Cass. Sez. III n. 6642 del 18 febbraio 2010 (Ud. 12 gen 2010)
Pres. Lupo Est. Squassoni Ric. Petracca
Urbanistica. Falso per induzione
Non vi è dubbio sulla idoneità della documentazione che fornisce una inesatta informazione dello stato dei luoghi, a trarre in inganno i componenti della commissione comunale i quali hanno rilasciato una concessione edilizia in sanatoria in mancanza dei requisiti per la sua legittima emanazione. Relativamente alla compatibilità tra responsabilità per induzione e dovere di verifica , si osserva che la realizzazione di non veritieri documenti destinati alla produzione in un procedimento amministrativo integra l’illecito penale anche quando le regole di quel procedimento impongono un controllo di quanto attestato dal privato. La circostanza che i dati debbano essere oggetto di verifica non esclude la responsabilità per la falsa attestazione: il bene tutelato nelle varie disposizioni in tema di falsità ideologica non è solo l’affidamento del destinatario dell’atto, ma anche la fiducia che la generalità dei consociati deve poter riporre in taluni atti provenienti da soggetti qualificati In particolare, l’autore di false attestazioni che sono alla base del provvedimento del Pubblico Ufficiale può non rispondere del falso per induzione nella sola ipotesi in cui il secondo sia caduto in errore esclusivamente per causa propria e non anche quando l’inganno del decipiens (chiaramente sussistente nel caso concreto) e la colpa del deceptus (peraltro, solo allegata dal ricorrente e non provata) concorrono alla produzione dell’evento.
SENTENZA N. 2
REG. GENERALE N. 13135/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ERNESTO LUPO Presidente
Dott. AGOSTINO CORDOVA Consigliere
Dott. CLAUDIA SQUASSONI Rel. Consigliere
Dott. AMEDEO FRANCO Consigliere
Dott. MARGHERITA MARMO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PETRACCA MARIA LUCIA N. IL xx/xx/xxxx
2) PASSASEO VINCENZO N. IL xx/xx/xxxx
- avverso la sentenza n. 100/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 10/12/2008;
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIA SQUASSONI;
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Solvano Francesco che ha concluso per l\'annullamento senza rinvio delle contravvenzioni per prescrizione; per il delitto ritenuto l\'art. 480 con modifica delle pene.
- Udito, per la parte civile, I\'Avv /
- Uditi i difensori Avv.ti Macrì Ubaldo e Tognazzi Gianluca
MOTIVI DELLA DECISIONE
Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza 10 dicembre 2008, ha ritenuto Petracca Maria Lucia e Passaseo Vincenzo responsabili dei reati previsti dagli artt.44 ci lett.c DPR 380/2001, 181 D.L.vo 42/2004, 48-479 cp e li ha condannati alla pena di giustizia.
Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno rilevato come gli imputati, nelle rispettive qualifiche di committente dei lavori e di progettista degli stessi, avessero realizzato un manufatto con permesso di costruire in sanatoria inesistente in quanto ottenuto inducendo in errore i responsabili dello ufficio tecnico comunale con elaborati e documentazione riportanti dati falsi.
Gli appellanti avevano chiesto il titolo abilitativo per una piccola abitazione rurale, mentre il manufatto costruito era un ampliamento di un immobile preesistente in contrasto con lo strumento urbanistico. Per l\'annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge.
La Petracca fa presente in fatto che vi sono stati due abusi edilizi nel tempo, uno, sanato (come emerge dal permesso in sanatoria posto in essere dopo la necessaria verifica) ed, il successivo, che era in fieri all\'epoca della constatazione del reato; pertanto, il tecnico comunale non è stato tratto in inganno ed i Giudici avrebbero dovuto incriminarla e condannarla solo per il secondo abuso.
Inoltre, deduce che il delitto era inquadrabile nella fattispecie di cui agli artt.48, 480 cp (e non 48, 479 cp) trattandosi di falso in autorizzazione amministrativa.
Il Passaseo sostiene che il delitto non è configurabile dal momento che i tecnici del Comune (persone qualificate e funzionalmente preposte ad effettuare i necessari accertamenti sulla reale situazione di fatto) si dovevano rendere immediatamente conto che il permesso di costruire in sanatoria non poteva essere rilasciato; rileva che la fattispecie era, comunque, inquadrabile ex artt.48, 480 cp.
Le censure dei ricorrenti sono meritevoli di accoglimento nel limite in prosieguo precisato.
La Petracca propone una ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella posta dalla Corte di Appello alla base della impugnata sentenza; evidenzia che il manufatto e lo stato dei luoghi si trovavano nelle condizioni descritte nella documentazione allegata alla richiesta di sanatoria, ottenuta la quale, i lavori abusivi erano proseguiti.
La tesi è priva della necessaria concretezza (in quanto l\'imputata non segnala nessun elemento o argomento a sostegno del suo assunto) e, non essendo stata prospettata ai Giudici di merito né inserita tra i motivi dell\'atto di appello, incorre nel divieto di nuove deduzioni in Cassazione.
Il ricorrente incentra le sue critiche sul dovere istituzionale della commissione comunale di controllare, espletando i necessari accertamenti, quanto risultante dagli elaborati a corredo della sanatoria; sostiene che, in esito a tale verifica, risultava chiaro che il permesso di costruire non era concedibile per la contrarietà dello edificato agli strumenti urbanistici e per la ragione che era carente la attestazione di agricoltore della Petracca.
In tale modo, il ricorrente (se la Corte bene interpreta il suo pensiero) ritiene che il falso per induzione non fosse configurabile, a sensi dell\'art.49 cp, per la impossibilità delle produzioni degli imputati a trarre in inganno.
Ora la idoneità offensiva della condotta di falso deve essere valutata, al fine di una eventuale configurazione di un reato impossibile, con riguardo alle circostanze del caso concreto e con criterio ex ante; nella ipotesi in esame, le falsità ideologiche degli imputati non rendevano in modo assoluto ed all\'evidenza inaccoglibile la domanda di sanatoria.
Non vi è dubbio sulla idoneità non solo in astratto, ma anche in concreto della documentazione prodotta dagli imputati, che forniva una inesatta informazione dello stato dei luoghi, a trarre in inganno i componenti della commissione comunale i quali hanno rilasciato una concessione edilizia in sanatoria in mancanza dei requisiti per la sua legittima emazione.
Relativamente alla compatibilità tra responsabilità per induzione e dovere di verifica , si osserva che la realizzazione di non veritieri documenti destinati alla produzione in un procedimento amministrativo integra l\'illecito penale anche quando le regole di quel procedimento impongono un controllo di quanto attestato dal privato (Cass. Sezione 5 sentenza 12175/2005).
La circostanza che i dati debbano essere oggetto di verifica non esclude la responsabilità per la falsa attestazione: il bene tutelato nelle varie disposizioni in tema di falsità ideologica non è solo l\'affidamento del destinatario dell\'atto, ma anche la fiducia che la generalità dei consociati deve poter riporre in taluni atti provenienti da soggetti qualificati (Cass. Sezione 5 sentenza 3146/2008). In particolare, l\'autore di false attestazioni che sono alla base del provvedimento del Pubblico Ufficiale può non rispondere del falso per induzione nella sola ipotesi in cui il secondo sia caduto in errore esclusivamente per causa propria e non anche quando l\'inganno del decipiens (chiaramente sussistente nel caso concreto) e la colpa del deceptus (peraltro, solo allegata dal ricorrente e non provata) concorrono alla produzione dell\'evento (Cass. Sezione 5 sentenza 3146/2008).
Fondata è la residua censura formulata da entrambi i ricorrenti.
Ai fini della classificazione delle falsità in atti disciplinate dal codice penale, quella ideologica del permesso di costruire rientra nella fattispecie di reato dell\'art.480 cp che concerne le autorizzazioni amministrative.
In tale senso, si sono pronunciate le Sezioni Unite con sentenza n°673/1997 che, pure avendo come referente la pregressa normativa, ha enucleato principi che sono di attualità anche dopo la novazione legislativa introdotta con il TU 380/2001.
Le Sezioni Unite hanno rilevato come la licenza edilizia (poi denominata concessione edilizia ed ora permesso di costruire) rimuove i limiti di natura pubblicistica all\'esercizio di un diritto preesistente in capo al destinatario dell\'atto e non ne costituisce, o trasferisce, uno nuovo.
Ciò in quanto lo jus edificandi, anche secondo la giurisprudenza costituzionale, inerisce alla proprietà (ed alle altre situazioni che comprendono la legittimazione a costruire), ma deve essere esercitato secondo la disciplina del regime dei suoli che tiene opportunamente conto della molteplicità degli interessi collettivi.
Il provvedimento amministrativo ha lo scopo di accertare la esistenza delle condizioni previste dall\'ordinamento per la legittima esplicazione del diritto ad edificare.
Tale provvedimento, inoltre, è carente delle caratteristiche e dei requisiti essenziali propri della concessione amministrativa (revocabilità, discrezionalità, intuitus personae, incommerciabilità). Invero, il proprietario ha il diritto ad edificare se la costruzione è rispettosa delle norme urbanistiche ed, in tale ipotesi, il permesso di costruire è atto dovuto, irrevocabile (anche in caso di sopravvenienza di diversa valutazione degli interessi collettivi) e trasmissibile con l\'immobile al quale accede.
Per le esposte considerazioni, il delitto deve essere qualificato a sensi degli artt.48, 480 cp.; tale conclusione impone una rideterminazione della pena che non può essere fatta direttamente in questa sede per i limiti cognitivi della Cassazione.
Pertanto, la Corte annulla la sentenza impugnata per quanto concerne il delitto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce, perché i nuovi Giudici quantifichino il regime sanzionatorio tendendo conto che sul tema della responsabilità degli imputati si è formato il giudicato.
Per le contravvenzioni si è maturato il periodo richiesto dagli artt.157, 160 cp per cui la Corte annulla senza rinvio la decisione impugnata per essere tali reati estinti per prescrizione dando atto che è carente la evidente prova favorevole agli imputati che possa consentire la priorità del proscioglimento nel merito.
PQM
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle contravvenzioni perché estinte per prescrizione; annulla la stessa sentenza in ordine al delitto di cui agli artt.48,480 cp, così qualificato il fatto, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce per la determinazione della pena.
Roma, 12 gennaio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 16/02/2010