TAR Lombardia (BS), Sez. I, n. 914, del 21 agosto 2014
Sviluppo sostenibile.Impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, illegittimità limiti meno rigorosi per ossidi di azoto

In particolare, non è stata definita una soglia adeguatamente bassa per gli ossidi di azoto, benché vi fossero elementi tecnici che avrebbero giustificato una decisione in questo senso. La stessa relazione tecnica prodotta dalla controinteressata portava infatti ad esempio l’impianto di Tirano, dove le emissioni degli ossidi di azoto sono contenute al di sotto del limite di 200 mg/Nmc. La Provincia, quindi, anziché limitarsi a un generico richiamo al futuro obbligo di adeguamento tecnologico, avrebbe dovuto considerare la possibilità di fissare un limite più vicino a quello della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501, se necessario individuando e prescrivendo le tecnologie attualmente disponibili in grado di migliorare il processo di combustione e il sistema di abbattimento delle emissioni. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00914/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00374/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 374 del 2012, proposto da: 
MARIA ABENI, ANDREA CADEI, ALBERTO CONFORTINI, DANIELE CONFORTINI, ALBA CORSINI, OMAR DONATI, CLAUDIA FERRAGLIO, GIANLUCA FIORITO, STEFANO FRATTINI, DONATELLA FRATTINI, ALESSANDRO FRATTINI, ALESSANDRO GANDELLINI, GIUSEPPE GANDOLFI, AMANDA GIUGNO, FRANCESCO GIUGNO, MANUEL GIUGNO, TIZIANO GOZIO, NADIA GRAMMATICA, SARA INVERARDI, NICOLETTA LUMINI, PAOLA LUMINI, VLADIMIRO MARCHINA, ALESSANDRO MARCOCCIO, GIOVANNI MARMAGLIO, NATALINO MICHELETTI, SERGIO MIGLIORINI, ALESSANDRO MOMETTI, MARIO MOSCATELLI, SANTINA PANCHERI, AGNESE PANCHERI, EMMA PANCHERI, GIUSEPPE PEDERSINI, LAURA PELI, MAURO RAGNI, LAURA SCICOLONE, TIZIANA SERIOLI, CAROLINA STORNATI, SERGIO TONAZZI ARMANI, BARBARA TREBESCHI, FABIO TREBESCHI, FRANCA TREBESCHI, GIULIO TREBESCHI, ROSA TREBESCHI, PAOLA TROMBETTA, CLAUDIO TURINI, ARCISO VALOTTI, RENATA BETTENZANA, MARIUCCIA ARICI, rappresentati e difesi dagli avv. Giuseppe Onofri e Giovanni Onofri, con domicilio eletto presso i medesimi legali in Brescia, via Ferramola 14;

contro

PROVINCIA DI BRESCIA, rappresentata e difesa per legge dagli avv. Magda Poli, Gisella Donati e Raffaella Rizzardi, con domicilio eletto presso i medesimi legali in Brescia, piazza Paolo VI 29;

nei confronti di

ARPA LOMBARDIA, ARPA DIPARTIMENTO PROVINCIALE DI BRESCIA, non costituitesi in giudizio; 
COMUNE DI RODENGO SAIANO, COMUNE DI CASTEGNATO, non costituitisi in giudizio; 
ASL DI BRESCIA - DISTRETTO 2, non costituitasi in giudizio; 
MINISTERO DELL'INTERNO, MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, non costituitisi in giudizio; 
CONSORZIO DI BONIFICA SINISTRA OGLIO, non costituitosi in giudizio; 
FRANCIACORTA RINNOVABILI SRL, non costituitasi in giudizio; 
LINEA ENERGIA SPA, rappresentata e difesa dagli avv. Fiorenzo Bertuzzi, Silvano Venturi e Gianpaolo Sina, con domicilio eletto presso i medesimi legali in Brescia, via Diaz 9;

per l'annullamento

- del provvedimento del direttore del Settore Ambiente della Provincia n. 332 del 2 febbraio 2012, con il quale la controinteressata Linea Energia spa è stata autorizzata ai sensi dell’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003 n. 387 alla costruzione e all’esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili nel Comune di Rodengo Saiano in via Borbone;

- del parere dell’ARPA Lombardia Dipartimento di Brescia prot. n. 152436/11 del 14 novembre 2011, nella parte in cui indica i valori limite di emissione del predetto impianto, specificamente per quanto riguarda gli ossidi di azoto;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e di Linea Energia spa;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2014 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti sono proprietari di abitazioni situate nel Comune di Rodengo Saiano, alcune delle quali si trovano a circa 300 metri dal sito di via Borbone (mappale n. 286) dove è prevista la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili. L’area dell’impianto (6.500 mq) è localizzata in prossimità del confine con il Comune di Castegnato.

2. Il progetto prevede una centrale di cogenerazione alimentata a biomassa legnosa. Lo schema dell’impianto comprende: (a) un sistema di caricamento del materiale combustibile, per un consumo massimo pari a 1.875 kg/h e una potenza termica massima pari a circa 5,9 MW termici; (b) una camera di combustione e post-combustione; (c) una colonna di scambiatori a olio diatermico per il recupero del calore dei fumi della combustione; (d) un turbogeneratore ORC (Organic Rankine Cycle) in grado di produrre una potenza elettrica massima pari a 1.000 kW elettrici; (e) un camino alto 19 metri, preceduto da un sistema di trattamento dei fumi basato su multiciclone ed elettrofiltro; (f) un sistema di estrazione delle ceneri; (g) due torri evaporative per la dissipazione del calore (circa 3,5 MW termici) prodotto dal turbogeneratore (per il futuro si ipotizza di convogliare questo calore all’interno di serre per la coltivazione di ortaggi mediante una rete di teleriscaldamento).

3. La Provincia di Brescia, con provvedimento del direttore del Settore Ambiente n. 332 del 2 febbraio 2012, emesso previa conferenza di servizi tenutasi il 3 novembre 2011, ha autorizzato la controinteressata Linea Energia spa ai sensi dell’art. 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003 n. 387 a costruire e gestire il suddetto impianto, fissando contestualmente le relative prescrizioni. In corso di causa l’autorizzazione è stata volturata a Franciacorta Rinnovabili srl.

4. Per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, la sezione C dell’allegato all’autorizzazione provinciale definisce i limiti di alcuni inquinanti, secondo le indicazioni fornite dall’ARPA Dipartimento di Brescia nella nota del 14 novembre 2011. Gli inquinanti da monitorare sono i seguenti: polveri, con limite pari a 30 mg/Nmc; monossido di carbonio (CO), con limite pari a 100 mg/Nmc; ossidi di azoto (NOx), con limite pari a 450 mg/Nmc; ossidi di zolfo (SOx), con limite pari a 200 mg/Nmc. I limiti si intendono medi orari.

5. Inoltre, poiché sotto il profilo della qualità dell’aria il Comune di Rodengo Saiano è stato classificato dalla Regione in zona C1 (di risanamento) con DGR 2 agosto 2007 n. 8/5290, all’impianto in questione, avente potenza termica superiore a 1 MW termico, è stata imposta ai sensi della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 l’installazione di analizzatori in continuo del monossido di carbonio e dell’ossigeno con regolazione automatica aria/combustibile.

6. Per quanto riguarda invece l’alimentazione dell’impianto, la sezione A dell’allegato all’autorizzazione provinciale prevede l’utilizzazione (i) di biomassa legnosa proveniente da impianti abilitati al recupero di rifiuti non pericolosi, con la precisazione che dovrà trattarsi di matrici che abbiano perso la qualifica di rifiuto ai sensi dell’art. 184-ter del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152 e rispondano alle caratteristiche di cui alla norma UNI EN 14961-1 2010, nonché (ii) di biomassa legnosa vergine prodotta in coltivazioni dedicate e proveniente da aziende agricole locali, con caratteristiche conformi alle specifiche di cui all’allegato X della parte V (parte II - sezione 4) del Dlgs. 152/2006.

7. Il Consorzio di Bonifica Sinistra Oglio ha dato il proprio nulla-osta all’impianto, dopo aver rilasciato alla controinteressata una concessione per lo scarico nel canale Seriola Nuova delle acque meteoriche e di quelle utilizzate dalle torri evaporative. L’autorizzazione provinciale subordina lo scarico al rispetto dei limiti di inquinamento previsti dall’allegato 5 della parte III (tabella 3) del Dlgs. 152/2006.

8. Contro l’autorizzazione provinciale e contro il parere dell’ARPA Dipartimento di Brescia del 14 novembre 2011, quest’ultimo specificamente per quanto riguarda il limite degli ossidi di azoto, i ricorrenti hanno presentato impugnazione con atto notificato il 3 aprile 2012 e depositato il 6 aprile 2012. Le censure possono essere sintetizzate come segue:

(i) violazione dell’art. 271 comma 5 del Dlgs. 152/2006, in quanto l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera avrebbe dovuto tenere conto anche delle emissioni provenienti da altre fonti, mentre di fatto non è stato considerato il già grave inquinamento dell’aria nel Comune di Rodengo Saiano a causa del traffico veicolare, che provoca alte concentrazioni di polveri sottili e di ossidi di azoto;

(ii) violazione dell’art. 271 comma 3 del Dlgs. 152/2006 e difetto di motivazione, in quanto per gli ossidi di azoto è stato fissato un limite pari a 450 mg/Nmc, mentre la DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 per gli impianti alimentati a CDR o biomasse prevede in zona C1 (di risanamento) il limite di 80 mg/Nmc;

(iii) difetto di motivazione circa l’altezza del camino (19 metri), che sarebbe inferiore a quella stabilita dalla DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 per gli impianti con un consumo massimo di combustibile pari a 1.850 kg/h;

(iv) ancora violazione dell’art. 271 comma 5 del Dlgs. 152/2006, in quanto i limiti alle emissioni in atmosfera dovrebbero essere stabiliti in base alle migliori tecniche disponibili, mentre nel caso in esame, come evidenziato nella relazione tecnica dell’ing. Massimo Cerani (doc. 24), sono stati fissati valori troppo alti, che possono determinare, almeno in relazione agli ossidi di azoto, rischi per la salute;

(v) difetto di istruttoria relativamente alla tecnologia di dispersione del calore prodotto dal turbogeneratore, in quanto l’uso di torri evaporative implicherebbe un eccessivo consumo di acqua;

(vi) difetto di istruttoria per quanto riguarda la fornitura della biomassa, non essendovi garanzie circa l’effettiva provenienza della stessa da produttori locali;

(vii) omessa valutazione del parere espresso dalla Soprintendenza il 22 dicembre 2011 sulla necessità di ulteriori indagini archeologiche in zona.

9. La Provincia e la controinteressata si sono costituite in giudizio eccependo l’inammissibilità del ricorso e chiedendone la reiezione nel merito.

10. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.

Sulle eccezioni di inammissibilità

11. La circostanza che i ricorrenti siano proprietari di edifici collocati nel territorio comunale, alcuni a circa 300 metri dal sito dell’impianto, è sufficiente a integrare il requisito della vicinitas che legittima la proposizione del ricorso.

12. Il suddetto requisito deve infatti essere valutato in concreto, con riferimento non tanto alla distanza lineare ma principalmente alle possibili interrelazioni tra l’impianto e i luoghi dove si concentrano gli interessi della vita quotidiana delle persone. Nel caso delle emissioni in atmosfera, è evidente che gli effetti potenzialmente negativi dell’impianto sono ad ampio raggio, sia considerando la diffusione degli inquinanti (favorita dall’altezza del camino), sia tenendo conto del quantitativo di inquinanti che potrebbe essere diffuso sul territorio.

13. Come evidenziato dai ricorrenti attraverso la seconda relazione tecnica dell’ing. Massimo Cerani (doc. 29), che riprende elementi della prima relazione (doc. 24), è possibile mediante il programma SCREEN-3 della US Environmental Protection Agency simulare le concentrazioni aggiuntive di ossidi di azoto (NOx) diffuse sul territorio dal camino dell’impianto. La curva dei risultati (che può essere affinata, ma beneficia comunque dell’affidabilità del programma) evidenzia un picco di circa 18 μg/mc tra i 200 e i 400 metri dall’impianto, e concentrazioni intorno a 10 μg/mc a circa 2.000 metri. Poiché il valore limite stabilito dall’allegato XI del Dlgs. 13 agosto 2010 n. 155 allo scopo di prevenire effetti nocivi per la salute umana è pari a 200 μg/mc su base oraria, e a 40 μg/mc come valore medio annuale, è evidente che tutti i ricorrenti hanno interesse a contrastare il progetto dell’impianto, in quanto la sommatoria tra l’inquinamento aggiuntivo e quello di fondo potrebbe raggiungere nella zona in questione concentrazioni allarmanti.

14. Una seconda eccezione di inammissibilità è invece basata sul fatto che (almeno inizialmente) è mancata la notifica del ricorso al Comune. L’argomento non sembra condivisibile. In generale, si ritiene che la partecipazione alla conferenza di servizi non trasmetta alle amministrazioni coinvolte la legittimazione passiva nella controversia sul provvedimento finale. Il modulo organizzativo rappresentato dalla conferenza di servizi ha appunto lo scopo di aggregare in un unico centro amministrativo tutte le valutazioni che interessano il progetto del privato, e analoga semplificazione si verifica quindi sul versante processuale, nel momento in cui occorre individuare il soggetto amministrativo contro cui viene proposto ricorso.

15. La circostanza che l’autorizzazione ex art. 12 del Dlgs. 387/2003 comporti anche l’effetto di variante urbanistica non modifica la situazione processuale. Quello urbanistico è solo uno dei tanti effetti dell’autorizzazione che si concentrano nel provvedimento finale. Una volta convenuta l’amministrazione che ha emesso tale provvedimento, il ricorrente può esercitare il suo diritto di difesa senza ulteriori adempimenti, e senza dover scindere ex post gli effetti del provvedimento formalizzando un rapporto processuale con ciascuno dei soggetti amministrativi competenti su un aspetto particolare della vicenda.

Sulla questione dell’inquinamento diffuso

16. Passando al merito, il primo argomento dei ricorrenti è incentrato sull’inquinamento di fondo, comprovato dal fatto che la Regione con DGR 2 agosto 2007 n. 8/5290 ha classificato il territorio del Comune di Rodengo Saiano in zona C1 (di risanamento). Secondo i ricorrenti, essendovi una consistente base di inquinamento (a causa del traffico veicolare, ma anche della vicinanza a zone a loro volta inquinate), non dovrebbe essere permessa alcuna ulteriore attività inquinante, anche se portatrice di un incremento marginale sulla quantità di inquinanti complessiva.

17. La tesi non può essere condivisa già nelle premesse. In realtà, l’inquinamento complessivo deriva da fonti che non sono fisse e immutabili. Su ciascuna fonte inquinante si può e si deve intervenire attraverso l’implementazione di obiettivi di qualità finalizzati a produrre un miglioramento della situazione ambientale. La disciplina comunitaria e quella nazionale hanno già ampiamente definito le linee di intervento per quanto riguarda la qualità dell’aria (v. il modello contenuto nella Dir. 21 maggio 2008 n. 2008/50/CE, e il recepimento disposto dal Dlgs. 155/2010). Si tratta dunque di agire contemporaneamente sulle fonti inquinanti esistenti e di limitare le conseguenze negative delle nuove attività potenzialmente inquinanti.

18. In questa prospettiva, risulta chiaro che la tesi dei ricorrenti conduce a una difesa della salute collettiva e dell’ambiente basata su misure sproporzionate. Se non fosse tollerabile alcun incremento marginale dell’inquinamento, neppure in un quadro di gestione attiva delle fonti inquinanti, qualsiasi nuova attività dovrebbe essere esclusa da una determinata zona, con gravi conseguenze per l’economia del territorio. È invece evidente che questa soluzione radicale può essere applicata solo ai casi critici, dove occorra intervenire con strumenti eccezionali, e non a quelle situazioni dove si possa gestire la transizione da modelli di sviluppo più inquinanti ad altri meno inquinanti.

Sulla questione degli ossidi di azoto

19. Concentrando i vari punti del ricorso che trattano dei rischi per la salute, occorre premettere che la Regione ha disciplinato con DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 i limiti di emissione degli impianti di produzione di energia. La predetta deliberazione regionale ha in gran parte fatto propri i limiti individuati dal DM 5 febbraio 1998 per l’utilizzo dei rifiuti non pericolosi come combustibili, e ha graduato i valori in relazione alla diversa situazione di inquinamento delle singole zone del territorio regionale.

20. Per quanto riguarda le polveri, il monossido di carbonio (CO), e gli ossidi di zolfo (SOx), la Provincia nel provvedimento di autorizzazione ha applicato i limiti di emissione più severi tra quelli previsti dall’allegato C della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 per gli impianti di produzione di energia in zona C1 (di risanamento) e quelli previsti dall’allegato I della parte V (parte III – punto 1.1) del Dlgs. 152/2006 per gli impianti con potenza termica da 3 a 6 MW termici che utilizzano biomasse.

21. Fanno eccezione gli ossidi di azoto (NOx), per i quali la Provincia ha fissato un limite pari a 450 mg/Nmc. Pur collocandosi al di sotto della soglia (500 mg/Nmc) stabilita dal Dlgs. 152/2006, il valore appare piuttosto elevato se confrontato con la disciplina regionale. L’allegato C della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 prevede in effetti un limite pari a 450 mg/Nmc per le caldaie (impianti a focolare), ma con riferimento agli impianti alimentati a biomasse o a CDR (combustibile derivato da rifiuti) impone il rispetto dei limiti contenuti nel DM 5 febbraio 1998. Con questo rinvio il valore di riferimento per gli ossidi di azoto scenderebbe a 400 mg/Nmc (v. allegato 2, suballegato 1, punto 3 del DM 5 febbraio 1998 - scarti vegetali), ma la predetta deliberazione regionale specifica ulteriormente che a tale inquinante deve essere applicato un limite particolarmente restrittivo, pari a 80 mg/Nmc, elevato a 110 mg/Nmc per gli impianti connessi a reti di teleriscaldamento.

22. L’arretramento sul fronte delle precauzioni a tutela della salute collettiva (gli ossidi di azoto sono responsabili di infiammazioni e altre patologie delle vie respiratorie, e possono danneggiare l’apparato cardiovascolare) non appare giustificato.

23. Prima di tutto, occorre precisare che il riferimento contenuto nell’allegato C della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 agli impianti alimentati a biomasse o a CDR è applicabile anche all’impianto in questione. La circostanza che nella predetta deliberazione regionale si qualifichino le biomasse e i CDR come rifiuti non pericolosi, mentre l’autorizzazione della Provincia consente l’impiego di biomassa legnosa proveniente da attività di recupero solo dopo che la stessa abbia perso la qualifica di rifiuto ai sensi dell’art. 184-ter del Dlgs. 152/2006, oppure quando la biomassa non sia mai stata rifiuto e presenti le caratteristiche di cui all’allegato X della parte V (parte II - sezione 4) del Dlgs. 152/2006, costituisce una differenza puramente nominale. I rifiuti non pericolosi possono infatti essere utilizzati come carburante solo quando presentino determinate garanzie di sicurezza, alla pari di altri materiali con la stessa funzione. È irrilevante che a livello classificatorio il rifiuto non pericoloso, all’esito di un processo di recupero conclusosi positivamente, sia ancora qualificato come rifiuto o assuma la definizione di ex rifiuto. Di conseguenza, i limiti alle emissioni contenuti nella DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 in relazione alle biomasse e ai CDR possono essere applicati anche ora che questi materiali non sono più qualificati come rifiuti.

24. La disciplina di maggior rigore prevista per ossidi di azoto dalla DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501 non è stata travolta dalla legislazione statale, vista la norma di salvaguardia contenuta nell’art. 271 comma 3 del Dlgs. 152/2006.

25. La vigenza della disciplina regionale non implica però che la stessa debba essere applicata inderogabilmente e in modo indifferenziato. La possibilità di imporre in concreto i limiti più rigorosi individuati a livello regionale dipende infatti dalla corrispondenza degli stessi alle migliori tecniche disponibili in un determinato momento per una determinata categoria di impianti. L’obbligo di adeguamento alle migliori tecniche disponibili è previsto dall’art. 271 comma 5 del Dlgs. 152/2006, il quale richiede appunto che l’istruttoria delle autorizzazioni sia focalizzata su questi problemi. Nella valutazione circa la disponibilità di una tecnica possono rientrare anche considerazioni economiche, in quanto bisogna accertare che il rapporto tra il guadagno in termini di tutela della salute collettiva e l’incremento dei costi per l’imprenditore sia ragionevole e proporzionato (v. art. 268 comma 1-aa del Dlgs. 152/2006). In ogni caso, è necessario che tutte queste considerazioni, tecniche ed economiche, siano effettuate in modo trasparente, per garantire che nessun aspetto del nuovo impianto venga trascurato.

26. Nella vicenda in esame questo approfondimento sembra essere mancato. In particolare, non è stata definita una soglia adeguatamente bassa per gli ossidi di azoto, benché vi fossero elementi tecnici che avrebbero giustificato una decisione in questo senso. La stessa relazione tecnica prodotta dalla controinteressata (doc. 3 – pag. 57-58) portava infatti ad esempio l’impianto di Tirano, dove le emissioni degli ossidi di azoto sono contenute al di sotto del limite di 200 mg/Nmc. La Provincia, quindi, anziché limitarsi a un generico richiamo al futuro obbligo di adeguamento tecnologico (v. punto 12 del dispositivo di autorizzazione), avrebbe dovuto considerare la possibilità di fissare un limite più vicino a quello della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501, se necessario individuando e prescrivendo le tecnologie attualmente disponibili in grado di migliorare il processo di combustione e il sistema di abbattimento delle emissioni.

27. Una dimostrazione a posteriori della possibilità di stabilire limiti più restrittivi è stata offerta dal funzionamento dell’impianto in corso di causa. In data 3 aprile 2014 sono state prodotte dalla Provincia le misurazioni effettuate da Indam Laboratori srl sulle emissioni del 27 febbraio 2013 e del 12 giugno 2013, che riportano livelli di emissione di ossidi di azoto pari rispettivamente a 151 mg/Nmc e a 237 mg/Nmc. È però evidente che l’autoregolazione del gestore non è sufficiente: solo la fissazione di limiti esterni costituisce, in una situazione come questa, un incentivo adeguato all’utilizzo dell’impianto con l’obiettivo di minimizzare le emissioni.

Sulle restanti questioni

28. Gli altri argomenti proposti dai ricorrenti non sono idonei a individuare profili di illegittimità.

29. L’altezza del camino è stata calcolata sulla base delle indicazioni contenute nella DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501, tenendo conto del consumo massimo di combustibile e della ridotta presenza di zolfo. Per quanto riguarda il quantitativo di combustibile, appare corretta la scelta di non utilizzare il valore nominale (1.850 kg/h) ma quello effettivo, detraendo la componente di acqua normalmente presente nella biomassa legnosa (30%).

30. L’utilizzo delle torri evaporative per la dispersione del calore prodotto dal turbogeneratore consente di evitare il consumo di energia elettrica necessario per alimentare altre tecnologie di raffreddamento (batterie di aerodissipatori). Per quanto riguarda il consumo di acqua, si può ragionevolmente ritenere che il picco non sia raggiunto in modo sistematico. Pertanto, il quantitativo di 50.000 mc/anno indicato nel ricorso appare sovrastimato, mentre la previsione di 10.000 mc/anno indicata dalla controinteressata potrebbe essere in qualche misura sottostimata ma ai fini istruttori costituisce un riferimento utile. Una parte dell’acqua viene poi restituita al ciclo idrico tramite immissione nel canale Seriola Nuova.

31. Per quanto riguarda la provenienza della biomassa, l’autorizzazione dell’impianto non è subordinata all’intervenuta stipula dei contratti di fornitura. Appare sufficiente che siano fissate le prescrizioni sulle caratteristiche e sull’origine della biomassa, e che da una ricognizione preventiva risulti la possibilità di reperire sul territorio, ossia da produttori locali, il quantitativo di materiale necessario.

32. Infine, relativamente alla posizione della Soprintendenza, che aveva evidenziato in data 22 dicembre 2011 la necessità di ulteriori indagini archeologiche, occorre prendere atto che la stessa Soprintendenza con nota del 28 marzo 2012 ha riconosciuto l’assenza di reperti di interesse archeologico e ha dato parere favorevole all’impianto.

Conclusioni

33. Il ricorso deve quindi essere accolto parzialmente, nel senso che gli atti impugnati sono annullati nella parte in cui stabiliscono per gli ossidi di azoto limiti meno rigorosi di quelli previsti dall’allegato C della DGR 19 ottobre 2001 n. 7/6501. La Provincia conserva il potere di elevare i limiti della predetta deliberazione regionale, come sopra specificato, tenendo conto (a) dei risultati delle misurazioni periodiche, (b) della possibilità di prescrivere innovazioni corrispondenti alle migliori tecniche disponibili, (c) dei tempi necessari per l’eventuale adeguamento dell’impianto.

34. Il carattere parziale dell’accoglimento e la complessità di alcune questioni consentono l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

35. Ai sensi dell’art. 13 comma 6-bis.1 del DPR 30 maggio 2002 n. 115 il contributo unificato è a carico della Provincia nei limiti della soccombenza, che in via equitativa può essere stabilita nella misura del 50%.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando:

(a) accoglie parzialmente il ricorso, come precisato in motivazione;

(b) compensa le spese di giudizio;

(c) pone il contributo unificato a carico della Provincia nella misura del 50%.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Mauro Pedron, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/08/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)