Consiglio di Stato Sez. II n. 1031 del 10 febbraio 2025
Urbanistica.Acquisizione al patrimonio del comune dell'area abusivamente costruita
L’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, riconosce alla P.A. la possibilità di acquisire fino a dieci volte la “complessiva superficie utile abusivamente costruita”. Dal tenore letterale della disposizione è palese che il legislatore si riferisca all’area abusivamente costruita oggetto dell’ordine di demolizione e non alle sole opere ancora non demolite in forza del principio secondo cui “l’adempimento parziale viene assimilato sostanzialmente all’inadempimento”. L'ordinanza di demolizione è legittima anche quando non indica le aree che saranno acquisite al patrimonio comunale. Detta indicazione, infatti, deve essere effettuata al momento dell’adozione del provvedimento con il quale si procede al formale accertamento dell’inottemperanza o con l’atto successivo idoneo a consentire il formale trasferimento del cespite nel patrimonio comunale
Pubblicato il 10/02/2025
N. 01031/2025REG.PROV.COLL.
N. 05961/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5961 del 2024, proposto da:
Raffaela De Rosa, Oriana Milito, Raimondo Milito, Francesca Milito e Giuseppe Milito, rappresentati e difesi dall’avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Cava de’ Tirreni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuliana Senatore e Antonino Cascone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, n. 1199/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cava de’ Tirreni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2025 il Cons. Francesco Cocomile e uditi per le parti gli avvocati Adriano Tortora per l’avvocato Marcello Fortunato e Giuliana Senatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - Con ingiunzione di demolizione n. 226 del 26 maggio 2015 il Comune di Cava de’ Tirreni contestava ai ricorrenti sig.ri Raffaela De Rosa (in qualità di proprietaria) e Giuseppe Milito (in qualità di committente) opere abusive afferenti al compendio immobiliare in comproprietà degli stessi istanti, ubicato in Cava de’ Tirreni, via Cimitero, e censito in catasto al foglio 11, particelle 110, sub 46, 1419, 2030, 2412, 2423.
Avverso detta ordinanza di ingiunzione la sig.ra Raffaela De Rosa proponeva ricorso r.g. n. 1931/2015 dinanzi al T.a.r. Campania, Sezione staccata di Salerno che lo respingeva con sentenza n. 184 del 21 gennaio 2022.
Con provvedimento prot. n. 64954 del 16 novembre 2021 il Dirigente del II Settore - Governo del Territorio, Ambiente e Attività Produttive - Ufficio Repressione Abusi Edilizi del Comune di Cava de’ Tirreni disponeva l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area di proprietà della sig.ra Raffaela De Rosa.
Con ricorso r.g. n. 12/2022 la sig.ra Raffaela De Rosa impugnava dinanzi al T.a.r. Campania, Sezione staccata di Salerno il suddetto provvedimento del 16 novembre 2021 in uno alla relazione tecnica del 29 ottobre 2021 e alla nota prot. n. 64555 del 15 novembre 2021 con la quale era stato comunicato l’avvio del procedimento per l’esecuzione in danno dell’ordinanza di demolizione n. 226/2015.
Con sentenza n. 279 del 2 febbraio 2022 il T.a.r. dichiarava la cessazione della materia del contendere in ordine al suddetto ricorso, essendo stato il censurato provvedimento del 16 novembre 2021 annullato in autotutela con nota prot. n. 3916 del 21 gennaio 2022.
Nel contempo con detta determinazione del 21 gennaio 2022 l’Amministrazione comunale preannunciava l’adozione del provvedimento di acquisizione “… allo spirare del termine di novanta giorni decorrenti dal 15 novembre 2021 (data di notifica del provvedimento di diniego di sanatoria, e coincidente con il 14 febbraio 2022), ed all’esito di un ulteriore sopralluogo (di verifica delle attività di ripristino di cui è stato comunicato l’avvio in data 23.12.2021) e previo formale atto dirigenziale che ne faccia propri gli esiti …”.
Con ricorso r.g. n. 529/2022 la sig.ra Raffaela De Rosa chiedeva al T.a.r. Campania, Sezione staccata di Salerno l’annullamento:
«a - del provvedimento prot. n. 3916 del 21.01.2022 avente ad oggetto l’annullamento in autotutela del provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale prot. n. 64954 del 16.11.2021, nella parte in cui ha previsto la “salvezza degli ulteriori provvedimenti, da adottarsi allo spirare del termine di novanta giorni decorrenti dal 15 novembre 2021 (data di notifica del provvedimento di diniego di sanatoria, e coincidente con il 14 febbraio 2022)”;
b - del provvedimento prot. n. 13635 del 08.03.2022 con il quale la P.A. ha accertato l’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 226 del 26.05.2015;
c - ove e per quanto occorra, della relazione tecnica (prot. n. 13492 del 07.03.2022), allegata al provvedimento sub b);
d - ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 8241 del 10.02.2022 con la quale la P.A. ha respinto l’istanza di annullamento in autotutela in parte qua del provvedimento sub a) e confermato che il termine per ottemperare all’ordinanza di demolizione scadrebbe il 14.02.2022;
e - ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 8999 del 14.02.2022 con la quale la P.A. ha “assegna(to) la proroga fino al 5 marzo 2022 per l’ultimazione delle attività di ripristino”;
f - ove e per quanto occorra, della relazione tecnica (prot. n. 8975 del 14.02.2022), allegata alla nota sub e);
g - ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 64555 del 15.11.2021 con la quale è stato comunicato l’avvio del procedimento per l’esecuzione in danno dell’ordinanza di demolizione n. 226 del 26.05.2015;
h - di ogni altro provvedimento, anche non conosciuto, con il quale la P.A. ha previsto un termine per il ripristino diverso ed inferiore a quello all’uopo prescritto per legge;
i - di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali.».
Con sentenza n. 1107 del 26 aprile 2022 il T.a.r. Campania, sede di Salerno dichiarava il ricorso r.g. n. 529/2022 inammissibile con riferimento all’impugnazione del provvedimento prot. n. 3916 del 21 gennaio 2022, della relazione tecnica prot. n. 13492 del 7 marzo 2022, della nota prot. n. 8241 del 10 febbraio 2022, della nota prot. n. 8999 del 14 febbraio 2022, della relazione tecnica prot. n. 8975 del 14 febbraio 2022 e della nota prot. n. 64555 del 15 novembre 2021, mentre accoglieva il ricorso con riferimento all’impugnazione del provvedimento prot. n. 13635 dell’8 marzo 2022, che per l’effetto annullava, evidenziando:
«… Più in dettaglio, è fondata la censura relativa alla non frazionabilità del termine di 90 giorni per provvedere al ripristino dello stato dei luoghi, con assorbimento degli altri motivi.
Ciò in quanto, il termine per provvedere alla demolizione richiede continuità e non può essere efficacemente frazionato “in quanto funzionale all’espletamento di una attività complessa” (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 2 settembre 2016, n. 2094; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 1 settembre 2016, n. 4141).
Nel caso di specie, una volta iniziato a decorrere il termine a seguito della notifica del provvedimento di diniego di accertamento di conformità, è intervenuto il provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale dell’area di proprietà, poi annullato.
Ebbene, il termine “appartiene” al provvedimento e non può essere collegato a situazioni giuridiche diverse come, nel caso, sarebbe ove si ritenesse che si possa calcolare un unico termine a far data dall’ordine di demolizione, quasi che sia indifferente quanto accaduto medio tempore, ovvero l’acquisizione al patrimonio Comunale e l’autoannullamento della stessa.
Conseguentemente, non è corretta la posizione del Comune che ha fissato il dies a quo per il decorso dei 90 giorni alla data di notifica del provvedimento di diniego di sanatoria, senza considerare il provvedimento di acquisizione nel mentre adottato e poi annullato.
È da ritenere, cioè, che, esaurita la volontà della P.A. con l’annullamento in autotutela dell’acquisizione, non sia possibile immaginare che il termine di 90 giorni dall’ordine di demolizione si possa considerare completato alla data di scadenza originaria, come se le vicende intercorse non fosse mai esistite.
Il provvedimento di accertamento dell’inottemperanza, intervenuto prima del completo decorso del termine di legge, correttamente computato, è perciò illegittimo e va annullato. …».
Con il gravato provvedimento del 16 gennaio 2024, prot. n. 2864 il Dirigente del Settore Governo del Territorio, Ambiente e Attività Produttive - Ufficio Repressione Abusi Edilizi del Comune di Cava de’ Tirreni accertava l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 226/2015 e disponeva la notifica dell’atto ai sig.ri Raffaela De Rosa, Oriana Milito, Raimondo Milito, Francesca Milito e Giuseppe Milito, in quanto titolari di diritti reali sugli immobili de quibus, avvertendo che lo stesso atto costituiva titolo idoneo all’acquisizione dei beni al patrimonio comunale.
In particolare così veniva descritta la posizione dei singoli destinatari del provvedimento del 16 gennaio 2024:
«… Copia del presente provvedimento viene notificato:
alla Sig.ra De Rosa Raffaela nata a Cava de’ Tirreni (SA) il 31/03/1965 proprietaria (1/1) dell’area identificata nel N.C.T. al foglio n. 11 part. 11 e 1419 seminativo arborato classe 1 are 01 ca 50, 2030 seminativo classe 6 are 27 ca 49, e al N.C.E.U. al foglio n. 11 part.lla 110 sub 46 categoria F/1 (area urbana), comproprietaria (1/2) dell’area identificata nel N.C.T. al foglio n. 11 part.lle 2423 (ex 2198) ente urbano are 28 ca 50 e 2412 (ex 2199) ente urbano are 33 ca 59, nel N.C.E.U. al foglio 11 part.lla 2423 (ex 2198) categoria F/1 (area urbana), part.lla 2412 (ex 2199) categoria F/1 (area urbana);
ai Sigg.ri Milito Oriana, nata a Battipaglia (SA) il 03/07/1988, Milito Raimondo nato a Battipaglia (SA) il 27/09/1992, Milito Francesca nata a Battipaglia (SA) il 26/6/2000 comproprietari (1/3 ciascuno) dell’area identificata nel N.C.T. al foglio n. 11 part.lle 2423 (ex 2198) ente urbano are 28 ca 50 e 2412 (ex 2199) ente urbano are 33 ca 59, nel N.C.E.U. al foglio 11 part.lla 2423 (ex 2198) categoria F/1 (area urbana), part.lla 2412 (ex 2199) categoria F/1 (area urbana);
al Sig. Milito Giuseppe nato a Cava de’ Tirreni (SA) il 05/01/1964, usufruttuario (1/2) dell’area identificata nel N.C.T. al foglio n. 11 part.lle 2423 (ex 2198) ente urbano are 28 ca 50 e 2412 (ex 2199) ente urbano are 33 ca 59, nel N.C.E.U. al foglio 11 part.lla 2423 (ex 2198) categoria F/1 (area urbana), part.lla 2412 (ex 2199) categoria F/1 (area urbana); …».
Con provvedimento prot. n. 14085 del 12 marzo 2024 la P.A. disponeva l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area in esame.
Con provvedimento prot. n. 14487 del 14 marzo 2024 l’Amministrazione comunale irrogava ai sig.ri Raffaela De Rosa e Giuseppe Milito la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001.
Le opere contestate e residuate al parziale ripristino spontaneo dello stato dei luoghi erano così descritte nel menzionato provvedimento del 16 gennaio 2024, prot. n. 2864, sulla scorta delle risultanze del sopralluogo del 22 novembre 2023 (con prosieguo del 27 novembre 2023) di cui al verbale prot. n. 69544 del 1° dicembre 2023:
«… Particelle 2199 (ora 2412), 110, sub 46 (area capannoni e uffici con area esterna): non risultano rimosse le seguenti opere:
- è ancora presente la scala, completamente rifinita con pietra lavica …;
- in seguito alla demolizione della pavimentazione industriale in cemento, di cui era stata contestata la presenza sull’intera area, oggi è presente un materiale incoerente, costituito da un sorta di brecciolino di pezzatura variabile, costituito in parte da materiale inerte, in parte da materiale di demolizione e da rifiuti ... Pertanto, con riferimento alla pavimentazione impermeabile originariamente presente allo stato si registra la sola demolizione della stessa ma non il ripristino dello stato dei luoghi atteso che è presente materiale incoerente misto a rifiuti in luogo del terreno vegetale originariamente presente sull’area;
- permane lo spostamento del muro di sostegno, posto al confine tra le p.lle 2198 (ora 2423) e 2199 (ora 2412) del foglio 11 in prossimità della zona uffici con conseguente ampliamento del piazzale oggetto di DIA edilizia prot. n. 47144 del 28 luglio 2009 e restringimento della rampa di collegamento all’area sottostante …
Particelle 1419, 203, 2198 (ora 2423) (area di parcheggio “sia privato che pubblico a uso del Comune di Cava de’ Tirreni”): non risultano rimosse le seguenti opere:
- l’area, anche se non risulta più utilizzata in maniera intensiva quale sito di stoccaggio di materiali e baracche di cantiere di imprese edilizi (come accertato con precedenti verbali), risulta ancora utilizzata come parcheggio di automezzi pesanti, mezzi di cantiere e autovetture ... Permane, quindi la trasformazione dell’area da superficie a “parcheggio sia privato che pubblico a uso del Comune di Cava de’ Tirreni” in superficie destinata ad attività d’impresa (commerciale/terziario) utilizzata per il deposito di mezzi di cantiere e per la logistica di automezzi pesanti …;
- è stata realizzata solo parzialmente l’area a verde (30% dell’intera area pari a mq 1.580,60 mq) prevista nel titolo edilizio originario (DIA prot. n. 47144 del 28 luglio 2009 e s.i). È stata riscontrata, infatti, la presenza di pavimentazione in calcestruzzo vibrato a nido d’ape inerbita per un totale di circa 1.200 mq …;
- non è stata rimossa la pavimentazione impermeabile con tappetino bituminoso (piazzale più a sud) e in pavimento industriale (piazzale più a nord) e pertanto permane l’abuso contestato in merito alla completa impermeabilizzazione dell’area …».
2. - Con ricorso ritualmente notificato i sig.ri Raffaela De Rosa, Oriana Milito, Raimondo Milito, Francesca Milito e Giuseppe Milito impugnavano dinanzi al T.A.R. Campania, Sezione staccata di Salerno i seguenti atti:
«… a - provvedimento prot. n. 2864 del 16.01.2024, con il quale il Dirigente del Settore II - Governo del Territorio, Ambiente e Attività Produttive - Ufficio Repressione Abusi Edilizi ha accertato una presunta inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 226 del 26.05.2015;
b - provvedimento prot. n. 14085 del 12.03.2024, con il quale la P.A. ha disposto l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area dei ricorrenti;
c - provvedimento prot. n. 14487 del 14.03.2024, con il quale la P.A. ha irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31 - comma 4 bis del D.P.R. n. 380/2001;
d - ove e per quanto occorra, verbali di sopralluogo del 29.06.2022 e del 22/27.11.2023;
e - relazione tecnica prot. n. 69544 dell’01.12.2023, allegata al provvedimento sub a);
f - tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali. …».
Queste le doglianze articolate:
«A - sul provvedimento di accertamento di inottemperanza (prot. n. 2864 del 16.01.2024) e di acquisizione al patrimonio comunale (prot. n. 14085 del 12.03.2024)
I - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta) - violazione del giudicato
II - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 in relazione anche al Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
III - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 in relazione al Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
IV - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 in relazione al Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
V - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
VI - violazione di legge (art. 31 d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
VII - violazione di legge (art. 31 d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
VIII - violazione di legge (art. 31 d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
B - sulla sanzione di cui all’art. 31 - comma 4 bis del d.p.r. n. 380/2001
IX - violazione di legge (art. 31 d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)».
3. - L’adito T.a.r., nella resistenza dell’intimata Amministrazione comunale, con la sentenza segnata in epigrafe n. 1199 del 3 giugno 2024, respingeva il ricorso, ritenendo infondate le censure sollevate.
4. - Con rituale atto di appello i sig.ri Raffaela De Rosa, Oriana Milito, Raimondo Milito, Francesca Milito e Giuseppe Milito chiedevano la riforma della predetta sentenza, deducendo i seguenti motivi:
«A - sull’accertamento di inottemperanza ed acquisizione al patrimonio comunale
I - error in iudicando - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto)
II - error in iudicando - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto)
III - error in iudicando - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto)
IV - error in iudicando - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto)
V - error in iudicando - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà - travisamento - sviamento - illogicità manifesta)
B - sulla sanzione pecuniaria
VI - error in iudicando - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto)».
Ai fini dell’effetto devolutivo gli appellanti riproponevano i motivi ricorso non esaminati (cfr. pagg. 25 e ss. dell’atto di appello):
«II - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 in relazione anche al Protocollo addizionale alla C.E.D.U.) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà)
IV - violazione di legge (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001 in relazione al Protocollo addizionale alla C.E.D.U.) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto)
VII - violazione di legge (art. 31 d.p.r. n. 380/2001) - eccesso di potere (erroneità manifesta - difetto assoluto del presupposto - di istruttoria - arbitrarietà)».
5. - Resisteva al gravame il Comune di Cava de’ Tirreni, chiedendone il rigetto.
6. - All’udienza pubblica del 21 gennaio 2025 la causa passava in decisione.
7. - L’appello è infondato secondo quanto di seguito osservato, potendosi conseguentemente prescindere dalla disamina dell’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello sollevata dalla difesa comunale.
7.1. - Con il primo motivo di appello i ricorrenti assumono che lo stato dei luoghi sarebbe stato “sostanzialmente” ripristinato (cfr. pag. 9 dell’atto di appello).
In tal modo la parte appellante non contesta, bensì conferma che permangano in sito opere e interventi abusivi non rimossi e non demoliti.
I ricorrenti assumono, a supporto della loro tesi, argomenti relativi alla natura, alla portata e alla qualificazione giuridica delle opere per cui è causa.
Si tratta, tuttavia, di questioni che non possono trovare ingresso nel presente giudizio: il fatto che le opere e gli interventi eseguiti e non rimossi nelle aree de quibus costituiscano illeciti edilizi non è più in discussione, atteso l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza n. 184/2022, che ha respinto il ricorso proposto contro l’ordinanza di demolizione n. 226/2015.
D’altro canto, la conferma che si tratti di opere definitivamente accertate come abusive è fornita dalla stessa parte appellante, posto che in data 26 ottobre 2021, con istanza acquisita al prot. n. 61080, il sig. Giuseppe Milito presentava istanza di permesso di costruire in sanatoria (ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001) per le medesime opere oggetto dell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 (detta istanza veniva rigettata con provvedimento prot. n. 64353 del 12 novembre 2021, mai impugnato).
In ogni caso gli argomenti spesi dalla parte appellante non confutano in alcun modo i principi, correttamente espressi nella sentenza impugnata, in ragione dei quali “la parziale ottemperanza all’ordine di demolizione equivale a completa inottemperanza” e “nell’ottica dell’unitarietà o infrazionabilità degli abusi sanzionati, si è, dunque, escluso che il destinatario dell’ordine di demolizione possa selezionare ad libitum se e quali delle opere rimuovere”.
D’altro canto, la valutazione delle opere abusive è stata già operata dall’Amministrazione comunale procedente in sede di adozione della misura repressivo-ripristinatoria e, una volta divenuta incontestabile, non può venire rimessa in discussione in fase esecutiva.
Sul punto, Cons. Stato, Sez. II, 24 maggio 2024, n. 4642 ha rilevato che:
«… come evidenziato da T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 29 dicembre 2011, n. 3368 (con motivazione condivisa da questo Giudice e correttamente richiamata a pag. 3 dell’impugnata ordinanza di sgombero, acquisizione al patrimonio comunale e immissione in possesso n. 4 del 23 marzo 2018), “… l’adempimento dell’ordinanza di demolizione, per evitare l’acquisizione gratuita, deve essere integrale; del resto, anche in materia civile, l’adempimento parziale viene assimilato sostanzialmente all’inadempimento, giacché è reputato adempiente il solo debitore che esegue esattamente la prestazione dovuta (così argomentando dagli articoli 1181 e 1218 del codice civile). …».
Ancora Cons. Stato, Sez. II, 8 luglio 2024, n. 6042 ha evidenziato:
«... “… l’adempimento dell’ordinanza di demolizione, per evitare l’acquisizione gratuita, deve essere integrale; del resto, anche in materia civile, l’adempimento parziale viene assimilato sostanzialmente all’inadempimento, giacché è reputato adempiente il solo debitore che esegue esattamente la prestazione dovuta (così argomentando dagli articoli 1181 e 1218 del codice civile). …” (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 25 maggio 2024, n. 4642). Pertanto, la parziale ottemperanza all’ordine di demolizione equivale a inottemperanza come correttamente evidenziato nella sentenza appellata.
Infatti, se una demolizione parziale fosse comunque sufficiente a privare di efficacia l’ordinanza di demolizione emessa, l’interessato sarebbe del tutto arbitro del termine ex art. 31 d.p.r. n. 380/2001, potendone procrastinare “sine die” la scadenza con successivi e graduali interventi parzialmente demolitori.
Ciò in quanto, non può rientrare nel potere e nell’arbitrio del destinatario dell’ordine di demolizione la scelta delle opere da rimuovere: deve, pertanto, escludersi che al destinatario dell’ordine di demolizione sia consentito selezionare se e quali opere rimuovere, stante il principio dell’unitarietà dell’abuso, sanzionato - e dunque da demolire - in ciascuna delle sue componenti.
Si tratta di una valutazione già operata dall’Amministrazione procedente in sede di irrogazione della sanzione e che, ove rimasta incontestata, non può venire surrettiziamente rimessa in gioco in fase esecutiva. Pertanto l’esecuzione parziale dell’ordinanza di demolizione espone il destinatario anche alla sanzione pecuniaria prevista per mancata ottemperanza all’ordinanza stessa, non essendo al riguardo possibile distinguere tra parziale e totale inottemperanza.
Diversamente opinando, l’interessato potrebbe - come detto - facilmente eludere le sanzioni reali e pecuniarie mediante una serie di parziali rimozioni, paralizzando di fatto l’attività amministrativa di controllo e repressione degli illeciti e diventando vero arbitro dei termini. …».
In altri termini non si può pretendere di frazionare o parcellizzare l’attività di demolizione quando l’ordinanza ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 è divenuta, come nel caso oggetto del presente giudizio, esecutiva; né si può sostenere che la parziale rimozione delle opere contestate imponga l’adozione di un nuovo ordine demolitorio, salvo - ma non è di certo questa l’ipotesi - la misura sanzionatoria venga annullata dal Giudice o sia oggetto di un provvedimento di secondo grado.
Nella vicenda in esame l’ordinanza di demolizione n. 226/2015 - come visto - non è stata né annullata in sede giurisdizionale, né ritirata o modificata in sede amministrativa, con la conseguenza che resta pienamente valida ed efficace.
Né la parte appellante può sostenere di avere “quasi” (cfr. pagg. 5 e 10 dell’atto di appello) ottemperato all’ingiunzione di demolizione n. 226 del 26 maggio 2015, per aver rimosso una parte delle opere abusive, così come accertato nel verbale di sopralluogo prot. n. 69544 del 1° dicembre 2023.
Ciò che è invece evidente è che non è stato ripristinato totalmente l’assetto delle aree esterne, le quali, anziché recuperare l’originaria configurazione vegetazionale, hanno mantenuto, per il tramite della residuata copertura in brecciolino e materiali inerti, l’abusiva destinazione a «deposito di mezzi di cantiere e per la logistica di automezzi pesanti» e che gli odierni appellanti non hanno rimosso «la scala completamente rifinita con pietra lavica» (trattasi di manufatto idoneo a modificare la sagoma e il prospetto del manufatto e quindi subordinato al previo conseguimento del permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001).
Non è parimenti meritevole di positivo apprezzamento la censura formulata dagli appellanti sulla base di una non condivisibile lettura della sentenza del T.a.r. Campania, sede di Salerno n. 1107 del 26 aprile 2022.
Con la citata pronuncia, infatti, non è stata affatto dichiarata la piena ottemperanza all’ingiunzione di demolizione n. 226 del 26 maggio 2015, ma soltanto che «… per parte delle opere abusive contestate con l’ordinanza n. 226 del 2015, è stata accertata l’avvenuta rimozione e quindi, non sussiste inottemperanza …», con la precisazione che «… restano escluse le ulteriori opere, per le quali è stata presentata la SCIA in sanatoria, poi inibita con il provvedimento prot. 18985 del 1° aprile 2022, allo stato efficace e non impugnato».
Dall’omessa impugnazione di tale provvedimento inibitorio (prot. 18985 del 1° aprile 2022), consegue la natura abusiva delle opere oggetto del procedimento di sanatoria, ragion per cui privi di fondamento sono i richiami svolti dagli appellanti in ordine all’inadeguatezza della sanzione demolitoria rispetto alle opere ancora non demolite.
Del resto, tali opere non sono state demolite nonostante fossero oggetto dell’ordine di pristino adottato dal Comune di Cava de’ Tirreni in data 26 maggio 2015.
Di conseguenza, non potendosi accedere ad una visione atomistica degli abusi edilizi realizzati (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, 5 novembre 2024, n. 8795) soprattutto a seguito di un parziale adempimento all’obbligo di ripristino, non può condividersi la prospettazione di parte appellante che circoscrive l’acquisizione da parte del Comune alle sole opere ancora non demolite.
Pertanto, il comportamento della P.A. risulta essere non censurabile anche in punto di quantificazione di aree da acquisire.
Atteso che la parziale ottemperanza all’ordine di demolizione equivale a completa inottemperanza per quanto evidenziato in precedenza, è infondata anche la pretesa degli appellanti alla “parcellizzabilità” dell’area da acquisire gratuitamente al patrimonio comunale, a seconda della relativa corrispondenza o meno al sedime dei manufatti abusivi rimossi, ovvero residuati in esito all’intervento di ripristino parziale.
A tal riguardo va osservato che l’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, riconosce alla P.A. la possibilità di acquisire fino a dieci volte la “complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Dal tenore letterale della disposizione è palese che il legislatore si riferisca all’area abusivamente costruita oggetto dell’ordine di demolizione e non alle sole opere ancora non demolite in forza del principio (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 24 maggio 2024, n. 4642; Cons. Stato, Sez. II, 8 luglio 2024, n. 6042) secondo cui “l’adempimento parziale viene assimilato sostanzialmente all’inadempimento”.
L’assunto secondo cui non vi sarebbe stata alcuna inerzia nell’attività di ripristino è smentito dalle circostanze fattuali emerse nel corso del giudizio e documentate in atti: il ripristino doveva avvenire sin dal 2015, ma chi doveva e poteva farlo non vi ha adempiuto, eseguendo tardivamente e a intermittenza, solo una parziale ottemperanza.
In definitiva il motivo in esame va respinto.
7.2. - Con i motivi sub II) e IV) dell’atto di appello suscettibili disamina unitaria, avendo ad oggetto questioni analoghe, gli appellanti contestano la non proporzionalità dell’intervenuta acquisizione.
I motivi sono infondati.
Invero, la parte appellante tenta di introdurre nel giudizio il tema della “portata” delle opere abusive non ripristinate, questa volta ai fini di ridurre l’estensione della superficie oggetto di acquisizione al patrimonio comunale.
L’assunto non può essere positivamente apprezzato per le medesime ragioni evidenziate al paragrafo precedente: la natura e la portata delle opere sono quelle descritte nell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 e non sono più suscettibili di scrutinio; allo stesso modo, non sono più discutibili gli effetti che si sono prodotti in seguito alla mancata ottemperanza (pur se parziale) all’ordinanza di demolizione n. 226/2015 in termini di acquisizione al patrimonio comunale.
Le censure articolate dalla parte appellante sono infondate, in quanto ancorate alla non condivisibile tesi della frazionabilità degli abusi edilizi e alla pretesa parcellizzazione degli stessi.
In realtà gli interventi e le opere non rimosse hanno prodotto la trasformazione urbanistica dell’intera area che, pertanto, correttamente è stata acquisita al patrimonio comunale.
A tal proposito, va, altresì, osservato che nella relazione istruttoria dell’Ufficio comunale (presente in atti - prot. n. 22460 del 26 aprile 2024) è stato rilevato che le opere non ripristinate di per sé determinano la trasformazione dell’intero originario suolo, dell’ambiente e del territorio.
Si legge al riguardo nella relazione istruttoria che «… Sulle aree permanevano, scaduto il termine di cui all’art. 31 DPR 380/01, rilevanti opere abusive e con i predetti verbali di accertamento si rilevava la mancata “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi. Veniva accertato, inoltre, che permaneva la trasformazione di destinazione d’uso in superficie destinata ad attività d’impresa (commerciale/terziario) dell’area di “parcheggio sia privato che pubblico a uso del Comune di Cava de’ Tirreni”. Tale area, infatti, risultava destinata a deposito di mezzi di cantiere e per la logistica di automezzi pesanti e durante il sopralluogo del 22 novembre 2023 si rilevava ancora la presenza della ditta GDM Trasporti srl (con veicolo Renault 480 targa GN394RN …), di cui era stato già accertato (e contestato) contratto di sub-affitto con la società EDIL CAVA srl. per una superficie di circa 480 mq (con precedente verbale del 21 ottobre 2021 della P.L. e nota prot. 61081 del 27/10/2021 della Edil Cava srl). …».
Nella fattispecie in esame l’acquisizione gratuita conseguente all’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 ha coinciso con l’intera estensione delle particelle interessate dagli abusi, essendo stata ognuna di esse oggetto di trasformazione abusiva sanzionata ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Il censurato provvedimento di accertamento dell’inottemperanza prot. n. 2864 del 16 gennaio 2024 - richiamato nel successivo atto acquisitivo prot. n. 14085 del 12 marzo 2024 - dà espressamente conto di ciò, recando l’individuazione delle particelle oggetto degli abusi e l’estensione di ciascuna di esse.
Quanto puntualmente riferito nei provvedimenti impugnati trova riscontro nella menzionata relazione istruttoria prot. n. 22460 del 26 aprile 2024 che, a conferma della correttezza dell’operato della P.A., anche sotto il profilo quantitativo dell’acquisizione oggetto del presente giudizio, reca il prospetto analitico delle particelle e delle corrispondenti superfici (abusive e acquisite), allegando, altresì, la planimetria catastale descrittiva dell’area per cui è causa.
Non può, inoltre, trovare accoglimento la doglianza secondo cui, non avendo indicato la P.A. nell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 la superficie che sarebbe stata acquisita al patrimonio in caso di inottemperanza, la stessa ordinanza sarebbe dovuta essere notificata anche ai soggetti che sono diventati proprietari di recente.
Sul punto va rimarcato che secondo la giurisprudenza amministrativa l’ordinanza di demolizione è legittima anche quando non indica le aree che saranno acquisite al patrimonio comunale. Detta indicazione, infatti, deve essere effettuata al momento dell’adozione del provvedimento con il quale si procede al formale accertamento dell’inottemperanza o con l’atto successivo idoneo a consentire il formale trasferimento del cespite nel patrimonio comunale (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 luglio 2024, n. 5825; Cons. Stato, Sez. II, 15 luglio 2024, n. 6297).
Ne discende che alcuna concreta utilità avrebbero comunque potuto trarre i sig.ri Oriana Milito, Raimondo Milito e Francesca Milito dalla notifica dell’ordinanza di demolizione.
Va, invece, evidenziato come il Comune abbia correttamente notificato l’accertamento di inottemperanza anche ai predetti appellanti, individuando le aree acquisite al patrimonio.
7.3. - Con il motivo di appello sub 3) la parte interessata si duole del fatto che l’ordinanza di demolizione n. 226/2015 non sarebbe stata notificata ai sig.ri Oriana Milito, Raimondo Milito e Francesca Milito, dichiaratamente donatari dal 2023.
La doglianza va disattesa.
Invero, gli appellanti Oriana Milito, Raimondo Milito e Francesca Milito - come già chiarito nel precedente paragrafo - non posso comunque trarre alcun ipotetico vantaggio dal motivo proposto, posto che ad essi non andava e non va notificata l’ordinanza di demolizione n. 226/2015, in quanto all’epoca dell’adozione della stessa essi non avevano alcun rapporto giuridico e/o fattuale con il cespite e le opere abusive in contestazione, essendo divenuti proprietari solo nel 2023.
In ogni caso, i suindicati tre appellanti non hanno documentato il titolo della loro dichiarata legittimazione attiva (i.e. un atto di donazione).
Va aggiunto che i tre appellanti hanno, comunque, avuto piena conoscenza dell’ordinanza n. 226/2015 almeno dalla data di proposizione del ricorso di primo grado all’esito del quale è stata adottata la sentenza appellata. Ne consegue che gli stessi avrebbero in ipotesi potuto anche azionare ogni forma di tutela avverso il citato provvedimento, ma così non è stato.
Oggi, tuttavia, è irrimediabilmente scaduto qualsiasi termine, con la conseguente inoppugnabilità - nei confronti di tutti gli appellanti - dell’ordinanza n. 226/2015.
Ciò non consente di supportare quanto sostenuto nell’atto di appello (cfr. pag. 18) in merito al fatto che essi appellanti non avrebbero potuto “esercitare il prescritto ed irrinunciabile diritto di difesa e le connesse garanzie” e che non sarebbero stati messi in “condizione di poter provvedere all’ottemperanza” o - addirittura - che sarebbero “illegittimamente spogliati di un bene di proprietà”.
In ogni caso se pure esistesse, l’atto di donazione del quale si fa menzione nel ricorso in appello sarebbe nullo, ai sensi dell’art. 46 del d.P.R. n. 380/2001, avendo ad oggetto una res abusiva, attinta da procedura repressiva e da ordinanza demolitoria, coperta da giudicato di legittimità, formatosi circa due anni prima del rogito.
Quello che, invece, appare evidente è il tentativo - avviato in presenza di una procedura repressiva, ormai definita e di cui gli appellanti erano ben consapevoli - per una “rimessione in termini” o per sollecitare una “ripartenza” di una procedura risalente a nove anni addietro, che invece, ha interamente dispiegato i propri effetti.
Detto tentativo non può evidentemente produrre alcun effetto; se così non fosse, si riconoscerebbe validità ad un atto nullo (ex art. 46 del d.P.R. n. 380/2001) e si offrirebbe ai responsabili degli abusi un’ulteriore “premialità” contra ius.
Infatti, si verificherebbero gravi effetti distorsivi, potendosi innestare fenomeni di atti a catena traslativi di immobili abusivi, per sottrarsi alle responsabilità e differire nel tempo l’esecuzione dei provvedimenti demolitori.
Anche allo scopo di evitare le citate conseguenze, il sistema sanzionatorio in materia è fondato sul principio - puntualmente individuato dal Giudice di primo grado nella sentenza impugnata e consolidato nella giurisprudenza amministrativa - in forza del quale l’acquirente dell’immobile abusivo o del relativo sedime succede in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al precedente proprietario e inerenti al bene ceduto, ivi compresa l’abusiva trasformazione, subendo gli effetti sia del diniego di sanatoria, sia dell’ingiunzione di demolizione successivamente adottata, pur essendo l’abuso commesso prima del trasferimento della proprietà (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 aprile 2024, n. 3710; Cons. Stato, Sez. VI, 23 aprile 2024, n. 3711).
Va precisato sul punto che la pronuncia richiamata dagli appellanti (Cons. Stato, Sez. VI, 7 dicembre 2023, n. 10608) a supporto della propria tesi riguarda un caso del tutto differente da quello in esame.
Infatti, detta sentenza attiene ad una vicenda in cui il Comune aveva colpevolmente omesso di notificare l’ordinanza di demolizione al soggetto che all’epoca dell’adozione della stessa risultava essere proprietario dai registri immobiliari, mentre nel presente giudizio all’epoca dell’adozione dell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 (26 maggio 2015) l’unica proprietaria dell’area era la sig.ra Raffaela De Rosa ed il responsabile dell’abuso - o utilizzatore del cespite - era il sig. Giuseppe Milito.
A ben vedere, quindi, la sentenza del Consiglio di Stato n. 10608/2023 conferma la piena legittimità degli atti impugnati.
Anche rispetto al principio di diritto affermato da Cons. Stato, Ad. plen. 11 ottobre 2023, n. 16 (“la mancata ottemperanza - anche da parte del nudo proprietario - alla ordinanza di demolizione entro il termine previsto dall’art. 31, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, impone l’emanazione dell’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, tranne il caso in cui sia stata formulata l’istanza prevista dall’art. 36 del medesimo d.P.R. o sia stata dedotta e comprovata la non imputabilità dell’inottemperanza … ”) si può ritenere raggiunta nel caso di specie la prova della imputabilità della inottemperanza dell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 in capo a tutti gli odierni appellanti, ivi compresi Oriana Milito (comproprietaria per 1/3, giusta atto di donazione dell’11 luglio 2023), Raimondo Milito (comproprietario per 1/3, giusta atto di donazione dell’11 luglio 2023) e Francesca Milito (comproprietaria per 1/3, giusta atto di donazione dell’11 luglio 2023).
Invero, la circostanza che si sia proceduto, da parte degli stessi, alla (asserita) quasi totale rimozione delle opere abusive dimostra che tutti gli odierni appellanti fossero comunque a conoscenza dell’ordine impartito con il provvedimento di demolizione n. 226/2015 e cionondimeno non si siano tempestivamente attivati per la totale rimozione delle opere abusive.
7.4. - Con il motivo di appello sub V) gli appellanti contestano la mancata partecipazione del privato rispetto al procedimento che ha portato all’adozione degli atti impugnati.
La doglianza va disattesa.
Invero, non era dovuta alcuna comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atti dovuti e vincolati finalizzati alla repressione di abusi edilizi (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2024, n. 3228) costituenti l’epilogo di un’annosa procedura, ampiamente nota a tutti i ricorrenti, caratterizzata da plurimi contenziosi e continui carteggi tra le parti e gli Uffici.
7.5. - Con il sesto motivo di appello relativo alla sanzione pecuniaria gli appellanti contestano l’irrogazione, da parte dell’Amministrazione con il gravato provvedimento prot. n. 14487 del 14 gennaio 2024, della sanzione nel massimo edittale (€ 20.000,00) confermata dal Giudice di primo grado con la sentenza appellata.
La doglianza va respinta.
Invero, la disposizione di riferimento (i.e. art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380/2001) è chiara: essa prevede il massimo edittale di € 20.000,00 nel caso di inottemperanza all’ordinanza demolitoria di abusi commessi “sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell’art. 27”.
Secondo l’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 “Il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa. Per le opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle disposizioni del titolo II del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, il Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorità preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall’accertamento dell’illecito, procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalità operative di cui ai commi 55 e 56 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662.”.
Nella fattispecie in esame gli abusi insistono in area gravata da vincolo cimiteriale di inedificabilità, e ciò è rilevato nelle relazioni tecniche di accertamento-edilizio, nelle istanze e nei dinieghi di condono presentate dai responsabili proprietari originari e ancora nell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 (ove peraltro è già preannunciata la sanzione).
Trattandosi di “… un generale vincolo di inedificabilità assoluta del suolo destinato a fascia di rispetto cimiteriale che discende direttamente dalla legge a prescindere dal suo recepimento cartografico nel piano regolatore comunale, che ha natura conformativa e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre 2024, n. 7862), il Comune ha doverosamente applicato la sanzione pecuniaria massima come disposto dall’art. 31, comma 4-bis, secondo periodo, del d.P.R. n. 380/2001, giusto il richiamo all’art. 27, comma 2, del medesimo decreto.
8. - Quanto alle censure articolate nel ricorso di primo grado e riproposte con l’atto d’appello si evidenzia quanto segue.
8.1. - Con la doglianza sub II) del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (cfr. pag. 25 dell’atto di appello) gli odierni appellanti evidenziavano l’irrilevanza delle opere residue non demolite e non assoggettate al regime del permesso di costruire.
Sul punto va rimarcato che gli stessi ricorrenti ammettono che l’ordinanza di demolizione n. 226/2005 è stata adottata all’esito di una valutazione complessiva e non atomistica (cfr. pag. 26 dell’atto di appello).
Gli stessi, tuttavia, affermano che “Le successive vicende giudiziarie ed amministrative hanno fatto venire meno il presupposto - ovvero il contesto edilizio - da cui muoveva l’avversata ordinanza di demolizione” e che “… l’ordinanza di demolizione n. 226/2015 è stata adottata sulla base di istruttoria superata e di una situazione di fatto completamente diversa da quella esistente alla data della sua adozione” (cfr. pag. 26 dell’atto di appello).
A tal riguardo, si ribadisce che l’ordinanza di demolizione n. 226/2015 è ormai divenuta inoppugnabile e non è più possibile rimetterla in discussione in questa sede.
Analogamente non rileva il regime normativo sopravvenuto relativo alle opere residue (non demolite) che, in quanto tali, configurano un adempimento parziale all’ordinanza di demolizione e quindi - in base a quanto sopra sottolineato - una totale inottemperanza alla stessa, con le conseguenze che ne derivano alla stregua dell’art. 31, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001.
8.2. - Quanto al motivo sub IV) del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (cfr. pag. 31 dell’atto di appello) con cui si contesta la superficie dell’area acquisita, va rilevato che la parte appellante introduce una distinzione non prevista dall’ordinamento tra “bene” e “area di sedime”.
A dire dei ricorrenti (cfr. pag. 32 dell’atto di appello) “In mancanza di manufatto - ovvero della mera sistemazione/pavimentazione di un’area - sussiste l’obbligo di ripristino, ma non si verifica l’effetto acquisitivo”.
Si tratta di una impostazione non condivisibile, che non trova conferma nel dato normativo in ordine agli effetti discendenti ex lege dalla mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione degli abusi sanzionati ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
La tesi va disattesa sotto plurimi motivi.
In primis, va chiarito che il legislatore, a differenza di quanto sostiene la parte ricorrente, non opera alcuna distinzione tra manufatto abusivo o area abusiva, e non esclude affatto l’effetto acquisitivo in presenza di abusi che abbiano riguardato un’area (anche solo per un cambio di destinazione urbanisticamente rilevante); non è, infatti, previsto che, in mancanza di manufatti abusivi, sarebbe irrogabile solo l’ordine di ripristino e non si verificherebbe l’effetto ablatorio.
L’unico distinguo previsto dal legislatore è quello effettuato, ai soli fini quantitativi, dell’estensione dell’acquisizione che: - può sostanziarsi e coincidere con il bene abusivo (inteso come manufatto, ma anche come fondo o superficie abusiva); - ovvero può estendersi anche alla relativa area di sedime o ancora all’area necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive.
Chiarita la portata generale della disciplina, e ritornando ai fatti di causa, va ribadito che nella vicenda in esame l’acquisizione gratuita conseguente all’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione n. 226/2015 ha coinciso con l’intera estensione delle particelle interessate dagli abusi, poiché ciascuna di esse è stata oggetto di trasformazione abusiva sanzionata ex art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Di ciò dà conto - come visto in precedenza - il formale atto di accertamento dell’inottemperanza prot. n. 2864 del 16 gennaio 2024 (che ha preceduto ed è richiamato nel successivo atto acquisitivo prot. n. 14085 del 12 marzo 2024), recante l’individuazione delle particelle oggetto degli abusi e l’estensione di ciascuna di esse.
In altri termini, poiché gli abusi in precedenza sanzionati hanno riguardato le intere particelle, la superficie complessiva acquisita ha coinciso solo con detta superficie, senza estendersi all’area di sedime o all’area necessaria alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive.
Sul punto, è dirimente la relazione istruttoria prot. n. 22460 del 26 aprile 2024 che, a conferma della correttezza dell’operato dalla P.A., anche sotto il profilo quantitativo dell’acquisizione sub iudice, reca il prospetto analitico delle particelle e delle corrispondenti superfici (abusive e acquisite), allegando, altresì, la planimetria catastale descrittiva dell’area di cui si discute.
Da qui l’infondatezza del motivo in esame.
8.3. - Con la doglianza sub VII) del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (cfr. pag. 34 dell’atto di appello) gli istanti ripropongono ancora una volta la questione della decorrenza del termine di ottemperanza, già sollevata con il precedente ricorso r.g. n. 529/2022, scrutinata e ritenuta fondata dal T.a.r. con la citata sentenza n. 1107/2022 attualmente coperta da giudicato.
In questo caso i ricorrenti tentano di spingere in avanti il dies a quo delle attività di ripristino, assumendo che i 90 giorni sarebbero dovuti decorrere dal giorno della pubblicazione della stessa sentenza n. 1107/2022 (se non addirittura dal suo passaggio in giudicato).
Detta prospettazione non può essere condivisa.
In primis va evidenziato che il motivo non è più scrutinabile poiché - come detto - già esaminato in senso favorevole ai ricorrenti e coperto da giudicato.
Invero, va rilevato che con il precedente ricorso r.g. n. 529/2022 la parte ricorrente aveva formulato la stessa contestazione attinente al profilo temporale, chiedendo espressamente al T.a.r. che venisse riconosciuto quale termine ultimo delle operazioni di ripristino il giorno 21 aprile 2022 (con decorrenza dei 90 giorni dall’atto di annullamento in autotutela dell’acquisizione e non dal diniego di sanatoria).
Sotto la rubrica del motivo formulato a pag. 6 e ss. del precedente ricorso r.g. n. 529/2022 si evidenziava:
«A- Sull’illegittimità del provvedimento (prot. n. 3916 del 21.01.2022) … nella parte in cui la p.a. ha fissato il termine per ottemperanza all’ordine demolitorio per il 14.02.2022” …
Ed invero, il termine per ottemperare all’ordine demolitorio, fermo quanto si dirà in prosieguo:
a - è iniziato a decorrere dalla data di notifica del provvedimento di diniego (15.11.2021);
b - è stato interrotto dal provvedimento di acquisizione del 16.11.2021; a partire da tale data, essendo l’area acquisita al patrimonio comunale, era inibito procedere ad una modifica dello stato dei luoghi;
c - per l’effetto:
- è iniziato nuovamente a decorrere solo dalla data di adozione del provvedimento di annullato in autotutela del 21.01.2022;
- scadrebbe il 21.04.2022.
Muovendo da tale presupposto è evidente l’erroneità del termine indicato dalla P.A. (14.02.2022) entro cui ottemperare all’ordinanza di demolizione. …».
Così anche a pag. 11 del ricorso, sviluppando lo stesso motivo in relazione all’infrazionabilità del lasso temporale, la ricorrente aggiungeva:
«… come chiarito in precedenza: - il termine di 90 giorni deve essere continuativo ed ininterrotto;
- nella specie, detto termine è stato interrotto dal provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale;
- è ripreso a decorrere nuovamente solo dal 21.01.2022 ovvero solo in seguito all’annullamento in autotutela del provvedimento di acquisizione. …».
Il T.a.r. Campania, sede di Salerno con la sentenza n. 1107/2022 - come visto - ha accolto la tesi della ricorrente Raffaela De Rosa e ha ritenuto che il termine delle operazioni di ripristino, da computare in maniera continuativa e non ininterrotta, decorresse (non come ritenuto dagli Uffici comunali dalla data del diniego di condono), ma dalla data (21 gennaio 2022) dell’atto di annullamento della precedente acquisizione, con scadenza dei 90 giorni in data 21 aprile 2022.
Si tratta, come è evidente, di una statuizione coperta da giudicato e non più sindacabile.
E ciò sarebbe sufficiente per la reiezione del motivo.
In ogni caso va rilevato che il termine entro cui bisognava dare piena ottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 226/2015 non poteva che coincidere con quello - del 21 aprile 2022 - richiesto dalla parte e riconosciuto dal Giudice amministrativo.
Va, infatti, sul punto evidenziato che il termine iniziale (decorrente dal 21 gennaio 2022) non aveva più subito battute d’arresto, non era stato interrotto da altri atti o provvedimenti della P.A., né era stato mai sospeso, neanche dal Giudice.
Non vi è, né vi può essere alcuna ragione (peraltro neanche indicata dai ricorrenti) per cui i soggetti proprietari e responsabili degli abusi, dopo aver sostenuto come termine ultimo di ottemperanza quello del 21 aprile 2022, potessero beneficiare della decorrenza ex novo, di ulteriori 90 giorni, questa volta dalla pubblicazione della sentenza n. 1107/2022.
Da qui l’infondatezza del motivo in esame e la incensurabilità del terzo accertamento edilizio (e delle relative risultanze), eseguito in data 29 giugno 2022, peraltro a distanza di ulteriori 68 giorni dalla scadenza di quello inizialmente invocato e poi fissato dal Giudice al 21 aprile 2022.
9. - In conclusione, dalle argomentazioni in precedenza espresse discende che l’appello è infondato e va perciò respinto.
10. - Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna gli appellanti Raffaela De Rosa, Oriana Milito, Raimondo Milito, Francesca Milito e Giuseppe Milito in solido tra loro al pagamento in favore del Comune di Cava de’ Tirreni delle spese di lite che liquida in complessivi € 4.000,00, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2025 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Francesco Guarracino, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere
Francesco Cocomile, Consigliere, Estensore