Corte Costituzionale sentenza n. 405 del 7 dicembre 2006
Beni culturali - Norme della Provincia di Bolzano -Immobili facenti
parte di un maso chiuso assoggettati al vincolo di bene culturale
-Trasferimento della proprietà in seguito a successione
aziendale entro il quarto grado di parentela -Esclusione del diritto di
prelazione a favore dello Stato e della Provincia, e dell'obbligo di
denuncia, previsti dagli artt. 59, 60, 61 e 62 del decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 42.
SENTENZA N. 405
ANNO 2006
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
-
Franco
BILE
Presidente
- Giovanni Maria
FLICK
Giudice
- Francesco
AMIRANTE
"
-
Ugo
DE
SIERVO
"
-
Romano
VACCARELLA
"
-
Paolo
MADDALENA
"
-
Alfio
FINOCCHIARO
"
-
Alfonso
QUARANTA
"
-
Franco
GALLO
"
-
Luigi
MAZZELLA
"
-
Gaetano
SILVESTRI
"
-
Sabino
CASSESE
"
- Maria Rita
SAULLE
"
-
Giuseppe
TESAURO
"
- Paolo Maria
NAPOLITANO
"
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 14 della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 luglio 2004, n. 4
(Disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio della
provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2004 e per il triennio
2004-2006) e dell'art. 12 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano 20 giugno 2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei
settori dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque
pubbliche e della tutela dell'ambiente e altre disposizioni), promossi
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 30
settembre 2004 e il 16 settembre 2005, rispettivamente depositati in
cancelleria il 9 ottobre 2004 e il 26 settembre 2005 ed iscritti al n.
97 del registro ricorsi 2004 ed al n. 82 del registro ricorsi 2005.
Visti gli atti di costituzione della
Provincia autonoma di Bolzano;
udito nell'udienza pubblica del 24
ottobre 2006 il Giudice relatore Francesco Amirante;
uditi l'avvocato dello Stato Giuseppe
Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri, gli avvocati
Rolando Riz, Salvatore Alberto Romano e Giuseppe Franco Ferrari per la
Provincia autonoma di Bolzano.
Ritenuto in fatto
1.— Il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale
dello Stato, con ricorso notificato il 30 settembre 2004 e depositato
il successivo 9 ottobre, ha sollevato, in riferimento agli artt. 4 e 8,
numeri 3 e 8, dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige
(approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), ed agli artt. 3, primo
comma, e 9 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 14 della legge della Provincia di Bolzano
«27» (recte: 23) luglio 2004, n. 4 (Disposizioni in
connessione con l'assestamento del bilancio della provincia di Bolzano
per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006).
Espone il ricorrente che la norma
impugnata introduce nella normativa provinciale in materia di tutela
dei beni culturali e ambientali (inserendo l'art. 5-quinquies nella
legge della Provincia di Bolzano 12 giugno 1975, n. 26, recante
“Istituzione della Ripartizione provinciale Beni culturali e
modifiche ed integrazioni alle leggi provinciali 25 luglio 1970, n. 16
e 19 settembre 1973, n. 37”) l'esclusione dal diritto di
prelazione e dall'obbligo di denuncia, previsti dagli artt. 59, 60, 61
e 62 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6
luglio 2002, n. 137), in relazione ai trasferimenti di immobili
assoggettati al vincolo di bene culturale «nel caso di
trasferimento della proprietà in seguito a successione
aziendale entro il quarto grado di parentela [...] facenti parte di un
maso chiuso».
A parere del ricorrente, la norma si
porrebbe in contrasto con l'art 4 dello statuto speciale della Regione
Trentino-Alto Adige secondo cui la potestà delle Province
autonome di emanare norme giuridiche nelle materie di loro competenza
(con particolare riferimento all'art. 8, numeri 3, «tutela e
conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare»,
e 8, «ordinamento delle minime unità culturali,
anche agli effetti dell'art. 847 del codice civile; ordinamento dei
masi chiusi e delle comunità familiari rette da antichi
statuti o consuetudini»), deve essere esercitata
«in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento
giuridico della Repubblica».
Aggiunge il ricorrente che l'art. 6 del
d.P.R. 1° novembre 1973, n. 690 (Norme di attuazione dello
Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige concernente tutela
e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare),
stabilisce esplicitamente le modalità e i termini attraverso
i quali lo Stato e le Province autonome possono esercitare il diritto
di prelazione, già previsti in generale dagli artt. 31 e 32
della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose
d'interesse artistico e storico).
Risulterebbe, di conseguenza, violato
l'articolo 9 Cost., nella parte in cui, per finalità di
conservazione dell'unità aziendale dei masi chiusi, si
deroga senza alcuna ragionevolezza alla previsione dell'obbligo di
denuncia e della prelazione a favore dello Stato (o della Provincia
autonoma) in occasione dei trasferimenti di beni immobili culturali,
principio che in materia costituisce connotato tipico e punto finale
delle stesse conservazione, tutela e fruizione di tali beni, previste
dall'ordinamento nazionale.
Appare per contro evidente che,
allorché l'esercizio del diritto di prelazione possa
incidere sulla continuità del «maso
chiuso», tale ultimo interesse ha pieno diritto d'ingresso
nel relativo procedimento amministrativo e nel successivo controllo
giurisdizionale sul corretto esercizio della prelazione, con la
conseguenza che l'esclusione tout court dalla prelazione e dall'obbligo
di denuncia non sarebbe giustificata (art. 3, primo comma, Cost.) in
relazione agli obiettivi perseguiti e/o dichiarati dal legislatore
provinciale.
Infine, ad avviso del ricorrente, la
suddetta esclusione renderebbe estremamente difficile l'esercizio delle
funzioni di conservazione e tutela da parte della Provincia autonoma in
relazione ai beni di cui si discute, essendo questi assoggettati ad un
regime nel quale le declaratorie di vincolo e le misure di
conservazione, per acquisire efficacia, devono essere notificate alla
parte proprietaria.
2.— Si è costituita
in giudizio la Provincia di Bolzano la quale – premesso di
essere intervenuta, con la legge impugnata, in un settore che involge
una serie di aspetti concernenti sia la conservazione del patrimonio
storico, artistico e culturale situato nel proprio territorio, sia
l'ordinamento dei masi chiusi – afferma che, prima delle
modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, essa era
titolare di una competenza esclusiva in materia di beni culturali, in
relazione alla quale disponeva di un ampio raggio di attribuzioni,
limitate unicamente dalle competenze che, in via eccezionale,
rimanevano allo Stato. Per altro verso, la “tutela dei beni
culturali” rientra oggi nella competenza esclusiva dello
Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), restando di
competenza delle Regioni la sola valorizzazione, peraltro con il limite
dei principi fondamentali contenuti in leggi dello Stato (art. 117,
terzo comma, Cost.). Le nuove norme costituzionali, attribuendo alle
Regioni una competenza legislativa concorrente nel solo ambito della
valorizzazione dei beni culturali, si rivelano maggiormente limitative
dell'autonomia provinciale rispetto a quanto previsto dalle norme dello
statuto speciale e dalle relative norme di attuazione e, quindi, in
base all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) esse non
dovrebbero applicarsi alla Provincia.
Secondo la difesa provinciale, in
particolare, lo statuto speciale del Trentino-Alto Adige riserva la
competenza in materia di «tutela e conservazione del
patrimonio storico, artistico e popolare» alla
potestà “esclusiva” o
“primaria” delle Province (art. 8, n. 3, dello
statuto). Le norme di attuazione statutaria contenute nel d.P.R. n. 690
del 1973 definiscono in concreto la portata e le modalità di
esercizio della competenza provinciale. L'art. 1, primo comma, di tale
decreto, infatti, prevede che «le attribuzioni degli organi
centrali e periferici dello Stato in materia di ordinamento, tutela,
vigilanza, conservazione, custodia e manutenzione del patrimonio
storico artistico e popolare sono esercitate, per il rispettivo
territorio, dalle province di Trento e Bolzano con l'osservanza delle
disposizioni contenute nel presente decreto»; nel contempo,
il secondo comma del medesimo articolo dispone la permanenza in capo
allo Stato – ai sensi dell'art. 109 dello statuto –
delle attribuzioni nei confronti dei soli beni indicati nel d.P.R. 20
gennaio 1973, n. 48 (Beni del patrimonio storico ed artistico di
interesse nazionale per il Trentino-Alto Adige, esclusi dalla
competenza provinciale), cioé: il monumento della vittoria
di Bolzano e il monumento dell'alpino di Brunico. Oltre a questa
ipotesi specifica, i limiti alla competenza provinciale sono
chiaramente individuabili dal testo del medesimo d.P.R. n. 690 del
1973, che in alcuni articoli rinvia espressamente alla permanenza in
capo allo Stato di talune attribuzioni concernenti aspetti settoriali
della tutela dei beni culturali, come ad esempio in materia di archivi
dei privati dichiarati di notevole interesse storico nazionale (art. 2,
terzo comma) o di esportazione e importazione dei beni soggetti alla
legge n. 1089 del 1939 (art. 7).
Non rientra, invece, nell'ipotesi di
permanenza di funzioni in capo allo Stato la disposizione contenuta
all'art. 6, comma 2, del suddetto decreto il quale si limita a
prevedere che il diritto di prelazione spetta, «nei casi in
cui è consentita l'alienazione di beni facenti parte del
patrimonio storico, artistico e popolare», in via generale
alle Province autonome e che, solo quando si tratti di beni
appartenenti allo Stato, esso deve essere esercitato «nel
termine e nei modi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 1 °
giugno 1939, n. 1089».
L'ampiezza delle competenze provinciali
in questa materia viene definita rinviando ad una nozione molto ampia
di «patrimonio storico, artistico e popolare», che
infatti ricomprende – ai sensi dell'art. 2, comma 1, del
medesimo d.P.R. n. 690 del 1973 – oltre ai beni mobili e
immobili rientranti nell'ambito di applicazione della legge n. 1089 del
1939 (abrogata e sostituita prima dal decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490 e oggi dal Codice dei beni culturali e del paesaggio,
approvato con d.lgs. n. 42 del 2004), tutte quelle cose «che,
avendo riferimento alla storia della civiltà, meritano di
essere conservate e tutelate».
Inoltre, per l'esercizio delle funzioni
trasferite dallo Stato alla Provincia di Bolzano risulta competente la
Ripartizione provinciale beni culturali (secondo quanto dispone l'art.
1, comma 1, della legge prov. di Bolzano n. 26 del 1975), alla quale
spetta, quindi, anche la competenza ad avviare il procedimento in esito
al quale la Giunta provinciale sarà chiamata a adottare il
provvedimento di vincolo su un bene culturale (art. 5-bis della citata
legge provinciale n. 26 del 1975).
La competenza provinciale primaria
abbraccia, in primo luogo, la medesima materia dei “beni
culturali”, così come definita nell'art. 148,
comma l, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59), e si estende poi alla disciplina di tutte quelle
funzioni e di tutti quei compiti che il successivo art. 149, commi 3 e
4, del medesimo decreto attribuisce allo Stato.
Anche in materia di ordinamento dei masi
chiusi, le disposizioni dello statuto di autonomia (art. 8, n. 8)
attribuiscono alla Provincia una competenza legislativa di tipo
“esclusivo” o “primario”. Tale
competenza statutaria – la quale richiama la
necessità che rimanga in seno alla Provincia la
potestà di regolamentare un istituto sconosciuto nel resto
dell'Italia ed espressione di antichissime tradizioni tirolesi
– non può essere limitata da alcuna competenza
statale, incontrando esclusivamente le limitazioni disposte in via
generale dall'art. 4 dello statuto.
La non fondatezza della questione viene
anzitutto motivata dalla Provincia sulla base di un'erronea lettura
dell'art. 6 del d.P.R. n. 690 del 1973 compiuta dal ricorrente
nell'assumerne la violazione, in quanto dalla disposizione si evince
chiaramente che essa non riguarda in alcun modo l'esercizio di un
diritto di prelazione ad opera dello Stato, essendo le Province
autonome le uniche titolari di tale diritto.
In secondo luogo, il richiamo degli
artt. 31 e 32 della legge n. 1089 del 1939 ad opera della citata norma
di attuazione non varrebbe né come fondamento, né
come modalità di esercizio generale di detto diritto da
parte delle Province autonome, bensì solo come criterio da
rispettare nel caso specialissimo in cui i beni per i quali le Province
si avvalgano del diritto di prelazione appartengano allo Stato
(perché anche in questo caso spetta comunque ad esse
esercitarlo).
In conclusione, ogni aspetto concernente
la regolamentazione giuridica dei masi chiusi rimarrebbe nella
competenza esclusiva del legislatore provinciale, il quale è
stato costantemente chiamato a disciplinarne l'assetto complessivo,
alla luce delle esigenze scaturenti, volta per volta, dall'evoluzione
dei rapporti giuridico-sociali.
Inoltre, l'esclusione del diritto di
prelazione sugli immobili soggetti a vincolo storico-artistico e
facenti parte di un maso chiuso si porrebbe quale compiuta
realizzazione delle finalità di tutela sottese al principio
di cui all'art. 9 Cost.; incentivando la continuità
familiare nella titolarità di detti beni, la disposizione
impugnata perseguirebbe, infatti, l'intento di non alterare il regolare
proseguimento delle attività tradizionalmente svolte
all'interno dei masi chiusi, garantendo in questo modo la
vitalità e l'evoluzione di un istituto che rientra a pieno
titolo nel patrimonio storico, artistico e culturale della Repubblica.
Del tutto generica e, pertanto,
inammissibile sarebbe, infine, la censura formulata con riferimento
all'art. 3, primo comma, Cost.; non si vede, infatti, in quale elemento
della disciplina impugnata e con riferimento a quale situazione possa
ravvisarsi una disparità di trattamento. La soluzione per la
quale ha optato il legislatore provinciale, disponendo che il diritto
di prelazione della Provincia è escluso in quei casi in cui
si tratta di successione aziendale entro il quarto grado, tiene al
contrario conto di tutti i principi costituzionali (in particolare, del
principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3, primo
comma, Cost.), non sacrificandone alcuno a favore dell'altro. Si tiene,
infatti, giustamente conto della circostanza che spesso
«l'eredità» viene regolata con atti
inter vivos quando l'assuntore invecchia e si vede, quindi, costretto a
trasferire il maso chiuso ai familiari.
3.— Con successivo ricorso,
notificato alla Provincia autonoma di Bolzano il 16 settembre 2005 e
depositato il 26-27 settembre 2005, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell'art. 12 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno
2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei settori
dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque pubbliche e
della tutela dell'ambiente e altre disposizioni). Tale ricorso,
proposto anche, «per quanto occorrere possa», nei
confronti della Regione Trentino-Alto Adige ed a questa notificato il
16 settembre 2005, è stato depositato il 27 settembre 2005,
oltre il termine di cui all'art. 31, quarto comma, della legge 11 marzo
1953, n. 87.
La norma censurata sostituisce quella
impugnata con il precedente ricorso, prevedendo l'esclusione
dall'obbligo di denuncia nella medesima ipotesi – ivi
contemplata – di trasferimento della proprietà in
seguito a successione aziendale, ma entro il terzo grado di parentela
(non più quindi entro il quarto). Peraltro, non viene
reiterata in modo esplicito l'esenzione dall'obbligo di denuncia
già contenuta nel secondo comma della disposizione
sostituita e si lascia fermo l'obbligo di denuncia dei trasferimenti di
proprietà.
Secondo l'Avvocatura, che riproduce gli
argomenti già svolti, la formulazione della norma impugnata,
nella parte in cui, derogando esplicitamente all'art. 59 del d.lgs. n.
42 del 2004, sembra distinguere i trasferimenti di proprietà
dai casi di successione aziendale tra parenti fino al terzo grado,
genera dubbi sulla permanenza generalizzata dell'obbligo di denuncia
dei trasferimenti immobiliari, in un regime nel quale le declaratorie
di vincolo e le misure di conservazione, per acquisire efficacia,
devono essere notificate alla parte proprietaria.
4.— Si è costituita
la Provincia autonoma di Bolzano, contestando il merito del ricorso e
riservandosi ulteriore memoria. Successivamente la Provincia ha
proposto istanza per la trattazione congiunta dei due ricorsi.
5.— Nell'imminenza
dell'udienza, la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato ulteriore
memoria, in riferimento al primo dei due ricorsi, in cui chiede
preliminarmente dichiararsi la cessazione della materia del contendere
in conseguenza dell'intervenuta modifica della norma impugnata.
6.— Anche in riferimento al
ricorso n. 82 del 2005, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollecitato
una pronuncia di inammissibilità, sul rilievo che la norma
impugnata sarebbe meramente ricognitiva di quell'esclusione del diritto
di prelazione, nei casi in cui il trasferimento del maso chiuso avvenga
nell'ambito familiare, già prevista con l'art. 26 della
legge della Provincia autonoma di Bolzano 31 gennaio 2001, n. 2
(Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario 2001 e per il triennio 2001-2003 e norme legislative
collegate – legge finanziaria 2001), mai impugnato. Peraltro,
la norma di cui al ricorso n. 97 del 2004, sottolinea la Provincia,
è stata modificata dalla disposizione ora impugnata, proprio
dopo la proposizione del ricorso anzidetto.
Sempre in via preliminare, si eccepisce
poi la sommarietà del ricorso, che si limiterebbe ad evocare
in modo impreciso alcuni parametri statutari, senza soddisfare i
requisiti richiesti dalla costante giurisprudenza costituzionale per
poter superare il vaglio di ammissibilità.
Nel merito, la Provincia insiste nelle
argomentazioni difensive già svolte relativamente alla
propria competenza legislativa primaria in materia di beni culturali e,
specificamente, di maso chiuso.
Quanto ai parametri statutari evocati,
si osserva che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto
indicare in che cosa consista il denunciato contrasto, dato che il
generico richiamo alle norme dello statuto non sarebbe sufficiente per
motivare l'impugnazione.
Considerato in diritto
1.— Il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato l'art. 14 della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 23 luglio 2004, n. 4 (Disposizioni in
connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della
Provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2004 e per il triennio
2004-2006), che inserisce nella legge della Provincia autonoma di
Bolzano 12 giugno 1975, n. 26 (Istituzione della Ripartizione
provinciale Beni culturali e modifiche ed integrazioni alle leggi
provinciali 25 luglio 1970, n. 16 e 19 settembre 1973, n. 37), l'art.
5-quinquies, così formulato:
«1. Il diritto di prelazione
di cui agli articoli 60, 61 e 62 del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42, non trova applicazione nel caso di trasferimento della
proprietà in seguito a successione aziendale entro il quarto
grado di parentela in immobili soggetti a tutela storico-artistica e
facenti parte di un maso chiuso.
2. Per gli immobili di cui al comma 1
non trova applicazione l'obbligo di denuncia di cui all'art. 59 del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».
Secondo il ricorrente, tali disposizioni
sono in contrasto con gli artt. 4 e 8, numeri 3 e 8, dello statuto
della Regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670, i quali, nell'attribuire alle Province autonome la competenza
in materia di tutela e conservazione dei beni culturali
nonché di ordinamento dei masi chiusi, prescrivono che essa
sia esercitata in armonia con la Costituzione e i principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica.
Il ricorrente denuncia il contrasto
delle disposizioni censurate con l'art. 6 del d.P.R. 1°
novembre 1973, n. 690 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per
la Regione Trentino-Alto Adige concernente tutela e conservazione del
patrimonio storico, artistico e popolare), il quale prevede le
modalità e i termini per l'esercizio del diritto di
prelazione da parte dello Stato e delle Province autonome. Il
ricorrente sostiene, inoltre, che le suddette disposizioni violino gli
artt. 3 e 9 della Costituzione.
2.— Successivamente, la
Provincia di Bolzano, con l'art. 12 della legge provinciale 20 giugno
2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei settori
dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque pubbliche e
della tutela dell'ambiente e altre disposizioni), ha sostituito le
disposizioni denunciate, stabilendo che «il diritto di
prelazione di cui agli articoli 59, 60 e 61 del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42, non trova applicazione nel caso di trasferimento
della proprietà, in caso di successione aziendale entro il
terzo grado di parentela in edifici soggetti a tutela storico-artistica
e facenti parte di un maso chiuso. Resta fermo l'obbligo di denuncia
dei trasferimenti di proprietà».
Il Presidente del Consiglio dei
ministri, con altro ricorso, ha impugnato anche tale disposizione,
adducendo ragioni analoghe a quelle che sorreggono il primo. Il
ricorrente mette in evidenza come tale disposizione generi dubbi sulla
permanenza dell'obbligo di denuncia del trasferimento e lamenta la
violazione del principio di leale collaborazione per abuso della
potestà legislativa.
3.— In via preliminare, deve
essere disposta la riunione dei due giudizi per la loro unitaria
trattazione, in quanto hanno ad oggetto questioni concernenti la
medesima materia e in gran parte coincidenti.
3.1— Sempre in via
preliminare, si deve rilevare che la sostituzione della disposizione
impugnata con il primo ricorso, ad opera dell'art. 12 della legge
provinciale n. 4 del 2005, non ha fatto venir meno l'interesse del
ricorrente a che sia decisa nel merito la questione sollevata con il
primo ricorso, in quanto non risulta che le disposizioni della legge n.
4 del 2004 non abbiano avuto alcuna applicazione.
4.— Sul merito delle
questioni, si premette che la disciplina del maso chiuso ha costituito
oggetto di scrutinio di costituzionalità sotto vari profili
e in tempi diversi.
Fin dalla prima sentenza, fondamentale
per quanto concerne la disciplina dell'istituto, questa Corte ha
affermato che esso «non trova precedenti nell'ordinamento
italiano, non può qualificarsi né rivivere se non
con le caratteristiche sue proprie derivanti dalla tradizione e dal
diritto vigente fino all'emanazione di quel r.d. 4 novembre 1928, n.
2325 in base al quale esso istituto cessò di avere
formalmente vita». Ha precisato, inoltre, che il legislatore
provinciale, in virtù dell'art. 11 n. 9 dello statuto
speciale (nel testo originario), «può disciplinare
la materia dei masi chiusi nell'ambito della tradizione e del diritto
preesistente e, in conseguenza, con una potestà
necessariamente più ampia, data la natura dell'istituto, che
per le altre materie nello stesso art. 11 contemplate»
(sentenza n. 4 del 1956).
Il principio è stato
successivamente ribadito (sentenze n. 5 e n. 40 del 1957; n. 55 del
1964; n. 35 del 1972; ordinanza n. 28 del 1956), ed è bene
sottolineare, da un lato, che esso è stato affermato per
ritenere la legittimità costituzionale di disposizioni della
legislazione provinciale incidenti anche sul diritto privato e sulla
giurisdizione – materie, in via generale, di attribuzione
statale esclusiva – dall'altro, che la disciplina statutaria
non è, per quanto qui interessa, mutata.
Più di recente questa Corte,
svolgendo il proprio ragionamento sulla base degli enunciati principi,
ha però precisato che la particolare tutela accordata
all'istituto non giustifica qualsiasi deroga alla disciplina generale,
ma soltanto quelle che sono funzionali alla conservazione dell'istituto
nelle sue essenziali finalità e specificità
(sentenza n. 340 del 1996).
L'istituto in oggetto, secondo la
sintesi fattane da questa Corte nella menzionata sentenza n. 4 del
1956, ha caratteristiche tutte particolari «come quelle della
indivisibilità del fondo, della sua connessione con la
compagine familiare e della assunzione di esso fondo come maso chiuso
da un unico soggetto, cui un sistema particolare – anche
relativo al procedimento di assegnazione e di determinazione del valore
del fondo nel caso di pluralità di eredi –
permette di perpetuare e garantire nel maso stesso il perseguimento
delle finalità economiche e sociali proprie dello
istituto».
5.— Alla luce dei principi
enunciati, la cui validità la Corte ribadisce ancora, la
questione della legittimità costituzionale delle
disposizioni di entrambe le leggi prevedenti l'esclusione della
prelazione nei casi indicati non è fondata.
Le norme censurate, infatti, essendo non
soltanto predisposte alla tutela della indivisibilità del
maso, ma soprattutto finalizzate a mantenerne la connessione con la
compagine familiare, non contrastano con le norme statutarie invocate
che, lette nei sensi di cui si è detto, giustificano, in
materia di masi chiusi, le deroghe alla disciplina generale senza
violazioni dell'art. 3 della Costituzione.
Si soggiunge che, alla stregua di quanto
detto, non è rilevante la differenza di un grado di
parentela tra alienante e destinatario del trasferimento per
l'esclusione della prelazione intercorrente tra la disposizione
impugnata con il primo ricorso e quella oggetto del secondo, in quanto
entrambe le disposizioni sono in funzione della connessione tra maso e
famiglia, cui esso appartiene.
Poiché entrambe le
disposizioni impugnate sono dirette alla tutela del maso chiuso con
riguardo alle peculiarità di siffatto bene, esse non
contrastano neppure con l'art. 9 Cost., che attribuisce lo sviluppo
della cultura e la tutela dei beni culturali e del paesaggio alla
Repubblica in tutte le sue articolazioni, e non soltanto allo Stato.
6.— Restano da scrutinare le
disposizioni che, nell'una e nell'altra legge provinciale, fanno
riferimento alla denuncia del trasferimento del maso chiuso nelle
circostanze indicate; nella prima per escludere il relativo obbligo,
nella seconda per imporlo.
Per quanto concerne quest'ultima, si
osserva che la censura trova la sua confutazione nel rilievo che la
lettera della disposizione – nello stabilire che
«resta fermo l'obbligo di denuncia dei trasferimenti di
proprietà» – non consente dubbi
sull'esistenza dell'obbligo stesso. Tuttavia, anche con specifico
riguardo alla disposizione sulla esclusione dell'obbligo della denuncia
contenuta nella legge provinciale n. 4 del 2004, persiste l'interesse
del ricorrente per la ragione indicata.
Su questo specifico punto la questione
è fondata.
Infatti, anche se lo scopo principale e
immediato della denuncia è quello di mettere
l'amministrazione provinciale, cui spetta il diritto di prelazione,
nella possibilità di esercitarlo (sicché nei casi
in cui la prelazione è esclusa verrebbe meno la ratio della
denuncia), deve ritenersi che esso non si esaurisca nel rendere
possibile la prelazione stessa. La denuncia ha la fondamentale funzione
di rendere nota la titolarità dei beni, nei tempi e con le
modalità stabilite, all'organo cui spetta la tutela
(ancorché questo possa altrimenti acquisire i dati
necessari); tutela che può esplicarsi in attività
diverse dall'esercizio della prelazione, a garanzia dei beni di cui
all'art. 9 della Costituzione.
D'altra parte, l'eliminazione
dell'obbligo della denuncia – già ripristinato con
la successiva legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 4 del 2005
– non è funzionale al regime del maso chiuso.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 14, comma 2, della legge della Provincia
autonoma di Bolzano 23 luglio 2004, n. 4 (Disposizioni in connessione
con l'assestamento del bilancio della provincia di Bolzano per l'anno
finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006);
dichiara non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, della
medesima legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 4 del 2004 e
dell'art. 12 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno
2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei settori
dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque pubbliche e
della tutela dell'ambiente e altre disposizioni), sollevate, in
riferimento agli artt. 3, primo comma, e 9 della Costituzione,
nonché agli artt. 4 e 8, numeri 3 e 8, del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dal
Presidente del Consiglio dei ministri con i ricorsi indicati in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella
sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre
2006.
F.to:
Franco BILE, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2006.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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