CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE JULIANE KOKOTT
presentate il 6 maggio 2010
Causa C‑343/09
The Queen, su istanza di Afton Chemical Limited contro Secretary of State for Transport
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito)]
«Direttiva 98/70/CE – Qualità della benzina e dei combustibili diesel – Direttiva 2009/30/CE – Impiego di additivi metallici nei carburanti – Valore limite consentito per il metilciclopentadienil-tricarbonil-manganese (MMT) – Validità – Proporzionalità – Principio di precauzione»

I –    Introduzione

1. Il metilciclopentadienil‑tricarbonil‑manganese (in prosieguo: il «MMT») è un cosiddetto additivo metallico, che viene aggiunto ai carburanti per i veicoli a motore. Mediante le disposizioni oggetto del presente procedimento, l’Unione europea ha introdotto severi limiti quantitativi per l’impiego del MMT ed obblighi di etichettatura per gli additivi metallici, in quanto si teme che questi ultimi siano nocivi per la salute umana e danneggino i dispositivi tecnici dei veicoli destinati alla riduzione delle emissioni di scarico.

2. Il più importante fabbricante di MMT considera questi timori palesemente infondati. Esso afferma quindi che le disposizioni in questione violano diversi principi del diritto dell’Unione, e segnatamente il principio di precauzione, il principio di proporzionalità ed il principio di uguaglianza. Di tali obiezioni ha investito la High Court of Justice, la quale chiede ora alla Corte di pronunciarsi sulla validità delle disposizioni controverse.

II – Contesto normativo

3. La direttiva 2009/30/CE (2) ha modificato la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 1998, 98/70/CE, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (3).

4. Oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale è il nuovo art. 8 bis della direttiva 98/70, introdotto dall’art. 1, punto 8), della direttiva 2009/30. Tale art. 8 bis limita l’impiego del MMT e stabilisce obblighi di etichettatura per gli additivi metallici contenuti nei carburanti, disponendo quanto segue:

«1.      La Commissione esegue una valutazione dei rischi per la salute e l’ambiente derivanti dall’utilizzazione di additivi metallici nei combustibili e, a tal fine, sviluppa un metodo di prova. La Commissione riferisce le sue conclusioni al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2012.

2.      In attesa dello sviluppo del metodo di prova di cui al paragrafo 1, la presenza dell’additivo metallico metilciclopentadienil-tricarbonil-manganese (MMT) nei combustibili deve essere limitata a 6 mg di manganese per litro a decorrere dal 1° gennaio 2011. A decorrere dal 1° gennaio 2014, detto limite è di 2 mg di manganese per litro.

3.      Il limite del tenore di MMT nei combustibili specificato al paragrafo 2 è oggetto di revisione sulla base dei risultati della valutazione svolta utilizzando il metodo di prova di cui al paragrafo 1. Detto limite può essere portato a zero qualora la valutazione di rischio lo giustifichi e non può essere aumentato a meno che la valutazione di rischio non lo giustifichi. Tale misura, intesa a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 11, paragrafo 4.

4.      Gli Stati membri assicurano che un’etichetta relativa al tenore di additivo metallico del combustibile sia esibita in qualsiasi luogo dove un combustibile contenente additivi metallici è messo a disposizione dei consumatori.

5.      L’etichetta contiene il seguente testo: “Contiene additivi metallici”.

6.      L’etichetta è affissa in modo chiaramente visibile nel luogo dove sono riportate le informazioni che indicano il tipo di combustibile. La dimensione e il carattere dell’etichetta sono chiaramente visibili e di facile lettura».

5. Al riguardo, il ‘considerando’ 35 della direttiva 2009/30 enuncia quanto segue:

«L’utilizzo di taluni additivi metallici, in particolare il metilciclopentadienil-tricarbonil-manganese (MMT), potrebbe aumentare i rischi per la salute umana nonché danneggiare i motori dei veicoli e i sistemi di controllo delle emissioni. Molti costruttori automobilistici sconsigliano l’impiego di carburanti contenenti additivi metallici, che potrebbe persino far decadere la garanzia dei veicoli. È pertanto opportuno monitorare costantemente le conseguenze dell’utilizzo del MMT nei carburanti, consultando tutte le parti interessate. In attesa di ulteriori studi, è necessario adottare misure volte a contenere l’entità degli eventuali danni. È quindi opportuno fissare un limite massimo per il tenore di MMT nei carburanti sulla base dei dati scientifici attualmente disponibili. Tale limite dovrebbe essere incrementato soltanto se viene dimostrata l’innocuità di dosaggi più elevati. Per evitare che i consumatori invalidino senza volerlo la garanzia dei loro veicoli, è altresì necessario imporre l’etichettatura di tutti i carburanti contenenti additivi metallici».

III – Fatti, causa principale e domanda di pronuncia pregiudiziale

6. Secondo le indicazioni del giudice del rinvio, la ricorrente, Afton Chemical Limited (in prosieguo: la «Afton»), è una società commerciale con sede nel Regno Unito, appartenente all’Afton Chemical Group. Il gruppo Afton produce e commercializza il MMT per l’impiego su scala mondiale. Una società del gruppo Afton è titolare del marchio «mmt». Le società del gruppo Afton sono titolari di numerosi brevetti, approvati o in corso di approvazione, riguardanti il MMT. Tuttavia, da una dichiarazione resa dalla Afton nella causa principale risulta che, oltre che da quest’ultima, il MMT viene ancora prodotto da un ristretto numero di imprese in Cina (4).

7. Il giudice del rinvio riferisce che, secondo le dichiarazioni dei testimoni addotte a sostegno della domanda della Afton, il MMT è un additivo metallico per carburanti a base di manganese, che viene utilizzato in diluizione con questi ultimi da più di 30 anni. Tale sostanza svolgerebbe principalmente una duplice azione, consistente in particolare nell’aumento del numero di ottani nei carburanti senza piombo e nella protezione contro i danni alle valvole (cosiddetta recessione delle sedi delle valvole) nei veicoli di più vecchia costruzione alimentati con benzina contenente additivi in sostituzione del piombo.

8. Secondo quanto indicato nella domanda di pronuncia pregiudiziale, nella maggior parte dei paesi del mondo l’aggiunta di MMT alla benzina senza piombo non soggiace ad alcuna restrizione. Prima dell’adozione della direttiva 2009/30 non esisteva a livello comunitario alcun limite o restrizione all’impiego del MMT. Neppure esisteva un obbligo di etichettatura per gli additivi metallici in generale, e per il MMT in particolare, valido in tutta l’Unione.

9. A seguito del ricorso proposto dalla Afton dinanzi alla High Court, tale giudice ha sottoposto alla Corte – così come richiesto dalla ricorrente – le seguenti questioni pregiudiziali riguardanti la direttiva 2009/30:

«1.      Se, con riferimento alla parte dell’art. 1, punto 8), che introduce un nuovo art. 8 bis, n. 2, nella direttiva 98/70, il quale limita l’utilizzo del metilciclopentadienil-tricarbonil-manganese nei carburanti a 6 mg di manganese per litro a decorrere dal 1° gennaio 2011 e a 2 mg di manganese per litro a decorrere dal 1° gennaio 2014, l’imposizione di tali limiti sia:

(1)      illegittima in quanto fondata su un manifesto errore di valutazione;

(2)      illegittima in quanto non conforme ai presupposti di applicazione del principio di precauzione;

(3)      illegittima in quanto sproporzionata;

(4)      illegittima in quanto contraria al principio di parità di trattamento;

(5)      illegittima in quanto contraria al principio di certezza del diritto.

2.      Se, con riferimento alla parte dell’art. 1, punto 8), che introduce nella direttiva 98/70 un nuovo art. 8 bis, nn. 4, 5 e 6, il quale impone l’obbligo di etichettare tutti i carburanti contenenti additivi metallici con la dicitura “contiene additivi metallici”, l’imposizione di tale obbligo di etichettatura sia:

(1)      illegittima in quanto fondata su un manifesto errore di valutazione;

(2)      illegittima in quanto sproporzionata».

10. Alla fase scritta del procedimento hanno preso parte, oltre alla Afton, la Repubblica federale di Germania, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e la Commissione europea. Tutte tali parti, ad eccezione della Repubblica federale di Germania, hanno altresì partecipato all’udienza svoltasi il 15 aprile 2010.

IV – Analisi giuridica

11. La domanda di pronuncia pregiudiziale pone in discussione la validità di due disposizioni riguardanti l’impiego del MMT. Oggetto di contestazione sono, in primo luogo, i valori limite fissati per l’impiego di tale sostanza (v. infra, parte B) e, in secondo luogo, l’obbligo di etichettatura dei carburanti contenenti MMT (v. infra, parte C). Tuttavia, esaminerò in prima battuta le eccezioni sollevate contro la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale (v. infra, parte A).

A – Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

12. Due sono i motivi che vengono addotti per contestare la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. In primo luogo, ad avviso del Parlamento e della Commissione, nella causa principale fa difetto una controversia reale ed effettiva, dal momento che le parti del procedimento a quo condividono la medesima opinione in punto di diritto (v. infra, sub 1). In secondo luogo, la Commissione sostiene che la Afton avrebbe potuto proporre dinanzi ai giudici comunitari, ai sensi dell’art. 230 CE, un ricorso diretto avverso le disposizioni contestate, sicché alla società suddetta sarebbe preclusa la possibilità di far valere l’invalidità di queste ultime nell’ambito di altri procedimenti (v. infra, sub 2).

1.      Quanto alla causa principale

13. Il Parlamento e la Commissione obiettano che nella causa principale non è riscontrabile alcuna controversia in ordine alla validità delle disposizioni di cui si discute. Si tratterebbe quindi di una domanda di pronuncia pregiudiziale a carattere ipotetico, per tale motivo irricevibile.

14. Tuttavia, di norma, si presume che una domanda di pronuncia pregiudiziale non abbia carattere ipotetico, bensì sia rilevante ai fini della decisione nel giudizio a quo (5). Infatti, quando una questione concernente la validità di un atto adottato dalle istituzioni comunitarie è sollevata dinanzi ad un giudice nazionale, spetta a quest’ultimo giudicare se una decisione su tale punto sia necessaria per pronunciare la sua sentenza e, pertanto, chiedere alla Corte di statuire su tale questione. Di conseguenza, qualora le questioni sollevate dal giudice nazionale riguardino la validità di una disposizione di diritto comunitario, in via di principio la Corte è tenuta a statuire (6).

15. Soltanto in ipotesi eccezionali la Corte, per verificare la propria competenza, è tenuta ad esaminare le condizioni in presenza delle quali è adita dal giudice nazionale (7). Secondo una costante giurisprudenza, il rigetto di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto comunitario chiesta da tale giudice non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (8). Ad eccezione di tali casi, la Corte è tenuta in linea di principio a statuire sulle questioni pregiudiziali riguardanti l’interpretazione di norme del diritto comunitario (9). In tale contesto, la nozione di interpretazione comprende anche la verifica della validità degli atti contestati (10).

16. Nel presente caso, è manifesto l’interesse della Afton a che venga dichiarata l’invalidità delle disposizioni controverse. Queste limitano in misura rilevante le possibilità di impiego del MMT e dunque le potenzialità commerciali dell’impresa suddetta. Peraltro, almeno fino a quando non interverrà una siffatta dichiarazione di invalidità, il Regno Unito, rappresentato dal Ministero dei trasporti convenuto, è obbligato a dare corso alla trasposizione delle disposizioni controverse, dato che fino a quel momento si presume la loro validità (11). Secondo le indicazioni della Afton, per tale motivo il Ministero ha altresì annunciato, al ricevimento del ricorso, di voler dare attuazione alla normativa in questione. Pertanto, anche nel caso in cui il Ministero dei trasporti non sollevi espresse eccezioni contro il ricorso della Afton, esso si trova comunque formalmente contrapposto alla posizione di quest’ultima (12). Di conseguenza, il carattere reale della controversia nella causa principale non può essere messo in dubbio.

2.      Quanto alla possibilità di un ricorso diretto

17. La Commissione fa altresì valere che la Afton avrebbe potuto proporre un ricorso ex art. 230 CE contro le disposizioni da essa contestate.

18. Tale obiezione è fondata sulla cosiddetta giurisprudenza TWD. Secondo quest’ultima, un atto giuridico diviene definitivo nei confronti di un singolo qualora esso debba essere considerato, in rapporto a tale soggetto, quale decisione individuale della quale quest’ultimo avrebbe potuto senza alcun dubbio chiedere l’annullamento a norma dell’art. 230 CE. In questo caso, il singolo non può più far valere l’illegittimità di tale atto dinanzi al giudice nazionale (13).

19. Non è escluso che nel presente caso la Afton avrebbe potuto proporre un ricorso diretto. Ciò avrebbe presupposto a suo tempo, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, che le disposizioni controverse riguardassero la Afton direttamente ed individualmente, così da poter essere equiparate ad una decisione presa nei suoi confronti. Vari elementi inducono a ritenere che la Afton, grazie alla sua preminenza sul mercato del MMT ed ai diritti di proprietà intellettuale di cui gode in tale settore, rivesta una posizione così fortemente denotata da doversi considerare individualmente colpita da specifiche regole disciplinanti l’utilizzo del MMT (14). Inoltre, le disposizioni controverse, pur necessitando di trasposizione, non lasciano alcun margine di manovra residuo, cosicché si deve presumere che esse pregiudichino la Afton in maniera diretta (15).

20. Nondimeno, secondo la giurisprudenza TWD, la Afton si vedrebbe preclusa la possibilità di far valere nell’ambito del procedimento nazionale l’invalidità delle norme contestate soltanto nel caso in cui essa fosse senza alcun dubbio legittimata a impugnare queste ultime con l’azione di annullamento prevista dall’art. 230 CE (16). Non esistono però attualmente precedenti giurisprudenziali in casi analoghi in grado di dissipare qualsiasi dubbio. La qualità di soggetto individualmente pregiudicato da un atto potrebbe risultare dubbia già per il fatto che il MMT viene all’evidenza prodotto anche da imprese cinesi, oltre che dalla Afton, così che la posizione di mercato di quest’ultima potrebbe essere puramente di fatto. Inoltre, dato che le disposizioni controverse sono contenute in una direttiva, persistono dubbi anche riguardo al carattere diretto del pregiudizio arrecato. Pertanto, nel caso di specie non è applicabile la giurisprudenza TWD.

21. Tuttavia, qualora la Corte dovesse giudicare che la Afton poteva senza alcun dubbio presentare un ricorso diretto, si renderebbe necessaria, quantomeno nel presente caso, una deroga alla giurisprudenza TWD. Infatti, nell’odierna fattispecie non risultano sussistenti le ragioni che giustificano l’applicazione di tale limitazione – non ancorata in un’espressa disciplina legislativa – del diritto di contestare giudizialmente gli atti giuridici dell’Unione.

22. La giurisprudenza TWD mira ad evitare che vengano elusi i termini di impugnazione (17). Nel caso in cui sia scaduto il termine di impugnazione, l’interessato che avrebbe potuto proporre tempestivamente un ricorso dinanzi ai giudici comunitari non deve più avere la possibilità di ottenere un riesame dell’atto controverso tramite lo strumento del rinvio pregiudiziale.

23. Tuttavia, nel caso di specie la Afton ha presentato un ricorso dinanzi alla High Court già in data 29 giugno 2009, ossia ben prima della scadenza del termine previsto dall’art. 230, quinto comma, CE. La direttiva 2009/30 è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 5 giugno 2009. Pertanto, ai sensi dell’art. 81, n. 1, del regolamento di procedura della Corte, il termine di impugnazione ha incominciato a decorrere dal 20 giugno 2009. Quindi, tenuto conto del termine supplementare di 10 giorni a motivo della distanza, sarebbe stato possibile proporre un ricorso diretto fino alla fine del mese di agosto 2009. Si deve dunque escludere che nel presente caso si configuri un aggiramento del termine di impugnazione. Del pari, non esiste alcuna disposizione che obbligasse la Afton a rivolgersi direttamente ai giudici dell’Unione. Di conseguenza, non vi è alcuna necessità di limitare il diritto spettante in linea di principio alla Afton di far valere nell’ambito del procedimento nazionale l’illegittimità delle norme controverse.

24. Pertanto, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

B – Quanto alla prima questione pregiudiziale – Validità dei limiti quantitativi fissati per il MMT

25. La prima questione pregiudiziale, suddivisa in cinque parti, verte sui valori limite fissati per il MMT. Esaminerò tali cinque parti della questione nel medesimo ordine in cui sono state prospettate. Al centro del discorso si colloca il principio di proporzionalità, nel cui ambito svolgono un ruolo il principio di precauzione e, in parte, anche la questione dell’esistenza di un manifesto errore di valutazione.

1.      Quanto alla censura relativa all’esistenza di un manifesto errore di valutazione

26. Anzitutto viene sollevata la questione se i valori limite stabiliti si basino su un manifesto errore di valutazione. Al riguardo, la Afton sostiene che i rischi per la salute connessi con l’utilizzazione del MMT non sarebbero stati oggetto di indagine e che la Commissione sarebbe giunta alla conclusione che lo stato attuale delle conoscenze riguardo ai rischi per l’ambiente non giustifica alcuna restrizione dell’impiego della sostanza suddetta.

27. La censura relativa all’esistenza di un manifesto errore di valutazione si riferisce ad una consolidata giurisprudenza riguardante la sindacabilità delle misure fondate su un ampio margine di valutazione e di scelta (discrezionalità).

28. In un settore quale quello che qui interessa, il legislatore, chiamato ad adottare decisioni politiche, economiche e scientifiche e ad eseguire complesse verifiche, dispone di un ampio margine di discrezionalità (18). A tal fine, esso può fondarsi sui pareri espressi da organi amministrativi e scientifici, da gruppi di interesse nonché dalla collettività. Tali risorse non sono accessibili in ugual misura nell’ambito dei procedimenti giudiziari. Pertanto, il giudice dell’Unione non può sostituirsi al legislatore dell’Unione (19) e controllare le modalità con le quali quest’ultimo ha esercitato la propria responsabilità politica (20).

29. Tuttavia, l’esercizio di questo potere discrezionale non è integralmente sottratto al controllo giurisdizionale. Gli organi comunitari, allorché dispongono di un ampio potere discrezionale, hanno l’obbligo di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (21). Ed il giudice comunitario è tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano la totalità dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (22).

30. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Afton, un errore di valutazione non vale di per sé solo a inficiare la validità di un atto giuridico. La questione rilevante è piuttosto quella se tale errore abbia carattere giuridicamente rilevante.

31. La questione se determinate informazioni scientifiche giustifichino una restrizione all’impiego del MMT riguarda le conclusioni che il legislatore trae dai dati a sua disposizione. Tali conclusioni costituiscono l’oggetto della verifica del rispetto del principio di proporzionalità e possono incidere pure sulla disamina attinente al principio di uguaglianza. Pertanto, approfondirò l’aspetto di cui sopra nell’ambito della trattazione dedicata a tali due principi.

32. Per contro, l’asserita mancanza di un’indagine sui rischi per la salute investe i presupposti per l’adozione dei valori limite. La fissazione di questi ultimi si basa sull’art. 95 CE, il quale consente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno. Ai sensi dell’art. 95, n. 3, CE, la Commissione, nelle sue proposte in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenendo conto, in particolare, di tutti gli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo ed il Consiglio, nell’ambito delle rispettive competenze, si adoperano per conseguire tale obiettivo.

33. Pertanto, poiché ai sensi del ‘considerando’ 35 della direttiva 2009/30 i valori limite fissati hanno in particolare come obiettivo la tutela della salute, il legislatore era obbligato a tener conto di tutti gli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici riguardanti i possibili rischi per la salute provocati dal MMT (23). L’eventuale mancata presa in considerazione delle informazioni disponibili in merito ai rischi per la salute derivanti dall’impiego del MMT può configurare un manifesto errore di valutazione nell’applicazione dell’art. 95 CE.

34. Tuttavia, l’obbligo di tener conto dei più recenti sviluppi scientifici non dà vita a rigorose regole probatorie. Piuttosto, l’ampio potere discrezionale del legislatore comunitario – il quale implica un controllo giurisdizionale limitato delle modalità del suo esercizio – non riguarda esclusivamente la natura e la portata dei provvedimenti da adottare, ma anche, in una certa misura, l’accertamento dei dati di base (24).

35. Nondimeno, un controllo giurisdizionale, anche se di portata limitata, richiede quantomeno che le istituzioni comunitarie siano in grado di dimostrare dinanzi alla Corte che l’atto è stato da esse adottato attraverso un esercizio effettivo del loro potere discrezionale. Ciò presuppone la valutazione di tutti gli elementi e di tutte le circostanze rilevanti della situazione che tale atto era inteso a disciplinare (25).

36. Tale valutazione non deve risultare in modo dettagliato dalla motivazione dell’atto giuridico di cui trattasi. Infatti, se la normativa in questione evidenzia nella sua essenza lo scopo perseguito dall’istituzione comunitaria, sarebbe eccessivo pretendere una motivazione specifica per le diverse scelte d’indole tecnica operate (26). Piuttosto, eventuali dubbi circa la sufficiente valutazione di dati scientifici possono di norma essere confutati anche in altro modo.

37. Spesso è la stessa Commissione che già provvede a fornire le basi per la valutazione dei dati scientifici disponibili, fondando la propria proposta legislativa su un’indagine esaustiva. Il Parlamento ed il Consiglio possono su tale base sviluppare la propria valutazione nell’ambito delle successive fasi dell’iter legislativo.

38. Tuttavia, la Afton giustamente sottolinea che tale ipotesi non sussiste nel caso di specie. È vero infatti che la Commissione ha fondato la propria proposta di adozione della direttiva 2009/30 anche sulla tutela della salute (27), ma essa ha espressamente escluso una valutazione dei rischi per la salute provocati dal MMT, a differenza della valutazione dei rischi per i sistemi di riduzione degli scarichi inquinanti (28).

39. Tale limitazione dell’oggetto della valutazione dei rischi è conforme all’incarico di verifica conferito dalla direttiva 2003/17/CE (29), il quale ha costituito, in riferimento agli additivi metallici per carburanti, il fondamento della proposta di adozione della direttiva 2009/30. Ai sensi del nuovo art. 9, lett. f), della direttiva 98/70, riformulato dalla direttiva 2003/17, la Commissione, in sede di esame delle specifiche dei carburanti, doveva tener conto in particolare delle nuove tecnologie di riduzione dell’inquinamento e dell’impatto degli additivi metallici sulle loro prestazioni. In tale contesto non veniva mai fatta menzione dei rischi per la salute.

40. Conformemente a ciò, la Commissione è partita dal presupposto che i rischi per la salute derivanti dal MMT sarebbero stati in futuro oggetto di valutazione (30) nell’ambito di una notifica ai sensi del regolamento n. 1907/2006 (REACH) (31).

41. Pertanto, il richiamo alla finalità di precauzione dinanzi a rischi per la salute presuppone che le altre istituzioni partecipanti al procedimento legislativo abbiano successivamente valutato i dati scientifici disponibili.

42. In particolare, il Parlamento e il Consiglio hanno in tal senso diffusamente descritto, nell’ambito del procedimento giurisdizionale, lo stato della ricerca sui rischi per la salute derivanti dall’utilizzazione del MMT, il quale sarebbe stato preso in considerazione nell’ambito dell’iter legislativo. Tale esposizione di dati basta di norma per giustificare la presunzione che le informazioni prodotte siano state valutate anche in concreto nel corso dell’iter legislativo (32).

43. Tuttavia, la Afton smentisce tale presunzione. L’impresa suddetta ha infatti richiesto in data 29 dicembre 2008 al Parlamento, al Consiglio e alla Commissione, a norma del regolamento n. 1049/2001 (33), le prove e i documenti scientifici presi in considerazione nella decisione sui valori limite applicabili al MMT. Il Parlamento ha consentito l’accesso a tre documenti riguardanti i biocarburanti, un altro tema della direttiva 2009/30, mentre il Consiglio ha offerto un gran numero di documenti interni. Secondo le affermazioni della Afton, che non sono state oggetto di contestazione, nessuno di questi documenti conteneva informazioni scientifiche riguardanti i rischi di impiego del MMT.

44. Il Parlamento ed il Consiglio sottolineano al riguardo che le informazioni scientifiche controverse non si trovavano in possesso delle rispettive istituzioni, bensì nelle mani della relatrice parlamentare o degli Stati membri.

45. Per quanto riguarda il Parlamento, tale affermazione risulta poco convincente, in quanto la relatrice è un membro di tale istituzione. Pertanto, i documenti in possesso di costei attinenti ad un determinato procedimento legislativo devono considerarsi, in via di principio, nella disponibilità del Parlamento (34).

46. Per contro, il Consiglio sostiene in maniera plausibile che i rappresentanti degli Stati membri di norma non comunicano nel dettaglio i dati scientifici sui quali hanno fondato le loro manifestazioni di voto, ma di solito la loro decisione è basata sui pareri formulati dalle amministrazioni nazionali. Tuttavia, la mancanza di documenti del Consiglio nei quali siano riportati i fondamenti scientifici della decisione adottata da tale organo fa dubitare che questa sia stata effettivamente presa su basi scientifiche.

47. Stanti tali circostanze, non è più possibile presumere – unicamente sulla base delle allegazioni svolte in sede giurisdizionale – che il Parlamento ed il Consiglio abbiano tenuto conto, nell’ambito del procedimento legislativo, di informazioni scientifiche riguardanti i rischi per la salute derivanti dal MMT.

48. Tuttavia, nel giugno 2008 la Commissione ha presentato un cosiddetto «non-paper» in merito al MMT (35), che è stato utilizzato nell’ambito dell’iter legislativo. La Afton conosceva questo documento e vi fa riferimento per suffragare la propria posizione in altre questioni. Il «non‑paper» riassume in una pagina e mezza lo stato della ricerca in merito a possibili rischi per la salute derivanti dall’impiego del MMT nei carburanti. Non vi sono elementi per ritenere che tale riassunto sia inesatto o incompleto.

49. Di conseguenza, è indubbio che le fuorvianti informazioni fornite dal Parlamento e dal Consiglio in risposta alla domanda di accesso agli atti rappresentino un fatto increscioso; tuttavia, contrariamente a quanto appare da esse, nell’ambito del procedimento legislativo si è tenuto conto delle informazioni scientifiche disponibili riguardanti i rischi per la salute derivanti dall’impiego del MMT.

50. Pertanto, la censura relativa ad un manifesto errore di valutazione commesso nell’acquisizione dei dati necessari per la fissazione dei valori limite non merita accoglimento.

2.      Quanto al principio di precauzione

51. La seconda parte della questione pregiudiziale riguarda l’addebito relativo alla mancanza dei presupposti di applicazione del principio di precauzione.

52. Il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive, qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute degli uomini o degli animali o per l’ambiente nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse (36).

53. Varie norme di diritto derivato danno concreta specificazione al principio di precauzione in relazione alle competenze attuative della Commissione. In tale contesto si è formata la giurisprudenza (37) che la Afton adduce primariamente per giustificare la propria censura relativa alla violazione del principio suddetto.

54. Tuttavia, la direttiva 2009/30 è stata adottata sul fondamento immediato dell’art. 95 CE. Un provvedimento legislativo siffatto non può essere direttamente valutato sotto il profilo della sua rispondenza o meno al principio di precauzione. Piuttosto, tale principio assume rilievo soprattutto nell’ambito dell’esame relativo al principio di proporzionalità (38). Pertanto, di esso mi occuperò più approfonditamente in quella sede.

3.      Quanto al principio di proporzionalità

55. La terza parte della questione pregiudiziale verte sulla proporzionalità dei valori limite fissati.

56. Il principio di proporzionalità fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, che il legislatore è tenuto a rispettare (39). Pertanto, gli atti delle istituzioni non possono eccedere i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi. A tal fine, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva; inoltre, gli inconvenienti causati devono essere proporzionati agli scopi perseguiti (40).

57. Tuttavia, anche in questo ambito sussiste un ampio margine di valutazione (discrezionalità) in capo al legislatore (41). Una misura adottata nell’esercizio di tale potere discrezionale viola il principio di proporzionalità soltanto qualora sia manifestamente inidonea al raggiungimento dell’obiettivo perseguito dall’organo competente (42) [v. infra, sub b)], qualora esistano manifestamente misure meno restrittive aventi pari efficacia (43) [v. infra, sub c)], oppure qualora le misure adottate siano palesemente sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti (44) [v. infra, sub d)]. Tuttavia, occorre anzitutto verificare se i valori limite fissati perseguono obiettivi che trovano riconoscimento nel diritto dell’Unione [v. infra, sub a)] (45).

a)      Quanto alle finalità dei valori limite stabiliti

58. Ai sensi del ‘considerando’ 35 della direttiva 2009/30, i limiti quantitativi fissati per il MMT trovano giustificazione nel fatto che l’utilizzo di tale sostanza potrebbe aumentare i rischi per la salute umana, nonché danneggiare i motori dei veicoli e i sistemi di controllo delle emissioni (rectius: di riduzione delle emissioni). L’esigenza di prevenire quest’ultimo rischio è riconducibile a prima vista alla tutela dei consumatori. Tuttavia, come concordemente sottolineato dalle parti intervenute nel procedimento, essa attiene anche, quantomeno implicitamente, alla tutela dell’ambiente, in quanto i danni ai sistemi di riduzione delle emissioni, quali i catalizzatori per la depurazione dei gas di scarico, possono avere come conseguenza un aumento delle emissioni e dunque un maggior aggravio per l’ambiente (46).

59. Poiché l’art. 95, n. 3, CE richiede un livello di protezione elevato in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori, la finalità dei valori limite non è soltanto riconosciuta, bensì merita di vedersi attribuita un’elevata importanza.

60. Qualora fosse certo che l’utilizzo del MMT nuoce alla salute umana e agli impianti di scarico dei veicoli, eventuali restrizioni potrebbero fondarsi sul principio dell’azione preventiva (art. 174, n. 2, CE). Tuttavia, è pacifico che tale ipotesi non sussiste nel caso di specie.

61. Vero è piuttosto che, stando ai dati disponibili, nel presente caso vi è discordia a livello scientifico sul punto se l’utilizzo del MMT nei carburanti comporti rischi per la salute umana o per gli impianti di scarico dei veicoli. L’esistenza di tali rischi non può essere né affermata né esclusa.

62. Tale incertezza si ripercuote sulle modalità di applicazione del principio di proporzionalità. In presenza di tali circostanze, il principio di precauzione consente di adottare misure di protezione senza dover attendere che siano dimostrate l’esistenza e l’entità di tali rischi (47).

63. Tuttavia, la Afton sostiene che eventuali misure precauzionali possono essere adottate soltanto in presenza di circostanze eccezionali, qualora sussistano elementi seri e pertinenti atti a dimostrare l’esistenza del pericolo di danno di cui trattasi. Quand’anche non fossero in grado di far venir meno l’incertezza a livello scientifico, tali elementi dovrebbero quantomeno autorizzare ragionevoli dubbi e soddisfare il principio della massima competenza specialistica e dell’indipendenza dei pareri scientifici. A suo avviso, occorre che le misure siano indispensabili o appaiano imprescindibili tenuto conto del livello di rischio giudicato non accettabile per la collettività dagli organi competenti.

64. Con riguardo a misure adottate dagli Stati membri, le quali ad esempio limitino la circolazione delle merci, la Corte in effetti ha statuito che eventuali misure di tutela sulla scorta del principio di precauzione possono essere assunte solamente se fondate su una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, le quali dimostrino che tali misure sono necessarie a garantire che i prodotti in questione non presentano rischi per la salute umana (48). In particolare, la valutazione dei rischi non può fondarsi su considerazioni di natura meramente ipotetica (49).

65. Richiamandosi a varie sentenze del Tribunale (50) – non censurate dalla Corte nei punti di interesse – la Afton sostiene che analoghi requisiti valgono per gli atti giuridici dell’Unione.

66. Senza dubbio, le considerazioni svolte al riguardo dal Tribunale risultano formulate in termini generali; tuttavia, tali casi vertevano su decisioni del Consiglio o della Commissione fondate su pertinenti norme di diritto derivato. Queste ultime stabilivano precisi requisiti sotto il profilo della motivazione scientifica (51), i quali davano concreta specificazione al principio di precauzione. Il Parlamento rileva giustamente che il rispetto di tali prescrizioni risultava imposto già dal fatto che si trattava della revoca di autorizzazioni in precedenza rilasciate sulla base di un procedimento a carattere scientifico.

67. Tali vincoli non possono essere trasposti agli atti legislativi adottati a norma del Trattato, dal momento che quest’ultimo non specifica ulteriormente i presupposti per l’applicazione del principio di precauzione. La giurisprudenza richiamata qui di seguito mostra piuttosto che, per finalità di precauzione, l’Unione può, senza un’esaustiva valutazione dei rischi, imporre divieti destinati a valere quantomeno fino a quando sia esclusa l’esistenza di rischi.

68. La sentenza Alliance for Natural Health e a. riguardava le norme relative alla libera circolazione degli integratori alimentari. Tale libera circolazione viene limitata dalla direttiva 2002/46/CE (52) alle sostanze per le quali, al momento dell’adozione di tale direttiva, le autorità scientifiche europee competenti dispongano di dati scientifici sufficienti e appropriati in grado di confortare il loro parere favorevole. Tale limitazione della libera circolazione delle merci è stata abbinata alla possibilità di autorizzare ulteriori integratori alimentari in funzione dell’evoluzione della scienza e della tecnologia. In ciò la Corte ha ravvisato un ragionevole compromesso tra le finalità di un efficiente mercato interno e quelle della tutela della salute umana (53).

69. Pertanto, in quel caso bastava già la mancanza di un’esaustiva valutazione dei rischi da parte delle autorità europee competenti per giustificare delle restrizioni.

70. La questione si pone in termini analoghi con riferimento alla tutela del territorio ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva 92/43 (direttiva habitat): a norma della seconda frase di tale disposizione, le autorità nazionali competenti possono autorizzare un determinato progetto solo a condizione che abbiano acquisito la certezza che esso è privo di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito interessato. Tale condizione si realizza quando non sussiste alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all’assenza di tali effetti (54). Pertanto, non è il divieto di interventi che si fonda su una valutazione esaustiva dei rischi, bensì soltanto l’autorizzazione ad effettuare tali interventi.

71. Su ciò non incide minimamente il fatto che esista la possibilità di un’autorizzazione in deroga per ragioni superiori ai sensi dell’art. 6, n. 4, della direttiva habitat. Infatti, anche questo tipo di autorizzazione presuppone di norma una valutazione dei rischi per il sito derivanti dal progetto (55).

72. Infine, anche l’obbligo di registrazione imposto dal regolamento n. 1907/2006 (REACH) (56) dà concreta attuazione al principio di precauzione (57) attraverso un divieto di commercializzazione di sostanze destinato a valere fino a che non venga presentata una valutazione di determinati rischi (58). La Corte non ha ritenuto di censurare tale tecnica legislativa allorché è stata chiamata a pronunciarsi sull’obbligo di registrazione dei monomeri (59).

73. La giurisprudenza sopra richiamata rappresenta una conseguenza necessaria dell’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore nell’applicazione dei principi di proporzionalità e di precauzione nonché nella scelta dei dati di partenza da utilizzare, allorché debbono essere adottate normative complesse.

74. In linea di principio, analoghe considerazioni valgono anche per le misure adottate dagli Stati membri (60). Il fatto che la Corte spesso assoggetti comunque tali misure a più severi requisiti costituisce una conseguenza delle rispettive materie normative (61). Nell’ambito della circolazione delle merci, ciò costituisce un’espressione del principio del reciproco riconoscimento. Qualora alcuni Stati membri autorizzino determinati prodotti, deve ritenersi che sia stata effettuata una valutazione dei rischi. Pertanto, l’adozione da parte di altri Stati membri di restrizioni più severe necessita di una più estesa motivazione. Qualora invece l’Unione disciplini unitariamente a livello europeo il trattamento di determinati rischi e in tale contesto confluiscano le esperienze di tutti gli Stati membri, deve essere consentito di adottare misure di protezione senza dover effettuare preventivamente in ogni singolo caso un’esaustiva valutazione dei rischi. Infatti, potrebbe accadere che i danni paventati si producano quando è ancora in corso tale valutazione.

75. Pertanto, ai fini della giustificazione dei valori limite, ciò che assume rilievo in via prioritaria non è la valutazione dei rischi da parte della Corte. Piuttosto, incombe al legislatore trarre delle conclusioni dal dibattito scientifico. La Corte può rimettere in discussione sotto il profilo di merito la valutazione compiuta dal legislatore dell’Unione soltanto qualora sia evidente che non sussistono rischi di alcun tipo o che questi sono stati erroneamente valutati. Tuttavia, considerata l’incertezza esistente a livello scientifico riguardo a entrambi i rischi addotti nel caso di specie, non può parlarsi – quantomeno in sede di verifica dello scopo perseguito dalla normativa in questione – di inesistenza o sopravvalutazione di tali rischi.

76. In conclusione occorre affermare che la precauzione nei confronti dei rischi per la salute umana e per l’ambiente derivanti dall’impiego del MMT costituisce una finalità dei valori limite meritevole di riconoscimento.

b)      Quanto all’idoneità

77. I valori limite non sono manifestamente inidonei a contribuire alla prevenzione dei rischi derivanti dall’impiego del MMT. Essi naturalmente impediscono un maggiore impiego di tale sostanza e dunque limitano le quantità della stessa che potrebbero cagionare dei danni.

78. La Afton sostiene però che è impossibile stabilire se il manganese nei carburanti sia da attribuire all’aggiunta di MMT. La società suddetta ne deduce che i limiti quantitativi fissati non sono attuabili nella pratica e sono dunque inidonei a prevenire i rischi derivanti dall’impiego del MMT.

79. Tuttavia, tale conclusione non ha carattere obbligato. Anche qualora non esista (ancora) alcun metodo per provare in maniera diretta che il manganese presente nei carburanti è una conseguenza dell’uso del MMT, tale prova può comunque essere ricavata in via indiretta. Infatti, il superamento della quantità di manganese consentita potrebbe essere considerato quale elemento sufficiente per presupporre, a titolo di presunzione iuris tantum, un’aggiunta di MMT oltre i limiti previsti. Infatti, giustamente la Repubblica federale di Germania sottolinea che la Afton non spiega in che modo il manganese potrebbe altrimenti arrivare nei carburanti.

80. Pertanto, non sussistono dubbi convincenti quanto alla possibilità di imporre i valori limite e alla loro idoneità a contribuire al raggiungimento degli scopi ad essi sottesi.

c)      Quanto alla necessità dei limiti quantitativi imposti

81. Proseguendo nella verifica della proporzionalità, si tratta ora di appurare se i limiti quantitativi imposti possano essere riconosciuti quale il mezzo meno gravoso per conseguire gli scopi ad essi sottesi. A prima vista, nulla indica che esistano altre misure di protezione le quali potrebbero essere altrettanto efficaci di quelle attualmente previste.

82. La Afton sottolinea tuttavia che, secondo la valutazione di impatto della Commissione (cd. impact assessment), eventuali misure a carattere volontario potrebbero evitare i rischi in maniera altrettanto efficace che le misure vincolanti (62). Pertanto, nell’originaria valutazione della Commissione, le misure vincolanti non costituivano lo strumento meno gravoso.

83. A questo proposito, la Afton muove chiaramente dal presupposto che tale valutazione emerga in termini cogenti dai dati scientifici in possesso della Commissione e che essa sia dunque vincolante anche per le altre istituzioni partecipanti al procedimento legislativo.

84. Tale presupposto però non è corretto.

85. Vero è piuttosto che la Commissione, nel trarre le proprie conclusioni dai dati disponibili, ha esercitato il potere discrezionale di cui gode. Tale esercizio di un potere discrezionale non impedisce alle altre istituzioni partecipanti al procedimento legislativo di trarre dai dati disponibili conclusioni differenti. Infatti, l’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore non è riservata alla Commissione, bensì spetta a tutte le istituzioni partecipanti al procedimento legislativo ed ai loro membri.

86. Di chi sia la valutazione che alla fine si impone, è questione che dipende dal tipo di procedimento di volta in volta utilizzato. Nel presente caso è stata applicata la procedura di codecisione prevista dall’art. 251 CE. Tale procedura attua il principio di democrazia, che l’art. 6, n. 1, UE riconosce espressamente quale fondamento dell’Unione europea (63). Invero, il procedimento di formazione della volontà in modo democratico previsto dalla norma succitata richiede anzitutto una proposta della Commissione; tuttavia, ai fini dell’adozione della direttiva 2009/30, esso presupponeva una maggioranza qualificata nel Consiglio e la maggioranza assoluta dei voti espressi nel Parlamento. Tali maggioranze erano chiaramente di diverso avviso rispetto alla Commissione. Simili divergenze di opinione non sono di per sé censurabili in sede giurisdizionale, poiché in caso contrario verrebbe pregiudicato l’equilibrio istituzionale nell’ambito del rispettivo procedimento legislativo.

87. Occorre poi rilevare che la normativa infine adottata si basa anche sulle già accennate informazioni riguardanti i rischi per la salute che la Commissione ha espressamente omesso di considerare nell’ambito della sua valutazione. Già il fatto di aver tenuto conto di tale rischio aggiuntivo giustifica un risultato divergente dalla proposta originaria.

88. Pertanto, la divergenza della normativa adottata rispetto alla proposta della Commissione non consente di affermare che chiaramente i valori limite stabiliti non sono il mezzo meno gravoso.

d)      Quanto alla congruità dei valori limite

89. Nell’ambito del giudizio di congruità occorre verificare se i pregiudizi derivanti dalla normativa controversa siano proporzionati rispetto agli scopi perseguiti. Occorre pertanto procedere ad una ponderazione degli elementi in gioco.

90. Nel caso di specie si contrappongono la tutela della salute e dell’ambiente, da un lato, e gli interessi economici all’utilizzo del MMT, dall’altro. In linea di principio, è chiaro che la prima risulta prevalente.

91. Ad ogni modo, la Afton nega che i rischi derivanti dall’impiego del MMT abbiano un peso maggiore rispetto ai danni derivanti da una restrizione di tale impiego.

92. A tal fine la Afton fa valere, in particolare, il fatto che la Commissione nel corso del procedimento legislativo non ha ritenuto che i rischi fossero sufficienti per limitare l’impiego del MMT. Tuttavia, come già osservato, la posizione della Commissione non può vincolare il Parlamento e il Consiglio.

93. Del resto, non vi sono elementi che impongano di ritenere che la valutazione dei rischi effettuata dal Parlamento e dal Consiglio fosse manifestamente erronea. È vero infatti che sino ad oggi esiste un numero relativamente esiguo di argomenti scientifici a favore dell’esistenza dei rischi affermati; tuttavia, la Afton riconosce che, secondo gli studi disponibili, i rischi non possono neppure essere esclusi con certezza.

Quanto al principio di precauzione

94. Il principio di precauzione riguarda proprio situazioni di questo tipo. In base ad esso, la salute e l’ambiente non vengono tutelati – come invece prevede il principio dell’azione preventiva – dinanzi a danni di sicuro accadimento. Piuttosto, l’adozione di misure precauzionali è consentita in presenza di rischi la cui entità sia controversa. In tale ottica, il legislatore può attribuire alla finalità della tutela precauzionale della salute o dell’ambiente rilievo preminente rispetto alla restrizione di altri interessi.

95. Spetta al legislatore, e non ai giudici, ponderare tali diversi elementi. Il legislatore può, in particolare, decidere di minimizzare o escludere del tutto i rischi mediante misure a carattere restrittivo. In caso contrario esso dovrebbe accettare l’eventualità che il pericolo si realizzi e che i danni paventati si producano effettivamente. In particolare, quando si tratta di precauzione dinanzi a rischi per la salute umana, è di solito difficile che al legislatore possa muoversi l’addebito di aver adottato misure manifestamente esagerate.

Quanto alla possibilità di adeguare i valori limite

96. Allorché si procede alla ponderazione degli elementi in gioco, occorre tener conto anche del fatto che eventuali misure restrittive a titolo precauzionale rivestono in linea di principio carattere provvisorio. Esse devono essere revocate una volta che i timori siano stati dissipati da nuove cognizioni in materia (64). Si garantisce così, conformemente al principio di proporzionalità, che le restrizioni non verranno applicate più a lungo di quanto necessario. Come sottolineato dalla Commissione, in tal modo si crea contemporaneamente, in ossequio al principio «chi inquina paga», uno stimolo per i produttori e gli utilizzatori di tali prodotti ad indagare sulle conseguenze di questi ultimi. Quando invece il legislatore sia tenuto a dimostrare l’esistenza di rischi al fine di giustificare delle restrizioni, tali soggetti ricevono un opposto incitamento a ostacolare l’indagine scientifica sui rischi stessi.

97. Conformemente a ciò, le restrizioni si configurano in definitiva come un divieto con riserva di autorizzazione in deroga. L’art. 8 bis, nn. 1 e 3, della direttiva 98/70 prevede espressamente che i rischi siano oggetto di ulteriore indagine e che i valori limite vengano eventualmente adeguati dalla Commissione. Di tale possibilità viene fatta espressa menzione nel ‘considerando’ 35. Ove la Afton fosse in grado di presentare pertinenti dati scientifici, la Commissione sarebbe tenuta a rielaborare le norme riguardanti il MMT (65).

98. Le basi su cui potrà fondarsi tale prova – ammesso che questa sia possibile – sono in corso di elaborazione. Attualmente i possibili rischi per la salute sono oggetto di un’indagine della Afton condotta in collaborazione con la Environmental Protection Agency statunitense (66) e – come chiarito dalla Commissione – vengono esaminati anche nell’ambito del regolamento REACH. Oltre a ciò, la Commissione sta effettuando, ai sensi dell’art. 8 bis, n. 1, della direttiva 98/70, una valutazione dei rischi per la salute e per l’ambiente derivanti dall’utilizzo di additivi metallici nei carburanti e sta elaborando a tal fine un metodo di prova. Essa comunicherà le proprie conclusioni al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2012.

Quanto all’entità dei valori limite e alle loro conseguenze sull’impiego del MMT

99. In ogni caso, allorché si procede ad una ponderazione delle finalità della misura e degli svantaggi della stessa, occorre tener conto anche delle conseguenze dei limiti quantitativi imposti all’utilizzo del MMT. Queste sono inscindibilmente correlate all’entità dei valori fissati.

100. Al riguardo la Afton fa valere – in larga parte senza essere contraddetta – i tre argomenti che seguono.

101. In primo luogo, non vi sarebbe alcuna particolare ragione scientifica che sostenga la decisione di limitare, a partire dal 2011, la quantità massima di manganese per litro a 6 mg e di ridurre tale quantità, a partire dal 2014, a 2 mg.

102. In secondo luogo, qualora i limiti massimi imposti venissero applicati, il MMT non potrebbe più essere utilizzato quale protezione contro i danni alle valvole (cd. recessione delle sedi delle valvole). Ciò riguarda determinati veicoli di più vecchia costruzione, al cui carburante devono essere aggiunti particolari additivi al fine di evitare danni alle valvole. Secondo la Afton, in caso di applicazione dei limiti stabiliti, la percentuale di MMT nel carburante non è sufficiente per svolgere tale funzione. Pertanto, i valori limite fissati avrebbero lo stesso effetto di un divieto di utilizzare il MMT per tale scopo.

103. Invero, la Afton accenna al fatto che i limiti fissati per il MMT impedirebbero l’utilizzo dei veicoli di più vecchia costruzione interessati. Tuttavia, tale argomento non è convincente, in quanto esistono altri additivi per carburanti che pure possono essere utilizzati quale sostituto del piombo (67). Pertanto, nella ponderazione dei contrapposti elementi, entrano in gioco al riguardo unicamente gli interessi economici della Afton alla commercializzazione del MMT quale prodotto destinato allo scopo predetto.

104. In terzo luogo, secondo quanto prospettato dalla Afton, per effetto del limite quantitativo di 2 mg di manganese per litro che entrerà in vigore dal 2014, il MMT non avrà più alcuna utilità pratica, cosicché tale valore massimo si tradurrebbe in un divieto assoluto. Tale obiezione riguarda la funzione principale del MMT, consistente nell’aumento del cosiddetto numero di ottani del carburante. Mentre un limite quantitativo di 6 mg ancora consentirebbe un incremento sensibile di tale indice, ciò non sarebbe possibile in caso di riduzione del limite a 2 mg.

105. La posizione della Afton prende le mosse da un presupposto corretto. Più precisamente, la decisione del legislatore circa la congruità di una disciplina presuppone, in linea di principio, che gli svantaggi derivanti da quest’ultima vengano messi a confronto con gli obiettivi da essa perseguiti. Di conseguenza, il legislatore dovrebbe indagare sulle conseguenze negative delle norme che prevede di adottare. Qualora una norma producesse conseguenze che sono state completamente trascurate nell’ambito del procedimento legislativo, l’esercizio della discrezionalità del legislatore potrebbe risultare viziato.

106. In effetti, non consta che nel corso dell’iter legislativo siano state affrontate le questioni sopra evidenziate. Le Istituzioni non hanno preso posizione in merito alle obiezioni sollevate neppure nell’ambito della fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte. Tuttavia, gli argomenti della Afton non pregiudicano la congruità dei valori limite fissati.

107. La mancanza di basi scientifiche a fondamento dei limiti quantitativi previsti corrisponde allo stato attuale delle conoscenze sui rischi: poiché non è chiaro se l’utilizzo del MMT possa effettivamente essere nocivo, non esistono neppure dati scientifici che stabiliscano se determinati limiti quantitativi siano in grado di impedire i danni.

108. Pertanto, la posizione della Afton sul punto si risolve sostanzialmente nell’affermare che i rischi derivanti dall’impiego del MMT non sono chiari e che le restrizioni previste comportano in ampia misura l’esclusione dell’impiego di tale sostanza. Il procedimento legislativo si è incentrato intorno a tali aspetti – quantomeno là dove si trattava della disciplina relativa al MMT – e di essi si è dunque manifestamente tenuto conto. Infatti, al momento del primo passaggio del testo legislativo nel Parlamento la discussione verteva su un divieto assoluto di impiego del MMT, il quale avrebbe richiesto un’analoga ponderazione degli elementi in gioco.

109. Pertanto, non si può affermare che, sotto il profilo della congruità dei valori limite, il legislatore abbia omesso di esercitare, ovvero esercitato erroneamente, il proprio potere discrezionale.

110. La ponderazione effettuata non è del resto manifestamente erronea neppure alla luce delle conseguenze dei valori limite stabiliti. Considerata l’incertezza esistente, in particolare riguardo ai possibili rischi per la salute, sarebbe immaginabile, in linea di principio, persino un divieto assoluto. Per contro, come chiarito dalla Commissione, i previsti limiti quantitativi scaglionati nel tempo costituiscono un mezzo meno gravoso e non sono dunque manifestamente inadeguati.

e)      Conclusione preliminare

111. Alla luce di quanto sopra esposto, l’esame dell’art. 8 bis, n. 2, della direttiva 98/70 non ha evidenziato alcuna violazione del principio di proporzionalità.

4.      Quanto al principio di parità di trattamento

112. Secondo una costante giurisprudenza, il principio di parità di trattamento ovvero di non discriminazione richiede che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia oggettivamente giustificato (68). Tuttavia, come per il principio di proporzionalità, anche in relazione al divieto di discriminazioni occorre tener presente che il legislatore comunitario dispone di un margine di valutazione e di scelta («discrezionalità») (69).

113. La Afton sostiene che non è giustificato fissare dei valori massimi per il MMT senza disporre restrizioni all’impiego di altri additivi metallici. Il MMT avrebbe una funzione simile a quella di altri additivi metallici e non presenterebbe rischi maggiori. Addirittura esisterebbe almeno un altro additivo a base di manganese, il ciclopentadienil‑tricarbonil‑manganese (CMT), il cui impiego non sarebbe stato sottoposto a restrizioni.

114. Il Parlamento obietta giustamente che i rischi derivanti dal MMT sono stati meglio indagati rispetto a quelli determinati da altri additivi metallici. La diversità dei dati scientifici giustifica l’adozione di differenti misure precauzionali.

115. Per quanto riguarda segnatamente gli altri additivi a base di manganese, le Istituzioni osservano – senza essere contraddette sul punto – che essi non vengono impiegati all’interno dell’Unione. Secondo la Commissione, ciò produce in particolare la conseguenza che tali additivi necessitano anzitutto – prima di poter essere commercializzati – di una registrazione ai sensi del regolamento REACH, atta a consentire una valutazione dei rischi. In tali circostanze, non sussiste al momento alcuna ragione di stabilire dei valori massimi per tali additivi.

116. Pertanto, non è constatabile alcuna violazione del principio di parità di trattamento.

5.      Quanto al principio di certezza del diritto

117. Il principio generale di certezza del diritto, che costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, esige, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (70). Tuttavia, il principio della certezza del diritto non esige che una norma sia immune da qualsiasi dubbio interpretativo. Piuttosto, occorre stabilire se l’atto giuridico di cui trattasi sia viziato da un’ambiguità tale da rendere impossibile dissipare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto alla portata o al senso del regolamento impugnato (71).

118. La Afton sostiene che non è chiaro se i valori limite continuino a valere una volta che sia stato determinato un metodo di prova. L’art. 8 bis, n. 2, prima frase, della direttiva 98/70 prevede infatti che, «[i]n attesa dello sviluppo del metodo di prova (...)», a partire dal 1° gennaio 2011 il contenuto di MMT verrà limitato a 6 mg di manganese per litro. Ai sensi della seconda frase della medesima disposizione, tale valore limite verrà ridotto a 2 mg di manganese per litro a partire dal 1° gennaio 2014.

119. Occorre concordare con la Afton sul fatto che l’art. 8 bis, n. 2, della direttiva 98/70 si presta a fraintendimenti, qualora se ne consideri il tenore letterale in maniera avulsa dal contesto. Se però si legge la norma in correlazione con il ‘considerando’ 35 e con i nn. 1 e 3 del medesimo art. 8 bis, diventa chiaro che l’elaborazione del metodo di prova non vale di per sé sola a caducare i valori limite fissati. Piuttosto, l’art. 8 bis, n. 3, prima frase, stabilisce espressamente che «[i]l limite del tenore di MMT nei combustibili specificato al paragrafo 2 è oggetto di revisione sulla base dei risultati della valutazione svolta utilizzando il metodo di prova di cui al paragrafo 1».

120. Pertanto, non è possibile constatare alcuna violazione del principio di certezza del diritto.

C – Quanto alla seconda questione pregiudiziale – Validità degli obblighi di etichettatura

121. La seconda questione pregiudiziale verte sulla legittimità dell’obbligo di etichettare i carburanti arricchiti con MMT. Più specificatamente viene chiesto se tale disciplina si basi su un manifesto errore di valutazione oppure violi il principio di proporzionalità. Poiché gli argomenti addotti per dimostrare l’esistenza di un errore di valutazione riguardano il principio di proporzionalità, procederò al loro esame nella cornice di quest’ultimo.

122. Ai sensi del nuovo art. 8 bis, nn. 4‑6, della direttiva 98/70, introdotto dalla direttiva 2009/30, i distributori di carburanti devono apporre in modo chiaramente visibile l’indicazione «Contiene additivi metallici» qualora offrano in vendita carburanti contenenti tali additivi.

123. A mente dell’ultima frase del ‘considerando’ 35, l’obbligo di etichettatura mira ad evitare che i consumatori invalidino senza volerlo la garanzia dei loro veicoli. Infatti, la seconda frase del citato ‘considerando’ ricorda come l’impiego di tali carburanti potrebbe persino far decadere la garanzia dei veicoli. Le ragioni di ciò devono essere ravvisate nei rischi – pure menzionati nel detto ‘considerando’ – per i motori dei veicoli e per i sistemi di controllo delle emissioni. Pertanto, l’obbligo di etichettatura è inteso alla tutela dei consumatori, la quale costituisce uno degli obiettivi dell’Unione ai sensi dell’art. 153 CE. Tale obiettivo deve in particolare essere realizzato mediante la promozione del diritto dei consumatori all’informazione.

124. La Afton dubita però che l’etichettatura possa raggiungere il proprio obiettivo in assenza di qualsiasi riferimento alla garanzia del veicolo. Essa rileva come di norma i consumatori non leggano tale garanzia così attentamente da rendersi conto delle possibili conseguenze dell’impiego di carburante contenente additivi metallici.

125. Tali dubbi sono senz’altro condivisibili. L’obbligo di etichettatura potrebbe essere formulato in maniera più chiara. Non per questo, però, esso è inidoneo a promuovere la tutela dei consumatori.

126. Infatti, le informazioni sulle sostanze contenute nei prodotti rappresentano un presupposto minimo affinché i consumatori possano attivamente premunirsi contro i rischi. Almeno quei consumatori che sono a conoscenza dei rischi possono tener conto degli additivi metallici al momento dell’acquisto dei carburanti. Ciò non sarebbe possibile se gli additivi non venissero dichiarati.

127. La Afton ritiene che l’obbligo di etichettatura non sia neppure il mezzo meno gravoso. Anzitutto, la Commissione avrebbe operato una constatazione in tal senso nella sua valutazione d’impatto, e poi dovrebbe essere sufficiente la fissazione di valori limite per il MMT.

128. Per quanto riguarda la valutazione della Commissione, essa non può – come si è già chiarito – avere effetto vincolante per le altre istituzioni partecipanti al procedimento legislativo. Queste possono esercitare il proprio potere di valutazione circa l’efficacia di varie opzioni normative in modo diverso dalla Commissione.

129. La questione se la tutela garantita dalla fissazione di valori limite sia sufficiente viene espressamente affrontata nel ‘considerando’ 35. Da questo si ricava che i valori massimi stabiliti non sono intesi ad escludere qualsiasi rischio derivante dall’utilizzo del MMT, bensì unicamente a limitare per il momento possibili danni. Sussiste pertanto, a giudizio del legislatore, un rischio residuo cui deve ovviarsi mediante l’obbligo di etichettatura. Del resto, tale obbligo vale anche per altri additivi metallici per i quali non esistono limiti quantitativi.

130. Pertanto, non consta l’esistenza di un mezzo meno gravoso.

131. Infine, la Afton reputa l’obbligo di etichettatura inadeguato, in quanto si tradurrebbe in pratica in un divieto degli additivi metallici. Le stazioni di servizio sarebbero obbligate a stoccare e porre in vendita separatamente i carburanti contenenti additivi. Tuttavia i gestori sceglierebbero di non sostenere tale spesa.

132. Non può escludersi che tale previsione sia corretta. Essa tuttavia si basa non direttamente sull’obbligo di etichettatura, bensì sulla mancanza di attrattiva dei carburanti contenenti additivi metallici rispetto ai carburanti privi di tali additivi. Qualora gli additivi richiamassero maggior interesse, le stazioni di servizio sosterrebbero la spesa aggiuntiva o rinuncerebbero ai carburanti senza additivi. Comunque, in nessun caso è giustificato esporre i consumatori, senza alcun avvertimento, al rischio della perdita della garanzia del produttore, soltanto per consentire l’ulteriore vendita di un prodotto che presenta dei rischi.

V –    Conclusione

133. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, suggerisco che la Corte voglia risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dichiarando quanto segue:

Dall’esame delle questioni pregiudiziali non è emerso alcun elemento atto ad inficiare la validità dell’art. 1, punto 8), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2009, 2009/30/CE, che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2009, 2009/30/CE, che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE (GU L 140, pag. 88).


3 – GU L 350, pag. 58.


4 – Witness Statement of Stanley Charles King, n. 9.


5 – Sentenze 7 settembre 1999, causa C‑355/97, Beck e Bergdorf (Racc. pag. I‑4977, punto 22); 22 dicembre 2008, causa C‑333/07, Regie Networks (Racc. pag. I‑10807, punto 46), e 8 settembre 2009, causa C‑478/07, Budejovicky Budvar (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 63).


6 – Sentenze 10 dicembre 2002, causa C‑491/01, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (Racc. I‑11453, punto 34), e 3 giugno 2008, causa C‑308/06, Intertanko e a. (Racc. pag. I‑4057, punto 31).


7 – Sentenza 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a. (Racc. pag. I‑6619, punto 27).


8 – V., tra le altre, sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman (Racc. pag. I‑4921, punto 61), e 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, IATA e ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 24).


9 – V. sentenze Bosman (punto 59) nonché IATA e ELFAA (punto 24), entrambe cit. alla nota 8.


10 – Sentenza IATA e ELFAA, cit. alla nota 8 (punto 24).


11 – Sentenze 13 febbraio 1979, causa 101/78, Granaria (Racc. pag. 623, punto 4); 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I‑2555, punto 48); 5 ottobre 2004, causa C‑475/01, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑8923, punto 18), e 12 febbraio 2008, causa C‑199/06, Centre d’exportation du livre français (Racc. pag. I‑469, punto 59).


12 – V. sentenza 9 febbraio 1995, causa C‑412/93, Leclerc‑Siplec (Racc. pag. I‑179, punto 14).


13 – Sentenze 9 marzo 1994, causa C‑188/92, TWD Textilwerke Deggendorf (Racc. pag. I‑833, punti 13, 17 e 24); 15 febbraio 2001, causa C‑239/99, Nachi Europe (Racc. pag. I‑1197, punto 37), e 2 luglio 2009, causa C‑343/07, Bavaria e Bavaria Italia (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39). V. però i rilievi critici formulati contro tale giurisprudenza dall’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nelle conclusioni da lui presentate il 28 aprile 2005 nelle cause riunite C‑346/03 e C‑529/03, Atzeni e a. (sentenza 23 febbraio 2006, Racc. pag. I‑1875, paragrafo 88).


14 – V. sentenza 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorniu/Consiglio, causa C‑309/89 (Racc. pag. I‑1853, punto 21).


15 – In merito alla possibilità di un pregiudizio direttamente arrecato da disposizioni di una direttiva, v. sentenza 13 marzo 2008, causa C‑125/06 P, Commissione/Infront WM (Racc. pag. I‑1451, punti 37 e 59 e segg.).


16 – V. le conclusioni da me presentate il 26 ottobre 2006 nella causa C‑441/05, Roquette Frères (sentenza 8 marzo 2007, Racc. pag. I‑1993, paragrafi 33 e segg., e la giurisprudenza ivi citata)


17 – V. sentenza TWD Textilwerke Deggendorf, cit. alla nota 13 (punti 17 e segg.).


18 – V., in tal senso, sentenze 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a. (Racc. pag. I‑4023, punto 14); 5 maggio 1998, causa C‑157/96, National Farmers’ Union e a. (Racc. pag. I‑2211, punto 61), e 7 luglio 2009, causa C‑558/07, S.P.C.M. e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42).


19 – V., in materia di pubblico impiego comunitario, le sentenze 30 maggio 1973, causa 46/72, De Greef/Commissione (Racc. pag. 543, punto 46); 27 ottobre 1977, causa 121/76, Moli/Commissione (Racc. pag. 1971, punti 23 e segg.), e 29 giugno 1994, causa C‑298/93 P, Klinke/Corte di giustizia (Racc. pag. I‑3009, punto 31); in materia di diritto della concorrenza, v. sentenze 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione (Racc. pag. I‑123, punto 105), e 2 aprile 2009, causa C‑431/07 P, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 76). Relativamente all’attività legislativa, v. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger il 9 ottobre 2001 nella causa C‑66/00, Bigi (sentenza 25 giugno 2002, Racc. pag. I‑5917, paragrafo 40), ed il 27 aprile 2004 nella causa C‑257/01, Commissione/Consiglio (sentenza 18 gennaio 2005, Racc. pag. I‑345, nota 43); le conclusioni presentate dall’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer il 10 maggio 2005 nelle cause riunite C‑465/02 e C‑466/02, Germania e Danimarca/Commissione (sentenza 25 ottobre 2005, Racc. pag. I‑9115, paragrafo 137); quelle dell’avvocato generale Tizzano in data 25 maggio 2004, causa C‑12/03 P, Commissione/Tetra Laval (sentenza 15 febbraio 2005, Racc. pag. I‑987, paragrafo 86); le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak in data 30 giugno 2009, causa C‑101/08, Audiolux e a. (sentenza 15 ottobre 2009, non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafo 107), nonché le mie conclusioni in data 10 marzo 2009, nella causa C‑558/07, S.P.C.M. e a. (sentenza 7 luglio 2009, non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafo 76).


20 – V. sentenza Bavaria e Bavaria Italia, cit. alla nota 13 (punto 81).


21 – Sentenze 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München (Racc. pag. I‑5469, punto 14); 6 novembre 2008, causa C‑405/07 P, Paesi Bassi/Commissione (Racc. pag. I‑8301,  punto 56), e 15 ottobre 2009, causa C‑425/08, Enviro Tech (Europe) (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 62).


22 – Sentenze 15 febbraio 2005, causa C‑12/03 P, Commissione/Tetra Laval (Racc. pag. I‑987, punto 39); 18 luglio 2007, causa C‑326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione (Racc. pag. I‑6557, punto 76); 22 novembre 2007, causa C‑525/04 P, Spagna/Lenzing (Racc. pag. I‑9947, punto 57), e Paesi Bassi/Commissione, cit. alla nota 21 (punto 55).


23 – V., con riferimento all’art. 174, n. 3, primo trattino, CE, sentenze 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati (Racc. pag. I‑4355, punto 49), e Paesi Bassi/Commissione, cit. alla nota 21 (punto 61).


24 – Sentenze 29 ottobre 1980, causa 138/79, Roquette Frères/Consiglio (Racc. pag. 3333, punto 25); 7 settembre 2006, causa C‑310/04, Spagna/Consiglio (Racc. pag. I‑7285, punto 121); Industrias Químicas del Vallés/Commissione, cit. alla nota 22 (punto 77), ed Enviro Tech (Europe), cit. alla nota 21 (punto 62).


25 – Sentenza Spagna/Consiglio, cit. alla nota 24 (punto 122).


26 – Sentenza 12 marzo 2002, cause riunite C‑27/00 e C‑122/00, Omega Air e a. (Racc. pag. I‑2569, punto 47).


27 – V., in particolare, il primo e l’undicesimo ‘considerando’ della proposta per una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l’introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE [COM(2007) 18 def., pagg. 14 e 16].


28 – V. la valutazione di impatto (impact assessment) riguardo alla proposta SEC(2007) 55 final 2 (n. 4.12.1., pag. 68), accessibile come documento del Consiglio 6145/1/07 REV 1 ADD 1.


29 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 3 marzo 2003, che modifica la direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (GU L 76, pag. 10).


30 – V. la valutazione di impatto, cit. alla nota 28.


31 – Titolo integrale: regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006, n. 1907, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396, pagg. 1 e segg.).


32 – V. sentenza Spagna/Consiglio, cit. alla nota 24 (punto 123).


33 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43).


34 – Alla data in questione non era ancora applicabile l’art. 4 dello Statuto dei deputati (GU 2005, L 262, pag. 1), il quale stabilisce che i documenti scritti e il materiale su supporto elettronico ricevuti, redatti o inviati da un deputato non sono assimilati a documenti del Parlamento, a meno che essi non siano stati depositati conformemente al regolamento. Nel presente caso non è necessario pronunciarsi sulla questione se l’art. 15 TFUE e l’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea autorizzino in futuro ad escludere tali documenti dal diritto di accesso.


35 – Allegato 15 al Witness Statement del sig. Peter Sellar.


36 – Sentenze 23 settembre 2003, causa C‑192/01, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑9693, punto 52); 19 giugno 2008, causa C‑219/07, Nationale Raad van Dierenkwekers en Liefhebbers und Andibel (Racc. pag. I‑4475, punto 38); 10 settembre 2009, causa C‑100/08, Commissione/Belgio (non pubblicata nella Raccolta, punto 102), e 28 gennaio 2010, causa C‑333/08, Commissione/Francia (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 93).


37 – Sentenze del Tribunale 26 novembre 2002, cause riunite T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, Artegodan/Commissione (Racc. pag. II‑4945, punto 192); 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio (Racc. pag. II‑3305, punti 142‑145, 152 e 162), nonché 11 settembre 2002, causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio (Racc. pag. II‑3495, punti 155‑157, 171 e 175)


38 – Sentenze National Farmers’ Union e a., cit. alla nota 18 (punti 63 e segg.); 12 gennaio 2006, causa C‑504/04, Agrarproduktion Staebelow (Racc. pag. I‑679, punto 39), e Commissione/Francia, cit. alla nota 36 (punto 91).


39 – Sentenze 17 dicembre 1970, causa 25/70, Köster, Berodt & Co. (Racc. pag. 1161, punti 21 e segg.); 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a. (Racc. pag. 4587, punto 15); Fedesa e a., cit. alla nota 18 (punto 13); National Farmers’ Union e a. cit. alla nota 18 (Racc. pag. I‑2211, punto 60); IATA e ELFAA, cit. alla nota 8 (punto 79); Spagna/Consiglio, cit. alla nota 24 (punto 97), e 17 gennaio 2008, cause riunite C‑37/06 e C‑58/06, Viamex Agrar Handel (Racc. pag. I-69, punto 33).


40 – V., in tal senso, sentenze Köster, Berodt & Co., cit. alla nota 39 (punti 28 e 32); 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder HS Kraftfutter (Racc. pag. 2237, punto 21); Fedesa e a., cit. alla nota 18 (punto 13); National Farmers’ Union e a., cit. alla nota 18 (punto 60); 12 luglio 2001, causa C‑189/01, Jippes e a. (Racc. pag. I‑5689, punto 81); Viamex Agrar Handel, cit. alla nota 39 (punto 35), nonché 9 marzo 2010, cause riunite C‑379/08 e C‑380/08, ERG e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 86).


41 – V. supra, paragrafi 28 e segg.


42 – V. la giurisprudenza citata alla nota 18.


43 – V. la disamina di cui alla sentenza S.P.C.M. e a., cit. alla nota 18 (punti 59 e segg.).


44 – Riguardo a questa formula, v. nel complesso le conclusioni da me presentate nella causa S.P.C.M. e a., citate alla nota 19 (paragrafi 73 e segg., con ulteriori richiami di giurisprudenza).


45 – V. la disamina di cui alla sentenza S.P.C.M. e a., cit. alla nota 18 (punti 44 e segg.).


46 – V. la motivazione della 30ª proposta di modifica del Parlamento, volta a vietare del tutto il MMT (documento del Parlamento A6‑0496/2007, pag. 23).


47 – V. la giurisprudenza richiamata alla nota 38.


48 – V., ad esempio, sentenze 9 settembre 2003, causa C‑236/01, Monsanto Agricoltura Italia e a. (Racc. pag. I‑8105, punto 107); Commissione/Danimarca, cit. alla nota 36 (punto 51), e Commissione/Francia, cit. alla nota 36 (punti 92 e segg.).


49 – V. sentenze Monsanto Agricoltura Italia e a., cit. alla nota 48 (punto 106); 5 febbraio 2004, causa C‑95/01, Greenham e Abel (Racc. pag. I‑1333, punto 43); 2 dicembre 2004, causa C‑41/02, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑11375, punto 52), e Commissione/Francia, cit. alla nota 36 (punto 91). V. anche sentenza della Corte EFTA 5 aprile 2001, causa E‑3/00, Autorità di vigilanza EFTA/Norvegia (EFTA Court Reports 2000-2001, pag. 73, punti 36‑38).


50 – V. la giurisprudenza richiamata alla nota 37.


51 – V. art. 11 della direttiva del Consiglio 23 novembre 1970, 70/524/CEE, relativa agli additivi nell’alimentazione degli animali (GU L 270, pag. 1), come modificata dalla direttiva della Commissione 18 marzo 1998, 98/19/CE, che modifica la direttiva 70/524/CEE del Consiglio relativa agli additivi nell’alimentazione degli animali (GU L 96, pag. 39), il quale articolo costituiva la base giuridica del regolamento impugnato nelle cause Pfizer Animal Health/Consiglio e Alpharma/Consiglio (entrambe citate alla nota 37). La causa Artegodan/Commissione (pure citata alla nota 37) verteva su una decisione adottata ai sensi dell’art. 15 bis della seconda direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, 75/319/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 147, pag. 13), come modificata dalla direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22).


52 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 giugno 2002, 2002/46/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (GU L 183, pag. 51).


53 – Sentenza 12 luglio 2005, cause riunite C‑154/04 e C‑155/04, Alliance for Natural Health e a. (Racc. pag. I‑6451, punto 68).


54 – Sentenza 7 settembre 2004, causa C‑127/02, Waddenvereniging und Vogelbeschermingsvereniging (Racc. pag. I‑7405, punto 59).


55 – Sentenza 20 settembre 2007, causa C‑304/05, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑7495, punto 83).


56 – Cit. alla nota 30.


57 – V. sentenza S.P.C.M. e a., cit. alla nota 18 (punto 54).


58 – V. art. 5 del regolamento REACH.


59 – Sentenza S.P.C.M. e a., cit. alla nota 18.


60 – Sentenze 21 gennaio 1999, causa C‑120/97, Upjohn (Racc. pag. I‑223, punti 33 e segg.), e 9 giugno 2005, cause riunite C‑211/03, C‑299/03 e da C‑316/03 a C‑318/03, HLH Warenvertrieb e Orthica (Racc. pag. I‑5141, punto 79). V. anche, riguardo al principio «chi inquina paga», le sentenze 16 luglio 2009, causa C‑254/08, Futura Immobiliare e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 55), e 9 marzo 2010, causa C‑378/08, ERG e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 55 e 65).


61 – Kokott, J., «Die Durchsetzung der Normenhierarchie im Gemeinschaftsrecht», in Müller, G., e a., Festschrift für Günter Hirsch zum 65. Geburtstag, C. H. Beck, 2008, pagg. 117 e 124 e segg.


62 – Cit. alla nota 28, n. 4.12.4., pag. 73.


63 – Sentenza 9 marzo 2010, causa C‑518/07, Commissione/Germania (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41).


64 – Le sentenze Alliance for Natural Health e a., cit. alla nota 53 (punto 68), e Agrarproduktion Staebelow, cit. alla nota 38 (punto 40), sottolineano la necessità di adeguare le restrizioni alla luce dei nuovi dati acquisiti.


65 – V. sentenza Alliance for Natural Health e a., cit. alla nota 53 (punti 68 e segg.).


66 – Numero di fascicolo EPA-HQ-OAR-2004-0074. I documenti finora presentati sono consultabili alla pagina Internet http://www.regulations.gov/search/Regs/home.html#searchResults?Ne=11+8+8053+8098+8074+8066+8084+1&Ntt=EPA-HQ-OAR-2004-0074&Ntk=All&Ntx=mode+matchall&N=0.


67 – V. la descrizione del brevetto WO/2001/016257 alla pagina Internet http://www.wipo.int/pctdb/en/wo.jsp?amp%3BDISPLAY=DESC&%3BWO=2001%2F16257&IA=GB2000002626&DISPLAY=DESC.


68 – Sentenze IATA e ELFAA, cit. alla nota 8 (punto 95), e S.P.C.M., cit. alla nota 18 (punto 74).


69 – Sentenze 13 aprile 2000, causa C‑292/07, Karlsson e a. (Racc. pag. I‑2737, punti 35 e 49); 11 settembre 2007, causa C‑227/04 P, Lindorfer/Consiglio (Racc. pag. I‑6767, punto 78), e 16 dicembre 2008, causa C‑127/07, Arcelor Atlantique e Lorraine e a. (Racc. pag. I‑9895, punto 57).


70 – Sentenze IATA e ELFAA, cit. alla nota 8 (punto 68), e Intertanko e a., cit. alla nota 6 (punto 69).


71 – Sentenza 14 aprile 2005, causa C‑110/03, Belgio/Commissione (Racc. pag. I‑2801, punto 31).