Corte di Giustizia (Prima Sezione) 23 gennaio 2019
«Impugnazione – Regolamento (CE) n. 1907/2006 (regolamento REACH) – Allegato XIV – Definizione di un elenco di sostanze soggette ad autorizzazione – Iscrizione nell’elenco di sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV – Aggiornamento di detto elenco con inclusione della sostanza ftalato di bis (2-etilesile) (DEHP) – Errori d’interpretazione e di applicazione del regolamento REACH e del principio della certezza del diritto – Snaturamento dei fatti e degli elementi di prova – Portata del sindacato»
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
23 gennaio 2019(*)
«Impugnazione – Regolamento (CE) n. 1907/2006 (regolamento REACH) – Allegato XIV – Definizione di un elenco di sostanze soggette ad autorizzazione – Iscrizione nell’elenco di sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV – Aggiornamento di detto elenco con inclusione della sostanza ftalato di bis (2-etilesile) (DEHP) – Errori d’interpretazione e di applicazione del regolamento REACH e del principio della certezza del diritto – Snaturamento dei fatti e degli elementi di prova – Portata del sindacato»
Nella causa C‑419/17 P,
avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’11 luglio 2017,
Deza, a.s., con sede in Valašské Meziříčí (Repubblica ceca), rappresentata da P. Dejl, advokát,
ricorrente,
procedimento in cui le altre parti sono:
Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata da W. Broere, N. Herbatschek e M. Heikkilä, in qualità di agenti, assistiti da M. Procházka e M. Mašková, advokáti,
convenuta in primo grado,
Regno di Danimarca, rappresentato da J. Nymann-Lindegren e M. Wolff, in qualità di agenti,
Regno dei Paesi Bassi,
Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk, C. Meyer-Seitz, H. Shev e L. Zettergren, in qualità di agenti,
Regno di Norvegia,
intervenienti in primo grado,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, E. Regan e S. Rodin (relatore), giudici,
avvocato generale: M. Szpunar
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 giugno 2018,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con la sua impugnazione, la Deza, a.s. chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’11 maggio 2017, Deza/ECHA (T‑115/15; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2017:329), con la quale quest’ultimo ha respinto il ricorso diretto all’annullamento della decisione ED/108/2014 del direttore esecutivo dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), del 12 dicembre 2014, che aggiorna ed integra la voce esistente relativa alla sostanza chimica ftalato di bis (2-etilesile) (CE n. 204-211-0, CAS n. 117-81-7) (in prosieguo: il «DEHP») nell’elenco delle sostanze candidate (in prosieguo: la «decisione impugnata») all’eventuale inclusione nell’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1, e rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3), come modificato dal regolamento (UE) n. 895/2014 della Commissione, del 14 agosto 2014 (GU 2014, L 244, pag. 6) (in prosieguo: il «regolamento REACH»).
Contesto normativo
2 L’articolo 57 del regolamento REACH, intitolato «Sostanze da includere nell’allegato XIV», prevede quanto segue:
«Le sostanze seguenti possono essere incluse nell’allegato XIV secondo la procedura di cui all’articolo 58:
a) le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo cancerogenicità, categoria 1A o 1B, di cui al punto 3.6 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;
b) le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo mutagenicità sulle cellule germinali, categoria 1A o 1B, di cui al punto 3.5 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;
c) le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo tossicità per la riproduzione, categoria 1A o 1B, effetti nocivi sulla funzione sessuale e la fertilità o sullo sviluppo di cui al punto 3.7 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;
d) le sostanze che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del presente regolamento;
e) le sostanze che sono molto persistenti e molto bioaccumulabili, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del presente regolamento;
f) le sostanze come quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino o quelle aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili, che non rispondono ai criteri di cui alle lettere d) o e), per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all’articolo 59».
3 Il successivo articolo 59 del regolamento REACH, rubricato «Identificazione delle sostanze di cui all’articolo 57», così dispone:
«1. Ai fini dell’identificazione delle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57 e della definizione di un elenco di sostanze candidate all’eventuale inclusione nell’allegato XIV, si applica la procedura di cui ai paragrafi da 2 a 10 del presente articolo. (…)
(…)
3. Ogni Stato membro può predisporre un fascicolo a norma dell’allegato XV per le sostanze che, a suo giudizio, rispondono ai criteri di cui all’articolo 57 e trasmetterlo all’[ECHA]. (…)
(…)
7. Qualora vengano formulate o ricevute osservazioni, l’[ECHA] rinvia il fascicolo al comitato degli Stati membri entro quindici giorni dallo scadere del periodo di sessanta giorni di cui al paragrafo 5.
8. Se, entro trenta giorni da tale rinvio, il comitato degli Stati membri giunge ad un accordo unanime sull’identificazione, l’[ECHA] include la sostanza nell’elenco di cui al paragrafo 1. Essa può includere tale sostanza nelle raccomandazioni che formula a norma dell’articolo 58, paragrafo 3.
9. Se il comitato degli Stati membri non riesce a giungere a un accordo unanime, entro tre mesi dalla ricezione del parere del comitato degli Stati membri la Commissione prepara un progetto di proposta relativa all’identificazione della sostanza in questione. La decisione definitiva sull’identificazione della sostanza è assunta secondo la procedura di cui all’articolo 133, paragrafo 3.
10. Non appena è stata assunta una decisione sull’inclusione di una sostanza l’[ECHA] pubblica e aggiorna senza indugio sul suo sito web l’elenco di cui al paragrafo 1».
Fatti e decisione controversa
4 La ricorrente, Deza, società anonima di diritto ceco, è attiva nel settore chimico. Essa produce, commercializza e utilizza, tra l’altro, il DEHP.
5 Con decisione del 28 ottobre 2008, il direttore esecutivo dell’ECHA ha incluso il DEHP nell’«elenco di sostanze candidate», vale a dire l’elenco delle sostanze identificate ai fini della loro successiva inclusione nell’allegato XIV del regolamento REACH.
6 Mediante l’adozione del regolamento (UE) n. 143/2011 della Commissione, del 17 febbraio 2011 (GU 2011, L 44, pag. 2), il DEHP è stato incluso nell’allegato XIV del regolamento REACH.
7 Il 12 agosto 2013 la ricorrente ha presentato una domanda di autorizzazione per l’uso del DEHP alla quale ha allegato una serie di studi e di documenti dettagliati, inclusa una relazione sulla sicurezza chimica, un’analisi delle alternative e un’analisi socioeconomica.
8 Il 26 agosto 2014, il Regno di Danimarca ha depositato quattro fascicoli ai sensi dell’allegato XV di tale regolamento, proponendo, da un lato, che il DEHP e tre altre sostanze chimiche, segnatamente, il dibutilftalato (in prosieguo: il «DBP»), il benzilbutilftalato (in prosieguo: il «BBP») e il diisobutilftalato (in prosieguo: il «DIBP»), fossero anch’esse identificate come sostanze che alterano il sistema endocrino con riguardo alle quali sarebbe stata scientificamente comprovata la possibilità che esse producano effetti gravi per la salute umana e per l’ambiente, e, dall’altro lato, che l’elenco delle sostanze candidate sia integrata in tal senso.
9 La proposta iniziale del Regno di Danimarca è stata sottoposta a una consultazione delle parti interessate. Diversi Stati membri e qualche entità non statale, tra cui la ricorrente, hanno formulato osservazioni.
10 Durante l’esame di tali fascicoli è emerso che, a motivo dell’opposizione di numerosi rappresentanti degli Stati membri, la proposta iniziale del Regno di Danimarca non sarebbe stata approvata all’unanimità. Solo l’identificazione del DEHP come sostanza che perturba il sistema endocrino e che può avere effetti gravi per l’ambiente non ha suscitato opposizione da parte dei membri del comitato degli Stati membri.
11 In considerazione di tale risultato, il Regno di Danimarca ha diviso la sua proposta iniziale in otto parti, segnatamente:
– quattro parti volte a identificare le quattro sostanze chimiche DBP, BBP, DIBP e DEHP come sostanze che perturbano il sistema endocrino suscettibili di produrre gravi effetti per la salute umana ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH e ad integrare, mediante tale nuova identificazione, la voce esistente relativa a tali quattro sostanze nell’elenco delle sostanze candidate;
– quattro parti volte a identificare tali quattro sostanze chimiche come sostanze che perturbano il sistema endocrino suscettibili di produrre gravi effetti per l’ambiente ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH e ad integrare, mediante tale nuova identificazione, la voce esistente relativa a tali quattro sostanze nell’elenco delle sostanze candidate.
12 Il comitato degli Stati membri non è pervenuto ad un accordo unanime riguardo alle parti della proposta iniziale del Regno di Danimarca volte ad identificare le sostanze DEHP, DBP, BBP e DIBP come sostanze che perturbano il sistema endocrino con riguardo alle quali sarebbe scientificamente comprovata la possibilità che esse producano effetti gravi per la salute umana.
13 Per contro, detto comitato ha approvato all’unanimità la parte della proposta volta ad identificare il DEHP come sostanza che perturba il sistema endocrino per la quale sarebbe scientificamente comprovata la possibilità che essa produca effetti gravi per l’ambiente.
14 Il 12 dicembre 2014, il direttore esecutivo dell’ECHA adottava la decisione impugnata, aggiornando e integrando la voce esistente relativa al DEHP nell’elenco delle sostanze candidate e identificando la medesima sostanza come avente proprietà che perturbano il sistema endocrino, per la quale era scientificamente comprovata la possibilità di produrre effetti gravi per l’ambiente, dando adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dall’utilizzo di altre sostanze menzionate nel regolamento REACH.
Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata
15 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 marzo 2015, la Deza ha presentato un ricorso volto all’annullamento della decisione controversa.
16 Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tale ricorso.
Conclusioni delle parti
17 La ricorrente chiede che la Corte voglia:
– annullare la sentenza impugnata;
– annullare la decisione controversa, e
– condannare l’ECHA alle spese sostenute nell’ambito sia del presente procedimento di impugnazione sia di quello dinanzi al Tribunale.
18 L’ECHA chiede che la Corte voglia:
– respingere l’impugnazione in quanto infondata;
– condannare la ricorrente alle spese sostenute nell’ambito sia del presente procedimento di impugnazione sia di quello dinanzi al Tribunale, comprese quelle del procedimento sommario.
19 Il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia sono intervenute a sostegno dell’ECHA.
Sull’impugnazione
Sul primo motivo, attinente all’errore di diritto commesso dal Tribunale nell’interpretazione e nell’applicazione del regolamento REACH
20 Con il suo primo motivo, suddiviso in tre parti, la Deza sostiene che il Tribunale, dichiarando, ai punti da 48 a 82, nonché da 85 a 98 e da 105 a 132 della sentenza impugnata, che l’ECHA era competente ad adottare la decisione impugnata e che quest’ultima è stata adottata nell’ambito di una procedura regolare, è incorso in un errore di diritto.
Sulla prima parte del primo motivo, vertente sull’errato riconoscimento da parte del Tribunale della competenza implicita dell’ECHA ad integrare un’identificazione esistente del DEHP
– Argomenti delle parti
21 La ricorrente sostiene che l’ECHA non dispone né della competenza esplicita né di quella implicita ad integrare un’identificazione esistente del DEHP. Essa sottolinea che il Tribunale ha riconosciuto che né il diritto generale dell’Unione né il regolamento REACH, e più precisamente l’articolo 59, paragrafo 8, dello stesso, attribuiscono espressamente all’Agenzia una competenza simile. Essa afferma che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare che discendesse dall’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento REACH, relativo alla procedura per l’identificazione delle sostanze di cui all’articolo 57 di tale regolamento, che l’ECHA fosse implicitamente legittimata a integrare l’identificazione esistente del DEHP.
22 A tale riguardo, la ricorrente fa valere che il Tribunale non ha tenuto conto delle sentenze della Corte del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207), e del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA (C‑324/15 P, EU:C:2017:208), da cui risulterebbe che, quando una sostanza chimica è stata considerata idonea all’inclusione nell’elenco delle sostanze soggette ad autorizzazione previsto all’allegato XIV del regolamento REACH perché soddisfa uno qualsiasi dei criteri di cui alle lettere da a) ad e) dell’articolo 57 di tale regolamento, essa non potrebbe essere identificata anche come una sostanza che soddisfa i criteri di cui alla lettera f) di tale articolo.
23 Secondo la Deza l’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, riguarda l’identificazione delle sostanze che non possono essere identificate sulla base dei criteri di cui all’articolo 57, lettere da a) ad e), di tale regolamento o che non sono state ancora identificate e incluse nell’elenco delle sostanze candidate sulla base di tali criteri. Tuttavia, non sarebbe questo il caso del DEHP, il quale sarebbe stato identificato in applicazione dell’articolo 57, lettera c), di detto regolamento, sei anni prima dell’adozione della decisione impugnata.
24 Secondo la ricorrente, il Tribunale sarebbe incorso in un errore di diritto nel riconoscere all’ECHA una simile competenza implicita, mentre l’esistenza di un potere implicito costituirebbe una deroga al principio di attribuzione delle competenze sancito dall’articolo 13, paragrafo 2, TUE, che andrebbe interpretata restrittivamente, e che presupporrebbe che il potere implicito riconosciuto sia necessario per conseguire l’obiettivo del regolamento REACH e, più specificamente, al fine di garantire l’effetto utile di tale regolamento. Essa sostiene che, conferendo un siffatto potere implicito all’ECHA, le competenze di tale agenzia, come definite dal regolamento REACH, risultano notevolmente ampliate, in violazione del principio di attribuzione delle competenze.
25 La ricorrente sostiene, inoltre, che il Tribunale, nell’aver ritenuto che l’ECHA potesse integrare l’identificazione esistente del DEHP, avrebbe applicato in modo errato la teoria delle competenze implicite interne. Essa rammenta che il Tribunale ha rilevato, al punto 52 della sentenza impugnata, che «[è] vero che la locuzione “l’[ECHA] include la sostanza nell’elenco”, così come appare all’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento [REACH], riguarda, prima facie, la situazione in cui al comitato degli Stati membri è rinviato un fascicolo elaborato conformemente all’allegato XV di tale regolamento avente ad oggetto una sostanza che non è ancora stata sottoposta alla sua attenzione». Essa considera che il Tribunale abbia erroneamente statuito, al punto 53 della medesima sentenza che «da tale locuzione non si può dedurre che il comitato degli Stati membri sia competente esclusivamente per l’identificazione delle sostanze che non sono ancora state incluse nell’elenco delle sostanze candidate».
26 Essa fa valere che, anche se tale potere implicito dell’agenzia era necessario per garantire l’efficacia del regolamento REACH, la Corte non avrebbe escluso, nella sua giurisprudenza, l’identificazione della sostanza ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di tale regolamento, poiché tale sostanza era già stata identificata in precedenza conformemente ad una delle lettere da a) ad e) dell’articolo 57 di tale regolamento.
27 Inoltre, la ricorrente sostiene che si evince dall’articolo 58, paragrafo 8, del regolamento REACH, il quale assegna espressamente alla Commissione, e non all’ECHA, la competenza a sottrarre dall’allegato XIV di tale regolamento le sostanze che non rispondono più ai criteri di cui all’articolo 57 dello stesso, che, se il legislatore dell’Unione avesse inteso prevedere, in detto regolamento, una procedura per integrare o modificare un elenco di sostanze e affidarne l’incarico ad un’agenzia quale l’ECHA, lo avrebbe esplicitamente previsto.
28 L’ECHA sostiene che l’argomento della ricorrente, secondo cui l’identificazione ai sensi dell’articolo 57, lettere da a) a e), del regolamento REACH osti all’identificazione ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di tale regolamento, è irricevibile nei limiti in cui non è stato dedotto dinanzi al Tribunale. Essa conclude che tutti gli argomenti presentati sono, in ogni caso, infondati.
29 Il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia ritengono che gli argomenti della ricorrente non siano fondati.
– Giudizio della Corte
30 Per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte sollevata dalla ricorrente e richiamata al punto 22 della presente sentenza, si deve ricordare, in primo luogo, che la decisione controversa è stata adottata sulla base dell’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento REACH. A tal riguardo, si deve rammentare che l’articolo 59 del regolamento REACH descrive la procedura d’identificazione delle sostanze che rispondono ai criteri di cui all’articolo 57 del regolamento REACH ai fini della loro iscrizione nell’elenco delle sostanze candidate, che serve da base per l’elaborazione dell’allegato XIV di tale regolamento. Una volta che la sostanza interessata è inclusa in tale allegato XIV, essa non può più essere utilizzata o immessa in commercio, salvo in caso di rilascio di un’autorizzazione per un uso specifico ai sensi dell’articolo 60 del medesimo regolamento.
31 L’interpretazione proposta dalla ricorrente delle sentenze del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207), nonché del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA (C‑324/15 P, EU:C:2017:208), discende, tuttavia, da una lettura erronea di queste ultime. Al punto 24, di ciascuna di tali sentenze, la Corte ha dichiarato che l’articolo 57, lettere da a) a c), del regolamento REACH indica, innanzitutto, le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, di categoria 1A o 1B, conformemente ai punti da 3.5 a 3.7 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento n. 1907/2006 (GU 2008, L 353, pag. 1). Di seguito, detto articolo 57, lettere d) ed e), indica le sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche e quelle che sono molto persistenti e molto bioaccumulabili, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del regolamento REACH. Tali criteri sono fondati sulla valutazione dei pericoli che tali sostanze comportano. Infine, l’articolo 57, lettera f), del medesimo regolamento indica tutte le altre sostanze che non rispondono a nessuno dei precedenti criteri ma «per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all’articolo 59» (sentenza del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA, C‑323/15 P, EU:C:2017:207, punto 24).
32 La Corte ha precisato che all’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH era previsto un meccanismo autonomo che consente di identificare come estremamente preoccupanti sostanze che non siano già state identificate come tali ai sensi della medesima disposizione (sentenze del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA, C‑323/15 P, EU:C:2017:207, punto 25, e del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA, C‑324/15 P, EU:C:2017:208, punto 25). Come precisato dalla Corte al punto 29 di ciascuna di tali sentenze, l’ambito di applicazione dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, si estende espressamente alle sostanze che alterano il sistema endocrino, benché questo tipo di effetti non rientri in alcuna delle classi di pericolo indicate in tale allegato.
33 A tale proposito, la Corte ha illustrato, nei punti da 24 a 40 delle sentenze del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207), nonché del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA (C‑324/15 P, EU:C:2017:208), che l’identificazione di una sostanza a titolo di tale disposizione era subordinata al ricorrere di due condizioni cumulative, cioè, da un lato, che è probabile che la sostanza interessata abbia effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente, e, dall’altro, che tali effetti «danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente» a quella suscitata dalle sostanze menzionate nelle lettere da a) a e) di tale articolo 57 del regolamento REACH. Sebbene abbia considerato che la prima condizione richiedeva un’analisi dei pericoli derivanti dalle proprietà intrinseche della sostanza considerata, lo stesso non valeva per la seconda condizione. Pertanto, per valutare se una sostanza dia adito ad «un livello di preoccupazione equivalente», ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, la Corte ha ritenuto che non fosse necessario limitare la natura delle preoccupazioni che possono essere prese in considerazione unicamente ai pericoli derivanti dalle proprietà intrinseche della sostanza considerata.
34 Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, e come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 50 a 56 delle sue conclusioni, non risulta dalle sentenze del 15 marzo 2017, Polynt/ECHA (C‑323/15 P, EU:C:2017:207), nonché del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA (C‑324/15 P, EU:C:2017:208), che l’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH debba essere interpretato nel senso che una sostanza chimica, come il DEHP, che è già stata inclusa nell’elenco delle sostanze candidate per una proprietà pericolosa che soddisfa i criteri di cui all’articolo 57, lettera c), di detto regolamento, non possa quindi essere parimenti identificata ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di detto regolamento, per una proprietà intrinseca diversa.
35 Infatti, nei punti da 24 a 40 di dette sentenze, la Corte ha enunciato i criteri in applicazione dei quali una sostanza poteva essere identificata ai sensi di una delle lettere da a) a f) dell’articolo 57 del regolamento REACH, senza prevedere limiti relativamente ai motivi per i quali una sostanza può essere inclusa nell’elenco delle sostanze candidate. Pertanto, il Tribunale ha potuto considerare, senza commettere errori di diritto, che non è escluso che le proprietà intrinseche di una sostanza possano corrispondere a più di uno dei motivi previsti all’articolo 57, lettere da a) a f), del regolamento REACH.
36 Non può neanche essere accolto l’argomento della ricorrente, relativo all’errata applicazione da parte del Tribunale della teoria delle competenze implicite. Come ha illustrato l’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, emerge dal punto 54 della sentenza impugnata che, per riconoscere la competenza dell’ECHA ad adottare la decisione impugnata, il Tribunale ha ritenuto che né le formulazioni dell’articolo 57 e dell’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento REACH, né la formulazione di alcun’altra disposizione di quest’ultimo vietavano all’ECHA di verificare se una sostanza avesse proprietà intrinseche diverse da quelle che ne abbiano motivato l’inclusione iniziale nell’elenco delle sostanze candidate. Peraltro, al punto 55 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che l’identificazione di una sostanza come rispondente ai criteri di un punto dell’articolo 57 del regolamento REACH diverso da quello che ha motivato l’inclusione iniziale nell’elenco di sostanze candidate assumeva, da un punto di vista tecnico, la forma di un’integrazione della voce esistente. Secondo il Tribunale, è in tal senso che deve essere inteso l’argomento dell’ECHA secondo cui essa dispone di un «potere implicito» di integrare una voce esistente.
37 In questo caso, al momento dell’identificazione del DEHP ai sensi dell’articolo 57, lettera c), del regolamento REACH, le informazioni disponibili non erano sufficienti per concludere che gli effetti negativi della sostanza per l’ambiente soddisfacevano i criteri di identificazione di cui all’articolo 57, lettera f), di tale regolamento. Come il Tribunale ha dichiarato nei punti 57 e 58 della sentenza impugnata, una sostanza chimica possiede varie proprietà idonee a generare rischi di tipo differente.
38 È necessario considerare, a tal proposito, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 76 e 77 delle sue conclusioni, che negare la competenza dell’ECHA ad integrare un’identificazione esistente di una sostanza chimica per il motivo che tale sostanza è già stata identificata porterebbe a una soluzione errata e contraria agli obiettivi del regolamento REACH. Infatti, una simile interpretazione di tale regolamento avrebbe l’effetto di fissare la valutazione scientifica di tale sostanza al momento della sua identificazione iniziale e sarebbe in contrasto con i compiti dell’ECHA di «valutazione dei pericoli che le sostanze comportano», come previsto da detto regolamento, considerando che tale valutazione, per essere efficace ed efficiente, deve poter anche essere realizzata in seguito a una prima identificazione iniziale, al fine di poter essere integrata da nuovi dati scientifici.
39 Pertanto, è senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha potuto considerare che l’ECHA era legittimata ad integrare le voci esistenti nell’elenco delle sostanze candidate con nuovi motivi ai sensi dell’articolo 57 del regolamento REACH.
40 Pertanto la prima parte del primo motivo deve essere respinta.
Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sulla valutazione errata del Tribunale relativa all’assenza di violazione della procedura di adozione della decisione impugnata
– Argomenti delle parti
41 La ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’aver considerato che la procedura di adozione della decisione impugnata era legittima, mentre il Regno di Danimarca, che aveva presentato un fascicolo per l’inclusione di quattro sostanze chimiche, tra cui il DEHP, nell’elenco delle sostanze candidate, aveva sostituito la sua proposta iniziale con una nuova proposta in cui veniva mantenuta solo la proposta sull’iscrizione del DEHP.
42 La proposta iniziale, che mirava a integrare il regolamento REACH con una nuova identificazione di quattro sostanze tra cui il DEHP, ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di tale regolamento, e che doveva costituire l’oggetto di una votazione comune, è stata sostituita da una nuova proposta presentata in otto parti volte all’identificazione complementare di sostanze chimiche e prevista per dar luogo ad una votazione separata.
43 La ricorrente sostiene che tale modifica della proposta danese ha avuto come conseguenza di consentire l’adozione della decisione impugnata. Essa ritiene che il comitato degli Stati membri non sarebbe giunto ad un accordo unanime sulla base della proposta iniziale. Essa rammenta a tal proposito che, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, un’irregolarità procedurale implica l’annullamento totale o parziale di una decisione solo se sia provato che, in mancanza di tale irregolarità, tale decisione avrebbe potuto avere un contenuto diverso. La procedura di adozione di cui trattasi sarebbe in contrasto con il regolamento REACH e con la giurisprudenza della Corte e il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel considerare che tale non era il caso.
44 L’ECHA e il Regno di Danimarca sostengono che la seconda parte di tale motivo sia infondata.
– Giudizio della Corte
45 Occorre rilevare, in primo luogo, come ricordato dal Tribunale al punto 85 della sentenza impugnata, che la procedura d’identificazione delle sostanze di cui all’articolo 57 del regolamento REACH, prevista all’articolo 59 di detto regolamento, era volta a garantire che gli Stati membri e le parti interessate a detta procedura potessero essere sentite prima dell’elaborazione di una decisione di includere una sostanza nell’elenco delle sostanze candidate. Peraltro, come correttamente osservato dal Tribunale al punto 86 di tale sentenza, l’articolo 59 del regolamento REACH non precisava il modo in cui dovevano essere presentate diverse proposte d’identificazione di una sostanza come sostanza estremamente preoccupante, ai sensi dell’articolo 57 di detto regolamento.
46 Allo stesso modo, come il Tribunale ha correttamente rilevato al punto 86 della sentenza impugnata, il regolamento REACH non conteneva alcuna disposizione che vietasse ad uno Stato membro di modificare o revocare durante il procedimento una o più proposte di inserimento nell’elenco riguardanti le sostanze che riteneva soddisfacessero i criteri di cui all’articolo 57 di tale regolamento.
47 Inoltre, tali due disposizioni non stabiliscono alcun obbligo di raggruppare diverse proposte in un solo e medesimo documento quando tali proposte sono presentate allo stesso tempo dal medesimo autore.
48 Nel caso di specie, come rilevato dal Tribunale al punto 88 della sentenza impugnata, il Regno di Danimarca aveva proceduto unicamente a dividere la sua proposta iniziale in otto parti distinte. A tale suddivisione ha fatto seguito un parziale ritiro delle proposte riguardanti il DBP, il BBP et il DIBP nella parte in cui tali proposte riguardavano gli effetti gravi per l’ambiente, mentre la proposta relativa al DEHP è stata mantenuta.
49 Riguardo alla parte della proposta relativa al DEHP, si deve rilevare che il Tribunale ha constatato, al punto 89 della sentenza impugnata, che la ricorrente non aveva dimostrato in che cosa il contenuto materiale della proposta iniziale del Regno di Danimarca fosse diverso da quello della proposta che era stata oggetto del voto nel corso della riunione del comitato degli Stati membri tenutasi tra l’8 e l’11 dicembre 2014.
50 Da ultimo, il Tribunale ha constatato, nei punti 93 e 94 della sentenza impugnata, che l’accordo unanime del comitato degli Stati membri riguardo al DEHP non era inficiato da irregolarità per il fatto di fondarsi soltanto sugli «effetti gravi per l’ambiente» di tale sostanza, mentre i motivi d’identificazione di quest’ultima, che erano inclusi nella proposta d’identificazione iniziale e nel fascicolo presentato conformemente all’allegato XV del regolamento REACH, riguardavano gli «effetti gravi per la salute umana e per l’ambiente» di detta sostanza. Infatti, si deduce dal tenore letterale dell’articolo 57, lettera f), di tale regolamento che le proprietà di cui a tale disposizione sono quelle che possono avere effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente, poiché tali criteri sono alternativi.
51 Pertanto, la seconda parte del primo motivo deve essere respinta.
Sulla terza parte del primo motivo, vertente su un errore di diritto commesso dal Tribunale nel non riconoscere l’esistenza di uno sviamento di potere dell’ECHA
– Argomenti delle parti
52 La ricorrente sostiene che la decisione controversa e la procedura svolta dall’ECHA prima dell’adozione di tale decisione non sono conformi alla procedura giuridicamente vincolante stabilita dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea e che, pertanto, il Tribunale ha commesso un errore di diritto respingendo l’argomento da essa fatto valere a tal proposito dinanzi ad esso.
53 La decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (GU 2013, L 354, pag. 171), stabilisce che «l’Unione svilupperà criteri armonizzati basati sul rischio per l’individuazione dei perturbatori endocrini [...] in tutta la pertinente legislazione dell’Unione».Risulterebbe da tale decisione che i criteri d’applicazione armonizzati elaborati dall’Unione per l’individuazione dei perturbatori endocrini devono essere applicati in tutti gli atti giuridici dell’Unione, compreso il regolamento REACH. Spetterebbe alla Commissione adottare tali criteri. La ricorrente fa valere a tale riguardo che, in forza dell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU 2012, L 167, pag. 1), la Commissione aveva l’obbligo di adottare, entro il 13 dicembre 2013, atti riguardo alla definizione di criteri scientifici per la determinazione delle proprietà di interferenza con il sistema endocrino. Analogamente, la Commissione era tenuta a presentare, entro il 14 dicembre 2013, un progetto delle misure concernenti i criteri scientifici specifici per la determinazione delle sostanze che alterano il sistema endocrino.
54 La ricorrente sostiene, quindi, che il potere di adottare i criteri per l’identificazione delle sostanze pericolose incombe alla Commissione, che non l’avrebbe esercitato. Ma ciò non significa che l’ECHA disporrebbe, in una situazione del genere, del potere di determinare essa stessa tali criteri. Pertanto, l’identificazione del DEHP conformemente all’articolo 57, lettera c), del regolamento REACH secondo i criteri ad hoc stabiliti dall’agenzia stessa sarebbe illegittima.
55 Secondo la ricorrente, il Tribunale ha errato nel ritenere che l’ECHA non aveva commesso uno sviamento di potere nello stabilire autonomamente i propri criteri di identificazione, mentre talune disposizioni del diritto dell’Unione non attribuirebbero una competenza simile a tale agenzia.
56 L’ECHA, il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia respingono gli argomenti della ricorrente.
– Giudizio della Corte
57 In relazione alla decisione n. 1386/2013, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 100 e 101 delle sue conclusioni, è senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha constatato, in sostanza, ai punti 120 e 121 della sentenza impugnata, che essa aveva prevalentemente natura programmatica, il che emergerebbe chiaramente dalla formulazione impiegata nella seconda frase del terzo comma del punto 50 dell’allegato di tale decisione, cioè l’Unione «svilupperà» criteri armonizzati.
58 Per quanto riguarda il regolamento n. 528/2012, correttamente il Tribunale ha rilevato, al punto 109 della sentenza impugnata, che, come risulta dal suo articolo 2, paragrafo 3, lettera j), detto regolamento si applicava senza pregiudizio del regolamento REACH. Infatti, analogamente alla decisione n. 1386/2013, il regolamento n. 528/2012 non mira a mettere in discussione l’applicabilità dei criteri di identificazione dei perturbatori endocrini, menzionati all’articolo 57 del regolamento REACH e applicati dall’ECHA nel contesto della procedura prevista all’articolo 59 di detto regolamento.
59 Lo stesso vale per quanto riguarda il punto 3.6.5 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1). Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 103 delle sue conclusioni, correttamente il Tribunale ha constatato, ai punti 117 e 118 della sentenza impugnata, che da tale disposizione derivava che era lecito verificare se una sostanza avesse effetti che perturbassero il sistema endocrino e che provocassero effetti nefasti, non soltanto «[sulla base di] orientamenti per l’esecuzione dei test riconosciuti a livello [dell’Unione] o internazionale», ma anche sulla base «di altri dati e informazioni disponibili, incluso un compendio della letteratura scientifica, rivisto dall’Autorità [europea per la sicurezza alimentare]».
60 Infine, è senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha dichiarato che la tabella di marcia della Commissione dell’anno 2014 non era un testo giuridicamente vincolante.
61 Orbene, in assenza di una definizione armonizzata, il regolamento REACH autorizza l’ECHA a continuare a gestire un sistema integrato di controllo delle sostanze chimiche che comprende la loro registrazione, la loro valutazione, nonché la loro autorizzazione ed eventuali restrizioni al loro utilizzo (sentenza del 15 marzo 2017, Hitachi Chemical Europe e Polynt/ECHA, C‑324/15 P, EU:C:2017:208, punto 20), il quale, per garantire efficienza ed efficacia, deve includere i perturbatori endocrini.
62 Da quanto precede risulta che occorre respingere la terza parte del primo motivo e, pertanto, il primo motivo deve essere respinto in toto.
Sul secondo motivo, vertente sull’interpretazione e l’applicazione erronee da parte del Tribunale del principio della certezza del diritto
Argomenti delle parti
63 Con il suo secondo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto avendo stabilito, ai punti da 135 a 153 della sentenza impugnata, che la decisione impugnata non violasse il principio della certezza del diritto mentre essa avrebbe creato una situazione giuridica poco chiara, imprecisa e imprevedibile per la ricorrente.
64 La ricorrente sostiene che è problematica l’identificazione attuale del DEHP nell’allegato XIV del regolamento REACH in applicazione dell’articolo 57, lettera c), di tale regolamento, integrata da una nuova identificazione a norma dell’articolo 57, lettera f), dello stesso. A tal riguardo, essa si chiede se saranno fissati nuovi termini per la presentazione della richiesta di autorizzazione del DEHP identificato a norma dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH, dato che il termine per presentare una siffatta domanda, ai sensi della legislazione in vigore, è giunto a scadenza il 21 agosto 2013. Essa si questiona sulla «sorte» dell’attuale domanda di autorizzazione presentata per il DEHP conformemente all’articolo 57, lettera c), del regolamento REACH e sull’impatto relativo all’uso del DEHP nei dispositivi medici, non coperti generalmente da tale regolamento, mentre un siffatto uso non comporterebbe, secondo i testi attuali, un’autorizzazione a norma del titolo VII di tale regolamento.
65 Lo stesso Tribunale avrebbe espressamente riconosciuto, al punto 146 della sentenza impugnata, che, se l’allegato XIV del regolamento REACH fosse stato integrato con una nuova identificazione del DEHP ai sensi dell’articolo 57, lettera f), di tale regolamento, «la domanda di autorizzazione [di tale sostanza identificata ai sensi dell’articolo 57, lettera c), di tale regolamento, presentata dalla ricorrente] [doveva] essere modificata in modo da tenere conto di detta evoluzione» e «la ricorrente [dovrebbe] tenere conto di tale modifica dell’allegato XIV» del regolamento REACH. Tuttavia, il Tribunale non spiega in che modo detta «modifica», dovrebbe essere apportata, né rinvierebbe ad una disposizione specifica del regolamento REACH o a un altro testo che disciplini tale questione.
66 L’ECHA contesta l’argomento della ricorrente.
Giudizio della Corte
67 Occorre rilevare che il Tribunale ha esaminato, nei punti da 133 a 153 della sentenza impugnata, se la decisione impugnata violasse i principi di prevedibilità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.
68 Il Tribunale, dopo aver ricordato che i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento costituivano principi generali del diritto dell’Unione, ha verificato che la decisione controversa soddisfacesse i requisiti derivanti da tali principi.
69 Esso ha così osservato, ai punti 135 e 137 della sentenza impugnata, che risultava dalla giurisprudenza della Corte che il principio di certezza del diritto esigeva, segnatamente, che le norme di diritto siano chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare quando esse possano avere conseguenze sfavorevoli per gli individui e le imprese e che, per quanto riguarda il principio della tutela del legittimo affidamento, la Corte ha dichiarato che una persona non poteva invocare la violazione di tale principio a meno che non le siano state date precise assicurazioni da parte dell’amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Global Starnet, C‑322/16, EU:C:2017:985, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).
70 Quindi, la possibilità di far valere il principio della tutela del legittimo affidamento è prevista per ogni operatore economico nel quale un’istituzione abbia fatto sorgere fondate aspettative. Costituiscono a tal proposito un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative, a prescindere dalla forma in cui vengono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate ed affidabili (sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle, C‑545/11, EU:C:2013:169, punti 24 e 25, nonché la giurisprudenza ivi citata).
71 Per contro, qualora un operatore economico prudente ed accorto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento dell’Unione idoneo a ledere i suoi interessi, egli non può invocare il beneficio del principio della tutela del legittimo affidamento nel caso in cui detto provvedimento venga adottato (sentenza del 14 marzo 2013, Agrargenossenschaft Neuzelle, C‑545/11, EU:C:2013:169, punto 26).
72 Il Tribunale ha esaminato se, in conformità con i requisiti del principio di certezza del diritto, la decisione impugnata menzionasse chiaramente la sua base giuridica nonché i suoi effetti giuridici. Esso ha constatato che tale decisione faceva chiaramente riferimento all’articolo 59, paragrafo 8, del regolamento REACH come base giuridica per la sua adozione. Esso ha anche considerato, giustamente, che la ricorrente era in grado di conoscere senza ambiguità la portata di tale decisione, essendo evidente che essa era diretta ad integrare la voce esistente relativa al DEHP nell’elenco delle sostanze candidate per un’identificazione ai sensi dell’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH.
73 Peraltro, non risulta dalla sentenza impugnata che il Tribunale, da parte sua, abbia creato una situazione di incertezza giuridica. A seguito di tale sentenza, la qualificazione del DEHP è stata confermata e tale sostanza continuerà ad essere valutata conformemente al regolamento REACH.
74 Pertanto, il Tribunale ha giustamente constatato che la ricorrente non aveva prodotto alcun elemento atto a dimostrare che un’istituzione o un’agenzia dell’Unione le avesse direttamente fornito assicurazioni precise. Il Tribunale, pertanto, ha potuto ritenere che la decisione impugnata non violava i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.
75 Pertanto, si deve respingere il secondo motivo d’impugnazione in quanto infondato.
Sul terzo motivo, vertente sulla violazione da parte del Tribunale dei limiti del suo sindacato giurisdizionale e sullo snaturamento degli elementi di prova
Argomenti delle parti
76 Con il suo terzo motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale, ai punti da 163 a 202 della sentenza impugnata, ha esaminato la decisione impugnata senza rispettare le prescrizioni riguardanti la portata del sindacato giurisdizionale delle decisioni delle istituzioni e degli organi dell’Unione e ha inoltre snaturato i fatti e gli elementi di prova ad esso sottoposti.
77 Secondo la ricorrente, anche se l’ampio potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione, in particolare nell’esame di elementi scientifici e tecnici molto complessi, è soggetto ad un sindacato giurisdizionale limitato, tale sindacato giurisdizionale richiede tuttavia che le istituzioni dell’Unione, autori dell’atto di cui trattasi, siano in grado di dimostrare dinanzi alla Corte che l’atto è stato adottato «attraverso un esercizio effettivo del loro potere discrezionale», che presuppone la presa in considerazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto è inteso a disciplinare.
78 Inoltre, la ricorrente ritiene che il Tribunale abbia snaturato le prove nell’aver considerato che gli studi sui quali si basava il fascicolo elaborato a norma dell’allegato XV del regolamento REACH per il DEHP (in prosieguo: il «documento di sostegno») costituivano solo una parte dell’insieme degli elementi di prova esaminati dal comitato degli Stati membri. Essa sostiene che nessuno degli studi scientifici condotti su pesci dopo l’anno 2008 indica che il DEHP abbia effetti negativi per la salute umana e per l’ambiente, il che, parimenti secondo il Tribunale, sarebbe una condizione per far sì che tale sostanza sia identificata conformemente all’articolo 57, lettera f), del regolamento REACH.
79 La ricorrente sostiene peraltro che il documento di accompagnamento si basa su studi scientifici che sono stati effettuati sui ratti e che riguardavano gli effetti del DEHP non per l’ambiente, bensì per la salute umana in caso di esposizione diretta agli effetti del DEHP, mentre si trattava di «dimostrare» l’effetto di tale sostanza sull’ambiente. Un approccio di questo tipo sarebbe scientificamente erroneo. Il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di prendere in considerazione tale circostanza nella sentenza impugnata.
80 L’ECHA replica che il terzo motivo è infondato e che gli elementi di prova sono stati correttamente esaminati.
Giudizio della Corte
81 Il Tribunale ha esaminato le prove e gli studi scientifici che hanno costituito la base per la decisione impugnata, ai punti da 157 a 202 della sentenza impugnata, nell’ambito di un lungo e minuzioso esame che risponde ai requisiti di un sindacato giurisdizionale effettivo.
82 Dopo aver ricordato i principi giurisprudenziali che regolano l’intensità del sindacato giurisdizionale per quanto riguarda la valutazione degli elementi fattuali di ordine scientifico e tecnico altamente complessi, esso ha fatto riferimento all’insieme degli studi scientifici sui pesci e sui ratti che facevano parte del documento di supporto.
83 Il Tribunale ha fatto esplicito riferimento ai risultati di un gran numero di studi sui pesci relativi alle perturbazioni del loro sistema endocrino a seguito di esposizione al DEHP.
84 Al punto 166 della sentenza impugnata il Tribunale ha nondimeno dichiarato che, «come risulta dal punto 5.1.6 del documento di sostegno, secondo una valutazione globale di una parte degli studi utilizzati, è molto probabile che la modalità d’azione sugli estrogeni del DEHP abbia effetti nefasti sulle caratteristiche fenotipiche sessuali e riproduttive dei pesci maschi e femmine. Tale circostanza nonché gli effetti della sostanza DEHP quali osservati negli studi sui ratti, effetti citati al capitolo 4 del documento di sostegno, sono sufficienti per pervenire alla conclusione che il DEHP possa avere effetti nefasti sull’ambiente».
85 Orbene, sembra risultare dal fascicolo di cui dispone la Corte che gli studi sui ratti sono destinati a determinare gli effetti del DEHP sulla salute umana e non sull’ambiente.
86 Ne consegue che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova facendo riferimento agli studi sui ratti relativi agli effetti del DEHP per la salute umana in caso di esposizione diretta degli effetti del DEHP per dedurne che tale sostanza aveva effetti sull’ambiente.
87 Tuttavia, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, se dalla motivazione di una pronuncia del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione di questo tipo non è idonea a determinare l’annullamento di tale decisione e si deve procedere a una sostituzione della motivazione (sentenza del 26 gennaio 2017, Mamoli Robinetteria/Commissione, C‑619/13 P, EU:C:2017:50, punto 107 e giurisprudenza ivi citata).
88 Se è vero che il Tribunale, al punto 166 della sentenza impugnata, fa riferimento in modo errato agli studi sui ratti, è pur vero che esso ha parimenti fatto riferimento su tale punto agli studi sui pesci che mostrano gli effetti del DEHP per l’ambiente. Pertanto, la valutazione operata dal Tribunale sul gran numero di studi sui pesci e l’effetto del DEHP sul loro sistema endocrino era sufficiente a giustificare il rigetto, da parte del Tribunale, del motivo attinente all’insufficienza delle prove scientifiche.
89 Alla luce di tali considerazioni, il terzo motivo dev’essere respinto in quanto inconferente.
Sul quarto motivo, vertente sulla violazione, da parte del Tribunale, dei diritti fondamentali della ricorrente
Argomenti delle parti
90 La ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato i diritti e i principi fondamentali sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Nell’aver interpretato e applicato in modo errato il diritto dell’Unione, il Tribunale avrebbe altresì violato i diritti della ricorrente e i principi sanciti nella CEDU e nella Carta, in particolare il diritto a un processo equo ai sensi dell’articolo 6 della CEDU e dell’articolo 47 della Carta, il diritto al godimento della proprietà ai sensi dell’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU e dell’articolo 17 della Carta, nonché il principio della certezza del diritto.
91 L’ECHA contesta l’argomento della ricorrente.
Giudizio della Corte
92 Va in primo luogo rilevato che tale motivo è manifestamente privo di ogni motivazione e di precisione in quanto si limita ad enunciare in modo astratto norme di diritto che il Tribunale avrebbe violato e non è accompagnato da alcuna argomentazione.
93 Orbene, emerge dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, che l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento, nonché gli argomenti di diritto a specifico sostegno di tale domanda (sentenza del 4 luglio 2000, Bergaderm e Goupil/Commissione, C‑352/98 P, EU:C:2000:361, punto 34).
94 Inoltre, risulta da una costante giurisprudenza che gli elementi dell’impugnazione che non contengono alcuna argomentazione volta specificamente a identificare l’errore di diritto da cui sarebbe viziata la sentenza impugnata non soddisfano tale requisito e devono essere respinti in quanto manifestamente irricevibili (ordinanza del 24 novembre 2016, Petraitis/Commissione, C‑137/16 P, non pubblicata, EU:C:2016:904, punto 17).
95 Alla luce di quanto esposto, occorre respingere il quarto motivo come irricevibile e, di conseguenza, l’impugnazione nella sua interezza.
Sulle spese
96 Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza del successivo articolo 184, paragrafo 1, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.
97 L’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento dispone che le spese degli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico.
98 Poiché l’ECHA ha chiesto la condanna della Deza, quest’ultima, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.
99 Il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia sopporteranno le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) L’impugnazione è respinta.
2) La Deza, a.s. è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA).
3) Il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia sopporteranno le proprie spese.
Firme