinanza l’indagato Roberto D’Angelo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione o falsa applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen. e dell’art. 111 Cost.
Il Tribunale, nel rigettare la richiesta di riesame, avrebbe richiamato un orientamento giurisprudenziale – quello ai sensi del quale, nel giudizio di riesame del sequestro preventivo eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria, non sono proponibili le questioni relative all’avvenuta convalida, in quanto oggetto esclusivo del giudizio di riesame è il decreto di sequestro emesso dal giudice, unico provvedimento che legittima la misura cautelare – che risulterebbe isolato e frutto di una interpretazione errata di quanto affermato dalle Sezioni Unite nella Sentenza n. 21334 del 31/05/2005. Quest’ultima pronuncia - stabilendo che l’ordinanza con la quale il giudice, a norma dell’art. 321, comma 3 bis, cod. proc. pen., convalida il sequestro preventivo disposto in via d’urgenza dal Pubblico Ministero è inoppugnabile – mira a evitare che avverso lo stesso provvedimento applicativo della misura cautelare reale vengano proposti due mezzi di gravame (il riesame ex art. 322 cod. proc. pen. avverso il decreto di sequestro preventivo e l’appello ex art. 322 bis cod. proc. pen. avverso l’ordinanza di convalida). Si tratterebbe di una ipotesi inconferente al caso in esame, poiché una situazione di questo genere potrebbe verificarsi solo nel caso di mancata convalida del sequestro disposto d’urgenza. Se, quindi, l’attività di polizia giudiziaria e la richiesta di convalida del pubblico ministero non sono suscettibili di autonoma impugnazione, è anche vero che, nel caso in cui l'ordinanza di convalida e il decreto di sequestro preventivo si fondino su una attività di polizia giudiziaria illegittima, il provvedimento del giudice per le indagini preliminari sarà pure esso illegittimo e dovrà essere censurato dal tribunale in sede di riesame. Ritenere che il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari convalida una attività illegittima di polizia giudiziaria non sia impugnabile sarebbe inoltre in contrasto con l’art. 111 Cost.
3.2. Con il secondo motivo ha denunciato la violazione o falsa applicazione dell’art. 256 d.lgs. 152/2006.
Il Tribunale avrebbe, con argomentazione insostenibile, escluso che i materiali oggetto del trasporto illecito potessero essere identificati con gli sfalci e le potature di cui all’art. 185, comma 1, lett. f) d.lgs. 152/2006. Infatti, così come non sarebbe emerso dagli atti che gli sfalci e le potature fossero destinati a essere riutilizzati in una delle attività elencate dalla norma sopra richiamata, allo stesso modo non sarebbe emerso alcun elemento da cui potesse desumersi il contrario. Ed anzi, la circostanza che gli sfalci non siano stati abbandonati durante il pedinamento della polizia giudiziaria consentirebbe di propendere per una ricostruzione favorevole alla tesi difensiva, in base alla quale i materiali rinvenuti all’interno del mezzo di trasporto sarebbero stati successivamente reimpiegati nel rispetto della normativa vigente in materia.
3.3. Con il terzo motivo ha denunciato la violazione o falsa applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.
La motivazione con cui è stata ritenuta non applicabile al caso di specie la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. sarebbe censurabile, perché il Tribunale ha richiamato il dato quantitativo degli sfalci e potature facendo riferimento non al loro peso - in linea con quanto previsto dalla legge - ma alla unità di misura del metro quadro e alle foto in atti; inoltre, il Tribunale ha ritenuto di valorizzare l’elemento della non occasionalità della condotta dell’indagato, elemento che non risulterebbe dagli atti di indagine.
4. Il Procuratore Generale ha concluso nelle sue richieste scritte sollecitando il rigetto del ricorso, evidenziando l’improponibilità delle censure concernenti il provvedimento di convalida del sequestro eseguito d’urgenza dalla polizia giudiziaria, la qualificabilità come rifiuti degli sfalci e delle potature e l’adeguatezza della motivazione nella parte relativa alla esclusione della particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è, complessivamente, infondato.
2. Preliminarmente, va rammentato che, ai sensi di quanto disposto dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., contro l’ordinanza emessa in sede di riesame avverso provvedimenti applicativi di misure cautelari reali è possibile denunciare con ricorso per cassazione soltanto la violazione di legge (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.). Secondo un consolidato orientamento di legittimità sul punto, deve ritenersi violazione di legge anche la inesistenza della motivazione, così come la motivazione meramente apparente, fittizia o contraddittoria, ma non la motivazione illogica, insufficiente o non puntuale (Sez. 4, n. 5302 del 21/01/2004, Rv. 227095; Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, Rv. 269119). Sono censurabili in sede di ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, dunque, solo quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante, o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, Rv. 269296).
3. Ciò premesso, rileva il Collegio che il primo motivo di ricorso è infondato. Con questo il ricorrente, pur formalmente denunciando un error in procedendo, di fatto contesta la tenuta dell’apparato motivazionale della ordinanza con cui il Tribunale ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari. Il vizio denunciato, come ricordato, non è censurabile in sede di ricorso per cassazione avverso provvedimento emesso ex art. 324 cod. proc. pen., tenuto conto, in particolare, della circostanza che la motivazione del Tribunale del riesame - nella parte in cui affronta la questione del rispetto della procedura indicata all’art. 321, comma 3 bis, cod. proc. pen. -, lungi dall’essere assente o incompleta, si presenta coerente e non manifestamente illogica. Quanto alla attività d’urgenza compiuta dalla polizia giudiziaria, il Tribunale ha confermato quella valutazione operata dal Giudice per le indagini preliminari in ordine alla legittimità della attività medesima, aderendo a una ricostruzione cronologica dei fatti risultante dalla comunicazione di notizia di reato dalla quale risulta giustificata l’urgenza con cui è stato disposto il sequestro. A fronte di una motivazione di questo tipo, il ricorrente mostra di non confrontarsi con il contenuto del provvedimento impugnato, denunciando con il primo motivo di ricorso la – condivisibile - decisione del Tribunale di aderire a quell’orientamento di legittimità (Sez. 3, n. 11671 del 03/02/2011, Rv. 249919) secondo cui, una volta emesso il decreto di sequestro preventivo, ogni questione relativa alla avvenuta convalida risulta priva di attualità. Peraltro, a differenza di quanto ritenuto dalla difesa, quella richiamata dal Tribunale non è pronuncia in contrasto con la sentenza delle Sezioni Unite richiamata nel ricorso (Sez. U, n. 21334 del 31/05/2005, Napolitano, Rv. 231055), poiché quest’ultima riguarda l’inoppugnabilità della ordinanza con la quale il giudice convalida il sequestro preventivo disposto in via d’urgenza dal pubblico ministero, riferendosi con tutta evidenza a una fattispecie differente rispetto a quella che viene in rilievo nel caso in esame. Del tutto inconferente è poi il richiamo all’art. 111 Cost., in quanto il provvedimento emesso in sede di riesame ex art. 324 cod. proc. pen. è, per espressa previsione legislativa, ricorribile in cassazione, risultando in quella sede censurabile la violazione di legge o il vizio della motivazione, con le precisazioni, quanto a quest’ultimo punto, sopra riferite. In conclusione, il primo motivo di ricorso non è fondato, avendo il Tribunale, pur correttamente ritenendo non più rilevante la verifica della sussistenza delle ragioni d’urgenza idonee a giustificare il sequestro d’iniziativa eseguito dalla polizia giudiziaria, comunque adeguatamente motivato circa le ragioni poste alla base della conferma del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari sul punto della legittimità del sequestro preventivo disposto in via d’urgenza dalla Polizia Giudiziaria, oltre che in relazione alla sussistenza di tutti quegli elementi che in generale legittimano, ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen., l’adozione di un decreto di sequestro preventivo. In particolare, il Tribunale ha, in primo luogo, affermato la sussistenza nel caso in esame del fumus – essendo stata riscontrata una attività illecita di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi, consistenti in sfalci e potature, posta in essere in assenza delle prescritte autorizzazioni -, tenuto conto della circostanza che la verifica avente ad oggetto la sussistenza del suddetto elemento del fumus, in sede di riesame, non può estendersi fino ad un vero e proprio giudizio di colpevolezza, essendo sufficiente la indicazione di elementi dimostrativi, sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato (Sez. 2, n. 2248 del 11/12/2013, Rv. 260047; Sez. 6, n. 35789 del 21/06/2012, Rv. 254394). In secondo luogo, il Tribunale ha ritenuto sussistente il requisito del periculum in mora, confermando sul punto la valutazione operata dal Giudice per le indagini preliminari, avente ad oggetto la necessità di evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato. Anche su quest’ultimo punto deve ritenersi pienamente soddisfatto l’onere motivazionale, posto che nel caso di provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca è sufficiente una concisa motivazione sul periculum in mora, tale da far emergere le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio (Sez. U., n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
4. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Anche in questo caso, a fronte di motivo avente formalmente a oggetto una violazione di legge, il ricorrente denuncia in realtà un vizio della motivazione, in particolare nella parte in cui il Tribunale di Messina ha affermato la impossibilità di identificare i materiali rinvenuti all’interno dell’autocarro con quegli “sfalci e potature” cui l’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. 152/2006 fa riferimento al fine di escluderne la qualifica di rifiuti. Sul punto, la motivazione contenuta nella ordinanza impugnata è coerente e completa, e pertanto non censurabile in sede di legittimità.
Il Tribunale del riesame ha correttamente richiamato quella giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 9348 del 02/10/2019, dep. 2020, Pitanti, Rv. 278638) secondo la quale gli sfalci e le potature che non costituiscono rifiuto - e che quindi rientrano nella deroga di cui all’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. 152/2006 - sono solo quegli sfalci e quelle potature riutilizzati in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione o a mezzo di cessione a terzi, sempre che siano seguite delle procedure che non danneggino l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana; se questi presupposti non ricorrono, gli scarti vegetali di cui sopra sono classificabili come rifiuti. In assenza di alcun elemento dal quale desumere che gli sfalci e le potature trasportati dal ricorrente fossero destinati a essere utilizzati in una delle attività elencate all’art. 185, comma 1, lett. f), d.lgs. 152/2006, il Tribunale ha logicamente ritenuto di attribuire ai materiali rinvenuti la qualifica di rifiuti e ha, conseguentemente, ritenuto sussistente il fumus con riferimento al reato di trasporto illecito di cui all’art. 256 d.lgs. 152/2006. A fronte di una motivazione di questo tipo, il ricorrente censura la tenuta dell’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata, sottolineando che, così come dagli atti non emergono elementi tali da far ritenere che gli sfalci e le potature fossero destinati ad essere riutilizzati in una delle attività consentite dalla legge, non emergerebbero neppure elementi tali da consentire di escludere tale eventualità futura. La difesa, sul punto, non si confronta con il contenuto della motivazione censurata. Il Tribunale, infatti, ha chiaramente affermato che la eventualità di un futuro riutilizzo dei materiali rinvenuti all’interno dell’autocarro fosse da escludersi, poiché il ricorrente non era in possesso di alcuna autorizzazione all’esercizio di attività di agricoltura, silvicoltura o di produzione di energia non inquinante, non esercitando lo stesso attività artigianale o d’impresa.
5. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Anche in questo caso il vizio denunciato riguarda la motivazione dell’ordinanza impugnata, nel punto in cui il Tribunale ha escluso l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. Il giudice del riesame, tenendo conto di quella giurisprudenza di legittimità in base alla quale l’esistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. può essere verificata anche nella fase del riesame laddove emerga ictu oculi (Sez. 3, n. 6537 del 14/10/2020, Rv. 281585; Sez. 3, n. 8989 del 08/10/2019, Rv. 278415), ha ritenuto non superabili, ai fini del riconoscimento della stessa, gli elementi del non modesto quantitativo degli sfalci e delle potature e il carattere non occasionale della condotta denunciata.
Quanto al primo punto, il Tribunale ha condivisibilmente ritenuto superabile l’inesattezza in cui era incorso il Giudice per le indagini preliminari quanto alla unità di misura (avente ad oggetto la superficie ricoperta dagli sfalci, piuttosto che il volume o il peso degli stessi), utilizzata per definire la quantità dei rifiuti, richiamando, al fine di fugare ogni dubbio in merito, le fotografie in atti.
Riguardo al secondo aspetto, il Tribunale ha inteso valorizzare il contenuto di quelle segnalazioni, indirizzate alla polizia municipale, che avevano evidenziato la presenza dell’autocarro, all’interno del quale venivano riposti i rifiuti residuati dalla attività di giardinaggio nel Villaggio Torre Faro; attività che, per il fatto di essersi protratta per diversi giorni, non presentava i caratteri della occasionalità. La motivazione, sul punto, non è meramente apparente, fittizia o contraddittoria, e il motivo di ricorso con cui il ricorrente intende censurare le ragioni poste alla base della stessa – e che, peraltro, contiene sul punto censure generiche e in fatto – risulta pertanto inammissibile.
6. Il ricorso è, dunque, nel complesso, infondato, a cagione della infondatezza del primo motivo e del contenuto non consentito, oltre che della evidente infondatezza, del secondo e del terzo motivo, e deve quindi essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/1/2023