Cass. Sez. III n.231 del 10 gennaio 2007 (ud. 9 nov. 2006)
Pres. Vitalone Est. Petti Ric. Bollino
Urbanistica. Estinzione del reato per autodemolizione

L'estinzione del reato come conseguenza della spontanea demolizione del manufatto da parte dell'agente, prima che venga disposta dall'ufficio o comunque prima che intervenga la condanna riguarda i soli manufatti realizzati su beni paesaggisticamente vincolati ed estingue solo il reato paesaggistico . Tale norma non può essere applicata analogicamente al reato urbanistico trattandosi di fatto che offende un bene giuridico diverso da quello paesaggistico, tanto è vero che è configurabile il concorso tra i due reati proprio perché sono diversi i beni giuridici violati.
Udienza Pubblica del 9.11.2006
SENTENZA N. 1757
REG. GENERALE n. 18624/05


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli III. mi Signori

1. Dott. Claudio Vitalone                                          Presidente
2. Dott. Ciro Petti                                                    Consigliere
3. Dott. Vincenzo Tardino                                        Consigliere
4. Dott. Gentile Mario                                              Consigliere
5. Dott. Alfredo Maria Lombardi                                Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Bollino Carmela, nata il 23 dicembre del 1959 a Palermo avverso la sentenza del tribunale Avellino del 3 ottobre del 2005;

- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;

- sentito il sostituto procuratore generale dott. Francesco Salzano, il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

- udito il difensore avv. Papalia Ubaldo, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

- letti il ricorso e le sentenza denunciata, osserva quanto segue


IN FATTO


Con sentenza del 27 gennaio 2003, il Tribunale di Termini Imerese, in composizione monocratica, unificati i reati sotto il vincolo della continuazione e concesse le attenuanti generiche, condannava Bollino Carmela alla pena di mesi quattro di arresto ed euro 8.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, quale responsabile dei seguenti reti:


a) del reato di cui all'art. 20, lett. b) della legge n° 47/85, per avere, in assenza di concessione edilizia, proceduto alla costruzione di opere abusive, consistenti: 1) in un fabbricato con struttura in cemento armato, composto da piano seminterrato delle dimensioni di mt. 10,30 x 8,50 circa e da un piano terra delle dimensioni di mt 10,50 x 8,50 circa; 2) in un manufatto in lamiera di mt. 5 x 2,50; 3) in altro manufatto in muratura e "copertura in onduline di mt. 2 x 2,50; 4) in un forno ed un WC delle dimensioni di mt. 1 x 1,50;


b) del reato di cui agli artt. 17 e 20 della legge n° 64/1974, per avere iniziato i lavori in zona sismica, omettendo i prescritti preavvisi al Sindaco e all'Ufficio del Genio Civile;


c) del reato di cui agli artt. 18 e 20 della legge n° 64/74, per avere eseguito le opere anzidette senza essere munito della preventiva autorizzazione dell'Ufficio del Genio Civile;


d) del reato di cui agli artt. 1, 2 e 13 della Legge n° 1086/71, per avere eseguito opere in cemento armato in assenza di progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato e senza la direzione dei lavori da parte di questi;


e) del reato di cui agli artt. 1, 4 e 14 della legge n° 1086/71, per avere iniziato i lavori in cemento armato, omettendo la prescritta denuncia all'Ufficio del Genio Civile. Fatti ritenuti commessi il 17 marzo del 2000.


Disponeva la demolizione dei manufatti abusivi e concedeva all'imputata il beneficio della sospensione condizionale della pena.


Proponeva rituale appello il difensore, il quale censurava l'impugnata sentenza, sostenendo che il primo giudice avrebbe dovuto assolvere la BOLLINO dai reati ascrittile per non aver commesso il fatto, non essendo provato che costei fosse stata la committente dei lavori, a nulla rilevando che fosse proprietaria del suolo (1° motivo). Il procedimento, peraltro, avrebbe dovuto essere sospeso, essendo stata presentata istanza di condono (2° motivo).  La pena inflitta era, in ogni caso, eccessiva, avuto riguardo alla  modesta rilevanza dell'abuso ed allo stato d'incensuratezza dell'imputata, alla quale avrebbero dovuto essere concessi tutti benefici di legge (3° motivo).


Al dibattimento il difensore produceva copia della domanda di condono con allegato bollettino di versamento della prima rata. Disposte informazioni presso il Comune di Altavilla Milicia sulla congruità del versamento eseguito, in relazione alla tipologia dell'abuso commesso, si accertava che la prevenuta aveva versato l'intera somma dovuta per oblazione per complessivi € 10.709,00, ritenuta congrua in relazione alla superficie delle opere residenziali realizzate e che la definizione dell'illecito edilizio aveva ad oggetto unicamente il fabbricato composto da piano seminterrato e primo piano (punto 1 del capo a dell'imputazione), ma non anche le altre separate ed autonome opere abusive (punti 1, 2 e 3 del medesimo capo a).


Con sentenza del 24 gennaio del 2005 la corte, in parziale riforma di quella impugnata, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputata in ordine ai reati ascritti ai capi B) e C) perché si erano estinti per prescrizione e riduceva a mesi tre e giorni venti di arresto ed € 7600,00 di ammenda la pena inflitta per gli altri reati.


A fondamento della decisione, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che il condono non era applicabile perché l'opera non era stata ultimata entro il 31 marzo del 2003 giacché, a seguito di un esposto anonimo, agenti della Polizia Municipale di Altavilla Milizia, il 17 marzo del 2000, avevano proceduto al sequestro dei manufatti che all'epoca non erano ancora ultimati; che i  reati di cui ai capi A), D) ed E) non si erano prescritti avuto riguardo al periodo di  sospensione del processo per la presentazione della domanda di condono


Ricorre per cassazione l'imputata deducendo:


la violazione dell'articolo 43 della legge n. 47 del 1985, per avere il tribunale omesso di considerare che il fabbricato non era stato ultimato perché oggetto di sequestro per cui, in forza della norma citata, la sanatoria si doveva considerare possibile;


la violazione dell'articolo 157 c.p., per la mancata declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione: la corte ai fini del decorso del termine prescrizionale non avrebbe dovuto computare il periodo di sospensione per il condono proprio perché aveva ritenuto l'opera non condonabile. Precisa che i manufatti per i quali non era stata presentata la domanda di condono erano stati già demoliti


In DIRITTO


Il collegio rileva che allo stato tutti i reati si sono prescritti essendo ormai decorso il termine prescrizionale prorogato, avuto pure riguardo al periodo pari ad anni uno, mesi due e gg. 13 durante il quale il dibattimento è rimasto sospeso per impedimento dell'imputato o del suo difensore (Sentenza delle Sezioni unite 28 novembre 2001 Cremonese) ed al periodo di sospensione legale pari a mesi 10 e gg. 28 per la presentazione della domanda di condono, trattandosi di opere condonabili, e così ad un periodo di sospensione complessivo pari ad anni due, mesi uno e gg. 11. Di conseguenza il reato si è prescritto il 28 ottobre del 2006.


Il ricorso non è manifestamente infondato. Invero, secondo il prevalente orientamento di questa corte, l'articolo 43 della legge n. 47 del 1985, richiamato dall'articolo 32 comma 25 della legge 326 del 2003, in base al quale possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, limitatamente al completamento delle opere necessarie per rendere funzionali le strutture gia realizzate, non può essere circoscritto ai soli provvedimenti di organi giurisdizionali amministrativi, ma deve essere inteso quale norma di favore per chi abbia rispettato i provvedimenti giurisdizionali anche del giudice penale non ultimando per tale ragione la costruzione nei termini prescritti (Cass. sez. III 2 settembre 2005 n 3284; 13 dicembre 1999 n. 14148; 3 luglio 1998 n 7847). Opinando diversamente, si verificherebbero ingiustificate disparità tra chi ha osservato il provvedimento di sequestro, e per tale ragione non ha potuto quindi completare l'opera, e chi, invece, violando i sigilli, ha completato l'opera nei termini prescritti e quindi potrebbe usufruire del condono.


La declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione prevale sul condono perché questo non è applicabile ai manufatti per i quali non è stata presentata la relativa istanza. D'altra parte la spontanea demolizione del manufatto ad opera dell'agente non estingue il reato di abuso edilizio, giacché tale causa estintiva non è prevista dalla legge n. 47 del 1985 né dal testo unico approvato con D.P.R. n. 380 del 2001. L'estinzione del reato come conseguenza della spontanea demolizione del manufatto da parte dell'agente, prima che venga disposta dall'ufficio o comunque  prima che intervenga la condanna, e stata prevista con il comma 36, 1 quinquies dell'art 1 della legge n. 308 del 2004, ma  riguarda i soli manufatti realizzati su beni paesaggisticamente vincolati ed estingue solo il reato paesaggistico. Tale norma non può essere applicata analogicamente al reato urbanistico trattandosi di fatto che offende un bene giuridico diverso da quello paesaggistico, tanto è vero che è configurabile il concorso tra i due reati proprio perché sono diversi i beni giuridici violati. Il fatto che siano entrambi sanzionati con la medesima pena prevista nella stessa norma penale non fa venire meno la loro autonomia. Secondo l'orientamento di questa Corte l'autodemolizione delle opere abusive non comporta l'estinzione del reato urbanistico commesso con la loro costruzione, in quanto nei reati urbanistici, prima ancora dell'alterazione dell'assetto urbanistico, assume rilevanza penale l'elusione del controllo che l'autorità amministrativa è chiamata ad esercitare, in via preventiva e generale, sull'attività edilizia assoggettata a regime concessorio. Inoltre con l'ultimazione dei lavori il reato si è già perfezionato in tutti i suoi elementi per cui il ripristino dello stato dei luoghi è elemento del tutto estraneo alla fattispecie (Cass. Sez. III 9 giugno 1998 n 10199; Cass. sez. III 17 novembre 1995 Caputo; Cass. Sez. III n 2706 del 1992 Cass. n 4569 del 1989). L'autodemolizione come causa di non perseguibilità dell'autore rileva nei soli casi espressamente previsti dalla legge (ad esempio nell'ipotesi di cui all'art 8 quater della legge 21 giugno 1985 n 298 in base al quale non erano perseguibili coloro che avevano eliminato le opere abusive entro la data stabilita nella norma stessa). Al di fuori delle ipotesi di non perseguibilità espressamente previste, l'autodemolizione estingue il reato solo se accompagnata dal certificato di conformità dell'opera rilasciato in base agli artt. 13 e 22 della legge n. 47 del 1985 ed ora in base all'articolo 36 del Testo unico. L'autodemolizione non impedisce la richiesta ed il rilascio del certificato di conformità secondo l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 167 del 29 marzo 1989, ribadito in qualche decisione di questa stessa sezione (cfr. Cass. n. 35011 del 2003) nella quale si è statuito che " l'estinzione del reato di costruzione abusiva, per effetto del combinato disposto degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985 n 47, si verifica anche a favore di chi abbia demolito manufatto sempre che si tratti di costruzione che, se non demolita, avrebbe potuto ottenere la concessione in sanatoria; in tal caso l'accertamento e la certificazione di conformità effettuata dal Sindaco ai sensi dei citati artt. 13 e 22 legge n, 47 del 1985 tiene  luogo della sanatoria rilasciata per i manufatti ancora esistenti".


A norma dell'articolo 100 del Testo unico sull'edilizia copia di questa sentenza va trasmessa all'ufficio tecnico della Regione Siciliana per quanto di competenza


P.Q.M.

LA CORTE


Letto l'articolo 620 c.p.p.


Annulla


Senza rinvio la sentenza impugnata perché estinti per prescrizione i reati ascritti. Dispone trasmettersi copia di questa sentenza all'ufficio tecnico della Regione Siciliana.


Così deciso in Roma il 9 novembre del 2006


L' estensore              Il presidente
 Ciro Petti                    Claudio Vitalone