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Sez. 3, Sentenzan. 35785 del 02/09/2004 (Ud. 09/06/2004 n.01222 ) Rv. 228965
Presidente: Papadia U. Estensore: Piccialli P. Imputato: P.G. e Di Meglio. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Annulla in parte senza rinvio, App.Napoli, 15 aprile 2002).
EDILIZIA - DISCIPLINA URBANISTICA - Costruzione abusiva - Ordine di demolizione da parte dell'autorità comunale - Inottemperanza - Acquisizione automatica dell'immobile al patrimonio comunale - Sussistenza - Conseguenze in materia di restituzione a seguito di dissequestro.
CON MOTIVAZIONE
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Massima (fonte CED Cassazione)
Ai sensi dell'art. 7, comma terzo, della legge 28 febbraio 1985 n.47 e dell'art. 31, comma terzo, del T.U. sull'edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, l'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione di una costruzione abusiva, emesso dall'autorità comunale, comporta l'automatica acquisizione dell'immobile al patrimonio del comune, in favore del quale deve quindi essere disposta la restituzione, qualora l'immobile stesso venga dissequestrato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 09/06/2004
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - N. 1222
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - N. 25163/2002
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI MEGLIO MARIA CONCETTA, n. il 19.9.1937 a Barano d'Ischia, ivi res. rapp. e dif. dall'Avv. Giuseppe di Meglio, del foro di Napoli;
nonché del
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la Corte d'Appello di Napoli, nei confronti della suddetta imputata;
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Napoli in data 15 aprile 2002.
visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. PICCIALLI;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Sost. Proc. Gen. Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per l'annullamento con rinvio, limitatamente all'udienza di demolizione, rigetto del ricorso dell'imputata.
FATTO E DIRITTO
La sig.ra Maria Concetta Di Meglio, imputata di contravvenzione all'art. 20 lett. c) L. 47/85 ed altre connesse,nonché del delitto di cui all'art. 349 cpv. c.p. (fatti commessi fino al 30/12/2003), con sentenza del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Ischia in data 14/3/2001 fu prosciolta da tutte le contravvenzioni,perché estinte per prescrizione, e condannata per il delitto, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, con i benefici ex artt. 163 e 175 c.p., alla pena di mesi sei di reclusione, a quella accessoria di legge ed al pagamento delle spese processuali, con ordine di dissequestro "del manufatto abusivo e restituzione dello stesso al sindaco di Barano d'Ischia".
Tale ultima statuizione il giudice adottava sul rilievo che detto sindaco aveva emesso ordine di demolizione,rimasto inosservato nel termine di legge di gg. 90 e non impugnato nella competente sede giurisdizionale amministrativa,che aveva determinato, ai sensi dell'art. 7 co. 3 e 6 della L. 47/85,l'effetto ablatorio, comportante l'acquisizione ipso iure dell'immobile al patrimonio del Comune. All'esito dell'appello proposto dall'imputata, con la sentenza in epigrafe la corte territoriale riformava parzialmente la sentenza impugnata in ordinerà) alla suddetta statuizione, che modificava in quella della restituzione dell'immobile all'imputata, "non risultando esaurita la procedura ablativa con la trascrizione del titolo e la materiale acquisizione del bene al patrimonio comunale", tanto più che neppure risultava agli atti il provvedimento di demolizione; b) alla pena, che riduceva, previa dichiarazione di prevalenza delle attenuanti, a m. 4 di reclusione ed euro cento di multa. La corte napoletana, oltre a confermare l'ascrivibilità della condotta delittuosa alla Di Meglio, in quanto materiale detentrice ed effettiva interessata alle opere abusive di cui era stata nominata custode, rigettava la richiesta della difesa di dichiarare prescritto anche il delitto, tenuto conto della durata complessiva, per a. 2 e gg. 57, dei rinvii disposti su istanza del difensore aderente a varie astensioni della classe forense, differimenti che a termini della recente giurisprudenza di legittimità avevano comportato correlative sospensioni del processo,impedendo la maturazione del termine di cui agli artt. 157 n. 4 e 160 u.c. C.P..
Contro tale decisione hanno proposto ricorso per Cassazione l'imputata, tramite il difensore di fiducia, ed il Procuratore Generale. L'impugnazione della difesa è affidata a due motivi. Nel primo si deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 349 c.p. in relazione all'art. 526 c.p. - insufficiente ed illogica motivazione - nullità della sentenza ai sensi dell'art. 606, lettere b), c) ed e) c.p.p.", lamentandosi l'erronea conferma della responsabilità dell'imputata per la violazione dei sigilli sul presupposto della sola qualità di custode,nonostante la prova dell'altrui titolarità della proprietà dell'immobile, nella specie della madre della ricorrente, unica beneficiaria delle opere abusive;
incongrua sarebbe stata l'argomentazione correlata alla sottoscrizione,da parte dell'imputataci un'istanza di condono edilizio, potendo questa essere proposta, ai sensi degli artt. 32 e 38 L. 47/85, al solo fine di far dichiarare "l'estinzione de procedimento penale per oblazione". Nel secondo si deduce violazione degli artt. 477 c.p.p in rel. 157 c.p., sostenendosi che i rinvii determinati all'astensione del difensore non avrebbero potuto dar luogo a sospensioni del giudizio e dei relativi termini di prescrizione per corrispondente durata, tenuto conto del limite massimo di sospensione, per dieci giorni, fissato dal secondo comma del citato articolo del codice di rito; sicché il reato, consumato il 26/11/93 (data di esecuzione del sequestro), tenuto conto di tali, più limitate sospensioni, si sarebbe prescritto fin dal 14/6/2001. Il ricorso del P.G., limitato alla statuizione restitutoria, lamenta inosservanza ed erronea applicazione di legge (art. 262 c.p.p. in relazione all'art. 7 L. 47/85), non avendo la corte di merito tenuto conto che l'avvenuta emissione dell'inosservato provvedimento di demolizione, oltre a risultare provata la deposizione del verbalizzante, era pacifica, per le stesse ammissioni dell'appellante difesa, e non avendo considerato l'automatismo, ai sensi dei commi 3 e 6 del citato art. 7 ed a termini della costante giurisprudenza, dell'effetto ablatorio correlato al decorso del termine ed all'inottemperanza, con conseguente mera natura dichiarativa dei successivi atti amministrativi, di verificazione di tale inosservanza, e di quella esecutiva della trascrizione e della materiale apprensione.
Tanto premesso, in costanza di ammissibili impugnazioni, che hanno mantenuto in vita il procedimento penale, impedendo la formazione del giudicato, questa S.C. deve preliminarmente, ai sensi dell'art. 129 c.p.p, dichiarare l'avvenuta estinzione nelle more del grado anche del delitto di violazione dei sigilli, il cui termine massimo ex artt. 157 n. 4 - 160 u.c.c.p. di prescrizione, anche a voler partire dalla data dell'accertamento del 3/12/93 (ma la natura istantanea del reato ed il tempo occorso per il completamento dell'opera inducono a ritenerlo antecedente e più vicino a quello di esecuzione del sequestro, risalente al 26/11/03) e pur computando interamente i periodi di sospensione individuati dalla corte di merito, si è comunque esaurito il 27/8/2003 (30/12/93 + a. 7 e m. 6 + a. 2 e gg. 57).
Al riguardo va,peraltro,osservato che i motivi di impugnazione addotti dalla difesa non evidenziano ragioni assolutorie prevalenti ex art. 129 cpv. sull'estinzione del reato, deducendo il primo carenze dell'indagine dibattimentale che, nella migliore delle ipotesi, potrebbero dar luogo ad annullamento con rinvio ed il secondo (non manifestamente infondati, quanto meno all'epoca della proposizione del ricorso, sulla scorta di ricorrenti argomentazioni contestanti i principi, ancora non del tutto recepiti nella dottrina e nella classe forense, della discussa sentenza delle S.U. 28/11/01, Cremonese) proprio la causa di estinzione, che frattanto si è comunque maturata.
Deve, pertanto, annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, anche in ordine al residuo capo di imputazione, perché estinto il reato per prescrizione.
Passando all'esame dell'impugnazione del P.G. territoriale, la Corte deve rilevarne, in conformità alla giurisprudenza di questa sezione (v. sent. 4/4-5/6/2003, Guerra, e n. 37883/2001, Alvani), la fondatezza.
L'art. 7 della legge n. 47 del 1985 espressamente, al comma 3, prevede "se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime.... sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune".
Dalla chiara ed in equivoca formulazione della suddetta disposizione si evince l'automatismo della fattispecie ablatoria, a formazione progressiva, configurata dalla norma indicata, per effetto della quale l'acquisizione da parte del Comune dell'immobile abusivo e dell'area di sedime avviene ipso iure, a seguito dell'emissione dell'ordinanza sindacale di demolizione di cui al secondo comma, allo spirare del novantesimo giorno dalla notifica della stessa all'intimato, ove questi non vi abbia prestato ottemperanza. A conferma di tale interpretazione, resa agevole dall'inequivoco tenore del dettato normativo, milita, altresì il disposto di cui comma quarto, a termini del quale "l'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato costituisce titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari; "tali disposizione evidenziano chiaramente la natura di adempimenti, estrinseci rispetto all'acquisizione in proprietà ed a questa consequenziali ed accessori, della trascrizione (assolvente a fini di pubblicità, essenzialmente in funzione dell'opponibilità ai terzi dell'acquisito) e della immissione in possesso, diretta al conseguimento della materiale apprensione del bene, già entrato nel patrimonio dell'ente pubblico per effetto del titolo, costituito dalla causa di ablazione, di efficacia costitutiva, prevista dal comma precedente.
Giova precisare che le suesposte disposizioni sono state riprodotte nell'art. 31 dell'oggi vigente T.U. sull'edilizia (D.P.R. 6/6/2001 n. 380), segnatamente ai commi 3 e 4, di contenuto identico a quelli corrispondenti di cui alla previgente normativa.
Nel caso di specie, in cui non è controverso che vi sia stata l'emissione dell'ingiunzione demolitoria e che la stessa sia rimasta inosservata dall'intimata imputata,nonostante il decorso del termine, non essendo state provate, ne' dedotte, eventuali ragioni impeditive (forza maggiore et similia) dell'osservanza del provvedimento, oppure di sospensione o di caducazione, in sede amministrativa o giurisdizionale, dello stesso, il soggetto avente diritto al possesso, al quale deve essere restituita, all'esito del procedimento penale, la cosa sequestrata ai sensi dell'art. 262 co. 4 c.p.p., non è più l'imputata, bensì, ex art. 7 co. 4 L. 47/85 (oggi art. 31 co. 4 cit. T.U.) il Comune di Barano d'Ischia, proprietario dell'immobile e titolare del relativo ius possidendi. In tal senso correttamente aveva provveduto il giudice di primo grado, la cui statuizione sul punto, previo annullamento senza rinvio della sentenza in parte qua (che ha erroneamente ritenuto l'immissione in possesso e la trascrizione elementi necessari ed integranti dell'ablazione), va ripristinata, ai sensi degli artt. 620 lett. l e 621 c.p.p..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché estinto il reato di cui all'art. 349 c.p., per prescrizione.
Annulla la stessa sentenza, senza rinvio, sul capo concernente la restituzione dell'immobile, nel senso che lo stesso va restituito al Comune di Barano d'Ischia.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 9 giugno 2004. Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2004