Consiglio di Stato, Sez, V, n. 3424, del 21 giugno 2013
Urbanistica.Contributo concessorio per intervento di restauro e risanamento conservativo con parziale cambio di destinazione d’uso

L’intervento di restauro e risanamento conservativo con parziale cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale) rientra nella fattispecie di cui all’art. 31, lett. c, della l. n. 457/1978, cui consegue l’assoggettamento al regime autorizzativo ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 9/1982. L’art. 7, del d.l. n. 9 del 1982 è, da intendere come estensivo del regime autorizzatorio gratuito anche agli interventi di restauro e risanamento conservativo (così come definiti dall’art. 31 lettera c), l. n. 457 del 1978) siano essi afferenti ad edifici residenziali in senso stretto ovvero ad edifici non residenziali, ma comunque idonei allo svolgimento di attività umane, in quanto il concetto di <recupero abitativo>, nel sistema della cennata legge n. 457 del 1978 non induce ad accogliere soluzioni restrittive. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03424/2013REG.PROV.COLL.

N. 01940/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1940 del 2000, proposto da: 
Comune di Genova, rappresentato e difeso dagli avvocati Edda Odone, Maria Paola Pessagno e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;

contro

NORD s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Gerbi e Giovan Candido Di Gioia, con domicilio eletto presso Giovan Candido Di Gioia in Roma, piazza Mazzini, 27;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA, SEZIONE I n. 495/1999, resa tra le parti, concernente restituzione contributo rilasciato per concessione in sanatoria



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2013 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti gli avvocati Pafundi,Gerbi e Di Gioia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.- Con autorizzazione edilizia n. 136 del 1993, veniva approvato dal Comune di Genova il progetto presentato dalla NORD s.r.l. per un intervento di restauro e risanamento conservativo nel fabbricato in Genova, via Serra n. 3.

Con successiva istanza la società NORD chiedeva l’approvazione di una variante relativa al cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale dei primi tre piani dell’edificio (la modifica era finalizzata all’installazione di un reparto operativo dell’Arma dei Carabinieri).

In data 17 febbraio 1995, il Comune, atteso il parere favorevole della commissione edilizia, che rilevava la conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici e alle norme edilizie vigenti, rilasciava concessione edilizia in sanatoria e chiedeva la somma di lire 181.293.960, pari al doppio del contributo di concessione complessivamente dovuto, a titolo di oblazione ai sensi dell’art. 13, comma 3°, l. n. 47 del 1985.

2.- La società NORD con ricorso al TAR Liguria sosteneva la non debenza di quanto richiesto dal Comune a titolo di contributo di costo di costruzione e oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e chiedeva la condanna del Comune alla restituzione di quanto pagato per i suddetti titoli.

Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 3, della l. 28 febbraio 1985, n. 47 con riferimento all’art. 31, della l. n. 457 del 1978 e all’art. 7 del d. l. n. 9 del 1982 convertito nella l. n. 94 del 1982, trattandosi di intervento soggetto ad autorizzazione gratuita e non a concessione onerosa;

2) violazione dell’art. 9, della l. n. 10 del 1977; difetto dei presupposti e violazione dell’art. 3 della Costituzione, trattandosi di intervento relativo ad opera di urbanizzazione secondaria.

Si costituiva in giudizio il Comune di Genova che chiedeva il rigetto del ricorso.

3.- Il TAR Liguria, sezione prima, con sentenza n. 495 del 18 marzo - 25 novembre 1999, accoglieva il ricorso sul primo motivo, assorbiti tutti gli altri, e dichiarava che nessun contributo di concessione era dovuto in relazione all’intervento edilizio, essendo assoggettato ad autorizzazione e come tale disciplinato dal comma 5 dell’art.13, della l. n. 47 del 1985. Condannava in conseguenza l’amministrazione comunale alla restituzione delle somme pagate a titolo di oblazione salvo conguaglio con quanto effettivamente dovuto ai sensi del comma 5 dell’art. 13, l. n. 47/85.

4.- Il Comune di Genova con ricorso notificato in data l1 febbraio 2000 ha proposto appello avverso la suddetta sentenza di cui chiede l’annullamento o la riforma alla stregua dei seguenti motivi:

carenza di adeguata istruttoria ed erronea motivazione; erronea rappresentazione dei presupposti; omessa valutazione del contenuto del provvedimento impugnato ed illogicità.

Si è costituita in giudizio la NORD s.r.l. che ha chiesto il rigetto dell’appello ed ha riproposto il secondo motivo del ricorso di primo grado non esaminato in tale sede.

Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza del 21 maggio 2013, il giudizio è stato assunto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto.

1.- La questione controversa attiene alla debenza da parte della società NORD della somma di lire 181.293.960 chiesta dal Comune di Genova in relazione all’intervento di restauro e risanamento conservativo con parziale cambio di destinazione d’uso eseguito dalla società nello stabile alla via Serra n.3 in Genova ed alla conseguente restituzione di quanto dalla società già pagato.

2.- Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria con la sentenza impugnata ha accolto il ricorso della società NORD sul primo motivo e ha dichiarato che nessun contributo concessorio è dovuto dalla ricorrente in relazione a interventi oggetto di sanatoria, essendo l’intervento assoggettato ad autorizzazione ex art. 13, comma 5, l. n. 47/1985, condannando il Comune alla restituzione alla società delle somme corrisposte per il suddetto titolo.

Secondo il giudice di primo grado, essendo “incontroverso… che le opere …integrino un intervento di restauro e risanamento conservativo con parziale cambio di destinazione d’uso da attività residenziale a direzionale” e che siffatto intervento è soggetto al regime dell’autorizzazione gratuita ex art. 7 l. n. 94/1982, l’atto di assenso in sanatoria ricadrebbe nella fattispecie del comma 5 e non del comma 3 dell’art. 13, della legge n. 47/1985.

3.- Il Comune di Genova contesta il percorso motivazionale del TAR, che – a suo dire - non avrebbe tenuto in conto il fatto che l’intervento, ancorché riconducibile, quanto alla portata, alla fattispecie del restauro e risanamento conservativo, avendo determinato un mutamento di destinazione d’uso, da residenziale a direzionale, sarebbe da ricondurre nella tipologia della ristrutturazione edilizia ai fini degli oneri concessori. Pertanto, il Comune non poteva che applicare le tabelle regionali con riferimento alla tipologia comportante il mutamento di destinazione d’uso, il cui importo, trattandosi di concessione in sanatoria, andava raddoppiato ai sensi dell’art. 13, comma 3, l. n. 47 del 1985.

L’assunto del Comune non è condivisibile.

Esso, invero, è fondato sull’assioma che un intervento edilizio sull’esistente, solo perché comporti cambio di destinazione d’uso, debba essere equiparato ai fini del contributo di concessione alla “ristrutturazione edilizia”.

Un tale principio non trova fonte né nell’ordinamento statale e regionale, né in precedenti giurisprudenziali.

Quanto alla deliberazione del consiglio regionale n. 150 del 15 giugno 1977, con cui la Regione Liguria aveva approvato le tabelle parametriche per la determinazione degli oneri di urbanizzazione, che prevede “nel caso di interventi su edifici esistenti che comportino mutamento della destinazione d’uso” che “gli stessi vengono assoggettati agli oneri previsti dalle allegate tabelle per la nuova destinazione d’uso sotto la voce ristrutturazioni”, non può che riferirsi alle ipotesi di interventi edilizi già soggetti per legge a concessione a titolo oneroso, non essendo possibile in base alla gerarchia delle fonti che un atto amministrativo deroghi alla disciplina di fonte primaria.

5.- La questione va quindi risolta esclusivamente con riferimento alla legge ed in particolare al combinato disposto dell’art. 31, lett. c, della l. n. 457/1978 e dell’art. 7, della l. n. 94 del 1982.

E’ indubbio che l’intervento di cui trattasi (restauro e risanamento conservativo con parziale cambio di destinazione d’uso da residenziale a direzionale) rientra nella fattispecie di cui all’art. 31, lett. c, della l. n. 457/1978, cui consegue l’assoggettamento al regime autorizzativo ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 9/1982 (“…alle opere di recupero abitativo di edifici preesistenti di cui alle lettere b) e c) dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, si applicano le disposizioni dell'articolo 48 della legge medesima”).

Quanto all’interpretazione restrittiva dell’art. 7, comma 1, della l. 25 marzo 1982 n. 94, secondo cui il regime dell’autorizzazione gratuita sarebbe limitato agli interventi di risanamento conservativo concernenti immobili ad uso abitativo, essa è in contrasto con la giurisprudenza consolidata (Consiglio Stato, sez. V, 24 luglio 1993, n. 799; 21 dicembre 1992, n. 1547; 27 novembre 1990, n. 695), che ha dato alla norma un’interpretazione estensiva.

L’art. 7, del d.l. n. 9 del 1982 è, quindi, da intendere come estensivo del regime autorizzatorio gratuito anche agli interventi di restauro e risanamento conservativo (così come definiti dall’art. 31 lettera c), l. n. 457 del 1978) siano essi afferenti ad edifici residenziali in senso stretto ovvero ad edifici non residenziali, ma comunque idonei allo svolgimento di attività umane, in quanto il concetto di <recupero abitativo>, nel sistema della cennata legge n. 457 del 1978 non induce ad accogliere soluzioni restrittive.

Invero, la norma in questione, limitandosi a richiamare “le opere di recupero abitativo di edifici preesistenti di cui alle lettere b) e c) dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457” non ha letteralmente creato preclusioni interpretative, tenuto conto che il concetto giuridico di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui al titolo IV della legge del 1978 citata, può ben più in generale comprendere quello del patrimonio edilizio esistente, anche di tipo non strettamente residenziale.

Né la intitolazione della legge (“Norme per l’edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti”) può di per sé indurre ad un’interpretazione restrittiva, così come prospettato dall’Amministrazione nella memoria difensiva.

Al di là della sua invero infelice collocazione, infatti, l’art. 7, piuttosto che dettare specifiche norme per l’edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti, interviene sul complessivo sistema degli interventi edilizi, precisando quali di questi, per la loro minore incidenza, debbano essere espunti, dal generale regime concessorio oneroso, per essere assoggettati a quello autorizzatorio gratuito o addirittura sottratti a qualsiasi controllo preventivo da parte della p.a.

La infondatezza dei motivi di appello dedotti dal Comune conclude per il rigetto dell’appello.

Va, comunque, considerato, che l’intervento di cui trattasi, consistente in opere di modesta rilevanza edilizia, nel rispetto della destinazione di zona, non integrano, invero, nemmeno il mutamento di destinazione d’uso, essendo l’attività direzionale (tale è la postazione operativa realizzata dal Corpo dei Carabinieri negli appartamenti in questione), compresa nell’ampia categoria della destinazione residenziale.

In conclusione l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente FF

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Nicola Gaviano, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 21/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)