Consiglio di Stato, Sez, IV, n. 365, del 22 gennaio 2013
Urbanistica.Nozione di sagoma ex d.P.R. 380/2001
In base alla normativa statale di principio d.P.R. 380/2001, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente, intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia. La nozione di sagoma di cui all’art. 3, comma 1 lett. d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” definisce gli "interventi di ristrutturazione edilizia", come “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”) comprende l’intera conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale e, con sequenzialmente, anche il rispetto della pregressa area di sedime. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00365/2013REG.PROV.COLL.
N. 02318/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 2318 del 2012, proposto da
Oplonti s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Marcello Fortunato, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso l’avv. Guido Lenza in Roma, via XX settembre 98/E, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Ministero dei beni e delle attività culturali, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Regione Campania, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Comune di Pompei, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gherardo Marone e Carmine Cesarano, ed elettivamente domiciliato presso i difensori in Roma, via Sicilia n. 50, come da mandato in calce al ricorso notificato;
Provincia di Napoli, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Aldo Di Falco e Luciano Scetta, ed elettivamente domiciliata, unitamente ai difensori, presso l’avv. Gennaro Famiglietti in Roma, via di Propaganda n. 16, come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
Autorità di bacino del Sarno, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Fergos s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Pellegrino, Gianluigi Pellegrino e Riccardo Marone, ed elettivamente domiciliata, unitamente ai difensori, presso l’avv. Luigi Napolitano in Roma, via Sicilia n. 50, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione terza, n. 6131 del 27 dicembre 2011;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pompei, della Provincia di Napoli, del Ministero per i beni e le attività culturali e di Fergos s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 novembre 2012 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Marcello Fortunato, Carmine Cesarano, Gherardo Marone, Riccardo Marone, Gianluigi Pellegrino e l'avvocato dello Stato Federica Varrone.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 2318 del 2012, Oplonti s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione terza, n. 6131 del 27 dicembre 2011 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Pompei, il Ministero dei beni e delle attività culturali, la Regione Campania, la Provincia di Napoli, l’Autorità di bacino del Sarno e Fergos s.r.l. per l'annullamento:
1) relativamente al titolo edilizio:
a) del permesso di costruire n. 1043 del 29 dicembre 2009 con il quale il dirigente del VI Settore del Comune di Pompei ha concesso alla Fergos s.r.l. l’autorizzazione per l’intervento edilizio erroneamente qualificato di ristrutturazione edilizia e riconversione dello stabilimento ex Aticarta sito alla via Campo Aviazione;
b) ove e per quanto occorra della delibera di G.C. n. 12 del 4 gennaio 2007 richiamata nel provvedimento sub a);
c) del decreto dirigenziale n. 103 del 31.10.2007 con il quale è stata concessa l’autorizzazione ambientale ai sensi dell’art. 159 del d.lg. n. 42/2004, in uno al parere espresso dalla CEI con verbale n. 43 del 30.10.2007;
d) della nota della Soprintendenza dei BB.AA. di Napoli prot. n. 4080 del 22 febbraio 2008 con la quale è stato comunicato che non sussistono gli estremi per disporre l’annullamento dell’autorizzazione ambientale;
e) ove e per quanto occorra dell’istruttoria eseguita dal dirigente del VI Settore, richiamata nel provvedimento sub a);
f) del parere favorevole condizionato espresso in data 25 luglio 2007 dal Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino del Sarno;
g) di ogni altro provvedimento e/o parere reso nel corso del procedimento con il quale l’intervento edilizio in oggetto è stato qualificato di “ristrutturazione edilizia” e compatibile con la destinazione industriale dell’area;
2) con riguardo al titolo annonario:
h) dell’autorizzazione n. 1 del 29 dicembre 2009 con la quale il dirigente del Settore VII del Comune di Pompei ha autorizzato la Fergos s.r.l. ad aprire un centro commerciale di tipologia “GACP”, per una superficie di mq. 24.000, nell’ambito degli immobili di cui ai titoli edilizi sub a);
i) del verbale della Conferenza di Servizi n. 1 del 13 settembre 2007, con il quale è stato espresso parere favorevole all’apertura della grande struttura sub h);
l) dei pareri favorevoli resi dalla Regione Campania, dalla Provincia di Napoli e dal Comune di Pompei per il rilascio dell’autorizzazione sub h);
m) della delibera del C.C. n. 33 del 27 dicembre 2006 con la quale il Comune di Pompei ha approvato il nuovo S.I.A.D.;
n) del decreto n. 154 del 26 aprile 2007 con il quale il dirigente dell’A.G.G. Sviluppo Attività Settore Terziario – Settore Sviluppo e Promozione delle Attività Commerciali della Regione Campania ha reso il visto di conformità al SIAD di Pompei;
o) di tutti gli atti presupposto, collegati, connessi e consequenziali.
Dinanzi al giudice di prime cure, con ricorso notificato il 15 novembre 2010 e depositato il successivo giorno 23, la ricorrente società Oplonti, titolare di iniziative commerciali nell’area sovracomunale, aveva impugnato i titoli edilizi e commerciali rilasciati dal Comune di Pompei alla controinteressata Fergos s.r.l. per l’apertura di una grande struttura di vendita alla via Campo Aviazione nel medesimo Comune.
Esponeva la ricorrente che la Fergos s.r.l. aveva acquistato lo stabilimento industriale della Aticarta s.p.a. – ubicato in zona omogenea D1 industriale di completamento del vigente P.R.G. – per realizzarvi, attraverso la demolizione e la ricostruzione dei corpi di fabbricati preesistenti, un centro commerciale. Secondo la ricorrente, nonostante la non conformità urbanistica ed edilizia dell’intervento, la controinteressata aveva ottenuto tutti i titoli abilitativi. In particolare, il Comune aveva rilasciato alla società Fergos un’autorizzazione per ristrutturazione edilizia che maschera in realtà un intervento di nuova costruzione.
A sostegno del gravame la ricorrente deduceva i seguenti motivi:
a) con riguardo ai titoli edilizi:
1) violazione di legge (artt. 10 e ss. del D.P.R. n. 380/2001 in relazione all’art. 20 del d.lg. n. 152/2006 come modificato dal d.lg. n. 4/2008), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto - di istruttoria – erroneità manifesta) in quanto il progetto non era stato sottoposto alla verifica di assoggettabilità a V.I.A., così come prescritto dall’art. 20 del d.lg. n. 152/2006;
2) violazione di legge (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 – artt. 7, 9 e 14 Piano territoriale paesistico dei Comuni Vesuviani), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta) in quanto il PTP all’art. 14 delle NTA, in assenza di apposito strumento attuativo di pianificazione, consentiva solo interventi di ristrutturazione edilizia, ipotesi che nella fattispecie non ricorreva trattandosi della realizzazione di varianti essenziali al preesistente fabbricato (modifica della sagoma, incremento delle superfici e diversa collocazione nell’ambito del lotto con cambiamenti nella rete viaria);
3) violazione di legge (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 – artt. 7, 9 e 14 Piano territoriale paesistico dei Comuni Vesuviani in relazione all’art. 159 del d.lg. n. 42/2004), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta) in quanto, stante il contrasto con il PTP vigente, la Soprintendenza non avrebbe dovuto rilasciare l’autorizzazione paesaggistica;
4) violazione di legge (art. 3 del D.P.R. n. 380/2001, art. 16 Piano Stralcio per l’assetto idrogeologico (P.S.A.I.) adottato dal Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino del Sarno in data 10.4.2002), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta) in quanto, ai sensi dell’art. 16, comma 1, punto a) delle NN.TT.AA. allegate al piano stralcio di Bacino, nell’area in oggetto sono consentiti solo “interventi di ristrutturazione edilizia”;
5) violazione di legge (artt. 12 e ss. del D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 13 e 14 della l.r.c. n. 1/2000), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento), in quanto la zona era urbanisticamente classificata come “zona omogenea “D1 - industriale” del vigente P.R.G. e, pertanto, non ra consentita la destinazione commerciale;
6) violazione di legge (artt. 12 e ss. del D.P.R. n. 380/2001) violazione di legge (art. 5 del D.M. n. 1444/1968), eccesso di potere (difetto assoluto dei presupposti, difetto di istruttoria e arbitrarietà), in quanto gli standard urbanistici richiesti per gli insediamenti commerciali erano più elevati di quelli per l’industria e l’artigianato;
7) violazione di legge (artt. 14 e 16 del D.P.R. n. 380/2001; art. 5 del D.M. n. 1444/1968), violazione del Piano regolatore del Comune di Sapri (artt. 51 e ss.), eccesso di potere (difetto di assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento), in quanto il permesso di costruire, se era stato concesso in deroga allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 380/2001, ciò era avvenuto senza rispettare i presupposti ivi previsti;
B) con riguardo al titolo commerciale:
8) violazione di legge (artt. 12 e ss. del D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 13 e 14 della l.r.c. n. 1/2000) eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento) in quanto le autorizzazioni per l’avvio di grandi strutture di vendita presupponevano la conformità urbanistica che nella specie non ricorreva;
9) violazione di legge (art. 6 della l.r.c. n. 1/2000), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento) in quanto in base all’art. 6, comma 7 della l.r. n. 1/2000 per ogni metro quadro di superficie di vendita dovevano essere previsti 2 mq. di parcheggio mentre nella fattispecie a fronte di 24.000 mq. di superficie di vendita era destinata a parcheggio un’area di soli 47.980 mq dai quali va sottratta la superficie (pari a 16.511 mq.) di parcheggi gravati da servitù di uso pubblico;
C) relativamente al SIAD:
10) violazione di legge (art. 13 della l.r.c. n. 1/2000), violazione del piano regolatore del Comune di Sapri (artt. 51 e ss.), eccesso di potere (difetto assoluto del presupposto, di istruttoria, arbitrarietà e sviamento) in quanto attraverso l’approvazione del SIAD non è possibile apportare variazioni allo strumento urbanistico.
Costituitisi il Ministero per i beni e le attività culturali a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, il Comune di Pompei, la controinteressata Fergos s.r.l. e la Provincia di Napoli, venivano sollevate una serie di eccezioni processuali:
- inammissibilità del gravame per carenza di interesse e/o difetto di legittimazione attiva in quanto non viene chiarito all’atto dell’introduzione del ricorso quale sia l’interesse concreto e attuale all’impugnativa e, comunque, questo non può radicarsi sulla mera circostanza dell’esercizio di un’attività concorrente;
- sotto un ulteriore profilo, carenza dell’interesse al ricorso in quanto la ricorrente non ha provato di avere un’attività commerciale in essere e geograficamente vicina;
- irricevibilità per tardività in quanto il permesso di costruire impugnato è del dicembre 2009 e il cantiere è stato avviato nel mese di aprile del 2010 con affissione del cartello recante i dati del permesso di costruire, nonché, la natura e l’oggetto dei lavori da eseguire.
Respinta la domanda di tutela cautelare con l’ordinanza n. 90 del 14 gennaio 2011, alla pubblica udienza del 1 dicembre 2011 la causa veniva discussa e poi decisa con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva irricevibile il ricorso, ritenendo tardive le censure proposte sulla correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, individuando il momento della decorrenza del termine per l’impugnazione nel momento dell’affissione del cartello di cantiere per l’opera in corso di realizzazione.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione ai profili processuali e ripropone la doglianze già esposte davanti al T.A.R..
Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dei beni e delle attività culturali, il Comune di Pompei, la Provincia di Napoli e la Fergos s.r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 17 aprile 2012, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato a altra data e alla successiva udienza del 4 maggio 2012, la Sezione, con ordinanza n. 1677/2012, dava atto della rinuncia alla domanda cautelare.
All’udienza del 27 novembre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. - In via preliminare, occorre scrutinare le eccezioni processuali sollevate contro il ricorso proposto in primo grado, e ripetute per il grado di appello, nel cui ambito è ricompresa la stessa eccezione di irricevibilità, fatta propria dal T.A.R. per fondare la propria decisione.
Proprio la censura di questa statuizione, che ha determinato il rigetto del ricorso proposto, è oggetto di censura con il primo motivo di diritto, dove l’appellante Oplonti s.r.l. lamenta error in iudicando, violazione di legge, eccesso di potere (come difetto del presupposto, di istruttoria, erroneità manifesta, travisamento e sviamento). Nel dettaglio, viene lamentata la ricostruzione operata dal giudice di prime cure sulla domanda proposta, dove questa ha affermato che l’oggetto fosse nella contestazione della inedificabilità dell’area. Su tale assunto è stata poi ricostruita la decisione, centrata sulla rilevanza dell’apposizione del cartello di cantiere ai fini della decorrenza del termine per impugnare.
2.1. - La doglianza è fondata e va accolta.
Occorre evidenziare come la sentenza gravata riposi sull’assunto che il ricorso proposto consideri l’area del tutto inedificabile. Sulla scorta di tale assunto, la sentenza sarebbe quindi certamente corretta, atteso che, se è vero che il termine decadenziale per l'impugnazione di un permesso di costruire decorre dalla piena conoscenza dell'esistenza e dell'entità delle violazioni urbanistiche o del contenuto specifico del progetto edilizio e non è normalmente sufficiente a questo fine la presenza del cartello di cantiere recante l'indicazione della concessione edilizia e la descrizione dell'intervento e neppure la data di inizio lavori (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 23 settembre 2011 n. 5346), è del pari vero che gli elementi cognitivi necessari all’impugnazione sono già tutti contenuti in tale cartello nei casi in cui non si contesti il profilo quantitativo o qualitativo dell’opera ma la sua stessa fattibilità in relazione alla supposta natura inedificabile dell’area interessata (Consiglio di Stato, sez. IV, 27 maggio 2010 n. 3378).
Tuttavia, nel caso in questione, la contestazione non poggiava affatto sulla inedificabilità dell’area, ma sulla possibilità che un intervento di carattere commerciale fosse allocato su un’area a destinazione industriale. Pertanto, l’intero complesso delle affermazioni della sentenza appare fuori fuoco, visto che le premesse non si attagliano alla situazione di fatto esistente. Pertanto, il riferimento al momento di apposizione del cartello appare del tutto inconferente, per cui, riprendendo vigore la norma generale sui termini di decorrenza, con il contestuale obbligo a carico della parte favorita di dare prova dell’intervenuta decadenza (in concreto non fornito), deve sostenersi la tempestività del ricorso in prime cure.
Consequenzialmente, il motivo di censura va accolto, con annullamento della sentenza de qua e obbligo di procedere all’esame delle questioni non valutate dal T.A.R..
3. - Venendo al prosieguo delle eccezioni preliminari, va respinta quella proposta da Fergos s.r.l. e relativa alla carente legittimazione dell’attuale appellante, eccezione che viene sviluppata sia in rapporto alle esigenze cautelari (punto 1) che alla decisione di merito (punti 4.1, 4.2 e 4.3). Infatti la ragione proposta riguarda l’esistenza di un contenzioso sui titoli rilasciati a Oplonti s.r.l., impugnati con altro ricorso già respinto in primo grado dal T.A.R. di Napoli, con sentenza n. 1408 del 2011 e ora oggetto di appello.
Appare evidente che, in disparte le questioni sugli esiti collegati dei due diversi atti di appello, la legittimazione di Oplonti s.r.l. si fonda su un fatto sostanziale (rilevante al momento della decisione e non in quello della proposizione del ricorso, contrariamente a quanto sostenuto nell’eccezione di cui al punto 4.1), ossia il rilascio dei detti titoli abilitativi e l’appartenenza delle due imprese commerciali allo stesso bacino di utenza (sulla legittimazione fondata nelle conseguenze derivanti dagli spostamenti della clientela per la fruizione delle infrastrutture commerciali, vedi Consiglio di Stato, sez. IV, 26 marzo 2012 n. 10166), su cui non incida per nulla la vicenda processuale, che ha anzi confermato la bontà di tali provvedimenti.
Pertanto, la Oplonti s.r.l. deve essere considerata legittimata alla proposizione del ricorso nei confronti della Fergos s.r.l..
4. - Possono ora esaminarsi le questioni di merito proposte, con la previa considerazione che si tratta di questioni del tutto connesse, sebbene riguardanti i diversi profili del titolo edilizio (in relazione all’impugnazione del permesso di costruire n. 1043 del 29 dicembre 2009, della delibera di G.C. n. 12 del 4 gennaio 2007, del decreto dirigenziale n. 103 del 31.10.2007 con il quale è stata concessa l’autorizzazione ambientale e della nota della Soprintendenza dei BB.AA. di Napoli prot. n. 4080 del 22 febbraio 2008), del titolo commerciale (in relazione all’impugnazione dell’autorizzazione n. 1 del 29 dicembre 2009, del verbale della Conferenza di Servizi n. 1 del 13 settembre 2007, dei pareri favorevoli resi dalla Regione Campania, dalla Provincia di Napoli e dal Comune di Pompei) e infine della valutazione SIAD (e quindi della delibera del C.C. n. 33 del 27 dicembre 2006 con la quale il Comune di Pompei ha approvato il nuovo S.I.A.D. e del decreto n. 154 del 26 aprile 2007 con il quale il dirigente dell’A.G.G. Sviluppo Attività Settore Terziario – Settore Sviluppo e Promozione delle Attività Commerciali della Regione Campania ha reso il visto di conformità al SIAD di Pompei).
Infatti, deve evidenziarsi come il tema centrale delle vicenda attenga alla valutazione del progetto de qua e alla sua compatibilità urbanistica, dato che l’esatta qualificazione dell’intervento rifluisce sull’assoggettamento a VIA dell’opera (punto II del ricorso di appello), sulla compatibilità con il piano territoriale paesistico dei Comuni vesuviani (punto III e IV) e con il Piano stralcio del bacino del Sarno (punto V). Per altro verso, appaiono dotati di loro autonomia concettuali sia le censure relative all’inserimento dell’opera in una area a destinazione commerciale (punto VI e IX), alla incompatibilità tra destinazione commerciale e industriale (punto VII e VIII) e in misura minore quelle relative alla quantificazione degli spazi accessori (punto X), come pure quelle attinenti all’approvazione ed alla applicazione del SIAD, strumento di settore della distribuzione (punto XI).
Occorre quindi partire dalla esatta qualificazione dell’intervento proposto per individuare la disciplina applicabile. Infatti, nell’area de qua, sottoposta a disciplina di tutela sia nell’ambito del Piano territoriale paesistico dei Comuni vesuviani (art. 14 delle NTA) sia nel Piano stralcio del bacino del Sarno (art. 16 comma 1 punto a) sono consentiti unicamente interventi di ristrutturazione edilizia e non quelli di nuova costruzione.
Nelle memorie della Fergos s.r.l., l’opera viene descritta appunto come intervento di ristrutturazione edilizia di una struttura esistente, comportante una riduzione delle superfici coperte e delle aree impermeabilizzate, oltre che un significativo aumento delle aree a verde (pag. 15). Al contrario, l’appellante evidenzia come l’intero manufatto sia realizzato mediante l’eliminazione di alcuni volumi, facenti parte dell’originario stabilimento, e il loro accorpamento, in fase di ricostruzione dell’opera, con il corpo della fabbrica principale. Tale evenienza, che per l’appellante evidenzia l’esistenza di una nuova costruzione, è ritenuta invece compatibile con il concetto di ristrutturazione da parte della Fergos s.r.l..
All’analisi degli atti, e in particolare i grafici del progetto definitivo (all. 6 della produzione della parte appellante), si evince come il manufatto oggetto di impugnativa sia composto da corpi di fabbrica oggetto di recupero formale e strutturale, corpi di fabbrica oggetto di sostituzione ed adeguamento anche formale delle parti strutturali e corpi di fabbrica ricollocati. In concreto, raffrontando i diversi grafici, emerge visivamente come non vi sia corrispondenza tra le aree di sedime dei manufatti preesistenti con quelli realizzati a seguito dell’intervento edilizio de qua. Il presupposto fattuale della vicenda è quindi oltremodo chiaro, non essendovi contestazione su tale presupposto (la difesa di Fergos s.r.l. infatti evidenzia unicamente che tale spostamento sia riconducibile parimenti alla nozione di ristrutturazione, che non considera in alcun modo la nozione di sedime).
Dalla valutazione del presupposto in fatto discende ora il problema giuridico della valutazione giuridica e della sussunzione dell’intervento nelle categorie definitorie di cui all’art. 3 del testo unico dell’edilizia.
4.1. - La doglianza è fondata e va accolta.
La questione centrale da esaminare nella fattispecie in scrutinio è la riconducibilità dell’intervento proposto nell’area nozionale degli interventi sull’esistente, e in particolare della ristrutturazione edilizia, atteso che l’intervento edilizio de qua, in disparte le considerazioni sui profili volumetrici, viene realizzato mediante la demolizione degli edifici preesistenti e la loro collocazione in una area di sedime diversa, oppure al contrario in quella di opera di nuova costruzione.
Proprio il tema della rilevanza del concetto di sedime appare, in effetti, oggetto di discussione nell’ambito della nozione di ristrutturazione edilizia.
La circolare 7 agosto 2003 n. 4174 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, intitolata “Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301. Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia”, esaminata la definizione di ristrutturazione edilizia ed evidenziato che questa non richiama più il concetto di “area di sedime”, afferma espressamente: “non si ritiene che l'esclusione di tale riferimento possa consentire la ricostruzione dell'edificio in altro sito, ovvero posizionarlo all'interno dello stesso lotto in maniera del tutto discrezionale. La prima ipotesi è esclusa dal fatto che, comunque, si tratta di un intervento incluso nelle categorie del recupero, per cui una localizzazione in altro ambito risulterebbe palesemente in contrasto con tale obiettivo; quanto alla seconda ipotesi si ritiene che debbono considerarsi ammissibili, in sede di ristrutturazione edilizia, solo modifiche di collocazione rispetto alla precedente area di sedime, sempreché rientrino nelle varianti non essenziali, ed a questo fine il riferimento è nelle definizioni stabilite dalle leggi regionali in attuazione dell'art. 32 del Testo unico. Resta in ogni caso possibile, nel diverso posizionamento dell'edificio, adeguarsi alle disposizioni contenute nella strumentazione urbanistica vigente per quanto attiene allineamenti, distanze e distacchi”.
Rispetto a questa posizione ministeriale, di parziale apertura almeno alle dislocazioni interne al lotto, si riscontrano invece posizioni della giurisprudenza orientate in senso opposto (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 2008 n. 6214; Consiglio di Stato, sez. V, 15 aprile 2004 n. 2142, per l’espressa affermazione che la ristrutturazione edilizia individua un intervento dove non si assista ad alcun incremento per i volumi, le sagome e le superfici, salvo una diversa distribuzione di quelle assentite, né una maggiore o diversa occupazione delle aree di sedime), evidenziando come lo spostamento della collocazione del manufatto costituisce una nuova costruzione e non un intervento sull’esistente.
La lettura in senso restrittivo della nozione di ristrutturazione urbanistica, così sostenuta, ha ricevuto poi un avallo autorevolissimo dalla giurisprudenza costituzionale, dove si legge (Corte Costituzionale, 23 novembre 2011 n. 309) in maniera assolutamente lineare e condivisibile che “in base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale - configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia”. Pertanto, la nozione di sagoma di cui all’art. 3, comma 1 lett. d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” (che definisce gli "interventi di ristrutturazione edilizia", come “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica”) comprende l’intera conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale e, con sequenzialmente, anche il rispetto della pregressa area di sedime.
Inoltre, proprio il riferimento alla conformazione planovolumetrica e alla prevalenza delle definizioni di cui al testo unico dell’edilizia, elementi contenuti nella pronuncia della Corte costituzionale sopra citata, consente di ritenere superate le voci difformi alla lettura restrittiva qui proposta (tra tutte, Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2006 n. 2364, in merito alla prevalenza della normativa tecnica di p.r.g. che consentiva la sostituzione dell'organismo con altro in parte o in tutto diverso dal precedente, anche dal punto di vista del sedime).
Non può quindi condividersi la ricostruzione fatta dalla parte appellata che vede lo spostamento dell’area di sedime come fatto di minor rilievo dal punto di vista edilizio e qualificabile come profilo legittimo della ristrutturazione edilizia. Al contrario, il manufatto qui in esame è da considerarsi edificio di nuova costruzione, e come tale soggetto a una disciplina diversa, ben più restrittiva.
Individuati i termini fattuali della questione e chiarita la natura dell’intervento preventivato, ne deriva la fondatezza dell’appello proposto anche per quanto attiene i profili di merito. In dettaglio, dovendosi annullare, poiché fondati su un presupposto di fatto erroneo, gli atti concernenti il rilascio del titolo edilizio (e quindi il permesso di costruire n. 1043 del 29 dicembre 2009 con il quale il dirigente del VI Settore del Comune di Pompei ha concesso alla Fergos s.r.l. l’autorizzazione per l’intervento edilizio erroneamente qualificato di ristrutturazione edilizia e riconversione dello stabilimento ex Aticarta sito alla via Campo Aviazione, il decreto dirigenziale n. 103 del 31.10.2007 con il quale è stata concessa l’autorizzazione ambientale ai sensi dell’art. 159 del d.lg. n. 42/2004, in uno al parere espresso dalla CEI con verbale n. 43 del 30.10.2007, la nota della Soprintendenza dei BB.AA. di Napoli prot. n. 4080 del 22 febbraio 2008 con la quale è stato comunicato che non sussistono gli estremi per disporre l’annullamento dell’autorizzazione ambientale e il parere favorevole condizionato espresso in data 25 luglio 2007 dal Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino del Sarno), la Sezione può esimersi dall’esaminare le altre censure relative alle altre due fasi procedimentali, atteso che le stesse dovranno necessariamente essere riviste in caso di nuova proposizione della domanda autorizzatoria.
5. - L’appello va quindi accolto. Le spese processuali seguono la soccombenza nei confronti dell’appellata Fergos s.r.l., mentre possono essere integralmente compensate tra le altre parti del giudizio, stanti le oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sull’esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Accoglie l’appello n. 2318 del 2012 e per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione terza, n. 6131 del 27 dicembre 2011, accoglie il ricorso di primo grado;
2. Condanna Fergos s.r.l. a rifondere a Oplonti s.r.l. le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in €. 5.000,00 (euro cinquemila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge;
3. Compensa integralmente tra le rimanenti parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2012, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Sergio De Felice, Presidente FF
Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)