TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 2656 del 6 agosto 2010
Rifiuti. Bonifiche e procedimento amministrativo

L’art. 6, co. 1, lett. b), l. 241/90 stabilisce che il responsabile del procedimento “accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali”; la lett. e) dello stesso articolo aggiunge poi che il provvedimento finale “non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale”. Secondo la norma generale dell’art. 6, co. 1, lett. b) citata, pertanto, l’attività istruttoria nel procedimento amministrativo è una attività a forma libera, che non incontra limiti legali di prova, quali quelle che caratterizzano nello svolgimento dell’istruttoria il processo civile o il processo amministrativo (ed anche il processo penale quando si esce dai confini dell’art. 189 c.p.p.). (Fattispecie relatiova a fenomeno di inquinamento bateriologico di falda freatica)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 02656/2010 REG.SEN.

N. 00012/2000 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)



ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 12 del 2000, proposto da:
VEZZOLA GIOVANNI, VEZZOLA BERNARDO,
rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Massari,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Roberto Massari in Brescia, via Einaudi, 26;
contro
COMUNE DI LONATO,
rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Luzzari,
con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;
per l'annullamento
della diffida del responsabile del servizio del 19.10.99 n. 15547 - 2711 r.o. di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza di aree inquinate.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lonato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2010 il dott. Carmine Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


I signori Giovanni e Bernardo Vezzola impugnano il provvedimento del 19. 10. 1999 con cui il Comune di Lonato ha imposto loro: 1) la presentazione di una proposta di monitoraggio dell’area di proprietà in cui sono stati rinvenuti rifiuti; 2) la presentazione del progetto di bonifica e ripristino ambientale dell’area in esame; 3) la esecuzione delle opere di bonifica della stessa.
L’amministrazione aveva emesso il provvedimento impugnato a seguito di uno studio geologico presentato nel corso di una procedura di autorizzazione di una attività di scarico rifiuti nell’area in esame (presentata dall’affittuaria Traversino s.r.l.) da cui si evinceva che in essa erano presenti significativi fenomeni di inquinamento chimico riguardanti la falda freatica.

In questo contesto i motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:
1. il provvedimento sarebbe illegittimo per mancanza della comunicazione di avvio di inizio del procedimento,
2. il provvedimento sarebbe illegittimo per difetto di istruttoria, in quanto la stessa è stata effettuata prendendo per buona la relazione di un tecnico privato,
3. il provvedimento sarebbe illegittimo per difetto di istruttoria sotto altro profilo, in quanto la relazione del tecnico privato non è stata in alcun modo approfondita,
4. il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 14 d.lgs. 22/97 perché destinatario dell’ordinanza avrebbe dovuto essere anche la Traversino s.r.l., cui i ricorrenti avevano dato la disponibilità dell’area,
5. il provvedimento sarebbe illegittimo, infine, per sviamento di potere, perché in realtà il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso dal Comune non allo scopo di approfondire la vicenda dei rifiuti, ma per interrompere l’istruttoria sulle domande di apertura di attività di scarico rifiuti presentata dalla Traversino.

Si costituiva in giudizio il Comune di Lonato, che deduceva la mancanza di legittimazione processuale (a giudizio della difesa del Comune, andava citato il funzionario che ha messo il provvedimento impugnato), l’inammissibilità del ricorso (per mancata notifica alla Traversino s.r.l. controinteressata al ricorso nella stessa prospettazione dei ricorrenti), e comunque l’infondatezza dei relativi motivi.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 14. 7. 2010, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.


DIRITTO


I. Si prescinde dall’esame delle eccezioni preliminari, perché il ricorso è infondato nel merito.

II. Il primo motivo di ricorso in cui si deduce la mancanza di comunicazione d’avvio del procedimento è infondato in quanto ex art. 7 l. 241/90 la comunicazione d’avvio è dovuta “ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”, e nel caso in esame le ragioni di celerità erano dovute alla relazione che aveva ricevuto il Comune in cui segnalava la presenza in atto di fenomeni di inquinamento della falda freatica con possibile inquinamento batteriologico.

III. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso si appuntano sulla circostanza che l’istruttoria sarebbe stata di fatto affidata ad un tecnico privato che ha segnalato l’esistenza del fenomeno di inquinamento ed ha messo in allarme il Comune.
In realtà, occorre premettere che dalla lettura del provvedimento impugnato emerge con chiarezza che la vicenda dei rifiuti nell’area in esame era già conosciuta dall’amministrazione per essere stata già oggetto di attività amministrativa di disinquinamento e ripristino che si era svolta nell’anno 1991; quando, pertanto, giunge la relazione del tecnico incaricato dagli stessi ricorrenti, come si percepisce chiaramente leggendo la motivazione del provvedimento impugnato, l’amministrazione somma la relazione alle proprie precedenti conoscenze e su questa base emette il provvedimento impugnato. Si trattava in definitiva di vicenda già nota all’amministrazione, che non si è limitata a prendere per buone le risultanze di una relazione privata, ma ha attinto ai propri strumenti di conoscenza pregressi della vicenda.
Si ricorda in ogni caso che l’art. 6, co. 1, lett. b), l. 241/90 stabilisce che il responsabile del procedimento “accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali”; la lett. e) dello stesso articolo aggiunge poi che il provvedimento finale “non può discostarsi dalle risultanze dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone la motivazione nel provvedimento finale”.
Secondo la norma generale dell’art. 6, co. 1, lett. b) citata, pertanto, l’attività istruttoria nel procedimento amministrativo è una attività a forma libera, che non incontra limiti legali di prova, quali quelle che caratterizzano nello svolgimento dell’istruttoria il processo civile o il processo amministrativo (ed anche il processo penale quando si esce dai confini dell’art. 189 c.p.p.).
Nell’istruttoria procedimentale, infatti, il responsabile del procedimento dispone il compimento “degli atti all'uopo necessari”, senza vincoli particolari in ordine all’individuazione degli stessi. In ogni caso, tra gli atti istruttori elencati senza vincoli tassativi dalla norma in esame vi è anche la possibilità di “chiedere il rilascio di dichiarazioni”, senza che sia specificato se le dichiarazioni devono provenire solo dal soggetto direttamente inciso dal provvedimento impugnato o anche da terzi controinteressati o meno. Ed avrebbe davvero poco senso interpretare la norma in esame limitando la possibilità di acquisire dichiarazioni provenienti soltanto da soggetti interessati al procedimento posto che per regola di esperienza consolidata le dichiarazioni più attendibili sono proprio quelle che provengono da soggetti non interessati all’esito dello stesso.
In definitiva, l’istruttoria nel procedimento amministrativo in generale si svolge in forma libera, e non conosce prove legali predeterminate, talchè possono essere senz’altro usate dall’amministrazione prove costituite da dichiarazioni di persone a conoscenza dei fatti e documentazione prodotta dagli stessi.

IV. Nel quarto motivo di ricorso si assume che destinatario del provvedimento avrebbe dovuto essere la Traversino s.r.l. cui i ricorrenti avevano ceduto in disponibilità l’area.
Ma, a prescindere dalla circostanza che la Traversino s.r.l. in realtà è costituita dalla Vezzola s.r.l., che è costituita dagli stessi ricorrenti, occorre notare la successione temporale delle date: l’inquinamento viene riferito dai Carabinieri del N.O.E. al marzo 1999, mentre la cessione in disponibilità dell’area è dell’aprile 1999. Ne consegue che, a prescindere dalle responsabilità di questo soggetto giuridico, essi sono quindi legittimamente destinatari dell’ordine contenuto nel provvedimento impugnato.

V. Nel quinto motivo di ricorso si assume che il provvedimento sarebbe illegittimo per sviamento di potere, perché in realtà il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso dal Comune non allo scopo di approfondire la vicenda dei rifiuti, ma per interrompere l’istruttoria sulle domande di apertura di attività economica (uno scarico rifiuti) presentata dalla Traversino.
Ma la censura è soltanto enunciata e non viene fornita alcuna prova su questo asserito sviamento di potere, che è anche difficilmente configurabile nei fatti oggetto del giudizio che sono stati originati da due dati oggettivi non nella disponibilità del Comune che sono lo studio geologico ambientale ed il sequestro dell’area da parte dei carabinieri del N.O.E., che hanno indotto il Comune ad attivarsi.

VI. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, I sezione interna, così definitivamente pronunciando:


Respinge il ricorso.


Condanna i ricorrenti al pagamento in favore del Comune di Lonato delle spese di lite, che determina in euro 4.000, oltre i.v.a. e c.p.a..


Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Sergio Conti, Consigliere
Carmine Russo, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/08/2010