Cons.Stato, Sez. IV n. 5307 del 17 ottobre 2012
Urbanistica.Ritipizzazione di aree decorso il termine quinquennale di vincolo.
L’istanza di ritipizzazione urbanistica non implica necessariamente ne l’automatica destinazione edificatoria del suolo in assenza dei relativi presupposti di legittimità e di opportunità, e neppure l’automatica reitera del vincolo. Infatti, la scadenza del vincolo a contenuto espropriativo relativo ad un terreno non determina assolutamente l'effetto di rendere immediatamente edificabile un suolo non specificamente pianificato, in quanto il regime delle aree non pianificate di cui all’art. 9 del d.lgs. n.380/2001 e s.m.i. è tale da escludere un’automatica destinazione edificatoria (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 05307/2012REG.PROV.COLL.
N. 01718/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1718 del 2012, proposto da:
Regione Puglia, rappresentato e difeso dall'avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso Puglia Delegazione Regionale in Roma, via Barberini, 36;
contro
Comune di Foggia, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Dragonetti, con domicilio eletto presso Mario Lacagnina in Roma, via S. Tommaso D'Aquino 75; Commissario Ad Acta-Delegato;
nei confronti di
Immobiliare La Pineta Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Mescia, Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via G.Paisiello, 55;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 00118/2012, resa tra le parti, concernente silenzio dell'amministrazione a seguito del termine di decadenza del vincolo preordinato all'esproprio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Foggia e di Immobiliare La Pineta Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2012 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Anna Bucci e Giuseppe Mescia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Si deve premettere che la società ricorrente aveva richiesto, ai sensi dell’articolo 21 bis della legge n. 1034/1971, la declaratoria dell’illegittimità del silenzio mantenuto sulla sua istanza di ritipizzazione di alcune are di sua proprietà, a seguito del venir meno -- per il decorso del termine quinquennale del vincolo a “SP- attrezzature pubbliche di quartiere”, fermo restando che l’altra parte dell’area era classata in zona “B1- edilizia residenziale indipendente dai confini di isolati e viabilità”.
Il Tar in sede di accoglimento del ricorso per silenzio aveva nominato un Commissario ad acta il quale aveva adottato una “variante urbanistica” limitata alla sola area de quo, autonomamente ritipizzata come zona B. 2.2- Edilizia: nuova”.
Il Commissario rimetteva la predetta delibera alla Regione ritenendo dovessero essere effettuati gli adempimenti finalizzati all’approvazione definitiva di cui all’articolo 16, comma 15 L.R. Puglia n. 56/1980.
Il servizio urbanistico regionale -- rispettivamente in data 8 giugno 2011, 16 giugno 2011 e 6 agosto 2011— chiedeva ulteriori chiarimenti ed integrazioni su alcuni aspetti di merito e sulle certificazioni di pubblicazione della variante.
Con ordinanza n. 979/2011 il Tar Bari, su incidente di esecuzione della società appellata, ha invece concluso che, nel caso, si sarebbe maturato il silenzio assenso di cui all’articolo 11, ottavo comma della L.R. Puglia n. 20/2001. In conseguenza di tale decisione, il Commissario il 10 agosto 2011 adottava l’approvazione definitiva della variante, senza attendere il completamento della fase procedimentale di competenza regionale.
La Regione Puglia, odierna appellante, che ha anche gravato comunque in via ordinaria dinanzi al competente Tar gli atti del Commissario, chiede l’annullamento della sentenza n.118/2012 del TAR Puglia, con cui in parte è stato dichiarato inammissibile, ed in parte è stato respinto, l’incidente di esecuzione promosso dalla medesima.
L’appello in esame, è affidato alla denuncia di numerosi articolati profili di gravame relativi all’erroneità della decisione per violazione della disciplina statale regionale in materia di governo del territorio, con particolare riferimento la legge urbanistica fondamentale e dalle L.L. R.R. Puglia n. 56/1980 e n. 20/2001.
La società immobiliare “La Pineta” si è costituita in giudizio “ad resistendum”, sottolineando analiticamente le proprie argomentazioni a sostegno dell’infondatezza dell’appello.
Il Comune di Foggia si è costituito in giudizio “ad adjuvandum” della società appellata e con memoria ha concluso per il rigetto dell’appello.
Chiamata alla camera di consiglio, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
DIRITTO
___ 1.§. In linea pregiudiziale si deve affermare, d’ufficio, la legittimazione della Regione, ancorché questa originariamente fosse stata rimasta estranea al giudizio al presente appello.
Il diritto di difesa in sede giurisdizionale, dei propri interessi giuridicamente rilevanti, è una facoltà riconosciuta anche alle Amministrazioni pubbliche, come del resto dimostra la sua legittimazione a difendere le proprie normative avanti al Giudice delle leggi e dei conflitti. Pertanto è evidente che la Regione – alla quale è stata commessa dalla Costituzione l’esercizio di potestà legislativa e di competenza amministrativa in materia di governo del territorio – debba essere riconosciuta la titolarità di un preciso interesse, giuridicamente tutelato, ad una corretta interpretazione delle proprie norme.
L’appellante Regione non è infatti un “quisque de populo” che inammissibilmente rivendica una generica “corretta interpretazione” della legge ( ex Cass., sez. I° n. 14574/2010), ma è il soggetto titolare della funzione legislativa che pretende un’applicazione, anche giudiziale, delle proprie norme sistematicamente coerente con gli interessi generali istituzionalmente perseguiti dalla sua legislazione.
Si tratta di un interesse immateriale di notevole spessore e di grande rilievo, in quanto è diretto alla salvaguardia di una funzione costituzionalmente garantita, che appartiene al nucleo essenziale delle competenze fondamentali delle Regioni.
L’appello della Regione Puglia è dunque pienamente ammissibile.
___ 2.§. Ciò posto, il ricorso pone una serie di questioni che vanno esaminate nei sensi che seguono.
Nel merito in primo luogo si deve rilevare che, attenendo fondamentalmente ad un’unica censura, devono essere esaminate unitariamente le prime cinque rubriche di gravame.
___ 2.§.1. Con il primo motivo la Regione Puglia -- che non era stata evocata nel precedente giudizio per la declaratoria di illegittimità del silenzio-rifiuto serbato dal comune di Foggia -- assume l’erroneità della decisione in quanto il TAR:
-- non ha compreso che l’esecuzione di una sentenza, che ha solo dichiarato illegittimità del silenzio, non implicava necessariamente l’accoglimento integrale della pretesa della società;
-- ha tralasciato di considerare la specifica competenza della regione in materia di variante urbanistica;
-- ha erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie l’articolo 11 della legge regionale n. 20/2001, nonostante il fatto che il Comune di Foggia fosse dotato di un piano regolatore valido ed in vigore;
-- ha inesattamente affermato che l’articolo 20 della legge n. 20 cit. avrebbe limitato la sopravvivenza medio tempore del procedimento disciplinato dalla legge n. 56/1980 alle varianti già adottati alla data di entrata in vigore fino all’approvazione dello stesso, senza tener conto del quarto comma dell’articolo 20 cit. testualmente recita “Le varianti agli strumenti comunali di pianificazione urbanistica adeguati alla legge regionale n. 56/1980 e non conforme alle prescrizioni della presente legge possono essere formate seguono le disposizioni stabilite dalla vigente legislazione regionale e statale” .
Per la Regione, anche sotto il profilo letterale, il riferimento alla “vigente legislazione regionale e statale” doveva essere inteso con riferimento alla legislazione precedente perché quando il legislatore regionale pugliese -- sia nel medesimo articolo e dell’intero contesto normativo -- ha voluto riferirsi alla legge 20 ha sempre utilizzato l’espressione “presente legge”.
In conseguenza: i nuovi strumenti di pianificazione generale, ai sensi del primo comma del medesimo articolo 20 seguono la legge regionale del 2001, mentre a tutte le varianti ordinarie ai precedenti PRG, approvati cioè ai sensi della legge regionale n. 56/1980, si continuerebbe ad applicare la predetta normativa, tuttora in vigore in quanto non è mai stata abrogata.
L’approvazione della variante non poteva avvenire senza le necessarie determinazioni regionali ex art. 16 della L.R. n. 56/1980 perché il provvedimento del Commissario costituiva una variante ad un PRG preesistente alla legge n. 20/2001, e non rientrava tra le ipotesi previste di cui all’articolo 36 della legge regionale n. 22/2006.
___ 2.§.2. Con il secondo motivo si lamenta l’erroneità della decisione che non ha tenuto conto della competenza della Regione ad approvare definitivamente gli strumenti di pianificazione urbanistica ai sensi del citato articolo 16 L.R. n.56.
___ 2.§.3. Con il terzo motivo si lamenta la totale erroneità, e la non rispondenza alla realtà, dell’affermazione della sentenza di cui a pagina 3 per cui vi sarebbe stato l’espletamento delle prescritte procedure di pubblicità.
___ 2.§.4. Con il quarto motivo si lamenta che, in conseguenza della ritenuta applicabilità alla fattispecie della legge L.R. 20/2001, in luogo della legge L.R. 56/1980, erano stati erroneamente dichiarati inammissibili i motivi di gravame con cui si contestava l’intervenuta formazione del silenzio assenso. La precedente giurisprudenza dello stesso Tar aveva sempre chiarito che, con il decorso del termine – non decadenziale-- di cui all’articolo 16 della legge regionale n. 56/1980, si maturava il silenzio adempimento che al limite legittimava il ricorso ma giammai il silenzio assenso. In ogni caso sarebbe stata impedita alla regione ogni partecipazione alle scelte del commissario.
___ 2.§.5. Tutti i motivi sono fondati nei sensi che seguono.
In linea generale, contrariamente a quanto mostra di ritenere la società appellata, si deve affermare che, anche dopo la L. R. Puglia 27 luglio 2001 n. 20, la persistente vigenza della L.R. Puglia 31 maggio 1980 n. 56 “Tutela ed uso del territorio” è direttamente testimoniata dall’art. 2 della successiva L.R. 24 luglio 2012, n. 22, il quale ha trasferito le funzioni del soppresso Comitato urbanistico regionale alla Giunta regionale, proprio con diretto esplicito riferimento alla vigenza, all’attualità, della legge.
Sotto il profilo sistematico, la L. R. Puglia n. 20/2001 relativa alle “Norme generali di governo e uso del territorio” è sostanzialmente fondata sul D.R.A.G. (Documento Regionale di Assetto Generale) a cui succedono a cascata i successivi livelli di pianificazione provinciale e locale. In particolare, a livello comunale, l’art. 8 impernia gli strumenti della pianificazione urbanistica comunale solamente su due livelli:
-- il Piano urbanistico generale (P.U.G.) nel quale sono delineate le linee fondamentali dell'assetto dell'intero territorio comunale con riguardo sia alle aree con particolari aspetti ecologici, paesaggistici e produttivi da tutelare e sia alle direttrici di sviluppo edilizio e del sistema delle reti infrastrutturali;
-- i Piani urbanistici esecutivi del P.U.G.( P.U.E. ) che concernono le aree di nuova urbanizzazione ovvero le aree di recupero e che possono, ai sensi dell’art, 15 L.R. cit., essere alternativamente di iniziativa pubblica, di iniziativa privata, o di iniziativa mista.
Mentre nel precedente sistema di cui alla L.R. Puglia n. 56/1980 i livelli di programmazione erano articolati:
-- sul Piano regolatore generale comunale che organizza e disciplina l'intero territorio comunale;
-- su tre possibili strumenti esecutivi del P.R.G. ciascuno con una sua precipua finalità (Piani particolareggiati; Piani di recupero; Piani di lottizzazione).
La sopravvenuta L.R. n.20/2001 dà luogo ad un sistema di pianificazione radicalmente differente rispetto all’articolato sistema di cui alla precedente L.R. n. 56 cit. . Ed è per questa fondamentale ragione che, mentre l’art. 12 della L. n.20 dispone che le variazioni alle previsioni strutturali del P.U.G. debbano essere effettuate “mediante lo stesso procedimento previsto dall'articolo 11”, il quarto comma dell’art. 20, esattamente ricordato dalla Difesa regionale, dispone che “Le varianti agli strumenti comunali di pianificazione urbanistica adeguati alla L.R. Puglia n. 56/1980 e non conformi alle prescrizioni della presente legge possono essere formate e seguono le disposizioni stabilite dalla vigente legislazione regionale e statale.
In sostanza, i nuovi strumenti di pianificazione generale ai sensi del primo comma del medesimo art. 20 devono seguire la L.R. del 2001, mentre le varianti ordinarie dei precedenti PRG restano soggette alla normativa del 1980, tuttora in vigore in quanto non è mai abrogata.
Come esattamente ricordato dalla Difesa dell’appellante, il richiamo alla “vigente legislazione regionale e statale” operata dall’art. 20, IV° co. della L.R. n.20 costituisce dunque un inequivocabile rinvio proprio alla L. R. n.56 coerente con il contesto complessivo in questione.
Si tratta di modelli che, come tali, non sono tra loro sovrapponibili né sul piano contenutistico e neppure su quello procedimentale.
Come già la Sezione ha avuto modo di chiarire il comma 3 dell’art. 20 della L.R. n.20, che circoscrive l’ultrattività della normativa previgente relativamente al regime delle varianti, è del tutto coerente con l’impianto complessivo del sistema (cfr. Cons. Stato, sez. IV, nn. 3929 e 3933 dell’8 agosto 2008).
Dunque qui deve escludersi che, in relazione alla ricordata disposizione di cui all’art. 12 della L. n.20 cit. si potesse fare applicazione dell’articolo 11 della legge regionale n. 20/2001.
Il provvedimento di variante del Commissario ad acta non costituiva la variante del P.U.G. ai sensi della L. L. n.20/2001, ma si poneva come variante al P.R.G. del Comune di Foggia, comunque preesistente alla novella, e comunque valido ed efficace ai sensi della L. R. n.56/1980.
Per questo, contrariamente a quanto erroneamente affermato dal TAR, al provvedimento del Commissario ad acta di variante, doveva essere applicata la legge n. 56/1980, ai sensi del comma IV° dell’articolo 20 della legge n. 20/2001 cit. .
Infine, per ciò che concerne poi il terzo motivo, non vi sono dubbi sulla necessità di una puntuale pubblicazione della variante stante il richiamo di cui al 15° co., dell’art. 16 cit. per cui “Le varianti al P.R.G. … seguono il procedimento di adozione ed approvazione del P.R.G. “ il che implica l’applicazione del 12° co., del medesimo articolo per cui la pubblicazione va effettuata per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
Al riguardo sono peraltro del tutto inconferenti:
-- la generica affermazione della società appellante, per cui la pubblicazione sarebbe stata fatta su due quotidiani e con manifesti affissi nei luoghi pubblici, in quanto non essendo la stessa non è stata altrimenti meglio specificata e dimostrata con l’indicazione delle date di pubblicazione e delle testate e con le bollette di riscossione dell’Ufficio Affissioni del Comune per i manifesti;
-- i richiami alla giurisprudenza – astrattamente condivisibile—ma non pertinente nel caso di specie della non necessità di tale adempimento: al di là del richiamo alla lettera della norma, qui la modifica era rilevante in quanto il provvedimento, che riduceva gli standard di infrastrutture per pubblici servizi, impattava comunque direttamente sugli equilibri degli standard.
In conseguenza deve concludersi che:
-- l’approvazione della variante doveva avvenire con le procedure di cui all’articolo 16 della legge regionale n. 56/1980 (primo e secondo motivo);
-- essendo una variante al P.R.G. che incideva comunque sugli standard programmati, doveva essere fato luogo all’espletamento delle prescritte procedure di pubblicità (terzo motivo).
-- erroneamente il TAR ha ritenuto che si fosse realizzata la formazione del silenzio assenso ai sensi della legge L.R. 20/2001 (quarto motivo).
Tutti i motivi devono essere accolti e deve essere annullata l’erroneità della decisione impugnata sui predetti profili.
___ 3.§. Devono poi essere favorevolmente esaminati, nei sensi e limiti che seguono, i profili di cui al quinto motivo con cui si lamenta l’erroneità e di illegittimità della sentenza concernente la declaratoria dell’inammissibilità – e quindi il mancato esame -- delle censure introdotte in primo grado avverso il provvedimento commissariale adottato in sede di ottemperanza, e riproposti in questa sede, relativi:
___ 3.§.a. al difetto di motivazione circa le ragioni per cui, in luogo di reiterare il vincolo parziale ad attrezzature pubbliche di quartiere, il Commissario avrebbe ritenuto di destinare l’intera area ai fini edilizi, senza procedere ad alcuna dimostrazione circa il mantenimento di parametri e/o valori complessivi, necessari al fine di soddisfare i fabbisogni pregressi di standard urbanistici di cui al D. M. n. 1444/1968, ovvero per assicurare comunque il recupero delle aree sottratte.
___ 3.§.b. all’illegittimità:
-- del presupposto del provvedimento per cui il Comune di Foggia sarebbe già stato dotato di uno standard di misure di 18,50 m²-abitante, quindi superiore a quello stabilito dal D. M. n. 1444/1968;
-- del mancato esperimento delle doverose necessarie verifiche circa la sostituzione di destinazioni dotazione ad attrezzature pubbliche, con edilizia residenziale privata;
-- dell’erroneità del computo, in violazione dell’articolo 3 del cit. D. M. n. 1444/1968, degli spazi destinati a viabilità ed a parcheggi, tra le superfici destinati a standard;
-- della mancata considerazione degli standard di quartiere, e degli standard di tutto il territorio comunale a norma dell’articolo 4 del D. M. 1968 cit.
___ 3.§.c. Per l’appellante Regione, il conteggio degli standard avrebbe invece dovuto essere verificato tenendo conto dei parametri generali previsti dal vigente PRG in misura superiore ai valori di legge, e non già dei parametri minimi di cui al D. M. n. 1444. Inoltre il concetto di “parametro generale di dotazione non è previsto né dalla normativa e né sarebbe ricavabili dal PRG.
___ 3.§.d. Inoltre la verifica degli standard urbanistici – che comunque il commissario non ha fatto -- avrebbe dovuto essere effettuata tenendo conto della previsione degli abitanti indicata nel PRG in 163.500 abitanti.
___ 3.§.2. Alla luce delle considerazioni di cui al punto che precede, erroneamente è stata affermata dal TAR l’inammissibilità delle predette censure, e di conseguenza le censure meritano complessivamente di essere condivise nei sensi che seguono.
___ 3.§.2.1. Sotto un profilo generale si deve osservare che il rito sul silenzio previsto oggi dall'art.117 c.p.a. (e prima dall’art 21 bis L. Tar n.1034/1971), si applica alle fattispecie nelle quali, a fronte di una potestà autoritativa dell'amministrazione, sia che questa attività consista nell'adozione di atti latamente discrezionali, e che si tratti di attività a contenuto vincolato, il privato sia titolare di un interesse legittimo.
La potestà giurisdizionale del giudice in sede di esecuzione del giudicato non pare possa sovrapporsi in assoluto alle valutazioni assolutamente discrezionali riservate alla sfera esclusiva propria dell’amministrazione concernente la pianificazione urbanistica generale.
Alle amministrazioni locali compete il preciso dovere istituzionale di far luogo ad un’espansione edilizia impostata su modelli strutturalmente adeguati a sostenere la “domanda sociale” di verde, di attrezzature di scuole, di trasporti.
In tale prospettiva deve sottolinearsi del tutto negativamente il comportamento procedimentale e processuale del Comune di Foggia che, in luogo di procedere al corretto esercizio delle sue attribuzioni istituzionali, prima è restato colpevolmente silente sull’istanza e sul ricorso della Società appellata, poi anche dopo la soccombenza giudiziale in luogo di adempiere è rimasto, del tutto singolarmente, inerte; infine si è addirittura strenuamente impegnato in questa sede a difendere le ragioni della società appellata, quasi che non le dovesse essere addebitata alcunché.
Nel merito si ricorda che certamente la Sezione ha affermato che, una volta scaduti, ai sensi dell'art. 2 L. 19 novembre 1968 n. 187, i vincoli urbanistici sulle relative aree è dunque consentita in linea di principio la tipizzazione giurisdizionale del silenzio davanti al giudice amministrativo (Cfr.:Cons. Stato Sez. IV 13 giugno 2011 n. 3591: Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2008 n. 2572 e Cass. civ., Sez. I, 31 maggio 2008 n. 8384), tuttavia tale rimedio incontra precisi limiti.
Nel caso in cui la materia del contendere concerne comunque attività di pianificazione, la sentenza che chiude il giudizio iniziato con il suddetto rito si limita infatti solo ad accertare l'inadempimento all'obbligo di provvedere a causa dell'illegittimità intrinseca del silenzio e, di per sé, non garantisce la piena e totale soddisfazione della pretesa sostanziale.
La nuova definizione della destinazione urbanistica di un terreno già soggetto a vincoli espropriativi, concerne infatti una scelta di alta discrezionalità amministrativa, che appare fungibile in ambito giudiziario, solo se, ed in quanto, si salvaguardino gli equilibri della pianificazione esistente dell’intero ambito territoriale comunale.
Nell’ambito dello speciale procedimento per il silenzio, dunque la nomina del Commissario ad acta non può dar luogo ad una procedura totalmente extra-ordinem, e risolversi in un sovvertimento della normativa procedimentale ed alla disciplina sostanziale dei contenuti delle varianti o degli stessi strumenti di programmazione in quanto tale procedimento.
In base ai principi dell’imparzialità e del buon andamento della funzione amministrativa, l’intervento del commissario ad acta in materia deve dunque rispettare non solo i profili procedimentali per l’approvazione della regolamentazione urbanistica, ma deve farsi carico di salvaguardare anche gli equilibri ed i contenuti generali della pianificazione, onde evitare che scelte estemporanee ed unidirezionali pregiudichi definitivamente “qualità della vita” delle nostre città.
Il Commissario – proprio perché è organo straordinario dell’amministrazione ed ausiliario del giudice -- deve quindi procedere alla variante per la ri-tipizzazione dell’area de quo, avendo riguardo non solo alle pretese del proprietario delle aree, ma valutando tutti gli interessi pubblici e privati, ivi compresi quelli anche di coloro che non possiedono aree ma che hanno diritto a vivere in un civile ed attrezzato contesto urbano.
Dunque il commissario ad acta non può limitarsi a far luogo all'adozione di scelte urbanistiche parziali, atomistiche ed estemporanee ma deve inserire le variazioni di singole aree interessate nell’ambito dell’esistente disciplina generale del territorio comunale, non potendosi ammette la possibilità di una normazione urbanistica circoscritta ad una singola particella del territorio.
Tale rilievo, valido in generale, appare ancora più evidente in sede di pianificazione urbanistica generale nel non infrequente caso di amministrazioni locali le quali, in luogo di attivarsi tempestivamente a tutelare gli interessi pubblici della generalità dei cittadini, rimanga artatamente silente anche dopo la soccombenza processuale, al fine di demandare al commissario "ad acta" l’adozione di provvedimenti esclusivamente funzionali ad interessi proprietari, ma che possono finire per compromettere il corretto governo del territorio.
Nella fattispecie in esame, del tutto erroneamente il commissario nominato dal TAR aveva esitato negativamente le richieste di chiarimenti dell’amministrazione regionale sul rilievo assolutamente errato per cui il suo dovere sarebbe stato solamente quello di “provvedere sull’istanza di nuova pianificazione avanzata dall’odierna ricorrente e, quindi, non “poteva“…autonomamente intraprendere alternativo procedimento di reiterazione del vincolo espropriativo……; se vi fosse stato l’interesse alla reiterazione del vincolo spettava al Comune provvedere in tal senso”.
Al contrario, l’istanza di ritipizzazione non implica necessariamente ne l’automatica destinazione edificatoria del suolo in assenza dei relativi presupposti di legittimità e di opportunità, e neppure l’automatica reitera del vincolo, scelta che peraltro non sarebbe stata affatto preclusa al commissario ad acta.
Infatti la scadenza del vincolo a contenuto espropriativo relativo ad un terreno non determina assolutamente l'effetto di rendere immediatamente edificabile un suolo non specificamente pianificato, in quanto il regime delle aree non pianificate di cui all’art. 9 del d.lgs. n.380/2001 e s.m.i. è tale da escludere un’automatica destinazione edificatoria (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 15 settembre 2009 , n. 5523).
Esattamente quindi la Regione rileva che, in tali ipotesi, il commissario non può limitarsi ad accogliere sic et simpliterla pretesa edificatoria dell’istante ma deve procedere all’integrale svolgimento dell’istruttoria bilanciando sia le esigenze di interesse privato che e quelle di interesse pubblico.
In conseguenza la ritipizzazione di un'area presuppone quindi che il Commissario ad acta:
-- tenga puntualmente conto del contesto del suolo in questione, costituito cioè sia dall'intero territorio comunale e sia dall’ambito della zona in cui è inserito;
-- sia comunque coerente alle scelte pianificatorie generali e con l'assetto di fatto del territorio nel suo complesso;
-- rappresenti correttamente tutti gli interessi procedimentalmente interferenti sulla fattispecie e, soprattutto, le previsioni urbanistiche del piano regolatore in base ai quali possono essere dedotti i criteri per operare la nuova qualificazione della specifica area e provveda al conteggio all’attualità dello stato di realizzazione degli standard;
- operi una specifica verifica del livello degli standard e del mantenimento degli equilibri della pianificazione;
-- tipizzi il suolo in rapporto alla diversità di situazioni obiettive, previa verifica all’attualità del provvedimento di adozione della variante e dello stato concreto degli standard e dei servizi pubblici onde assicurare la quantità minima di spazi in generale e specifica per le zone territoriali omogenee in questione, apportando le variazioni alla dotazione degli standard conseguenti alla nuova destinazione edilizia (ex art. 4 D.M. 2 aprile 1968 n. 1444).
___ 3.§.2.2. Nel caso in esame, alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concordare con l’appellante :
___ a. in primo luogo con il totale difetto di motivazione dell’atto, che non dà alcuna contezza delle logiche edilizie poste a base dal Commissario, per cui a fronte ad una sostanziale stabilità della popolazione, lo stesso si sia determinato ad approvare un’ ulteriore espansione della città senza far luogo ad alcuna analisi specifica in relazione all’andamento della popolazione ed agli abitanti previsti come target dal medesimo PRG.
In tale ottica deve dunque concludersi che illegittimamente il Commissario ha operato una variante urbanistica per la ritipizzazione di un’area, che comportava un ulteriore aggravamento degli standard senza operare alcuna precisa e documentata analisi dello stato di fatto, in base ai criteri di cui al D. M. n. 1444/1968 per dimostrare il raggiungimento dello standard di 18,50 m²-abitante, che è solo apoditticamente citato dal Commissario.
Parimenti illegittimo è l’asserito inserimento delle superfici destinati a viabilità nell’ambito degli standard in quanto il primo comma dell’art. 3 del D. M. n. 1444/1968 in quale nel definire i rapporti massimi, tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi espressamente pone una tassativa “…esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie”.
Di qui l’erroneità della decisione impugnata sul punto.
___4.§ In conseguenza dell’accoglimento dell’appello può dichiararsi l’assorbimento:
-- della sesta censura con cui si lamenta che illegittimamente la sentenza impugnata aveva dichiarato inammissibili le censure rivolte contro l’ordinanza collegiale n. 979/2011, con cui il Tar aveva imposto dal Commissario “…di procedere all’approvazione definitiva…”;
-- della settima rubrica relativa alla denunciata illegittimità della condanna alle spese in favore della società immobiliare controinteressata.
___ 5.§. In conclusione l’appello è complessivamente fondato e deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullata la sentenza del T.A.R. di cui in epigrafe e va dichiarata l’illegittimità derivata dei provvedimento del Commissario nominato in sede di esecuzione.
In relazione alla relativa novità delle questioni le spese possono tuttavia essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
___1. accoglie l'appello, come in epigrafe proposto, per l'effetto, annulla la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione.
___ 2. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente FF
Raffaele Greco, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)