Consiglio di Stato Sez. IV n.8268 del 15 ottobre 2024
Rifiuti.Discarica e garanzie finanziarie
La discarica - il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e di cui sia stata disposta la chiusura - non è un impianto chiuso, bensì un impianto che non può ricevere ulteriori conferimenti; infatti, ai sensi dell'art. 12 comma 3, d.lg. n. 36 del 2003, la discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione, di cui all'art.10, ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'art. 10 comma 1 lett. l), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura; in effetti, fino alla chiusura della discarica nei termini anzidetti, il gestore è responsabile, in conformità all'art. 13 citato della corretta gestione operativa dell'impianto, che prevede il rispetto delle prescrizioni dell'autorizzazione, comprese quelle relative alla chiusura, il rispetto della normativa ambientale (rifiuti, scarichi, acque, emissioni), nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica; la garanzia di gestione operativa (art. 14, comma 1) assicura, dunque, tali adempimenti e deve essere prestata fino alla definitiva chiusura della discarica ai sensi del succitato art. 12, comma 3. La discarica sia dotata in ogni fase del suo ciclo (attivazione, gestione, chiusura, post-chiusura) di un'adeguata garanzia finanziaria onde evitare di porre a carico della collettività i costi ed i rischi connessi alla sua gestione. Tale disposizione trova applicazione sia per le discariche nuove e adeguate, sia (e a maggior ragione) per quelle il cui piano di adeguamento non sia stato approvato. Infatti, non può ammettersi che il principio di precauzione possa non operare nell'ipotesi di discarica il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e ritenuta pertanto meritevole di chiusura, ponendosi peraltro in questo caso inammissibilmente ed irragionevolmente a carico della collettività i costi ed i rischi della chiusura di un impianto non adeguabile, così che non possono essere invocati al riguardo i principi costituzionali di cui all'articolo 41 e 53.
Pubblicato il 15/10/2024
N. 08268/2024REG.PROV.COLL.
N. 08555/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8555 del 2020, proposto da Romanello Ambiente S.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca De Pauli e Luca Mazzeo, con domicilio eletto presso lo studio Luca Mazzeo in Roma, via Eustachio Manfredi 5;
contro
Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Beatrice Croppo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di Campoformido, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale – Asufc, Arpa – Fvg, non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 334/2020
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Friuli Venezia Giulia;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 18 settembre 2024 il Cons. Sergio Zeuli
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dalla parte appellante per l’annullamento del decreto della Direzione Centrale Difesa dell’Ambiente, Energia e Sviluppo Sostenibile della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia n. 4137/AMB del 16.10.2019, nella parte in cui, alla clausola n. 5 del dispositivo, ha previsto che dovessero rimanere “ferme ed immutate tutte le disposizioni e prescrizioni contenute nei provvedimenti precedentemente emessi, in particolare l'obbligo di fornire le garanzie finanziarie di post gestione del primo lotto e di gestione del secondo lotto della discarica di cui al progetto per la sistemazione definitiva del comparto 2 della discarica di 1^ categoria sita in Comune di Campoformido, località Prati di San Daniele, fraz. Basaldella”, e di tutti gli altri atti, connessi, presupposti e conseguenti.
Avverso la decisione sono dedotti i seguenti motivi di appello:
I. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e 17 D.Lgs. 36/2003, dell’art. 2 Cost., nonché dell’art. 10 della direttiva 1999/31/CE e degli artt. 2 e 4 D.P.Reg. 11.08.2005 n. 0266/Pres. e dell’art. 2 D.Lgs. 22/1997 – Travisamento – Errore di fatto e di diritto – Violazione dei principi di uguaglianza e proporzionalità;
II. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 14 e 17 D.Lgs. 36/2003, nonché dell’art. 10 della direttiva 1999/31/CE e degli artt. 2 e 4 D.P.Reg. 11.08.2005 n. 0266/Pres. – Difetto di motivazione – Travisamento – Contraddittorietà.
2. Si è costituita in giudizio la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.
3. A volerla riassumere nei suoi aspetti salienti, la presente controversia inizia, nel 2005, con il piano di adeguamento della discarica composta da due lotti (Lotto 1 e Lotto 2), sita in Comune di Campoformido, in località Prati di S. Daniele, presentato dalla Cartiera Romanello s.p.a., poi trasferita alla parte appellante, redatto in adempimento di quanto previsto dall’art. 17 del d. lgs. n. 36 del 2003.
A seguito di controlli eseguiti da ARPA e dalla provincia di Udine, veniva riscontrata la presenza nell’area destinata a discarica, di percolato nei pozzi spia del lotto 1 e 2 della discarica, uno dei quali, precisamente il secondo, risultava anche occluso.
Il monitoraggio faceva emergere così l’avvenuto superamento delle soglie di contaminazione, con conseguente denuncia dell’impresa ed avvio del procedimento di bonifica, con la prescrizione di porre in essere le misure di sicurezza d’emergenza.
Per questi motivi il piano di adeguamento non veniva approvato nella parte relativa al primo lotto, che conseguentemente veniva chiuso. Per il resto era viceversa approvato, anche se con prescrizioni, nella parte che riguardava il secondo lotto. In particolare, con riferimento a quest’ultimo il piano di sicurezza veniva approvato dalla provincia, ancorché avesse bisogno, per divenire efficace, di ottenere l’Autorizzazione Integrata Ambientale.
La Giunta Regionale, con la delibera n. 1612/2012 del 20 settembre del 2012, emetteva parere contrario in merito alla compatibilità ambientale del progetto della riguardante il secondo lotto della discarica, che, nel frattempo, era stato ceduto dalla Romanello Ambiente s.r.l. alla EXE s.p.a.
Di conseguenza la provincia, con la nota del 30 novembre del 2012, essendone prossima la scadenza, ed avendo preso atto della mancata approvazione invitava la società Romanello – posta, nelle more, in liquidazione - ad estendere la durata della fideiussione almeno per ulteriori due anni rinnovabili, o, in alternativa, a prestare una nuova garanzia finanziaria della medesima entità della precedente.
Poiché nel frattempo il TAR Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 372/2015 del 4 agosto 2015 aveva accolto il ricorso proposto da EXE avverso il diniego di approvazione del progetto di messa in sicurezza, la provincia decideva di soprassedere temporaneamente dal procedimento di diffida nel frattempo avviato contro la società Romanello, salvo successivamente riprenderlo dopo che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1063/2016 accoglieva l’appello riformando la sentenza di primo grado.
All’esito di ulteriori interlocuzioni con le competenti autorità e di una Conferenza di servizi appositamente convocata – nel frattempo le funzioni in materia erano state, ex lege trasferite dalla provincia alla regione - e dopo che era stato approvato, con il provvedimento impugnato, il piano di messa in sicurezza del lotto 2 proposto dalla parte appellante, quest’ultima proponeva ricorso avverso la ricordata clausola contenuta nel medesimo provvedimento nella parte in cui lasciava “ferme ed immutate tutte le disposizioni e prescrizioni contenute nei provvedimenti precedentemente emessi, in particolare l’obbligo di fornire le garanzie finanziarie di post gestione del primo lotto e di gestione del secondo lotto della discarica.”
Come detto la sentenza impugnata ha rigettato il ricorso ritenendo che la provincia avesse correttamente applicato le previsioni di cui al d. lgs. n.36/2003 e di cui al regolamento regionale 266/2005 emanato per l’attuazione delle previsioni legali.
4. Il primo motivo d’appello contesta l’illegittimità del citato regolamento Decreto del Presidente della Regione n. 266/2005 – nella parte in cui disciplina le garanzie finanziarie - per violazione degli artt. 14 e 17 del d. lgs. n. 36/2003, oltre che delle corrispondenti norme unionali. Regolamento sulla cui base sono state previste le clausole che imponevano il rinnovo delle garanzie.
In particolare, la parte appellante sostiene che l’atto regolativo violerebbe il principio di proporzionalità, nella parte in cui non prevede la possibilità di ridurre l’ammontare delle fideiussioni previste dall’art. 14 del d. lgs. 36 citato, in ragione delle diverse fasi di vita della discarica stessa, e, in particolare, della fase di chiusura, che progressivamente riducono i rischi connessi alla stessa e che dovrebbero trovare un riconoscimento nella rimodulazione al ribasso dei valori garantiti.
Tanto – opina la doglianza in esame – sarebbe evidente anche dall’art. 10 della direttiva CE 1999/31, che prevede che i costi derivanti dall’impianto e dal suo esercizio, comprese le garanzie finanziarie, debbano essere coperti dai prezzi di smaltimento dei rifiuti, il che necessariamente impone la riduzione delle suddette garanzie, allorquando la discarica cessi la sua attività.
Del resto che ci sia una possibilità di determinare la garanzia, secondo la prospettazione in esame, troverebbe conferma nell’art. 1, comma 2, del regolamento regionale n. 266/2005, che prevede la necessaria prestazione di “garanzie finanziarie” declinando il sostantivo al plurale, e così implicitamente ammettendone la variabilità.
E poiché nel caso di specie la discarica, sin dal 2005, era stata chiusa non essendo stato approvato il piano di adeguamento, era evidente che, da un lato, non vi era la possibilità di recuperare il costo delle garanzie, almeno non nella misura originariamente determinata, e dall’altro, che non vi era più una discarica da attivare e da gestire – che come tale esige robuste garanzie assicurative - ma solo un impianto da chiudere, con conseguente insussistenza, in capo alla parte appellante, del prospettato obbligo di garanzia, almeno nell’entità pretesa dalla parte appellata.
5. Il secondo motivo d’appello – che può essere trattato congiuntamente al primo - contesta alla sentenza gravata che, anche considerando quanto sostenuto dal parere del Consiglio di Stato Sezione Consultiva atti normativi n.01055/2020, l’amministrazione avrebbe dovuto valutare la specificità della situazione venutasi a creare, onde evitare disparità di trattamento e danni alla concorrenza. Infatti la richiesta di rinnovo delle medesime garanzie, nella loro originaria entità, sarebbe impropria perché non terrebbe conto della laboriosità occorsa nelle procedure di approvazione del progetto di definitiva messa in sicurezza, le quali, da un lato, avevano aumentato i costi di chiusura, e dall’altro, anche se dopo molto tempo, essendosi positivamente concluse, avevano significativamente ridotto i rischi connessi all’impianto, con una modifica della situazione originariamente valutata che andava debitamente considerata.
6. Entrambi i motivi sono infondati.
6.1. Innanzitutto, con riferimento alla graduabilità delle garanzie ed alla loro modifica, a seconda delle fasi di vita della discarica, questo consesso si è già pronunciato, in senso negativo, con riferimento a doglianze consimili, sollevate, in altro processo, dalla medesima parte appellante.
Non vi è motivo di discostarsi dalle considerazioni ivi espresse che, per comodità espositive si riportano.
Infatti, nell’occasione, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha sostenuto che “la discarica - il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e di cui sia stata disposta la chiusura - non è un impianto chiuso, bensì un impianto che non può ricevere ulteriori conferimenti; infatti, ai sensi dell'art. 12 comma 3, d.lg. n. 36 del 2003, la discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione, di cui all'art.10, ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'art. 10 comma 1 lett. l), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura; in effetti, fino alla chiusura della discarica nei termini anzidetti, il gestore è responsabile, in conformità all'art. 13 citato della corretta gestione operativa dell'impianto, che prevede il rispetto delle prescrizioni dell'autorizzazione, comprese quelle relative alla chiusura, il rispetto della normativa ambientale (rifiuti, scarichi, acque, emissioni), nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica; la garanzia di gestione operativa (art. 14, comma 1) assicura, dunque, tali adempimenti e deve essere prestata fino alla definitiva chiusura della discarica ai sensi del succitato art. 12, comma 3.” Consiglio di Stato sez. V, 11/06/2018, n. 3585
Dal canto suo, sempre intervenendo su di un contenzioso avviato dalla parte appellante, la sentenza n. 3610 del Consiglio di Stato V Sezione dell’11 giugno del 2018, dopo aver ricordato che l’art. 14 del d. lgs. 36 2003 prevede “che la discarica sia dotata in ogni fase del suo ciclo (attivazione, gestione, chiusura, post-chiusura) di un'adeguata garanzia finanziaria onde evitare di porre a carico della collettività i costi ed i rischi connessi alla sua gestione”, ha aggiunto che: “tale disposizione trova applicazione sia per le discariche nuove e adeguate, sia (e a maggior ragione) per quelle il cui piano di adeguamento non sia stato approvato.
Infatti, non può ammettersi che il principio di precauzione possa non operare nell'ipotesi di discarica il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e ritenuta pertanto meritevole di chiusura, ponendosi peraltro in questo caso inammissibilmente ed irragionevolmente a carico della collettività i costi ed i rischi della chiusura di un impianto non adeguabile, così che non possono essere invocati al riguardo i principi costituzionali di cui all'articolo 41 e 53 (cfr. Consiglio di Stato 8 aprile 2014, n. 1662).
Fino alla chiusura della discarica, nei termini anzidetti, il gestore è responsabile, in conformità all'art. 13 del decreto legislativo de quo, della corretta gestione operativa dell'impianto, che prevede, tra le altre cose, il rispetto delle prescrizioni dell'autorizzazione, comprese quelle relative alla chiusura, il rispetto della normativa ambientale (rifiuti, scarichi, acque, emissioni), nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica. art. 14 del d. lgs. 36 - 2003 (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1662 e Consiglio di Stato, sez. V, 21 novembre 2014, n. 5758).
Quest'ultimo articolo prevede che la discarica sia dotata in ogni fase del suo ciclo (attivazione, gestione, chiusura, post-chiusura) di un'adeguata garanzia finanziaria onde evitare di porre a carico della collettività i costi ed i rischi connessi alla sua gestione.
Tale disposizione trova applicazione sia per le discariche nuove e adeguate, sia (e a maggior ragione) per quelle il cui piano di adeguamento non sia stato approvato.
Infatti, non può ammettersi che il principio di precauzione possa non operare nell'ipotesi di discarica il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e ritenuta pertanto meritevole di chiusura, ponendosi peraltro in questo caso inammissibilmente ed irragionevolmente a carico della collettività i costi ed i rischi della chiusura di un impianto non adeguabile, così che non possono essere invocati al riguardo i principi costituzionali di cui all'articolo 41 e 53 (cfr. Consiglio di Stato 8 aprile 2014, n. 1662).
Occorre, inoltre, evidenziare che una discarica il cui piano di adeguamento non sia stato approvato e di cui sia stata disposta la chiusura non è considerata dal legislatore un impianto chiuso, semmai un impianto che non può ricevere ulteriori conferimenti.
Ai sensi dell'articolo 12, comma 3, d.lgs. n. 36-2003, infatti, "la discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione, di cui all'articolo 10, ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera l), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura".
Fino alla chiusura della discarica, nei termini anzidetti, il gestore è responsabile, in conformità all'art. 13 del decreto legislativo de quo, della corretta gestione operativa dell'impianto, che prevede, tra le altre cose, il rispetto delle prescrizioni dell'autorizzazione, comprese quelle relative alla chiusura, il rispetto della normativa ambientale (rifiuti, scarichi, acque, emissioni), nonché la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le opere funzionali ed impiantistiche della discarica.
La garanzia di gestione operativa (articolo 14 comma 1) assicura, dunque, tali adempimenti e deve essere prestata fino alla definitiva chiusura della discarica ai sensi del citato articolo 12 comma 3.“
Tanto premesso, essendo condivisibili, le considerazioni espresse nei due precedenti sopra riportati dequotano significativamente entrambi i motivi in esame.
6.2. Quanto al plurale della parola “garanzia” utilizzato dall’art. 2 del Regolamento n. 266 del 2005 esso, lungi dall’ammettere, come preteso dall’appellante, la progressiva riduzione dell’ammontare della garanzia nelle successive fasi di vita della discarica, nel caso di depotenziamento o anche di cessazione della capacità produttiva, si riferisce invece alle diverse tipologie di garanzia che a norma del d. lgs. 36 del 2003 il gestore è tenuto a prestare, oltre che alla possibilità che le garanzie differiscano con riferimento a singoli lotti.
Il che spiega la declinazione della parola nella forma al plurale e con essa, l’infondatezza della deduzione in analisi.
6.3. Quanto infine alla necessità che i costi della discarica, compresi quelli necessari al pagamento delle garanzie, debbano trovare copertura dagli utili derivanti dall’attività di smaltimento rifiuti, si osserva che la circostanza è smentita dalla previsione contenuta nello stesso articolo 10 della direttiva 1999/31 che prevede che anche i costi stimati di chiusura nonché quelli di gestione successiva alla chiusura per un periodo di almeno trenta anni siano “coperti dal prezzo applicato dal gestore per lo smaltimento di qualsiasi tipo di rifiuti”.
Del resto la lettura alternativa proposta non avrebbe senso in un’ottica di efficace tutela ambientale perché che consentirebbe al gestore di una discarica successivamente chiusa di sottrarsi parzialmente agli obblighi di post-gestione, in caso di carenza di fondi, mentre la disposizione prevede esattamente il contrario. Infatti, su costui, sin dall’inizio della gestione, incombe un obbligo di programmazione, anche economica, che preveda lo stanziamento di fondi a pagamento di garanzie che coprano i rischi connessi alla fase successiva alla chiusura, che pure sono frequenti e dunque concreti.
7. Il sub-motivo al primo motivo d’appello contesta poi la clausola impugnata, sostenendo che in occasione delle attività di chiusura della discarica, non dovrebbe potersi pretendere la stessa garanzia prestata a copertura dei rischi di gestione. E che, di conseguenza, l’oggetto della fideiussione, così come il titolo su cui si fonda, avrebbe dovuto essere modificato.
7.1. Il motivo è infondato, in quanto lo stesso regolamento regionale citato disciplina questa fattispecie, prevedendo all’art. 8, comma 1, che <<1. I soggetti autorizzati prima del 27 marzo 2003, la cui discarica ha raggiunto l’ottanta per cento della capacità autorizzata prima di detta data hanno una riduzione del quaranta per cento degli importi indicati nell’articolo 4.>>.
Il medesimo regolamento, con riferimento alle garanzie di post-gestione, prevede inoltre all’art. 5, comma 2 bis, quanto segue: << La garanzia finanziaria per la gestione successiva alla chiusura può essere parzialmente svincolata fino ad un massimo dell’ottanta per cento dopo dieci anni dalla data di comunicazione della chiusura, previo nulla osta dell’autorità competente adottato sulla base di idonea documentazione tecnica attestante il completo adempimento delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni rilasciate. La restante quota della garanzia può essere svincolata dopo trenta anni dalla data di comunicazione della chiusura previa verifica da parte dell’autorità competente della mancata necessità di ulteriori interventi di gestione successiva alla chiusura.>>
Riduzione che peraltro sono state applicare alla parte appellante che ha ottenuto lo svincolo del 70% della garanzia di post gestione dopo la definitiva chiusura del lotto 1.
7.2. La concreta determinazione delle garanzie finanziarie è stata poi effettuata in conformità ai criteri indicati nella tabella A allegata al Regolamento, ossia si è basata sulla superficie effettiva finale di ricopertura e sulla capacità totale di riempimento autorizzata.
8. In definitiva questi motivi inducono al rigetto del gravame. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese processuali che si liquidano in complessivi euro 4000,00 (euroquattromila,00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio celebratasi da remoto del giorno 18 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore
Carmelina Addesso, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere