Cass. Sez. III n. 32737 del 24 novembre 2020 (UP 18 set 2020)
Pres. Andreazza Est. Corbo Ric. Capillo
Rifiuti.Spedizione illegale
Per «spedizione illegale di rifiuti», a norma del Regolamento CE 1013/2006, si intende anche quella effettuata mediante dichiarazione dei soli rifiuti per i quali è prevista la procedura degli obblighi generali di informazione, senza menzionare gli ulteriori rifiuti per i quali, invece, sarebbe necessario ricorrere alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte. Inoltre, sono da ritenersi assoggettate alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte, le spedizioni per il recupero delle miscele di rifiuti composti da rifiuti anche solo in parte non inclusi nell’allegato III.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza adottata in data 2 dicembre 2019, e depositata in data 27 dicembre 2019, il Tribunale di Bari, pronunciando in sede di riesame su richiesta di Antonio Capillo, quale legale rappresentante di “Vintage s.r.l.”, ha confermato il decreto emesso dal G.i.p. del Tribunale di Bari che aveva disposto il sequestro preventivo impeditivo di cinque trailers e dei rifiuti non pericolosi in essi contenuti.
Il sequestro è stato disposto per il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all’art. 454-quaterdecies cod. pen., commesso in data antecedente e prossima al 28 febbraio 2019, in relazione a materiale destinato all’esportazione in Tunisia, e dichiarato come concernente rifiuti tessili non pericolosi, ma risultato relativo anche ad «un elevato quantitativo di scarpe, borse e giocattoli». Nelle more della procedura di riesame, sono stati dissequestrati i trailers, in quanto appartenenti a terzo proprietario estraneo al reato.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe Antonio Capillo, quale legale rappresentante di “Vintage s.r.l.”, con atto sottoscritto dall’avvocato Luca Vincenzo Castello, articolando un unico motivo, con il quale si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 454-quaterdecies cod. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti del reato ipotizzato.
Si deduce che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la possibilità di classificare con il codice B3030 anche quantità minime di rifiuti non tessili, prevista dall’Allegato III al Regolamento CE 1013/2006 sia collegata esclusivamente all’esigenza di «non danneggiare indumenti destinati al riutilizzo in presenza di bottoni e cerniere la cui eliminazione indubbiamente rovinerebbe per esempio un abito o un vestito».
Si rappresenta, innanzitutto, che la possibilità di classificare con il codice B3030 anche modeste quantità di rifiuti non tessili discende dalle modalità di raccolta: i rifiuti tessili, smaltiti in appositi cassonetti, vengono prima sottoposti a raccolta manuale e controllo visivo, e, quindi, confezionati in “sacchetti originali”, non apribili al fine di «garantire al futuro acquirente la “verginità” del materiale raccolto». Si segnala, poi, che il Ministero dell’Ambiente ha espressamente previsto l’impiego del codice B3030 anche in presenza di pur minime quantità di rifiuti di origine non tessile se queste (a) siano connesse a prodotti classificabili come “abbigliamento” (CER 200110) o “prodotti tessili” (CER 200111), (b) non aumentino i rischi associati ai rifiuti tessili e (c) non impediscano il recupero di questi in modo ecologicamente corretto, e che a queste indicazioni, con apposita circolare, si è adeguata la Direzione centrale antifrode dell’Agenzia delle Dogane. Si osserva, quindi, che la previsione della tolleranza di minime quantità di rifiuti di origine non tessile non può ritenersi collegata alla presenza di bottoni o cerniere, perché questa è connaturata all’abito ed alle sue possibilità di riutilizzo; si aggiunge, ancora, che tale conclusione è confermata dagli esempi esposti nella circolare prot. 0010980 del 28.07.2017 della Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento del Ministero dell’Ambiente, relativi a cinte, borse e scarpe, ossia a materiali esterni agli abiti. Si rileva, infine, che: a) il primo trailer, per un peso complessivo di circa 24.280 kg., conteneva scarpe per 1.152 kg. (incidenza del 5 %) e borse per 23 kg. (incidenza dello 0,1 %); b) il secondo trailer, per un peso complessivo di circa 27.000 kg., conteneva scarpe per 1.728 kg. (incidenza del 6,5 %) e giocattoli per 2,5 kg. (incidenza dello 0,01 %); c) il terzo trailer, per un peso complessivo di circa 26.220 kg., conteneva scarpe per 936 kg. (incidenza del 4 %) e borse per 1,7 kg. (incidenza dello 0,5 %); d) il quarto trailer, per un peso complessivo di circa 24.720 kg., conteneva scarpe per 612 kg. (incidenza del 2,5 %); e) il quinto trailer, per un peso complessivo di circa 26.940 kg., conteneva scarpe per 2.952 kg. (incidenza del 10 %) e borse per 53 kg. (incidenza dello 0,2 %);
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.
2. Le censure, pur contestando la sussistenza del fumus commissi delicti del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, previsto dall’art. 452-quaterdecies cod. pen., investono esclusivamente il profilo della “legittimità” della dichiarazione a fini di esportazione dei rifiuti in sequestro come “tessili”, criticando la conclusione del Tribunale secondo cui i quantitativi di rifiuti non tessili rinvenuti non possono essere classificati tra i primi, con il codice B3030, in quanto occorre considerare la modesta consistenza di essi, la loro connessione con prodotti di abbigliamento, e la loro inidoneità ad aumentare i rischi associati ai rifiuti tessili o ad impedire il recupero ecologicamente corretto di questi ultimi.
Di conseguenza, l’unico aspetto da approfondire nella presente decisione è costituito esclusivamente se, per la tipologia di rifiuti sequestrati, possa ritenersi corretta la dichiarazione degli stessi a fini di esportazione come rifiuti tessili, e, quindi, non “abusiva” la relativa attività di esportazione.
3. La disciplina fondamentale in materia per valutare se si versi in una situazione di «spedizione illegale di rifiuti» è quella posta dall’art. 2, punto 35, del Regolamento CE 1013/2006 (cfr., in giurisprudenza, in questo senso, la puntuale indicazione di Sez. 3, n. 8153 del 30/01/2015, Church, Rv. 262520-01).
3.1. A norma dell’art. 2, paragrafo 1, punto 35, lett. g), del Regolamento CE 1013/2006, per «spedizione illegale [di rifiuti]» si intende, per quanto di interesse in questa sede, «qualsiasi spedizione di rifiuti […] g) per la quale, in relazione alle spedizioni di rifiuti di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 4, sia stato accertato che: i) i rifiuti non sono elencati negli allegati III, III A o III B; […]»
L’art. 3 del Regolamento CE cit. disciplina il “Quadro procedurale generale” previsto per le esportazioni di rifiuti, prevedendo quali di essi sono soggetti alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte, e, quali, invece, ai soli obblighi generali di informazione.
In particolare, il paragrafo 1 dell’art. 3 prevede la procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte per tutti i rifiuti destinati ad operazioni di smaltimento, e per numerose categorie di rifiuti destinati ad operazioni di recupero, tra le quali «i rifiuti elencati nell’allegato IV», «i rifiuti elencati nell'allegato IV A», e «le miscele di rifiuti non classificati sotto una voce specifica degli allegati III, III B, IV o IV A tranne se elencati nell’elenco III A».
Il paragrafo 2 dell’art. 3, poi, stabilisce il meno gravoso assoggettamento agli obblighi generali di informazione per «le spedizioni dei seguenti rifiuti destinati al recupero: a) i rifiuti elencati nell'allegato III o III B, b) le miscele di rifiuti, non classificati sotto una voce specifica dell'allegato III, composte da due o più rifiuti elencati nell'allegato III, sempreché la composizione delle miscele non ne impedisca il recupero secondo metodi ecologicamente corretti e tali miscele siano elencate nell'allegato III A, a norma dell'articolo 58.».
3.2. Sulla base di tale disciplina, sembra corretto concludere che per «spedizione illegale di rifiuti», a norma del Regolamento CE 1013/2006, si intende anche quella effettuata mediante dichiarazione dei soli rifiuti per i quali è prevista la procedura degli obblighi generali di informazione, senza menzionare gli ulteriori rifiuti per i quali, invece, sarebbe necessario ricorrere alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte.
Inoltre, sono da ritenersi assoggettate alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte, le spedizioni per il recupero delle miscele di rifiuti composti da rifiuti anche solo in parte non inclusi nell’allegato III.
4. Nella specie, i rifiuti sequestrati, secondo quanto evidenziato nell’ordinanza impugnata, erano in prevalenza rifiuti tessili, ma tenuti insieme anche con rifiuti non tessili, quali scarpe, borse e giocattoli.
Il Tribunale premette che, mentre i rifiuti consistenti in materie tessili rientrano nell’allegato III (c.d. Elenco Verde) del Regolamento CE 1013/2006, e, quindi, non necessitano di procedura di notifica e autorizzazione preventiva alla spedizione per il recupero, i rifiuti consistenti in scarpe, borse e cinture, in quanto costituiti da cuoio, gomma, pelle e metalli, nonché in giocattoli, in quanto costituiti prevalentemente da plastica, sono inclusi nell’allegato IV (c.d. Elenco Ambra) del Regolamento CE cit., e, quindi, sono sempre assoggettati alla procedura di notifica e autorizzazione preventiva alla spedizione. Aggiunge che i rifiuti non dichiarati – giocattoli, scarpe, borse e cinture – erano posti all’interno delle balle contenenti gli indumenti tessili, come se questo fosse il risultato di una condotta finalizzata al loro occultamento. Osserva, infine, che la Commissione Europea ha precisato che i rifiuti tessili possono essere identificati come tali, con il codice B3030, anche quando sono presenti minime quantità di rifiuti di origine non tessile, purché questi ultimi rientrino nella classificazione CER 20.01.10 “abbigliamento” e 20.01.11 “prodotti tessili”; precisa che questa unitaria classificazione deve ritenersi consentita solo quando i rifiuti di origine non tessile sono parte integrante dei rifiuti tessili, come nel caso di borchie, bottoni o cerniere, e per l’esigenza di non danneggiare beni destinati al riutilizzo.
5. Le conclusioni dell’ordinanza impugnata sono immuni da vizi.
In primo luogo, infatti, non vi sono dubbi che i rifiuti in sequestro costituiscono miscele di rifiuti in parte riconducili all’allegato III del Regolamento CE 1013/2006 e in parte riconducibili all’allegato IV del medesimo Regolamento. Sono stati infatti rinvenuti, come riconosce lo stesso ricorrente, accanto a rifiuti tessili, rifiuti non tessili, relativi a scarpe, borse e giocattoli, e, quindi, classificati nell’allegato IV del Regolamento cit. Di conseguenza, i rifiuti rinvenuti costituiscono miscele di rifiuti in parte non inclusi nell’allegato III, le quali sono assoggettate alla procedura di notifica ed autorizzazione preventiva scritte, a norma dell’art. 3 del Regolamento CE cit.
In secondo luogo, poi, correttamente è stato escluso che, nella specie, ricorra una situazione in cui i rifiuti possono essere dichiarati come tessili, perché a questi sono unite “minime quantità” di rifiuti non tessili. Ed infatti, i limiti entro cui deve essere circoscritta questa deroga agli obblighi di notifica ed autorizzazione preventiva alla spedizione, laddove si ritengono riferiti ai soli rifiuti non tessili che fanno “corpo” con i rifiuti tessili, risultano correttamente individuati. In proposito, può essere utile evidenziare che la risposta della Commissione Europea in data 2 giugno 2016 ad una interrogazione parlamentare UE, reperibile sul sito del Parlamento dell’Unione Europea, ha puntualmente precisato: «I materiali tessili usati da considerarsi rifiuti possono essere classificati sotto la voce B3030 della convenzione di Basilea se sono elencati in uno dei trattini o dei sottotrattini della voce in questione e non sono mescolati con altri rifiuti. […] In occasione della riunione del 7 ottobre 2014, i corrispondenti per le spedizioni di rifiuti dell'UE hanno riconosciuto che piccole quantità di articoli non elencati sotto la voce B3030 (ad esempio articoli in cuoio, quali scarpe o cinture) possono essere spesso presenti nelle raccolte di rifiuti tessili. In tali casi, il ricorso alla voce B3030 è giustificato se i rifiuti tessili sono opportunamente selezionati di modo che tutti gli altri articoli non tessili siano rimossi prima della spedizione».
6. Alla infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18/09/2020