TAR Abruzzo (AQ) Sez. I sent. 140 del 10\3\2009
Urbanistica. Muro di sostegno e distanze
La circostanza che una concessione limiti l’altezza di un muro a tre metri non elide affatto la sua natura di costruzione ed impone in ogni caso il rispetto dei cinque metri dal confine.
Urbanistica. Muro di sostegno e distanze
La circostanza che una concessione limiti l’altezza di un muro a tre metri non elide affatto la sua natura di costruzione ed impone in ogni caso il rispetto dei cinque metri dal confine.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 514 del 2003, proposto da:
Butticci Franco, rappresentato e difeso dall'avv. Fernando Romano, con domicilio eletto presso avv. Mario Sevi in L'Aquila, viale Caduti di via Fani N.3 (N.I.);
contro
Comune di Civitella Roveto;
nei confronti di
Alfano Domenico, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Pomponio, con domicilio eletto presso avv. Guido Perfetti in L'Aquila, via Giovanni Pascoli N. 1/A (N.I.);
per l'annullamento
della concessione edilizia in sanatoria n.50/95 rilasciata dal Comune di Civitella Roveto in favore del controinteressato e di ogni atto presupposto e successivo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Alfano Domenico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/02/2009 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso epigrafato Butticci Franco impugna la concessione edilizia in sanatoria meglio sopra individuata rilasciata dal Comune di Civitella Roveto in favore del controinteressato Alfano Domenico.
Espone il ricorrente di essere proprietario di un terreno edificatorio con soprastante fabbricato in Civitella Roveto via Meta (in catasto con f.7 p.lla 452), confinante ai lati nord ed ovest con altro fondo di proprietà dell’Alfano; il fondo di proprietà del ricorrente risulta sottoposto a quello di proprietà dell’Alfano che ha realizzato un muro di sostegno lungo tutto il confine per un’altezza variabile da m.1 a m.4,60 a seguito di rilascio di concessione edilizia (n.3 bis del 22.4.1985) annullata dal TAR con sentenza n.344 del 3.6.1999; il Comune rilasciava in seguito all’Alfano la concessione in sanatoria impugnata con il presente ricorso, precisando che detta concessione riguardava i lavori di completamento del muro a confine per un’altezza di m.3,00 e che per la parte eccedente si sarebbe proceduto a termini di legge.
Da qui il ricorso che deduce:
1) Difetto di istruttoria, inesistenza del presupposto, travisamento dei fatti, violazione delle norme del piano regolatore del Comune di Civitella Roveto; violazione della normativa di cui all’art. 13 L.47/85: la concessione in sanatoria è inficiata da tute le violazioni già evidenziate nel precedente ricorso e nella sentenza TAR n.344/99; il muro in questione non è muro di confine ma costruzione tenuta al rispetto dell’obbligo delle distanze dal confine; il muro è posto a distanza inferiore di m.5 dal confine e non poteva dunque essere sanato;
2) Violazione dell’art. 13 L.47/85. Illogicità. Contraddittorietà della concessione edilizia in sanatoria. Perplessità, erroneità del presupposto: la concessione edilizia in sanatoria prevede la realizzazione di un’opera diversa rispetto a quanto edificato (con sopraelevazione di parte del muro e “ribassamento” rispetto ad altro tratto); inoltre la concessione in questione è stata rilasciata quando ancora la originaria concessione n.3 bis del 22.4.1985 non era stata annullata.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso .
Si costituiva il controinteressato che deduceva che il ricorrente non era proprietario del fondo ma solo usufruttuario per una quota pari alla metà dell’intero, dal che il difetto di legittimazione attiva e, in subordine, la necessità di integrare il contraddittorio agli effettivi titolari del diritto; inoltre lo stesso Butticci aveva edificato a distanza inferiore al confine determinando l’abbassamento del piano di campagna; nel caso di specie, inoltre, il muro adempie anche ad una funzione di sostegno e non può essere considerato costruzione ai fini dell’osservanza delle distanze legali.
Le parti depositavano memorie.
All’esito della pubblica udienza dell’11 febbraio 2009, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il ricorrente impugna la concessione edilizia in sanatoria rilasciata in favore del controinteressato e relativa ad un muro di sostegno realizzato a confine già oggetto di un precedente contenzioso definito innanzi al TAR Abruzzo – L’Aquila, con la sentenza n.344 del 1999.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del ricorrente che non sarebbe proprietario del suolo interessato dalla costruzione contestata, ma mero usufruttuario pro quota dello stesso.
Occorre in proposito rilevare che, in quanto co-usufruttuario, il Butticci è pienamente legittimato alla proposizione del ricorso, posto che la titolarità di un diritto reale sull’immobile (quale è appunto l’usufrutto) lo pone in una situazione certamente differenziata rispetto al quivis de populo ed integra, sotto altro profilo, una relazione qualificata sul bene che lo legittima ad insorgere avverso gli atti amministrativi che ne condizionano o ne limitano il godimento.
Né occorre, come prospetta la difesa del controinteressato, alcuna integrazione del contraddittorio agli altri soggetti titolari di posizioni legittimanti al pari del Butticci, che sarebbero al più co-interessati e non certo necessari contraddittori.
Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto.
Si è già rilevato che, con sentenza n.344 del 1999, il TAR Abruzzo ebbe ad annullare la concessione edilizia già rilasciata all’Alfano per la costruzione del muro di sostegno a confine con la proprietà Butticci.
Per quanto rileva in questa sede, il TAR ebbe a qualificare l’opera in questione come costruzione tenuta al rispetto delle distanze legali dai confini.
In particolare, osservava il TAR: “I muri di cinta tra fondi a dislivello che, oltre ad essere destinati alla delimitazione e alla difesa del fondo, assolvono anche all’ulteriore funzione di contenere e sostenere la scarpata o il terrapieno, e che danno luogo al dislivello tra i due fondi limitrofi non rientrano, come accade normalmente per i muri di cinta, nella categoria dei muri isolati o liberi da entrambe le facce. Essi, pertanto, facendo corpo con il terreno che contengono e modificando, in particolare, attraverso l’opera dell’uomo, lo stato naturale dei luoghi con la costruzione di un manufatto, sono idonei a creare intercapedini nocive con l’altrui costruzione, con conseguente necessità di verificare in ciascuna concreta fattispecie se, avuto riguardo allo loro particolari caratteristiche strutturali e dimensioni, siano da considerare o meno alla stregua di un muro di fabbrica agli effetti delle distanze legali (Cass. 15.10.1983, n.6060). Che nella specie il manufatto realizzato costituisca muro di fabbrica e non semplicemente muro di cinta, non v’è dubbio, ove si consideri che il muro autorizzato, in cemento armato, ha una larghezza di 50 cm. e una altezza che varia dai mt.1,00 ai m.4,60, misure, queste, peraltro, che, in sede esecutiva, sono state ampiamente superate, atteso che l’altezza del muro “varia da un minimo di mt.3,20 ad un massimo di 4.95 mt)…Orbene il muro di cinta, ai sensi dell’art. 878 C.C. (e ogni altro muro isolato), non è considerato ai fini del computo della distanza non minore di tre metri dal confine (ex art. 873 C.C.) o della diversa distanza stabilita da regolamenti locali, ove non abbia un’altezza superiore ai tre metri. La concessione edilizia rilasciata, che ha accolto l’istanza di costruzione del muro dei signori Alfano secondo il progetto da questi presentato, progetto che prevedeva appunto un muro alto da mt.1 a mt.4,60, nulla specificando al riguardo, deve ritenersi illegittima, perché ha autorizzato non un semplice muro di cinta, ma un muro che ha la consistenza di una vera e propria costruzione che poteva essere realizzata solo a mt.5 dal confine del lotto del ricorrente, tale essendo la distanza minima dai confini prevista per le costruzioni dall’art. 20 delle N.T.A. del P.R.R. per la zona B3 di completamento in cui ricade il terno de quo. La prova che si tratti di un muro di fabbrica è costituita dalla struttura e dalla larghezza del muro stesso, in c.a. e di ben cm.50, che doveva assolvere alle funzione di contenimento della terra che ad esso è stata addossata per dar luogo ad un piano di campagna diverso dall’originario (c.d. terrapieno). Il terrapieno costituisce a tutti gli effetti, nella specie, attesa la sua consistenza, vera e propria costruzione e come tale tenuta al rispetto delle norme che disciplinano le distanze delle costruzioni dai confini”.
Per quanto sopra detto, l’annullamento delle concessione edilizia è dipeso dalla qualificazione dell’opera che, in ragione della sua entità (struttura e larghezza) e funzione (contenimento di terrapieno), è stata definita come “costruzione” e dunque tenuta all’obbligo delle distanze legali dai confini.
Le considerazioni che precedono, in tutto condivisibili, sono tuttavia applicabili anche alla costruzione autorizzata con la concessione in sanatoria impugnata.
Invero, la evidenziata circostanza che la concessione limiti l’altezza del muro a tre metri non elide affatto la sua natura di costruzione, così come condivisibilmente già ritenuta dal TAR (e, peraltro, anche dal Giudice civile; cfr. Tribunale Avezzano, n.1061/04, pag.6), ed impone in ogni caso il rispetto dei cinque metri dal confine.
Nondimeno, tale rispetto non risulta affatto ottemperato, posto che, come risulta dalla sentenza del Tribunale di Avezzano in atti (n.1061/04, passata in giudicato), il muro de quo (di cui quello sanato con il provvedimento impugnato costituisce modifica solo quanto all’altezza), lungi dal rispettare la distanza legale, insiste addirittura sulla particella n.452 del foglio 7 di proprietà degli attori (tra cui il Butticci, odierno ricorrente).
Tanto è sufficiente a ritenere del tutto illegittima la concessione in sanatoria rilasciata che va pertanto annullata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l’Abruzzo – l’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna il Comune di Civitella Roveto e il controinteressato in solido e in parti uguali al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del ricorrente che si liquidano nella complessiva comma di euro 3.000 (tremila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 11/02/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Catoni, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/03/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 514 del 2003, proposto da:
Butticci Franco, rappresentato e difeso dall'avv. Fernando Romano, con domicilio eletto presso avv. Mario Sevi in L'Aquila, viale Caduti di via Fani N.3 (N.I.);
contro
Comune di Civitella Roveto;
nei confronti di
Alfano Domenico, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Pomponio, con domicilio eletto presso avv. Guido Perfetti in L'Aquila, via Giovanni Pascoli N. 1/A (N.I.);
per l'annullamento
della concessione edilizia in sanatoria n.50/95 rilasciata dal Comune di Civitella Roveto in favore del controinteressato e di ogni atto presupposto e successivo.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Alfano Domenico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/02/2009 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso epigrafato Butticci Franco impugna la concessione edilizia in sanatoria meglio sopra individuata rilasciata dal Comune di Civitella Roveto in favore del controinteressato Alfano Domenico.
Espone il ricorrente di essere proprietario di un terreno edificatorio con soprastante fabbricato in Civitella Roveto via Meta (in catasto con f.7 p.lla 452), confinante ai lati nord ed ovest con altro fondo di proprietà dell’Alfano; il fondo di proprietà del ricorrente risulta sottoposto a quello di proprietà dell’Alfano che ha realizzato un muro di sostegno lungo tutto il confine per un’altezza variabile da m.1 a m.4,60 a seguito di rilascio di concessione edilizia (n.3 bis del 22.4.1985) annullata dal TAR con sentenza n.344 del 3.6.1999; il Comune rilasciava in seguito all’Alfano la concessione in sanatoria impugnata con il presente ricorso, precisando che detta concessione riguardava i lavori di completamento del muro a confine per un’altezza di m.3,00 e che per la parte eccedente si sarebbe proceduto a termini di legge.
Da qui il ricorso che deduce:
1) Difetto di istruttoria, inesistenza del presupposto, travisamento dei fatti, violazione delle norme del piano regolatore del Comune di Civitella Roveto; violazione della normativa di cui all’art. 13 L.47/85: la concessione in sanatoria è inficiata da tute le violazioni già evidenziate nel precedente ricorso e nella sentenza TAR n.344/99; il muro in questione non è muro di confine ma costruzione tenuta al rispetto dell’obbligo delle distanze dal confine; il muro è posto a distanza inferiore di m.5 dal confine e non poteva dunque essere sanato;
2) Violazione dell’art. 13 L.47/85. Illogicità. Contraddittorietà della concessione edilizia in sanatoria. Perplessità, erroneità del presupposto: la concessione edilizia in sanatoria prevede la realizzazione di un’opera diversa rispetto a quanto edificato (con sopraelevazione di parte del muro e “ribassamento” rispetto ad altro tratto); inoltre la concessione in questione è stata rilasciata quando ancora la originaria concessione n.3 bis del 22.4.1985 non era stata annullata.
Concludeva per l’accoglimento del ricorso .
Si costituiva il controinteressato che deduceva che il ricorrente non era proprietario del fondo ma solo usufruttuario per una quota pari alla metà dell’intero, dal che il difetto di legittimazione attiva e, in subordine, la necessità di integrare il contraddittorio agli effettivi titolari del diritto; inoltre lo stesso Butticci aveva edificato a distanza inferiore al confine determinando l’abbassamento del piano di campagna; nel caso di specie, inoltre, il muro adempie anche ad una funzione di sostegno e non può essere considerato costruzione ai fini dell’osservanza delle distanze legali.
Le parti depositavano memorie.
All’esito della pubblica udienza dell’11 febbraio 2009, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il ricorrente impugna la concessione edilizia in sanatoria rilasciata in favore del controinteressato e relativa ad un muro di sostegno realizzato a confine già oggetto di un precedente contenzioso definito innanzi al TAR Abruzzo – L’Aquila, con la sentenza n.344 del 1999.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del ricorrente che non sarebbe proprietario del suolo interessato dalla costruzione contestata, ma mero usufruttuario pro quota dello stesso.
Occorre in proposito rilevare che, in quanto co-usufruttuario, il Butticci è pienamente legittimato alla proposizione del ricorso, posto che la titolarità di un diritto reale sull’immobile (quale è appunto l’usufrutto) lo pone in una situazione certamente differenziata rispetto al quivis de populo ed integra, sotto altro profilo, una relazione qualificata sul bene che lo legittima ad insorgere avverso gli atti amministrativi che ne condizionano o ne limitano il godimento.
Né occorre, come prospetta la difesa del controinteressato, alcuna integrazione del contraddittorio agli altri soggetti titolari di posizioni legittimanti al pari del Butticci, che sarebbero al più co-interessati e non certo necessari contraddittori.
Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto.
Si è già rilevato che, con sentenza n.344 del 1999, il TAR Abruzzo ebbe ad annullare la concessione edilizia già rilasciata all’Alfano per la costruzione del muro di sostegno a confine con la proprietà Butticci.
Per quanto rileva in questa sede, il TAR ebbe a qualificare l’opera in questione come costruzione tenuta al rispetto delle distanze legali dai confini.
In particolare, osservava il TAR: “I muri di cinta tra fondi a dislivello che, oltre ad essere destinati alla delimitazione e alla difesa del fondo, assolvono anche all’ulteriore funzione di contenere e sostenere la scarpata o il terrapieno, e che danno luogo al dislivello tra i due fondi limitrofi non rientrano, come accade normalmente per i muri di cinta, nella categoria dei muri isolati o liberi da entrambe le facce. Essi, pertanto, facendo corpo con il terreno che contengono e modificando, in particolare, attraverso l’opera dell’uomo, lo stato naturale dei luoghi con la costruzione di un manufatto, sono idonei a creare intercapedini nocive con l’altrui costruzione, con conseguente necessità di verificare in ciascuna concreta fattispecie se, avuto riguardo allo loro particolari caratteristiche strutturali e dimensioni, siano da considerare o meno alla stregua di un muro di fabbrica agli effetti delle distanze legali (Cass. 15.10.1983, n.6060). Che nella specie il manufatto realizzato costituisca muro di fabbrica e non semplicemente muro di cinta, non v’è dubbio, ove si consideri che il muro autorizzato, in cemento armato, ha una larghezza di 50 cm. e una altezza che varia dai mt.1,00 ai m.4,60, misure, queste, peraltro, che, in sede esecutiva, sono state ampiamente superate, atteso che l’altezza del muro “varia da un minimo di mt.3,20 ad un massimo di 4.95 mt)…Orbene il muro di cinta, ai sensi dell’art. 878 C.C. (e ogni altro muro isolato), non è considerato ai fini del computo della distanza non minore di tre metri dal confine (ex art. 873 C.C.) o della diversa distanza stabilita da regolamenti locali, ove non abbia un’altezza superiore ai tre metri. La concessione edilizia rilasciata, che ha accolto l’istanza di costruzione del muro dei signori Alfano secondo il progetto da questi presentato, progetto che prevedeva appunto un muro alto da mt.1 a mt.4,60, nulla specificando al riguardo, deve ritenersi illegittima, perché ha autorizzato non un semplice muro di cinta, ma un muro che ha la consistenza di una vera e propria costruzione che poteva essere realizzata solo a mt.5 dal confine del lotto del ricorrente, tale essendo la distanza minima dai confini prevista per le costruzioni dall’art. 20 delle N.T.A. del P.R.R. per la zona B3 di completamento in cui ricade il terno de quo. La prova che si tratti di un muro di fabbrica è costituita dalla struttura e dalla larghezza del muro stesso, in c.a. e di ben cm.50, che doveva assolvere alle funzione di contenimento della terra che ad esso è stata addossata per dar luogo ad un piano di campagna diverso dall’originario (c.d. terrapieno). Il terrapieno costituisce a tutti gli effetti, nella specie, attesa la sua consistenza, vera e propria costruzione e come tale tenuta al rispetto delle norme che disciplinano le distanze delle costruzioni dai confini”.
Per quanto sopra detto, l’annullamento delle concessione edilizia è dipeso dalla qualificazione dell’opera che, in ragione della sua entità (struttura e larghezza) e funzione (contenimento di terrapieno), è stata definita come “costruzione” e dunque tenuta all’obbligo delle distanze legali dai confini.
Le considerazioni che precedono, in tutto condivisibili, sono tuttavia applicabili anche alla costruzione autorizzata con la concessione in sanatoria impugnata.
Invero, la evidenziata circostanza che la concessione limiti l’altezza del muro a tre metri non elide affatto la sua natura di costruzione, così come condivisibilmente già ritenuta dal TAR (e, peraltro, anche dal Giudice civile; cfr. Tribunale Avezzano, n.1061/04, pag.6), ed impone in ogni caso il rispetto dei cinque metri dal confine.
Nondimeno, tale rispetto non risulta affatto ottemperato, posto che, come risulta dalla sentenza del Tribunale di Avezzano in atti (n.1061/04, passata in giudicato), il muro de quo (di cui quello sanato con il provvedimento impugnato costituisce modifica solo quanto all’altezza), lungi dal rispettare la distanza legale, insiste addirittura sulla particella n.452 del foglio 7 di proprietà degli attori (tra cui il Butticci, odierno ricorrente).
Tanto è sufficiente a ritenere del tutto illegittima la concessione in sanatoria rilasciata che va pertanto annullata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nell’importo in dispositivo fissato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l’Abruzzo – l’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Condanna il Comune di Civitella Roveto e il controinteressato in solido e in parti uguali al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del ricorrente che si liquidano nella complessiva comma di euro 3.000 (tremila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 11/02/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Antonio Catoni, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/03/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO