Consiglio di Stato Sez. IV del 15 luglio 2025
Urbanistica.Permesso di costruire subordinato all’ottenimento di un altro provvedimento amministrativo
Nel caso in cui permesso di costruire sia subordinato all’ottenimento di un altro provvedimento amministrativo (come, ad es., alla concessione demaniale sull’area dove si intende costruire, già richiesta e il cui procedimento non è stato ancora ottenuto), il permesso può essere rilasciato, ma la sua efficacia è condizionata all’ottenimento dell’ulteriore provvedimento
Pubblicato il 15/07/2025
N. 06212/2025REG.PROV.COLL.
N. 00627/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 627 del 2023, proposto dalla società Novate Mineraria s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Bonomi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio determinato in Roma, piazza Capo di Ferro 13, presso la Segreteria della Sezione;
contro
la Comunità Montana della Valchiavenna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Paola Brambilla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 1663 del 11 luglio 2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Comunità Montana della Valchiavenna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2025 il consigliere Michele Conforti;
Viste le conclusioni delle parti, come da verbale.
FATTO e DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dalla società Novate Mineraria S.r.l. avverso la sentenza del T.a.r. per la Lombardia n. 1663 del 11 luglio 2022 che ha respinto il ricorso di primo grado presentato dalla medesima società.
2. Il giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento di alcune prescrizioni apposte al provvedimento n. 815 del 27 gennaio 2017 e la domanda di risarcimento del danno, proposte dalla società, la quale ha domandato il rilascio dei titoli necessari per la realizzazione di uno stabilimento industriale per la produzione di prefabbricati in calcestruzzo.
3. Si espongo i fatti rilevanti per la decisione.
3.1. La società ricorrente deduce di essere proprietaria, nel territorio del Comune di Novate Mezzola, dell’area catastalmente individuata ai mappali nn. 29, 31, 42, 43, 49, 116, 121, 123, 124, 131, 133, 186, 187, 188, 189, 190, 191, 192, 193, 272, 289 e 290 ed avente una estensione di circa mq. 70.000.
La predetta area è caratterizzata dalla presenza di un insediamento produttivo un tempo – fino all’anno 1990 - in uso alla ditta Falck per la fabbricazione di leghe di ferro, composto da alcuni capannoni, alcune palazzine direzionali e di servizio all’azienda, impianti ed infrastrutture varie, nonché di uno scalo ferroviario per merci.
La società Novate Mineraria s.r.l. ha acquistato l’area per riqualificarla in attuazione di un accordo di programma, approvato con il decreto del Presidente della regione Lombardia n. 375 in data 17 marzo 2016 ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e dell’art. 6, comma 8, della legge regionale 14 marzo 2003 n. 2.
3.2. Il 24 marzo 2016, la società ha depositato la domanda per il rilascio del permesso di costruire.
3.3. Il 16 settembre 2016 si è tenuta l’ultima riunione della conferenza di servizi, in cui gli enti coinvolti hanno espresso pareri favorevoli, taluni con prescrizioni.
3.4. Il 15 novembre 2016 è stato emanato il provvedimento conclusivo del procedimento, nell’ambito del quale si subordinava il rilascio del permesso di costruire ad alcune condizioni, consistenti:
i. nell’aggiornamento delle tavole progettuali (alla luce delle condizioni espresse nella conferenza di servizi);
ii. nella trasmissione del testo della convenzione approvato, da parte del Comune.
3.5. Il 30 novembre 2016, la società ha inviato al S.u.a.p. la nota prot. n. 361-2016, con cui si è data contezza della circostanza dell’avvenuto deposito di ogni elaborato progettuale richiesto in aggiornamento.
3.6. Il 23 dicembre 2016, il Comune di Novate Mezzola ha deliberato l’approvazione del testo della convenzione che, in data 27 dicembre 2016, ha trasmesso al S.u.a.p. della comunità montana della Valchiavenna.
3.7. Il 25 gennaio 2017, la società ha diffidato il S.u.a.p. al rilascio del permesso di costruire.
3.8. Con il provvedimento n. 815 del 27 gennaio 2017, il S.u.a.p. della Comunità montana della Valchiavenna ha subordinato il rilascio del permesso di costruire ad alcune condizioni, che la società assume essere state introdotte ex novo e che, dunque, non troverebbero riscontro nei precedenti atti endo-procedimentali.
4. Il provvedimento è stato perciò impugnato dalla società odierna appellante limitatamente all’apposizione delle condizioni. La ricorrente ha domandato, altresì, il risarcimento dei danni che afferma di aver subito a causa dell’eccessivo protrarsi del procedimento e del mancato rilascio del permesso di costruire che sarebbe stato subordinato dal provvedimento n. 815/2017 a prescrizioni ritenute ultronee.
4.1. Si è costituita in giudizio la Comunità montana della Valchiavenna che, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata evocazione in giudizio del Comune controinteressato e per carenza di lesività dell’atto impugnato, unitamente alla sua irricevibilità per tardività, mentre, nel merito, ne ha chiesto il rigetto.
5. Con la sentenza n. 11 luglio 2022 n. 1663, il T.a.r. ha respinto il ricorso e ha compensato le spese del giudizio.
5.1. Il T.a.r. ha accantonato l’esame delle eccezioni pregiudiziali formulate dalla Comunità montana e ha respinto nel merito l’unico motivo di ricorso, rilevando che le condizioni apposte al provvedimento favorevole costituirebbero o esplicitazioni di obblighi legali oppure condizioni già imposte da precedenti atti del procedimento o, infine, obblighi volontariamente assunti dall’impresa.
6. La società ha impugnato la sentenza di primo grado, formulando un unico motivo di appello.
6.1. Si è costituita in giudizio la Comunità montana, resistendo all’impugnazione.
6.2. Nel corso del giudizio la Comunità montana ha depositato una memoria difensiva in data 16 dicembre 2024, per illustrare le sue difese di rito e di merito, ed una memoria difensiva in data 23 aprile 2025, con cui si è limitata a rinviare alle difese precedentemente articolate.
7. All’udienza di discussione del 29 maggio 2025, la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Preliminarmente, vanno esaminate le eccezioni pregiudiziali formulate dalla Comunità montana nell’ordine in cui esse sono state proposte.
8.1. La Comunità montana eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata intimazione del Comune di Novate Mezzola, nella sua qualità di controinteressato (art. 41 comma 2 c.p.a.).
8.1.1. L’eccezione va respinta.
8.1.2. Il Comune non è tecnicamente un controinteressato in quanto l’ente locale non è individuato quale destinatario del provvedimento e in quanto il provvedimento in questione non è attributivo di alcun vantaggio nei suoi riguardi.
8.2. La Comunità montana eccepisce l’irricevibilità dell’impugnazione per tardività (art. 29 c.p.a.), rilevando che il procedimento si sarebbe concluso con il provvedimento del 15 novembre 2016 e non con il provvedimento del SUAP del 27 gennaio 2017.
Viene eccepito, inoltre, la mancata impugnazione degli artt. 4.8 e 5.2 dell’Accordo di Programma, che impongono quale pre-adempimento, rispetto al ritiro del permesso di costruire, proprio la stipulazione della convenzione con il Comune ed il rilascio della correlata fideiussione.
8.2.1. Le eccezioni di irricevibilità vanno respinte.
8.2.2. Va evidenziato che la società non ha impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi del 15 novembre 2016, bensì il provvedimento del 27 gennaio 2017, che nel rilasciare il permesso di costruire all’esito della conferenza di servizi avrebbe, a dire dell’appellante, imposto condizioni ulteriori rispetto a quelle previste nel corso dell’istruttoria procedimentale e all’esito della conferenza di servizi.
8.2.3. Costituisce inoltre questione di merito, rispetto alla formulazione del motivo di appello, verificare se effettivamente le condizioni imposte con il provvedimento favorevole trovino fondamento nella determinazione conclusiva della conferenza di servizi, in altri atti, come il richiamato accordo di programma agli artt. 4.8 e 5.2, oppure nella legge.
8.3. La Comunità montana eccepisce l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse in quanto, da un lato, il permesso di costruire avrebbe efficacia triennale che andrebbe fatta decorrere dalla determinazione conclusiva della conferenza di servizi che ne disponeva il rilascio; dall’altro, si sarebbero verificate una serie di modificazioni nella pianificazione regionale e provinciale che avrebbero comportato l’archiviazione dell’istanza di autorizzazione alla coltivazione della cava collegata allo stabilimento industriale da realizzare.
8.3.1. L’eccezione va respinta.
8.3.2. Quanto al decorso del termine triennale di decadenza, esso va computato dall’effettivo rilascio del permesso di costruire e dalla sua notificazione all’interessato che nel caso di specie non è ancora neppure avvenuta (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 17 aprile 2023 n. 3823 e ivi ulteriore giurisprudenza).
8.3.3. Quanto alla modificazione della pianificazione regionale e provinciale, essa non attiene al permesso di costruire oggetto del presente giudizio e, dunque, non incide sulla possibilità per la società di edificare quanto consentito dal titolo, bensì, secondo quanto eccepito dalla Comunità montana, inciderebbe sul diritto di procedere alla coltivazione della cava.
9. Esaurito l’esame delle eccezioni di rito, può procedersi all’esame del merito.
9.1. Con l’unico motivo di appello, la società afferma, in punto di fatto, che “il procedimento è stato avviato dalla ricorrente in data 24.3.2016 e non è più stato rilasciato il PdC”. Viene dedotto che, sebbene con il provvedimento n. 10401 del 15 novembre 2016 il SUAP abbia concluso, favorevolmente, il procedimento finalizzato al rilascio del permesso di costruire, poi non abbia poi materialmente provveduto ad emanare il suddetto titolo abilitativo.
Si sottolinea, sempre in punto di fatto, che il responsabile del SUAP quindi, con il provvedimento denominato “di conclusione del procedimento” avrebbe stabilito che il rilascio del permesso di costruire fosse subordinato alle sole suddette due condizioni: (i) aggiornamento tavole progettuali e (ii) trasmissione della convenzione approvata dal Comune.
Si allega che il SUAP con il provvedimento impugnato avrebbe invece subordinato il permesso di costruire a quattro nuove condizioni per il rilascio del titolo abilitativo, così espressamente individuate (pag. 10 appello):
(i) la sottoscrizione della convenzione con il Comune di Novate Mezzola e la consegna delle fideiussioni stabilite;
(ii) la sottoscrizione della convenzione con Rete ferroviaria italiana per la realizzazione della barriera a verde;
(iii) il rilascio da parte della provincia di Sondrio dell’autorizzazione al prelievo di acque ad uso industriale;
(iv) il pagamento del contributo di costruzione relativo allo smaltimento rifiuti.
Le suddette condizioni sarebbero in contrasto con il provvedimento emesso in data 15 novembre 2016 e come tali risulterebbero illegittime per gli svariati profili dedotti in ricorso di primo grado.
Sarebbe invece errata la motivazione della sentenza di primo grado laddove afferma che esse “rappresentano la puntale applicazione sia di prescrizioni legali, sia di impegni assunti dalla ricorrente all’atto della sottoscrizione dell’Accordo di programma”, in quanto questa motivazione non darebbe adeguatamente conto dell’affidamento ingeneratosi nel privato, che avrebbe confidato nel rilascio del titolo al verificarsi delle due condizioni imposte dalla determinazione conclusiva della conferenza di servizi. Neppure sarebbe stata scrutinata e decisa la censura con la quale si era dedotta la contraddittorietà tra atti.
Si grava, altresì, il punto della motivazione in cui il T.a.r. sostiene che le condizioni imposte nella determinazione conclusiva della conferenza di servizi non fossero finalizzate al rilascio del titolo, in quanto “…l’onere di trasmissione della convenzione approvata, ma non sottoscritta, era imposto al Comune e non alla ricorrente, la quale invece, secondo il richiamato art. 5.2 dell’Accordo di programma, non poteva ottenere il rilascio del titolo edilizio, se non previa sottoscrizione della convenzione e il contestuale rilascio delle connesse fideiussioni”. Di contro, si evidenzia, criticamente, che nella determinazione in questione si è statuito che tale determinazione aveva espressamente correlato queste condizioni “ai fini del rilascio del Permesso di costruire”.
Si evidenzia infine il “difetto assoluto di qualsivoglia specifica motivazione atta a legittimare e suffragare la lesione dell’affidamento qualificato del privato”.
Nelle conclusioni dell’atto, la società domanda altresì la condanna della comunità montana “al risarcimento del danno che viene cagionato alla società appellante, in conseguenza del provvedimento impugnato, in termini di an debeatur e con riserva di agire con separato giudizio per la sua definitiva quantificazione”.
9.2. Il motivo di appello è parzialmente fondato.
9.3. Nel diritto amministrativo, il legislatore non ha disciplinato, con una norma di carattere generale, l’istituto della condizione apposta al provvedimento. Tuttavia, anche a prescindere dall’esistenza di una specifica disciplina, la giurisprudenza amministrativa, muovendo dai principi generali, ha sempre ritenuto ammissibile l’apposizione di condizioni ai provvedimenti amministrativi.
L’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa ritiene che il provvedimento amministrativo possa contenere, accanto agli elementi essenziali (art. 21-septies legge n. 241 del 1990), gli elementi accidentali, quali la condizione (Cons. Stato, sez. IV 30 maggio 2022 n. 4355; sez. IV, 16 giugno 2020, n. 3869; sez. VI, 6 novembre 2018, n. 6265; sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5615; sez. IV, 25giugno 2013, n. 3447; sez. IV, 25 novembre 2011, n. 6260; sez. V, 29 novembre 2004, n. 7762).
In relazione al fondamento del potere di inserire nel contenuto del provvedimento clausole condizionali, si devono distinguere condizioni specifiche disciplinate espressamente (cd. tipiche) e condizioni specifiche non disciplinate espressamente (cd. atipiche), che devono, comunque, in ossequio al principio di legalità, rinvenire la base nella legge che conferisce il potere pubblico all’amministrazione o nei principi generali del diritto amministrativo (Cons. Stato, sez. IV 30 maggio 2022 n. 4355).
Segnatamente, il “fondamento univoco” ai fini del rispetto del principio di legalità viene usualmente individuato nel principio di “non aggravamento dell’azione amministrativa”, variamente declinato nell’ambito dei precedenti di questo Consiglio, un tempo enucleato dalla giurisprudenza amministrativa come regola generale dell’attività amministrativa e poi positivamente riconosciuto con l’art. 1, comma 2, legge 241 del 1990 (Cons. Stato, n. 3447/2013 che fa riferimento a: “esigenze di semplificazione e non aggravamento”; Cons. Stato, n. 5615/2015, Cons. Stato n. 6265/2018, Cons. Stato n. 2366/2018, Cons. Stato n. 3869/2020 che fanno riferimento al “non aggravare inutilmente la situazione dei destinatari dell’azione amministrativa, come prescritto anche dall’art. 1, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241”; Cons. St. 1392/2017 che fa riferimento al “principio di economicità dell’azione amministrativa” e alla “collaborazione tra i soggetti del procedimento”).
9.4. Muovendo da questi principi può pertanto procedersi alla disamina del motivo di appello, che contesta le prescrizioni su enucleate al cui verificarsi la Comunità montana ha condizionato non soltanto l’efficacia del permesso di costruire, bensì anche “il rilascio e il ritiro dell’assenso sostitutivo del Permesso di costruire”.
9.5. Quanto alla prima prescrizione, consistente nella sottoscrizione della convenzione con il Comune di Novate Mezzola e la consegna delle fideiussioni stabilite, si tratta di una prescrizione legittima, così come stabilito dal T.a.r., perché effettivamente già fissata nell’accordo di programma intercorso tra le parti. Il suo inserimento nel titolo edilizio è dunque meramente ricognitivo di una volontà già cristallizzata in un precedente accordo.
9.6. Quanto alla seconda prescrizione, consistente nella sottoscrizione della convenzione con Rete ferroviaria italiana per la realizzazione della barriera a verde, si tratta di una condizione illegittimamente apposta, non essendo stata indicata la ragione - normativa o di altro tipo - per cui la stessa è stata inserita, né nel provvedimento impugnato, né nelle difese della comunità montana.
Tale ragione non si rinviene neppure negli atti di RFI, sebbene possa ipotizzarsi che tale società sia interessata alla suddetta prescrizione imposta dalla Comunità montana.
La condizione inoltre non si giustifica neppure alla luce del su richiamato principio di non aggravamento del procedimento amministrativo e, anzi, finisce per contraddirlo perché essa non è stata individuata come necessaria nel corso dell’istruttoria e previa interlocuzione con la società, bensì successivamente all’emanazione della determinazione conclusiva della conferenza di servizi che di essa non faceva menzione. Le modalità con cui tale prescrizione risulta essere stata imposta nel caso concreto, piuttosto che costituire espressione del principio di cui all’art. 1, comma 2, legge n. 241/1990, ne inverano una violazione.
9.7. Considerazioni analoghe vanno svolte relativamente alla condizione consistente nella necessità del previo rilascio da parte della provincia di Sondrio dell’autorizzazione al prelievo di acque ad uso industriale.
Rispetto a questa condizione va aggiunto che non sussiste alcun legame di ordine giuridico o logico che subordini il titolo edilizio all’autorizzazione al prelievo di acque ad uso industriale né comunque il provvedimento chiarisce la motivazione di tale ulteriore condizione.
Su questo versante, va evidenziato che nel caso in cui permesso di costruire sia subordinato all’ottenimento di un altro provvedimento amministrativo (come, ad es., alla concessione demaniale sull’area dove si intende costruire, già richiesta e il cui procedimento non è stato ancora ottenuto), il permesso può essere rilasciato, ma la sua efficacia è condizionata all’ottenimento dell’ulteriore provvedimento (Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2015 n. 5615).
9.8. Relativamente, infine, all’ultima delle condizioni imposte, consistente nel pagamento del contributo di costruzione relativo allo smaltimento rifiuti - così come rilevato dal T.a.r. e non fondatamente censurato dalla società - si osserva che essa ha fonte nella legge e che pertanto ben può esserne imposta l’osservanza ai fini del rilascio del titolo edilizio.
10. Quanto alla domanda risarcitoria, limitata dalla parte appellante esclusivamente all’accertamento dell’“an debeatur e con riserva di agire con separato giudizio per la sua definitiva quantificazione”, essa risulta riproposta soltanto nelle conclusioni dell’appello, senza alcuna allegazione a supporto.
10.1. La domanda va dunque dichiarata inammissibile.
10.2. Relativamente a tale domanda, il Collegio richiama, anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a. e con valore di precedente giurisprudenziale conforme, la sentenza della Terza Sezione di questo Consiglio n. 4339 del 21 maggio 2025 la quale, richiamando a sua volta la “pacifica giurisprudenza di questo Consiglio”, ha affermato che “in sede di domanda di risarcimento dei danni ex articolo 2043 c.c., al pari di quanto avviene in generale nel giudizio civile, la parte ricorrente ha l’onere di allegare e provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, e fra questi anche l’evento dannoso (inteso come pregiudizio a interessi meritevoli di tutela di cui l’attore è titolare), oltre alla condotta illecita della p.a., all’elemento soggettivo e al nesso causale tra condotta ed evento dannoso” e, in accoglimento dell’appello, ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado che non aveva soddisfatto l’onere di allegazione.
10.3. Il precedente si attaglia, pertanto, al caso di specie, non avendo la società allegato alcunché per dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi dell’illecito e a supporto della domanda formulata.
11. In conclusione, in considerazione delle motivazioni suesposte, l’appello va accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, con conseguente annullamento delle prescrizioni dichiarate illegittime.
12. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza nei confronti della Comunità Montana della Valchiavenna, sono liquidate in dispositivo, disponendone la compensazione per la metà in ragione del parziale accoglimento della domanda di annullamento.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso instaurato in primo grado nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Condanna la Comunità montana della Valchiavenna alla rifusione, in favore della società Novate Mineraria s.r.l., delle spese del giudizio che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), che compensa per la metà, oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Silvia Martino, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Ofelia Fratamico, Consigliere