 Cass. Sez. III n. 15593 del 19 aprile 2004 (UD. 24 mar. 2011)
Cass. Sez. III n. 15593 del 19 aprile 2004 (UD. 24 mar. 2011)
Pres. Petti Est. Teresi Ric.Sirolesi
Rifiuti.Materiali ammassati alla "rinfusa"
Integra il reato di deposito incontrollato di rifiuti (art. 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) l'attività di stoccaggio e smaltimento di materiali eterogenei ammassati alla rinfusa, senza alcuna autorizzazione, su un'area rientrante nella disponibilità dell'imputato.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. PETTI    Ciro              - Presidente  - del 24/03/2011
 Dott. TERESI   Alfredo      - rel. Consigliere - SENTENZA
 Dott. LOMBARDI Alfredo Maria     - Consigliere - N. 658
 Dott. ROSI     Elisabetta        - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. GAZZARA  Santi             - Consigliere - N. 33761/2010
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Sirolesi Valentino, nato a Corridonia il 2.03.1940;
 avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Macerata in data  			18.09.2009 che lo ha condannato alla pena di Euro 3.000 d'ammenda  			quale colpevole dei reati di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51,  			comma 1, lett. a) e art. 674 cod. pen.;
 Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
 Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott.  			Alfredo Teresi;
 Sentito il P.M. nella persona del PG dott. D'Angelo Giovanni, che ha  			chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza per essere i reati  			estinti per prescrizione.
 OSSERVA
 Con sentenza in data 18.09.2009 il Tribunale di Macerata condannava  			Sirolesi Valentino, quale responsabile di cantiere della ditta  			Sirolesi costruzioni s.r.l., alla pena di Euro 3.000 d'ammenda  			- per avere, in assenza di autorizzazione, effettuato attività di  			smaltimento, all'interno di un cantiere edile, di rifiuti speciali  			non pericolosi (pezzi di legno, tubi di plastica, sacchetti di malta)  			mediante incenerimento, nonché attività di messa in riserva e di  			smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi (residui di  			costruzioni edili, bottiglie di plastica e di vetro, imballaggi,  			sacchetti di malta);
 - per avere, mediante la suddetta attività d'incenerimento,  			provocato emissioni di fumo atte a molestare le persone.  			Proponeva appello l'imputato deducendo:
 - per il reato di smaltimento dei rifiuti, che la combustione dei  			rifiuti urbani, all'interno del cantiere, era stata modesta e,  			comunque, compatibile con l'esercizio dell'impresa;
 - per la messa in riserva di rifiuti, che mancava l'elemento  			oggettivo del reato sussistendo un deposito temporaneo di rifiuti  			prodotti all'interno del cantiere;
 - per il reato di cui all'art. 674 cod. pen., che non era state  			obiettivamente costatate esalazioni moleste essendo contraddittorie  			le dichiarazioni degli accertatori.
 Chiedeva l'annullamento della sentenza anche per la maturata  			prescrizione dei reati.
 Con provvedimento del 20.08.2008 gli atti venivano trasmessi a questa  			Corte ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 5.
 L'impugnazione è manifestamente infondata e deve essere dichiarata  			inammissibile con le conseguenze di legge.
 Con essa si propongono censure in fatto che distorcono la sostanza  			del provvedimento impugnato che, invece, possiede un valido apparato  			argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate acquisizioni  			processuali quanto alla sussistenza a carico dell'imputato di  			specifici e concreti elementi di prova sulla commissione dei reati.  			I giudici di merito hanno, infatti, accertato che nel cantiere edile  			era stato accumulato alla rinfusa un consistente quantitativo di  			rifiuti eterogenei in parte dato alle fiamme, come direttamente  			costatato da agenti della Polizia provinciale che videro bruciare  			tubi di plastica, tubi utilizzati per gli impianti elettrici,  			sacchetti di malte, pezzi di legno e di nylon.
 Da ciò consegue che i rifiuti non erano riutilizzati con corrette  			modalità di recupero e che non potevano costituire deposito  			temporaneo.
 La sentenza, quindi, ha correttamente ritenuto ricorrenti le  			condizioni che integrano il concetto normativo di smaltimento di  			rifiuti, nella specie costituiti da eterogenei materiali, accumulati  			alla rinfusa sull'area di lavoro.
 L'area dell'accumulo era stata adibita, di fatto, a deposito,  			mediante una condotta consistente nell'abbandono - per un tempo  			apprezzabile anche se non determinato - di una discreta quantità di  			rifiuti eterogenei.
 Il reato di deposito incontrollato di rifiuto si configura, infatti,  			quando si accerti attività di stoccaggio e smaltimento di rifiuti,  			dovendosi considerare tali i materiali ammassati alla rinfusa, senza  			autorizzazione alcuna, sull'area di cui l'imputato abbia la  			disponibilità.
 Generica e in fatto è la censura sulla condanna per il reato di cui  			all'art. 674 cod. pen. che poggia sulla testimonianza dei  			verbalizzanti che si recarono presso il cantiere in quanto attirati  			dal denso fumo nero che dallo stesso proveniva e che era tale da  			arrecare potenziali molestie agli abitanti della zona, come accertato  			con le acquisite testimonianze.
 In conclusione, non è ravvisabile il dedotto vizio di motivazione  			poiché questo sussiste, secondo la giurisprudenza pacifica di questa  			Corte, quando l'iter argomentativo che ha condotto alla decisione si  			dimostri incompleto, avulso dalle risultanze di causa, privo del  			necessario rigore, non già quando il giudice ha valutato gli  			elementi probatori in difformità alla ricostruzione dei fatti  			proposta dalla parte, alla quale non è consentito trasformare in  			maniera surrettizia il controllo di legittimità sul provvedimento  			impugnato in un giudizio di merito.
 La manifesta infondatezza del ricorso preclude l'applicazione di  			eventuali sopravvenute cause di estinzione del reato (Cassazione SU  			n. 32/2000, De Luca), sicché grava sul ricorrente l'onere delle  			spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di  			una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.  			P.Q.M.
 La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente  			al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma  			di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.
 Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 24 marzo 2011.  			Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2011
 
                    




