Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1653, del 8 aprile 2014
Urbanistica.Demolizione del fabbricato e ricostruzione
Pur non esulando dal concetto normativo di ristrutturazione edilizia la demolizione del fabbricato, ove sia seguita dalla sua fedele ricostruzione, non è sufficiente, ai fini della qualificazione di un intervento ricostruttivo come ristrutturazione, che un anteriore fabbricato sia fisicamente individuabile in tutta la sua perimetrazione, e che la ricostruzione di esso, oltre ad essere effettuata in piena conformità di sagoma, di volume e di superficie, venga eseguita in un tempo ragionevolmente prossimo a quello della avvenuta demolizione per cause naturali od opera dell'uomo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 01653/2014REG.PROV.COLL.
N. 08405/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8405 del 2002, proposto dai signori Giorgio Bocchini e Ilaria Bocchini, rappresentati e difesi dagli avvocati Angelo Clarizia e Antonio Carullo, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
Comune di Gambettola, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Gaetano Rossi, Guido Viola e Sergio Viola, con domicilio eletto presso Guido Viola in Roma, Lungotevere Flaminio n..46;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 00579/2001, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in santoria per realizzazione opere in fabbricato
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2014 il Consigliere Carlo Schilardi. Nessuno è presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I signori Giorgio Bocchini e Liliana Bocchini, proprietari di un fabbricato nel Comune di Gambettola al viale Carducci n. 29, presentavano domanda di concessione edilizia per lavori di ristrutturazione e di mutamento d'uso, assentiti con provvedimento n. 219 del 10 ottobre 1997.
Nel corso dei lavori venivano eseguite opere in difformità ed i signori Bocchini presentavano al Comune di Gambettola istanza di concessione in sanatoria ex art. 13 legge n. 47/1985.
L'amministrazione comunale, con provvedimento n. 17578 del 9 ottobre 2000 del responsabile del IV settore - assetto del territorio - servizio urbanistica ed edilizia privata, esprimeva parere negativo, ritenendo che i lavori eseguiti in difformità avevano prodotto un ampliamento del fabbricato e non la ristrutturazione per la quale era stata ottenuta l'originaria concessione.
Avverso il diniego i signori Giorgio Bocchini e Liliana Bocchini proponevano ricorso al T.A.R. per l'Emilia Romagna, chiedendo l'annullamento del provvedimento e l'accertamento del loro diritto all'approvazione del progetto in sanatoria ai sensi degli artt. 34 e 35 del D.lgs. n. 80/1998.
Con sentenza n. 579 del 28 giugno 2001, depositata il 23 luglio 2001, il T.A.R. rigettava il ricorso, unitamente alla richiesta di risarcimento del danno, ritenendo che i lavori effettuati in difformità dalla concessione edilizia originaria, si concretizzavano in un ampliamento del manufatto e che erano state violate le norme sulle distanze legali previste dal piano regolatore generale del Comune di Gambettola.
Avverso la pronuncia hanno proposto appello i signori Giorgio Bocchini e Liliana Bocchini.
Il Comune di Gambettola si è costituito in giudizio e ha chiesto il rigetto dell'appello e la conferma dell'impugnata sentenza.
All'udienza pubblica del 4 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Con il primo motivo di censura gli appellanti lamentano violazione ed errata applicazione dell'art. 13 della legge n. 47/1985, eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto, travisamento, contraddittorietà, illogicità, violazione ed erronea applicazione degli artt. 27 e 44 delle N.T.A. (norme tecniche di attuazione) del piano regolatore generale e dell'art. 30 del regolamento edilizio comunale, nonché dell'art. 1 della legge n. 10/1977, degli artt. 7,8,12 e 13 della legge n. 47/1985, dell'art. 31 della legge n. 457/1978 e dell'art. 4 del D.L. n. 398/1998 (convertito con modificazioni dalla legge n. 493/1993, come sostituito dall'art. 2, comma 60, della legge n.662/1996, difetto di istruttoria.
Con il secondo motivo di censura gli appellanti lamentano difetto di istruttoria e di motivazione, eccesso di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto e di diritto.
Con il terzo motivo gli appellanti chiedono l'applicazione dell'art. 35 del D.lgs. n. 80 del 31 marzo 1998 e, per l'effetto, il risarcimento del danno da porsi a carico del comune di Gambettola, per il pregiudizio economico che il provvedimento gravato avrebbe arrecato agli stessi.
Gli appellanti sostengono, in primo luogo, che i lavori eseguiti in difformità dal progetto originario non avrebbero sostanziato un ampliamento del fabbricato, in quanto contenuti sotto la soglia di rilevanza delle variazioni essenziali e sarebbero intervenuti su vani non utili, per cui non ricorreva l'obbligo di rispettare le N.T.A. del piano regolatore generale, previste per gli ampliamenti.
I lavori in oggetto, conseguentemente, ad avviso dei signori Bocchini, avrebbero potuto essere assentiti in sanatoria.
Con il secondo motivo di censura, strettamente connesso al precedente, gli appellanti sostengono che, al caso di specie, possa applicarsi il principio dei cosiddetti "commoda" della prevenzione, secondo il quale, nei casi di demolizione ed immediata ricostruzione, il proprietario conserva il diritto di ricostruire con analoga ubicazione rispetto al confine.
Orbene, deve osservarsi che nelle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica quando gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, interessano un edificio nel quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura.
E’ ravvisabile l’ordinaria ricostruzione, poi, allorché vengano meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, le citate componenti essenziali dell’edificio preesistente e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse, senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio e, sopratutto, senza aumenti di volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro.
Diversamente, in presenza di aumenti di volumetria, si verte in ipotesi di nuova costruzione, con i relativi effetti, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui esistenti, come previsto dagli strumenti urbanistici vigenti.
Resta ferma, peraltro, la possibilità che lo strumento urbanistico estenda, con una norma espressa, le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni anche alle ricostruzioni, ovvero, alle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario (cfr. Cass. n. 9637 del 2006; Cass. n. 19287 del 2009).
Quanto evidenziato, non muta anche ove si abbia riguardo al disposto della legge n. 457 del 1978, invocata dal ricorrente, atteso che, in base all’articolo 31, comma 1, lett. d), costituiscono ristrutturazioni edilizie, con conseguente esonero dall'osservanza delle prescrizioni sulle distanze per le nuove costruzioni, gli interventi su fabbricati ancora esistenti e, dunque, su entità dotate quanto meno di murature perimetrali, di strutture orizzontali e di copertura, tali da assolvere alle loro essenziali funzioni di delimitazione, sostegno e protezione dell'entità stessa. Ne consegue che, pur non esulando dal concetto normativo di ristrutturazione edilizia la demolizione del fabbricato, ove sia seguita dalla sua fedele ricostruzione, non è sufficiente, ai fini della qualificazione di un intervento ricostruttivo come ristrutturazione, che un anteriore fabbricato sia fisicamente individuabile in tutta la sua perimetrazione, e che la ricostruzione di esso, oltre ad essere effettuata in piena conformità di sagoma, di volume e di superficie, venga eseguita in un tempo ragionevolmente prossimo a quello della avvenuta demolizione per cause naturali od opera dell'uomo" (cfr. Cass. n. 22688 del 2009).
Invero, in materia urbanistica, tra gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, anche alla luce del disposto dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, possono rientrare le sostituzioni di manufatti precedenti con costruzioni completamente nuove, purché, per quanto rimaneggiato ed in parte ricostruito, come risultato finale l’edificio conservi la struttura e la funzionalità precedenti e non si tratti di un'opera nuova, sia strutturalmente che funzionalmente.
Conseguentemente, non può essere condiviso l'assunto degli appellanti che, nel caso di specie, con l'intervenuta ricostruzione dell'immobile si possano conservare i precedenti "commoda", perché la semplice constatazione dell'aumento di superficie e di volumetria è sufficiente a rendere l'intervento edilizio non riconducibile al paradigma normativo della ristrutturazione e all'esonero dall'osservanza delle distanze legali previsto per detto tipo di interventi.
Sulla base di tali considerazioni, anche il secondo motivo di appello risulta manifestamente infondato.
Giova evidenziare, infatti, come rilevato dal T.A.R., che anche se sulla misura dell'ampliamento le parti non concordano, dalla relazione tecnica depositata dagli stessi appellanti il 9 giugno 2001, nel primo grado di giudizio, si evince che " il fabbricato è stato alzato di cm. 78- 80 meno i cm. 30 che erano preesistenti, per cui il fabbricato è stato alzato di cm. 48 - 50 dalla situazione prima dell'intervento ", mentre il Comune (pag. 4 del controricorso) sostiene che la differenza di altezza sarebbe di 86 cm. e l'incremento del volume totale sarebbe stato di mc. 97,53.
E' quindi incontroverso che un aumento di altezza e di volume ci sia stato e l'ampliamento intervenuto esclude che, nella fattispecie, si tratti di una ristrutturazione e, in parte qua, l’edificio soggiace al rispetto delle distanze legali.
L’accertata legittimità del provvedimento del Comune di Gambettola di diniego di rilascio della concessione edilizia in sanatoria ex art. 13 della legge n. 47/1985, in coerenza con la normativa di riferimento e le prescrizioni delle norme tecniche di attuazione del vigente piano regolatore del Comune, comporta la non sussistenza dei presupposti per prendere in esame, ai fini dell’eventuale accoglimento, la richiesta di risarcimento del danno. avanzata dagli appellanti.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in misura di euro 2.500,00 (duemilacinquecento) in favore del Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in misura di E. 2500, 00 (duemilacinquecento) in favore del Comune appellato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pajno, Presidente
Manfredo Atzeni, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)