Consiglio di Stato, Sez. VI n.8458 del 12 dicembre 2019
Urbanistica.Demolizione, sanzione pecuniaria sostitutiva e pericolo di stabilità del fabbricato
 
La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dall'art. 34 TU edilizia,deve essere valutata dall'amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione. In quella sede, le parti ben potranno dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato asseritamente derivante dall'esecuzione della demolizione del muro di contenimento del terrapieno su cui poggia la relativa fabbrica


Pubblicato il 12/12/2019

N. 08458/2019REG.PROV.COLL.

N. 01915/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1915 del 2019, proposto da
Rita Girlanda, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Baciga, Elena Stella Richter, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocto Elena Stella Richter in Roma, viale Mazzini, 9;

contro

Comune San Giovanni Lupatoto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Iaria, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;

nei confronti

Paola Ballestriero, Roberto Ballestriero e Carla Ballestriero, rappresentati e difesi dagli avvocati Filippo Borelli, Andrea Manzi, con domicilio digitale come da Prv da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri n. 5;

per la riforma

della sentenza 5 febbraio 2019, n. 160, del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Seconda.

della sentenza n. 160 del 2019 del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Venezia, Sezione II.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune San Giovanni Lupatoto e di Paola Ballestriero e di Roberto Ballestriero e di Carla Ballestriero;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Elena Stella Richter, Vittorio Chierroni per delega di Domenico Iaria, Filippo Borelli e Andrea Manzi.


FATTO

1.˗ La sig.ra Girlanda Rita, proprietaria di un appartamento sito nel Comune di San Giovanni Lupatoto, in esecuzione del permesso di costruire n. 77 del 2006 e di una successiva denuncia di inizio attività di variante n. 2943 del 2008, ha realizzato opere di ampliamento, apportando, tra l’altro, modifiche al tetto dell’edificio.

La parte assume che il sottotetto risultante dalle modifiche assentite con i titoli sopra richiamati non sarebbe computabile nella volumetria complessiva dell’edificio, presentando le caratteristiche del volume tecnico.

Nel realizzare il tetto la parte stessa ha dichiarato di essersi discostata da quanto autorizzato.

Infatti, il progetto approvato prevedeva che a sostegno della falda del tetto fosse collocata una sola trave lignea, posta all’altezza di sessanta centimetri rispetto al piano di calpestio.

Il sottotetto è stato realizzato, invece, inserendo una doppia trave lignea di sostegno della falda soprastante, dello spessore complessivo di quaranta centimetri, determinando, così, una sopraelevazione delle mura perimetrali superiore ai sessanta centimetri, il che ha fatto perdere al sottotetto le caratteristiche del volume tecnico.

A seguito della contestazione dell’abuso da parte del Comune, la sig. Girlanda ha chiesto l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva ai sensi dell’art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 del 2001, poiché la demolizione del tetto avrebbe arrecato pregiudizio alle parti legittimamente edificate del fabbricato.

Il Comune, rigettando l’istanza, ha ordinato la demolizione, con provvedimento del maggio 2017.

Lo stesso Comune ha successivamente annullato tale provvedimento, per la presenza di un errore materiale e lo ha sostituito con l’ordinanza 12 luglio 2017, n. 917.

Successivamente all’adozione di tale ordinanza, la sig. Girlanda ha presentato un’istanza di permesso di costruire per la riqualificazione energetica del sottotetto, ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 e dell’art. 1, comma 1, della legge regionale 30 luglio 1996, n. 21, chiedendo di poter realizzare l’aumento dell’isolamento termico della copertura mediante l’applicazione di una controsoffittatura di circa quaranta centimetri con la funzione di inglobare al suo interno la serie di seconde travi di sostegno delle falde del tetto, così ripristinando anche l’altezza originaria ed assentita del sottotetto, restituendogli le caratteristiche di volume tecnico.

Il Comune, dopo aver comunicato i motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire il 14 luglio 2017 e dopo aver acquisito le controdeduzioni della sig. Girlanda in data 23 luglio 2017, ha rigettato l’istanza con provvedimento dell’11 settembre 2017.

2.˗ La sig. Girlanda ha impugnato tali provvedimenti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto che, con sentenza 5 febbraio 2019, n. 160, ha rigettato il ricorso.

3.˗ La ricorrente in primo grado ha proposto appello.

3.1.˗ Si sono costituiti in giudizio l’amministrazione resistente e il controinteressato chiedendo, il rigetto dell’appello.

4.˗ La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 24 ottobre 2019.

DIRITTO

1.˗ La questione posta all’esame della Sezione attiene alla legittimità dei provvedimenti comunali con i quali è stata ordinata la riconduzione del sottotetto alle prescrizioni contenute nel permesso di costruire, indicato nella parte in fatto, ritenendo che tale risultato non potrebbe essere perseguito mediante la realizzazione di un controsoffittatura per l’aumento della coibentazione termica.

2.˗ Con un primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto che si sia formato il silenzio assenso in ordine alla domanda di effettuazione dei suddetti interventi. In particolare, si è affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, dalla lettura del preavviso di rigetto risulterebbe che la proposta di provvedimento sia stata adottata in data 14 luglio 2017 e, pertanto, al momento dell’adozione del provvedimento finale, in data 11 settembre 2017, sarebbe già decorso il termine di quaranta giorni.

Il motivo non è fondato.

L’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede che: i) il responsabile del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda, formula una «proposta di provvedimento» (comma 3); ii) il provvedimento finale deve essere adottato entro il termine di quaranta giorni qualora il dirigente o il responsabile del procedimento abbia comunicato i motivi che ostano all’accoglimento della domanda.

Da quanto esposto risulta che il termine complessivo è di cento giorni.

Nella specie tale termine è stato rispettato.

La domanda è stata presentata in data 16 giugno 2017 e il provvedimento finale è stato adottato in data 11 settembre 2017.

Ne varrebbe rilevare che occorre considerare separatamente i due termini, con la conseguenza che il termine di quaranta giorni decorrerebbe, comunque, dal momento di ricezione della proposta di provvedimento. Tale deduzione, a prescindere dal fatto che non è stata dedotta nel ricorso di primo grado, non risulta, comunque, fondata, in quanto la norma, sopra riportata, non fa riferimento alla suddetta ripartizione temporale ai fini del rispetto del termine complessivo di cento giorni.

3.˗ Con un secondo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che non sia ammissibile una proposta di realizzazione di opere di isolamento energetico che avrebbe quale effetto quello di sanare l’abuso mediante l’abbassamento del tetto. In particolare, si afferma che «si tratterebbe di una conseguenza assurda perché il requisito della conformità dell’edificio può essere raggiunto mediante l’accoglimento dell’istanza oggetto del diniego, senza dovere prima transitare tramite l’esecuzione di ulteriori opere abusive».

Il motivo non è fondato.

I procedimenti con valenza di sanatoria sono, in coerenza con il principio di legalità dell’azione amministrativa, esclusivamente quelli definiti dalla legge.

Non può, pertanto, essere accolta, come correttamente rilevato dal primo giudice, una domanda volta alla riqualificazione energetica del sottotetto che avrebbe l’effetto di eliminare l’abuso.

In assenza di una base legale chiara, l’amministrazione ha, pertanto, legittimamente rigettato l’istanza.

La parte, se intende effettuare l’intervento richiesto, deve ridurre in pristino l’immobile cosi come richiesto dall’amministrazione ovvero ricorrere agli strumenti di sanatoria disciplinati dalla legge.

4.˗ Con un terzo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha rilevato che l’abbassamento del sottotetto non potrebbe avvenire senza arrecare pregiudizio alla parte conforme dell’edificio.

Il motivo non è fondato.

L’art. 34 del d.lgs. n. 380 del 2001 prevede che, in presenza di interventi ed opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, qualora la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire.

Questa Sezione ha già avuto modo di affermare, con orientamento che si condivide, che «la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dalla disposizione appena citata, deve essere valutata dall'amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione». In quella sede, «le parti ben potranno dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato asseritamente derivante dall'esecuzione della demolizione del muro di contenimento del terrapieno su cui poggia la relativa fabbrica» (Cons.Stato sez. VI, 9 luglio 2018, n.4169).

In definitiva, la questione posta con il motivo in esame non può venire in rilievo per accertare la validità dell’ordine di demolizione.

5.˗ Con un quarto motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto illegittima l’ordinanza di demolizione nelle more della presentazione di una domanda di sanatoria.

Il motivo non è fondato.

L’appellante non ha depositato una istanza tipizzata dalla legge riconducibile ad un atto di sanatoria, con la conseguenza che non può essere evocata la regola posta a base della formulazione della censura. In altri termini, non potendosi qualificare la domanda presentata come domanda di sanatoria non è possibile che la stessa incida sulla validità o efficacia dell’ordine di demolizione.

6.˗ L’appellante è condannata al pagamento, in favore delle parti costituite, nella misura di metà ciascuno, di euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;

b) condanna l’appellante al pagamento, in favore delle parti costituite, nella misura di metà ciascuno, di euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

Dario Simeoli, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere