Cass. Sez. III sent.26136 del 18 luglio 2005 (C.C. 12 aprile 2005)
Pres.Grassi Est. Fiale Ric. De Rubeis

Urbanistica- Sequestro preventivo
E' applicabile la misura del sequestro preventivo anche alle opere ultimate al fine di impedire che la libera utilizzazione dell'immobile abusivo (con conseguente violazione dell'art. 221 T.U.LL.SS.) determini un aggravamento del carico urbanistico in relazione all'ulteriore domanda di strutture ed opere collettive e dotazione di spazi pubblici per abitante

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. GRASSI Aldo - Presidente - del 12/04/2005
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - N. 479
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - N. 5824/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE RUBEIS Giovanni, n. a Lampedusa l'1.8.1935;
avverso l'ordinanza 10/12/2004 del Tribunale per il riesame di Agrigento.
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 10.12.2004 il Tribunale di Agrigento rigettava l'istanza di riesame proposta nell'interesse di De Rubeis Giovanni avverso il decreto 23.11.2004 con cui il G.I.P. di quel Tribunale aveva disposto il sequestro preventivo di due immobili destinati a civile abitazione, rifiniti ed arredati, di mq. 44 ciascuno, comprensivi di piccola veranda coperta, siti nella contrada Terranova di Lampedusa, in relazione al reato di cui all'art. 44, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001. Il Tribunale evidenziava che le due unità immobiliari era complete, rifinite ed arredate ma la misura cautelare doveva ritenersi legittimamente imposta, per l'evidente aggravio del carico urbanistico della zona e per impedire la perpetrazione dell'illecito amministrativo di va all'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il De Rubeis, il quale, sotto il profilo della violazione di legge, ha eccepito che:
- non sarebbero sussistenti, nella specie, "i presupposti di pericolo che possano derivare dalla libera disponibilità della cosa pertinente al reato ne'... la possibilità che tale disponibilità possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato stesso o comunque agevolare la commissione di altri reati".
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza 29.1.2003, n. 2, Innocenti - hanno ritenuto ammissibile il sequestro preventivo di una costruzione abusiva già ultimata, affermando che:
- il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato;
- in tema di reati edilizi o urbanistici, "spetta al giudice di merito, con adeguata motivazione, compiere una attenta vantazione del pericolo derivante da libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa, da parte dell'indagato o di terzi, possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto detta tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico, va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento coercitivo";
- tra le specifiche conseguenze antigiuridiche che, ex art. 321 c.p.p., possono determinarsi a causa del mancato impedimento della
libera disponibilità del manufatto abusivo, ben può farsi rientrare la perpetrazione dell'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie (divieto di abitare gli edifici sforniti di certificato di agibilità), non inquadratole "nella agevolazione di commissione di altri reati", ma certamente costituente una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta (la libera utilizzazione della cosa) che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire (principio ribadito da Cass., Sez. 3^, 21.1.2005, Cappa; si veda però - in senso contrario - Cass., Sez. 3^, 6.7.2004, Sardi). 2. Il Tribunale di Agrigento, nell'ordinanza impugnata, ha dato conto, con motivazione adeguata, di avere compiuto quella "attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso" dell'unità immobiliare lecitamente realizzata, secondo il riferito orientamento delle Sezioni Unite: a fronte della creazione di due ulteriori unità immobiliari residenziali "usualmente locate a terzi", invero, ha fatto corretto riferimento (oltre che alla finalità impeditiva dell'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 221 del T.U. delle leggi sanitarie) all'aggravamento del carico urbanistico sulle infrastrutture preesistenti, oggettivamente configurabile sia come ulteriore domanda di strutture ed opere collettive, sia in relazione alle prescritte dotazioni minime di spazi pubblici per abitante nella zona urbanistica interessata (standards di cui al D.M. 2.4.1968, n. 1444). Non risulta rispettata, ad esempio, la destinazione di aree a parcheggio nella dotazione minima, laddove l'art. 2, 2 comma, della legge 24.3.1989, n. 122 (che ha modificato l'art. 41 sexies della legge n. 1150/1942, disposizione tuttora vigente) - con disciplina
imperativa ed inderogabile, in correlazione degli interessi pubblici perseguiti - impone a chi voglia effettuare nuove costruzioni di riservare appositi spazi per parcheggi, anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione. 3. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione;
visti gli artt. 127 e 325 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2005. Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2005

dai CEAG