Cass. Sez. III n. 29741 del 6 settembre 2006 (ud. 6 giu. 2006)
Pres. Vitalone Est. Franco Ric. Tinghino
Urbanistica – Condono edilizio – Limiti di
applicabilità
Il condono edilizio non è applicabile con riferimento agli
interventi abusivi non aventi destinazione residenziale
Re. Gen. 20258/05
Sentenza n. 978
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli I11.mi Sigg.:
1. Dott. Claudio Vitalone Presidente
2. Dott. Guido De Maio Consigliere
3. Dott. Pierluigi Onorato Consigliere
4. Dott.ssa Claudia Squassoni Consigliere
5. Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Tinghino Giovanni, nato a Caltagirone il 29
aprile 1957; avverso la sentenza emessa i120 dicembre 2004 dal giudice
del tribunale di Caltagirone;
udita nella pubblica udienza del 6 giugno 2006 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
Svolgimento del processo
Con sentenza del 20 dicembre 2004 il giudice del tribunale di
Caltagirone assolse Tinghino Giovanni dalla imputazione di cui: A)
all'art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, in quanto il
manufatto realizzato costituiva una serra, per la quale non era
richiesto permesso di costruire, mentre lo ritenne colpevole dei reati
di cui: B) agli artt. 64 e 71 testo unico dell'edilizia; C) agli artt.
65 e 72 testo unico dell'edilizia, trattandosi di opera in conglomerato
cementizio armato e con struttura di ferro; D) agli artt. 91 e 95 testo
unico dell'edilizia; E) agli artt. 94 e 95 testo unico dell'edilizia
per violazione delle norme antisismiche, e lo condannò, con
la continuazione e le attenuanti generiche, alla pena complessiva di E
500,00 di ammenda.
L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:
a) violazione dell'art. 38 legge 28 febbraio 1985, n. 47, in relazione
ai commi 25, 26 e 36 dell'art. 32 d.l. 30 settembre 2003, n. 269,
convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
Deduce che il giudice del merito avrebbe dovuto dichiarare estinti gli
altri reati avendo egli presentato domanda di condono edilizio con
l'integrale pagamento della oblazione ed estinguendo il condono anche i
reati per violazione delle norme sul cemento armato ed antisismiche.
b) violazione e falsa applicazione degli artt. 64, 65, 71, 72, 93, 94,
95 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, in relazione alla legge 5 novembre
1971, n. 1086, ed alla legge 2 febbraio 1974, n. 64; carenza di
motivazione sul punto; carenza di accertamenti tecnici; violazione per
mancato ricorso all'art. 507 cod. proc. pen. Osserva che era stata
provata la scarsa consistenza dell'opera in questione, la sua
sostanziale coincidenza con quella approvata dal comune e che si
trattava di un'opera per la quale non era prescritta la autorizzazione
del genio civile, né il preventivo progetto di un tecnico
abilitato e la direzione di questi. Inoltre, per prassi consolidata e
convinzione diffusa dei tecnici del luogo, le serre non sono sottoposte
alla normativa antisismica e sul cemento armato. Il giudice ha
disatteso le risultanze tecniche emerse in dibattimento sul punto senza
però disporre una perizia per accertare se l'opera in
questione rientrava o meno tra quelle soggette alle normative de
quibus. Il giudice avrebbe inoltre dovuto tener conto della
notorietà del pubblico convincimento e della pratica diffusa
tra i tecnici e gli operatori locali e sostanzialmente tollerata dalla
pubblica amministrazione. Ciò anche perché si
trattava di una opera sostanzialmente precaria per la sua assoluta
temporaneità.
Motivi della decisione
Il primo motivo è manifestamente infondato perché
le opere in questione non erano condonabili non trattandosi di
costruzione destinata ad edilizia residenziale. Il secondo motivo
è infondato.
Il giudice del merito ha invero accertato in punto di fatto che l'opera
era stata realizzata con cemento avente la medesima quantità
di ferro del precompresso. In particolare, si trattava della
costruzione di 16 pilastri in cemento armato alti circa m. 1,80, sulle
cui estremità erano state bullonate delle capriate in ferro
e tubi ad arco, in modo da formare un telaio di copertura per una
altezza complessiva di circa m. 3 ed una superficie di circa mq. 240.
Si trattava quindi di un'opera con strutture in conglomerato cementizio
e con strutture metalliche.
Esattamente, pertanto, il giudice ha ritenuto che dovesse essere
rispettata la normativa sul cemento armato, sebbene non fosse
necessario il permesso di costruire (Sez. III, 13 febbraio 2003, Felli,
m. 224.479).
Ed invero, «le norme di cui agli artt. 1 e 4 della legge 5
novembre 1971, n. 1086 - ora trasfuse nel testo unico dell'edilizia -
si riferiscono a tutte le opere in cemento armato e c.a. precompresso
senza alcuna distinzione circa le dimensioni e le caratteristiche,
richiamate, invece, dall'art. 2 al fine di individuare il tecnico
qualificato (ingegnere, architetto oppure geometra) cui commettere la
redazione del progetto e la direzione dei lavori. L'art. 1 comma quarto
della legge n. 1086 del 1971 indica una prescrizione, quella della
denuncia dell'inizio dei lavori con conglomerato cementizio, a cui il
costruttore deve attenersi per consentire all'ente preposto di venire a
conoscenza dell'attività costruttiva e di effettuare i
dovuti controlli al fine di escludere ogni pericolo per la pubblica e
privata incolumità (fattispecie relativa all'irrilevanza di
alcune "circolari" amministrative regionali emanate in senso
contrario)» (Sez. III, 10 giugno 1996, Sangiorgi, m. 205.791).
Altrettanto esattamente è stata ritenuta applicabile la
disciplina antisismica. Ed invero, l'obbligo di denuncia e di
presentazione dei progetti previsto dall'art. 93 testo unico
dell'edilizia e quello di preventiva autorizzazione previsto dall'art.
94 riguardano tutte le opere realizzate nelle zone sismiche e
precisamente, come prevede l'art. 83, «tutte le costruzioni
la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica
incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate
sismiche».
Conformemente alla finalità perseguita dal legislatore,
quindi, le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una
portata ancor più ampia di quelle relative alle opere in
conglomerato cementizio armato in quanto pongono norme che,
coerentemente alle esigenze di più rigorosa tutela
dell'incolumità pubblica nelle zone dichiarate sismiche, si
applicano, omnicomprensivamente a «tutte le costruzioni la
cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica
incolumità», a nulla rilevando la natura dei
materiali impiegati e delle relative strutture. Anzi, proprio l'impiego
di elementi strutturali meno solidi e duraturi rende ancor
più necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini
preventivi in questione (cfr. Sez. III, sent. 26 settembre 2001, Tucci,
m. 220.269; Sez. III, sent. 29 maggio 2002, Bianchini, m. 222.254; Sez.
III, 27 aprile 2004, Chiari; Sez. III, 18 gennaio 2006, Solis).
Non vi è quindi dubbio che la costruzione di un'opera avente
le caratteristiche di quella di cui al presente processo fosse
assoggettata alle prescrizioni della normativa antisismica.
Il fatto che nella zona eventualmente vigesse una prassi contraria
(avendo i tecnici del luogo una diversa convinzione) è
ovviamente del tutto irrilevante.
Era poi palesemente irrilevante la richiesta perizia perché
le caratteristiche stesse dell'opera (come pacificamente accertate)
dimostravano che essa era soggetta alla normativa antisismica ed a
quella sul cemento armato. Ai fini di questa
assoggettabilità, infine, era indifferente che l'opera fosse
eventualmente precaria.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 6
giugno 2006.
L'estensore
Il Presidente
Urbanistica. Condono edilizio – Limiti di applicabilità
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