Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1777, del 11 aprile 2014
Urbanistica.Illegittimità ordinanza rimozione struttura con binario di scorrimento a telo in PVC della superficie di 15 mq
E’ illegittima l’ordinanza di rimozione per struttura costituita da due pali dello spessore di 8,50 cm x 11,50 cm poggiati sul pavimento del terrazzo a livello e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in PVC della superficie di 15 mq, dell’altezza variabile da 2,80 m a 2,10 m, ancorata al sovrastante balcone e munita di una copertura rigida di 4 mq a riparo del telo retraibile.
Non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità, dell’assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale (addirittura retraibile a mezzo di motore elettrico). La stessa deve, invece, qualificarsi alla stregua di arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede, in quanto tale riconducibile agli interventi manutentivi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01777/2014REG.PROV.COLL.
N. 02125/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2125 del 2013, proposto da:
Lattanzi Eleonora, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovan Candido Di Gioia, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Roma, piazza Mazzini, 27;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato Sergio Siracusa, con domicilio in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE I-QUATER, n. 10732/2012, resa tra le parti e concernente: demolizione di opere edilizie abusive;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Di Gioia e Maggiore, quest’ultimo per delega dell’avvocato Siracusa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio respingeva il ricorso n. 9534 del 2012, proposto da Lattanzi Eleonora avverso le determinazioni dirigenziali di Roma Capitale n. 1507 del 12 settembre 2012 e n. 1737 del 19 ottobre 2012, con le quali erano state ordinate la sospensione dei lavori e, rispettivamente, la demolizione con riguardo ad una struttura in legno, realizzata nella primavera del 2012 su un terrazzo di livello dell’appartamento di proprietà della ricorrente, sito al pianoterra dell’edificio ubicato in Roma, via di Casal Selce, n. 383N/A, int. 1. La struttura era costituita da due pali dello spessore di 8,50 cm x 11,50 cm poggiati sul pavimento del terrazzo a livello e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in PVCdella superficie di 15 mq, dell’altezza variabile da 2,80 m a 2,10 m, ancorata al sovrastante balcone e munita di una copertura rigida di 4 mq a riparo del telo retraibile.
Il T.a.r. escludeva che la struttura realizzata dalla ricorrente, «per le sue dimensioni, per la grandezza dei pali, per essere ancorata al suolo e al balcone sovrastante e per avere anche un’ulteriore copertura, a riparo del telo», potesse essere qualificata come ‘pergotenda’ ai sensi della circolare di Roma Capitale n. 19137 del 9 marzo 2012 e rientrasse nell’attività edilizia libera, ma riteneva che «la stessa, determinando una modifica dei prospetti e della sagoma, avrebbe richiesto il permesso di costruire o alternativamente la D.I.A. c.d. pesante, entrambi nella specie mancanti» (v. così, testualmente, l’appellata sentenza), affermando di conseguenza la legittimità dell’impugnato provvedimento di ripristino.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo l’erronea applicazione degli artt. 3, 6, 10 e 33 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 14 e 16 l. reg. - Lazio 11 agosto 2008, n. 15, il travisamento di fatto per avere la sentenza supposto un inesistente ancoraggio dei pali di sostegno della struttura al pavimento, nonché la violazione della circolare di Roma Capitale n. 19137 del 9 marzo 2012 – che definisce la ‘pergotenda’ quale manufatto rientrante nell’attività edilizia libera, come «struttura di arredo, installata su pareti esterni dell’unità immobiliare di cui è ad esclusivo servizio, costituito da struttura leggera e amovibilie, caratterizzata da elementi in metallo o in legno di esigua sezione, coperta da telo anche retrattile, stuoie in canna o bambù o materiale in pellicola trasparente, priva di opere murarie e di pareti chiuse di qualsiasi genere, costituita da elementi leggeri, assemblati tra loro, tali da rendere possibile la loro rimozione previo smontaggio e non demolizione» –, attesa la conformità della struttura realizzata alle caratteristiche definite dalla circolare. L’appellante chiedeva dunque, previa sospensione della provvisoria esecutorietà dell’appellata sentenza e in sua riforma, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.
3. Costituendosi in giudizio, l’Amministrazione appellata contestava la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.
4. Accolta con ordinanza n. 1484 del 24 aprile 2013 l’istanza di sospensiva sulla base di una delibazione positiva sia del fumus che del periculum, all’udienza pubblica del 17 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. L’appello è fondato.
Merita, in primo luogo, accoglimento il motivo di error in iudicando costituito dall’erronea valutazione delle caratteristiche di fatto connotanti l’opera in oggetto, atteso il mancato ancoraggio – invece erroneamente supposto dal T.a.r. – dei pali di sostegno della struttura in esame al pavimento del terrazzo pertinenziale dell’appartamento dell’appellante (infatti, nel verbale di sopralluogo della Polizia municipale, posto a base degli impugnati provvedimenti, si discorre di pali «poggiati sul pavimento», e non già di pali ancorativi in modo fisso; v., altresì, la documentazione fotografica, in atti), con conseguente facile amovibilità della struttura medesima.
La struttura in esame, quale descritta sopra sub § 1. – costituita da due pali dello spessore di 8,50 cm x 11,50 cm poggiati sul pavimento del terrazzo a livello e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in PVC della superficie di 15 mq e dell’altezza variabile da 2,80 m a 2,10 m, ancorata al sovrastante balcone e munita di una copertura rigida di 0,80 (in aggetto) x 5,00 m a riparo del telo retraibile (v. il citato verbale e la documentazione fotografica) –, non configura né un aumento del volume e della superficie coperta, né la creazione o modificazione di un organismo edilizio, né l’alterazione del prospetto o della sagoma dell’edificio cui è connessa, in ragione della sua inidoneità a modificare la destinazione d’uso degli spazi esterni interessati, della sua facile e completa rimuovibilità, dell’assenza di tamponature verticale e della facile rimuovibilità della copertura orizzontale (addirittura retraibile a mezzo di motore elettrico). La stessa deve, invece, qualificarsi alla stregua di arredo esterno, di riparo e protezione, funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’appartamento cui accede, in quanto tale riconducibile agli interventi manutentivi non subordinati ad alcun titolo abilitativo ai sensi dell’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001.
Ne consegue la fondatezza del motivo d’appello, di erronea reiezione della censura di violazione degli artt. 3, 6, 10 e 33 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e 14 e 16 l. reg. - Lazio 11 agosto 2008, n. 15, avendo gli impugnati provvedimenti erroneamente qualificato l’opera in oggetto come intervento di «ristrutturazione edilizia e/o cambio di destinazione d’uso da una categoria all’altra», anziché come semplice intervento di natura manutentiva rientrante nell’attività edilizia c.d. libera.
Per le esposte ragioni, in accoglimento dell’appello e in riforma dell’appellata sentenza, s’impone l’accoglimento del ricorso di primo grado, con sequela di annullamento dei gravati provvedimenti ed assorbimento di ogni altra questione (compresa quella relativa alla valenza della circolare n. 19137 del 9 marzo 2012), ormai irrilevanti ai fini decisori.
6. Tenuto conto delle vicende alterne connotanti la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 2125 del 2013), lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado (ricorso n. 9534 del 2012 T.a.r. Lazio); dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2013, con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)