Corte costituzionale n. 115 del 9 maggio 2022
Oggetto: Ambiente - Parchi e riserve naturali - Norme della Regione Lazio - Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell'Appennino "Monti Simbruini", istituito con la legge regionale n. 8 del 1983.
Dispositivo: non fondatezza
SENTENZA N. 115
ANNO 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Giuliano AMATO; Giudici : Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8 (Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini»), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 23-24 agosto 2021, depositato in cancelleria il 31 agosto 2021, iscritto al n. 46 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visto l’atto di costituzione della Regione Lazio;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2022 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;
uditi l’avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Elisa Caprio per la Regione Lazio, quest’ultima in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 22 marzo 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8 (Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini»), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 22 e 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), e 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, e dell’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come recepito dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).
1.1.– A parere del ricorrente, la disposizione impugnata, con la quale la Regione Lazio ha provveduto a modificare la perimetrazione del parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini», contrasterebbe con gli standard di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema posti dalla legislazione statale.
Il legislatore regionale, innanzitutto, avrebbe adoperato l’atto legislativo in luogo del necessario procedimento amministrativo richiesto dagli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23 della legge n. 394 del 1991, che la giurisprudenza costituzionale ha ricondotto alla competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e cui, pertanto, la legislazione regionale dovrebbe adeguarsi. In tal modo, la Regione Lazio avrebbe «eluso la necessaria partecipazione delle province, dei comuni e delle comunità montane» nella gestione dell’area protetta.
Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, poi, la violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, che impone la valutazione ambientale strategica (VAS) per quei piani che «possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale». A parere del ricorrente – in linea con quanto previsto dalla direttiva 2001/42/CE, dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo la quale le disposizioni di tale direttiva devono essere interpretate in senso ampio (è richiamata la sentenza 22 marzo 2012, in causa C-567/10, Inter-Environnement Bruxelles ASBL e altri, paragrafi da 24 a 43), e dal documento della Commissione europea «Attuazione della direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente» – la VAS deve «essere prevista per tutte quelle decisioni che determinano effetti sulle modalità di uso di una determinata area, provocandone un sostanziale cambiamento» e, dunque, anche in relazione alla riperimetrazione di un parco regionale. Nel caso di specie, tra l’altro, quest’ultima interessa «piccole aree a livello locale» e si sostanzia in una «modifica minore» al piano previgente, sicché dovrebbe essere l’autorità competente a valutare se la riperimetrazione possa produrre impatti significativi sull’ambiente, derivandone l’«assoggettamento a verifica di assoggettabilità a VAS» o, in assenza dei presupposti, l’esonero da tale verifica.
Al contempo, e «in maniera conseguenziale», la disposizione censurata violerebbe altresì l’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE, come recepito dal d.P.R. n. 120 del 2003, il quale imporrebbe la sottoposizione di piani e programmi alla valutazione di incidenza ambientale (VINCA). A tale riguardo, il Presidente del Consiglio dei ministri richiama la sentenza n. 38 del 2015 di questa Corte, la quale ha affermato che la disciplina in tema di VINCA è espressione della competenza legislativa esclusiva in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» e condiziona, pertanto, la legislazione regionale.
D’altra parte – continua il ricorrente – l’art. 26 della legge della Regione Lazio 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali), non consente che la modifica della perimetrazione di un parco naturale regionale possa effettuarsi con legge, prevedendo, al contrario, che il relativo piano, che include la perimetrazione definitiva dell’area naturale protetta, sia aggiornato almeno ogni dieci anni, secondo un procedimento – espressamente richiamato nel ricorso – che coinvolge l’ente di gestione, la Giunta regionale, gli enti locali interessati e il Consiglio regionale.
1.2.– L’illegittimità costituzionale della riperimetrazione con legge sarebbe confermata, poi, «dal carattere incongruente della previsione di cui al comma 2, che, mentre da un lato prevede che il piano dovrà essere modificato attraverso le procedure di cui all’art. 26 della l.r. 29/1997, dall’altro statuisce che alla modifica della perimetrazione del parco regionale fissata al comma 1 continui ad applicarsi la disciplina prevista dal Piano del parco vigente». Del pari costituzionalmente illegittimo sarebbe il comma 3 dell’impugnato art. 1, il quale stabilisce che si applicano le norme di salvaguardia di cui all’art. 8 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997 al territorio modificato dalla legge regionale qui in esame, «ma “non ricompreso nella perimetrazione prevista nel piano di cui al comma 2” (ossia del Piano che dovrebbe essere oggetto di adeguamento)». La legge regionale impugnata, pertanto, per un verso riperimetra il parco regionale, ma per un altro rinvia a un adeguamento del relativo piano, che dovrà essere adottato secondo quanto previsto dalla legge reg. Lazio n. 29 del 1997.
1.3.– Il ricorrente, infine, rileva che «in fattispecie analoga a quella in esame» questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale ligure che aveva modificato i confini di alcuni parchi naturali regionali. In tale occasione, in particolare, la Corte ha osservato che la legge quadro n. 394 del 1991 «garantisce agli enti locali la partecipazione alla gestione dell’area protetta, sicché essi non possono essere estromessi dal procedimento con cui si compie un atto di evidente rilievo gestionale, ovvero la variazione dei confini del parco. Del resto, tale variazione non è stata affidata a modifiche del piano del parco, alle quali avrebbero potuto partecipare i rappresentanti degli enti locali, ma è avvenuta direttamente con legge, e deve perciò osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore ai fini della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi dell’art. 22 della legge quadro, compresa la interlocuzione con le autonomie locali» (sentenza n. 134 del 2020).
1.4.– Conclusivamente, il Presidente del Consiglio dei ministri rammenta che, in considerazione della riconducibilità della disciplina delle aree protette alla materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., secondo la giurisprudenza costituzionale le Regioni possono, nelle materie di loro competenza, prescrivere semmai livelli di tutela dell’ambiente più elevati, nel pieno rispetto degli standard previamente fissati dalla legge statale, «che rappresentano, ex se, limiti invalicabili per l’attività legislativa della Regione». La legge quadro n. 394 del 1991, nell’imporre un nucleo minimo di tutela del patrimonio ambientale rappresentato dai parchi e dalle riserve naturali regionali, vincolerebbe pertanto il legislatore regionale nell’ambito delle proprie competenze.
2.– Con atto depositato il 20 settembre 2021 si è costituita in giudizio la Regione Lazio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque non fondato.
2.1.– La difesa regionale premette che la legge n. 394 del 1991 ha individuato i princìpi fondamentali per l’istituzione e la disciplina delle aree naturali protette regionali, ponendo in capo alle Regioni l’obbligo di adeguare ad essi la loro legislazione. Il legislatore statale, in particolare, ha disciplinato la procedura che è necessario seguire per istituire le aree naturali protette regionali, prevedendo che vi partecipino diverse istituzioni, le quali saranno poi chiamate anche a gestire l’area naturale.
La Regione Lazio avrebbe dato seguito alla normativa statale con la legge regionale n. 29 del 1997, il cui art. 9 disciplina il procedimento di istituzione di un’area naturale protetta regionale, che è articolato «fondamentalmente [in] tre passaggi: 1) elaborazione di una proposta di legge, alla quale sono allegati la perimetrazione provvisoria su cartografia almeno in scala 1:10.00 e la relazione descrittiva; 2) “una conferenza finalizzata alla redazione di un documento di indirizzo […]”; 3) redazione, quindi, di un documento d’indirizzo […] “fondato sull’analisi territoriale dell’area da sottoporre a tutela”». La difesa della resistente rileva, pertanto, che sarebbe il documento d’indirizzo «l’atto e/o strumento volto a delimitare e definire il perimetro dell’area convogliando le esigenze dei soggetti interessati, sebbene provvisorio», venendo adottati solo successivamente il piano e il regolamento di cui agli artt. 26 e 27 della legge n. 394 del 1991. Tale procedura è quella che sarebbe stata seguita, secondo quanto afferma la difesa della Regione Lazio, anche per le modifiche alla perimetrazione del parco in esame.
2.2.– La difesa della resistente rileva che il percorso di ampliamento dell’area del parco dei Monti Simbruini era stato avviato già nel corso della precedente consiliatura ed è stato «sostanzialmente» portato a conclusione dalla legge regionale impugnata: nella documentazione allegata alla proposta di legge 10 settembre 2019, n. 181, infatti, sarebbero richiamate le precedenti proposte di legge che avevano «portato ad effettuare le diverse fasi della procedura, dando il via, anche tramite il Comune di Arsoli, direttamente interessato all’ampliamento, alle procedure consultive». In particolare, la difesa regionale rileva – ed allega i documenti che lo attesterebbero – che vi sono state la convocazione della conferenza dei servizi e le consultazioni che hanno dato luogo ad un documento di indirizzo, sottoscritto da tutte le parti interessate, dal quale emergerebbero le ragioni dell’ampliamento, oltre che l’indicazione dell’iter seguito.
Alla luce della documentazione depositata, la Regione Lazio afferma che la legge regionale impugnata è stata adottata nel rispetto della procedura dettata dalla legge n. 394 del 1991, i cui princìpi generali varrebbero tanto per la istituzione dell’area naturale protetta, quanto, appunto, per l’ampliamento del suo perimetro. In Consiglio regionale, infatti, si sarebbe «tenuto conto dei valori espressi nel Documento di Indirizzo [che] è basato su un’analisi territoriale dell’area da sottoporre a tutela e la motivazione ambientale è ben dichiarata». Quella compiuta con la legge regionale impugnata, pertanto, sarebbe una decisione che «rientra nei poteri altamente discrezionali e programmatori della Regione Lazio» che, inoltre, sarebbe «logica ed imparziale oltreché assistita dal canone della ragionevolezza». D’altra parte, le ragioni dell’ampliamento del perimetro del parco sarebbero insite nella natura dei luoghi.
2.3.– La Regione resistente rammenta, poi, che, con l’art. 9, comma 17, della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1 (Misure per lo sviluppo economico, l’attrattività degli investimenti e la semplificazione), ha proceduto alla modifica del perimetro del parco dell’Appia Antica – «proprio al fine di provvedere a tutelare un’area del proprio territorio carica di valori naturali» – e che sulla legittimità costituzionale di tale ampliamento si sarebbe espressa questa Corte con la sentenza n. 276 del 2020: in tale decisione, il giudice delle leggi avrebbe affermato che la modifica del perimetro dei parchi regionali può avvenire con legge regionale, sempre che sia rispettato l’art. 22 della legge n. 394 del 1991.
2.4.– In ragione di tutte queste considerazioni, la resistente afferma che la disposizione censurata non avrebbe violato neppure l’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, la direttiva 2001/42/CE o l’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE, recepito dall’art. 6 del d.P.R. n. 120 del 2003.
Il mancato ricorso a VAS, VIA o VINCA, infatti, potrebbe rilevare soltanto in caso di approvazione del piano regionale delle aree naturali protette, di cui all’art. 7 della legge reg. Lazio n. 29 del 1997, mentre la Regione si sarebbe limitata ad ampliare un’area già protetta con legge, «che come tale non è sottoponibile alle verifiche indicate». Di conseguenza, risulterebbe «improprio» il richiamo alla giurisprudenza costituzionale in materia di piani, trattandosi in questo caso dell’ampliamento del perimetro di un parco con legge. La Regione afferma che il piano del parco in questione dovrà essere rivisto, in ragione dell’ampliamento, e che in quella sede «si procederà ad ogni opportuno approfondimento in merito», essendo quello (il piano) l’atto amministrativo sottoposto alle valutazioni ambientali. In proposito, la difesa della Regione richiama nuovamente la sentenza n. 276 del 2020, nella quale questa Corte avrebbe riconosciuto che la tutela dell’ambiente avviene con le misure di salvaguardia nelle more dell’adeguamento del piano del parco.
2.5.– Conclusivamente, la resistente – premesso che eventuali errori materiali presenti nelle cartografie non incidono sulla legittimità costituzionale della legge regionale – ribadisce che gli argomenti proposti, suffragati dalla documentazione allegata, dimostrerebbero la «piena conformità» della normativa impugnata alla Costituzione e alla legge statale e chiede, pertanto, che il ricorso sia dichiarato «inammissibile e/o infondato».
3.– In data 22 febbraio 2022 ha depositato memoria illustrativa il Presidente del Consiglio dei ministri, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
3.1.– Sinteticamente ripercorsi gli argomenti utilizzati nell’atto di costituzione da parte della Regione Lazio, il ricorrente li ritiene non condivisibili in quanto fondati «su una non corretta ricostruzione e/o interpretazione della disciplina normativa della materia».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, alla luce delle discipline normative contenute nella legge n. 394 del 1991 e nella legge reg. Lazio n. 29 del 1997, la Regione potrebbe con l’atto legislativo individuare soltanto, in attesa dell’adozione del piano del parco, la perimetrazione provvisoria dell’area naturale protetta e le relative misure di salvaguardia, mentre la perimetrazione definitiva dovrebbe essere determinata da detto piano, da aggiornarsi ogni dieci anni; alla istituzione e alla gestione dell’area naturale protetta dovrebbero poi partecipare le Province, le Comunità montane ed i Comuni interessati.
L’aver modificato la perimetrazione del parco regionale dell’Appennino «Monti Simbruini» con legge regionale e non con lo strumento del piano sarebbe, pertanto, in contrasto con gli artt. 22 e 23 della legge n. 394 del 1991 (che prescrivono la necessaria partecipazione delle Province, dei Comuni e delle Comunità montane), oltre che con la normativa che impone VAS e VINCA. L’illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata emergerebbe anche dai principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 134 del 2020, già richiamata nell’atto introduttivo.
3.2.– Il ricorrente assume, infine, che la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima anche ove si ritenesse possibile l’utilizzo dell’atto legge, in quanto sarebbe parimenti in contrasto con gli artt. 22 e 23 della legge n. 394 del 1991.
Dal documento di indirizzo cui si riferisce la resistente, infatti, non risulterebbe la formale convocazione dei singoli Comuni del parco «ad una conferenza di servizi nell’ambito della quale avrebbero potuto esprimere in maniera espressa e formale il proprio parere sulla perimetrazione». In tale documento si dà conto soltanto di pareri espressi dal Comune di Arsoli e dalla Comunità montana dei Monti dell’Aniene e di consultazioni pubbliche con «i principali stakeholders», ma non anche degli altri Comuni interessati. Inoltre, l’art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991 andrebbe interpretato in analogia con l’art. 12 della medesima legge, il quale per i parchi nazionali prevede, al fine della perimetrazione, la consultazione della Comunità del parco, «intesa come organo di rappresentanza dell’insieme dei comuni del parco, costituita dai “presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco”».
Considerato in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l’art. 1 della legge della Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8 (Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini»), deducendo la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), e 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, e dell’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come recepita dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).
In particolare, nel ricorso si lamenta: che l’ampliamento del parco naturale regionale «Monti Simbruini» sia avvenuto con atto legislativo anzi che con il piano per il parco, come sarebbe imposto dagli invocati parametri interposti di cui alla legge quadro statale; che, in tal modo, la Regione avrebbe eluso «la necessaria partecipazione delle province, dei comuni e delle comunità montane al relativo procedimento prescritta» da detta legge quadro; e che avrebbe, altresì, violato l’art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale imporrebbe l’assoggettamento delle variazioni del perimetro di un parco regionale a valutazione ambientale strategica (VAS), e l’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE, come recepito dal d.P.R. n. 120 del 2003, il quale imporrebbe la sottoposizione di piani e programmi alla valutazione di incidenza ambientale (VINCA).
2.– La Regione Lazio, nel costituirsi in giudizio, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque non fondato.
L’eccezione di inammissibilità va disattesa: si tratta, invero, di mera clausola di stile, giacché nelle difese nulla è argomentato in punto di ammissibilità del ricorso.
3.– Nel merito, le questioni non sono fondate.
3.1.– Le censure del Presidente del Consiglio dei ministri a sostegno dell’impugnazione della legge regionale riguardano l’adozione – per la riperimetrazione, in ampliamento, del parco regionale dell’Appennino «Monti Simbruini» – dello strumento legislativo, anzi che di quello amministrativo, il quale ultimo sarebbe imposto dalla normativa statale di riferimento, da un lato, al fine di garantire la partecipazione degli enti locali al procedimento e, dall’altro, per sottoporre la riperimetrazione del Parco alle verifiche di compatibilità ambientale richieste anche dalla normativa europea.
La tesi non può essere condivisa.
3.2.– La legge quadro n. 394 del 1991 sulle aree protette è pacificamente ricondotta dalla giurisprudenza di questa Corte alla «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla quale, pertanto, le Regioni sono tenute a conformarsi (di recente, sentenze n. 134 del 2020, n. 290 e n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 e n. 36 del 2017), salva la possibilità di determinare maggiori livelli di tutela dell’ambiente (tra le tante, sentenze n. 180 del 2019, n. 121 e n. 66 del 2018).
Tale legge quadro, pur prefigurando «due modelli normativi caratterizzati da forti analogie» (sentenza n. 290 del 2019), delinea una differenza significativa per quel che concerne le modalità di istituzione delle aree protette, rispettivamente, statali e regionali.
I parchi e le riserve naturali nazionali, infatti, sono istituiti con decreto del Presidente della Repubblica, i primi, e con decreto del Ministro dell’ambiente, le seconde, in base ai procedimenti delineati nell’art. 8 della legge quadro. Il successivo art. 23 – una delle odierne norme evocate a parametro interposto – stabilisce, invece, che i parchi (e le riserve naturali) regionali siano istituiti con legge regionale, la quale – tenuto conto del documento di indirizzo di cui all’art. 22, comma 1, lettera a) (altra norma evocata a parametro interposto) – deve definire la perimetrazione provvisoria e le misure di salvaguardia, nonché individuare il soggetto per la gestione del parco, indicare gli elementi del piano per il parco e i princìpi del relativo regolamento. Il richiamato art. 22, comma 1, lettera a), stabilisce, inoltre, che al procedimento di istituzione dell’area protetta debbano partecipare le Province, le Comunità montane e i Comuni interessati. La legge quadro nulla dispone, invece, su come debba essere operata la perimetrazione definitiva dell’area protetta regionale o una sua successiva riperimetrazione.
È questo, in definitiva, il punto nodale delle odierne questioni di legittimità costituzionale: se, alla luce di quanto previsto dal legislatore statale agli artt. 22 e 23 della legge quadro, la Regione poteva ampliare il perimetro del parco regionale con l’atto legislativo o se doveva procedervi con una modifica del piano per il parco.
3.3.– Questa Corte ha già avuto modo di affermare che «la modifica del perimetro dei parchi regionali può avvenire sia con legge regionale, nel rispetto del procedimento regolato dall’art. 22 della legge [n. 394 del 1991], sia in sede di adozione o modifica del piano del parco» (sentenza n. 276 del 2020).
L’ipotesi della modifica della perimetrazione dell’area protetta regionale non è, infatti, espressamente prevista dalla legge quadro, che ha dettato soltanto il procedimento da seguire per la sua istituzione.
Nel silenzio del legislatore statale, deve ritenersi che riacquisti il suo spazio l’autonomia regionale, purché siano ovviamente rispettati i princìpi stabiliti dalla legge quadro del 1991. Ne consegue che − per quel che riguarda la perimetrazione definitiva, la quale segue quella provvisoria fatta al momento dell’istituzione dell’area protetta – è «implicito nel sistema legislativo statale che [essa] possa essere affidata dalla legge regionale ad una fase procedimentale successiva, ed in particolare al piano del parco» (sentenza n. 134 del 2020); mentre per quel che riguarda la riperimetrazione – la quale presuppone un’area protetta già esistente a tutti gli effetti (e, dunque, non solo provvisoriamente ma anche definitivamente delimitata) – essa può essere affidata tanto a modifiche del piano per il parco, quanto alla legge regionale, nel quale ultimo caso deve «osservare il medesimo procedimento seguito dal legislatore ai fini della perimetrazione provvisoria dei confini, ai sensi dell’art. 22 della legge quadro, compresa la interlocuzione con le autonomie locali» (ancora sentenza n. 134 del 2020).
Alla luce della legge quadro e della giurisprudenza costituzionale ora richiamata, deve conclusivamente ritenersi che ben poteva la Regione Lazio modificare il perimetro del parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini» con la legge regionale impugnata, purché nel rispetto di quanto disposto dall’art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro, volto a garantire la partecipazione delle Province, delle Comunità montane e dei Comuni alla riperimetrazione.
3.4.– Anche sotto questo profilo, peraltro, la legge regionale impugnata non si presenta viziata.
In punto di fatto − sulla scorta di quanto dedotto dalla Regione, non contraddetto specificamente dal ricorrente, nonché della documentazione versata in atti − va rilevato che: il settore interessato dall’ampliamento del parco naturale regionale è collocato interamente all’interno del territorio comunale di Arsoli; in data 3 luglio 2017 era stata convocata dalla Regione Lazio una conferenza finalizzata alla redazione del documento di indirizzo previsto dall’art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro; all’esito di tale convocazione, il documento di indirizzo è stato redatto e quindi sottoscritto, in data 2 agosto 2017, dalla Città metropolitana di Roma, dal Comune di Arsoli e dalla X Comunità montana dell’Aniene.
Deve quindi ritenersi che al procedimento di ampliamento del perimetro dell’area protetta, in linea con quanto previsto dall’art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro n. 394 del 1991, abbiano partecipato tutti gli enti locali interessati.
3.4.1.– A tale proposito, nella memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilevato che, pur ad ammettere la legittimità del ricorso alla legge, tutti i Comuni il cui territorio ricade all’interno del parco, e non solo il Comune interessato dalla variazione in ampliamento, avrebbero dovuto partecipare al procedimento.
Anche questo assunto del ricorrente non può essere condiviso.
La riperimetrazione del parco, come si è visto, si presenta del tutto assimilabile alla istituzione di una nuova area protetta e alla sua perimetrazione provvisoria, sicché ciò che rileva è che partecipino al procedimento di riperimetrazione gli enti locali sul cui territorio si trova il settore che si intende “aggiungere” al parco, come accaduto nel caso di specie.
In assenza di una chiara previsione statale, la quale, a tutela dell’ambiente, imponga che, in sede di ampliamento del parco, debbano essere sentiti tutti gli enti locali il cui territorio ricade all’interno dell’area protetta, al procedimento che provvede alla variazione in aumento della perimetrazione devono partecipare i soli enti esponenziali del territorio interessato da tale variazione; variazione che – merita di essere ricordato – è disposta in via provvisoria e determina l’applicazione di un regime “vincolistico” ai territori interessati: si tratta delle misure di salvaguardia previste ai sensi del più volte richiamato art. 22, comma 1, lettera a), della legge quadro, e nel caso di specie disposte dall’art. 1, comma 3, della legge regionale impugnata, per mezzo del richiamo delle misure di cui all’art. 8 della legge della Regione Lazio 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali).
D’altro canto, gli altri enti locali ricompresi nell’area protetta dovranno essere consultati – anche per la riperimetrazione definitiva – in sede di modifica del piano per il parco, il cui adeguamento è espressamente previsto dal comma 2 della disposizione impugnata: non solo, infatti, l’art. 12, comma 3, della legge quadro stabilisce che tale piano è adottato e predisposto dall’Ente parco dopo che su di esso la Comunità del parco (costituita, ai sensi dell’art. 10 della medesima legge quadro, dai presidenti delle Regioni e delle Province, dai sindaci dei Comuni e dai presidenti delle Comunità montane nei cui territori sono ricomprese le aree del parco: art. 10, comma 1, della legge quadro) ha espresso un proprio parere, ma, similmente, anche l’art. 16 della citata legge reg. Lazio n. 29 del 1997 prevede che un parere obbligatorio sul piano sia espresso dalla comunità dell’area naturale protetta.
Dunque, nel delineato contesto fattuale e normativo, deve ritenersi che la consultazione degli enti locali si sia svolta correttamente, sicché anche sotto tale profilo la legge regionale impugnata è immune dalle censure di illegittimità costituzionale dedotte con il ricorso in esame.
4.− Quanto agli ulteriori profili di illegittimità prospettati dal ricorrente, concernenti la supposta violazione della normativa statale ed europea, sul rilievo che la riperimetrazione del parco andrebbe assoggettata a valutazione ambientale strategica e a valutazione di incidenza ambientale, trattasi di questioni strettamente connesse con quelle sinora affrontate, perché si basano sul presupposto, come si è visto non condivisibile, che la riperimetrazione del parco regionale debba essere effettuata necessariamente per mezzo del piano per il parco, dopo avere compiuto VAS e VINCA.
Avendo la Regione Lazio scelto di seguire il procedimento legislativo per la perimetrazione provvisoria del parco, demandando al piano del parco – oltre alla previsione degli interventi di gestione dell’area protetta – la sua perimetrazione definitiva, sarà in quella sede che potranno svolgersi le verifiche richieste dalla normativa ambientale nazionale ed europea, come del resto è previsto dall’art. 12, comma 4, della legge n. 394 del 1991, che impone la VAS, per l’appunto, per il piano del parco, e, analogamente, dall’art. 26, comma 4, della legge reg. Lazio n. 29 del 1997.
5.– Alla stregua delle svolte considerazioni, le questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti dell’art. 1 della legge reg. Lazio n. 8 del 2021 non sono fondate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità dell’art. 1 della legge della Regione Lazio 1° luglio 2021, n. 8 (Modifica della perimetrazione del Parco naturale regionale dell’Appennino «Monti Simbruini»), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione agli artt. 22 e 23 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) e 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nonché alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente e all’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come recepita dal decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2022.